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Autore: Rainie    17/11/2014    2 recensioni
Jongin è un ballerino. Attorno a lui, migliaia di individui conducono ognuno la propria vita, nonostante sia inesorabilmente intrecciata a quella degli altri. È in quei punti dove lui ha visto l’amore prendere vita in tutte le sue forme.
[ AU, Kai centric, OT12. ]
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kai, Kai, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Miracles in December
 
 
 
 
Jongin è un ballerino. Per la sua performance da solista di fine anno, il direttore gli aveva dato carta bianca. “Sei uno dei migliori, mi fido di te,” gli disse. “Fai ciò che ti senti, e poi ne riparleremo insieme.”
Jongin è un ballerino, e ha visto l’amore prendere vita in tutte le sue forme. Così decise di mostrarle al mondo attraverso la sua danza.
 
La famiglia Kim si era trasferita nell’appartamento accanto al suo un anno prima. Quando bussarono alla sua porta per porgergli un saluto formale, Jongin si era ritrovato faccia a faccia con due bambini sorridenti ed un giovane uomo. Il suo nome era Joonmyun, e i suoi figli si chiamavano Jongdae e Minseok. Avevano cinque e sette anni.
Jongin andava d’accordo con la famiglia Kim. Joonmyun aveva solamente tre anni in più di lui, ed era una persona estremamente gentile e dalle maniere amichevoli, quindi gli fu facile farci amicizia. Minseok era un bambino tranquillo ed educato, che sembrava parecchio più maturo rispetto a quelli della sua età. Non parlava molto, al contrario di Jongdae che era completamente l’opposto: un’esplosione di vitalità concentrata in un metro e dieci. In qualche modo, quella famiglia rallegrò un po’ le serate solitarie che Jongin passava nel suo appartamento.
Ora era di nuovo dicembre, e Joonmyun lo aveva invitato a cena nel loro appartamento. Venne accolto dal padre di famiglia e dalla calda atmosfera natalizia della loro casa. Minseok e Jongdae gli corsero incontro non appena entrò nell’appartamento, e quell’entusiasmo lo fece sorridere.
Joonmyun ritornò a preparare la cena, mentre Jongin passò un po’ di tempo con i due bimbi, che insistevano di voler addobbare l’albero di Natale, fino a quando il cibo non fu servito in tavola. Nel bel mezzo del pasto, cominciò a nevicare, e Jongdae corse euforico alla finestra per guardare i fiocchi scendere uno ad uno, mentre Minseok si limitò ad osservarli dal suo posto in tavola, con gli occhi che scintillavano per lo stupore. Quella vista gli scaldò l’animo.
Jongin non aveva mai chiesto a Joonmyun dove fosse la madre di Minseok e Jongdae, per paura di essere indiscreto, né Joonmyun aveva mai accennato a lei. Jongin pensò che, se Joonmyun avesse voluto dirglielo, lui avrebbe pazientemente aspettato. Secondo lui, Joonmyun era un padre fantastico, e se la cavava alla grande per essere un genitore solo. I due figli crescevano sani e felici, e questo non riuscì a sopprimere la sua voglia di sapere come Joonmyun facesse a mantenere quella famiglia così perfetta.
«Hyung,» lo chiamò Jongin, «come sei riuscito a crescere Minseok e Jongdae da solo?»
I bambini erano già andati a letto, e i due uomini ora sedevano in sala a chiacchierare. Fuori dalla finestra, un mantello bianco si era posato sulla strada.
Joonmyun alzò le sopracciglia alla domanda, poi gli sorrise. «Semplice: desiderando solo il meglio per loro.»
«Quel che voglio dire è… non ti senti stanco ad essere solo? Certe volte, non ti viene voglia di avere qualcuno che ti aiuti e ti supporti, qualcuno con cui condividere la gioia di vedere Minseok e Jongdae crescere, con cui arrivare fino alla vecchiaia?» Era la cosa più vicina all’argomento della madre di cui Jongin avesse parlato.
Joonmyun ci pensò un attimo, prima di rispondere. Guardò le mani giunte sul suo grembo. «Certo che ci penso, Jongin. Ogni giorno, quando i bambini vanno a letto e trovo questa casa silenziosa. Penso a come sarebbe se ci fosse qualcuno che stesse con me e crescesse Minseok e Jongdae assieme a me, e che magari si prendesse cura di me ed io di lei. Sarebbe davvero bello.»
«Allora, come…?»
«Minseok e Jongdae sono importanti per me. C’è stato un periodo in cui la pensavo come te, e questo ha continuato a tormentarmi per un po’ di tempo. Poi un giorno Minseok si è ammalato e ho dovuto prendere un giorno di riposo dal lavoro perché loro due erano troppo piccoli per restare da soli, e nessuno dei miei amici poteva tenerli.
«Quella volta, è stato come se fossi stato illuminato. Minseok e Jongdae avevano più senso di un giorno di lavoro perso o di notti passate a rimuginare sulla mia solitudine. Sono tutto quel che ho di più importante ed inestimabile. Non so dove sarei senza di loro, o come avrei potuto tirare avanti fino ad ora. Una vita senza di loro è impensabile. Forse tu non capisci ancora, Jongin, ma voglio che tu sappia che sono il mio intero mondo. Il bene che voglio a loro è immenso, e questo per il momento mi basta.»
Jongin, effettivamente, sapeva di non riuscire a cogliere nemmeno un millesimo dell’amore di Joonmyun verso i suoi figli. Questo rafforzò la stima che aveva di lui, e sperò di poter essere un padre come Joonmyun quando sarebbe arrivato il tempo.
Jongin sollevò la lattina di birra verso la sua direzione con un sorriso. «Alla famiglia,» disse, e Joonmyun rise, imitandolo.
«Alla famiglia.»
 
Qualche anno prima, per uno spettacolo, la sua compagnia aveva ingaggiato un lottatore di arti marziali. Il suo nome era Tao, e Jongin ci fece amicizia facilmente, nonostante Tao ancora non riuscisse a parlare bene il coreano, dal momento che aveva vissuto lì solo per qualche mese.
Tao era ora un attore a tempo pieno. Nei film, poteva sembrare intimidatorio e carismatico, ma in verità aveva una personalità incredibilmente romantica e sentimentale. Di recente, aveva mandato a Jongin un messaggio con allegata una foto di un piccolo cucciolo di maltese nascosto tra degli asciugamani che lo tenevano al caldo.
Ho deciso di adottare un cagnolino!! È bellissima, si chiama Candy!!! Non vedo l’ora di fartela incontrare
Jongin aveva sorriso all’entusiasmo di Tao che trapelava da quel singolo messaggio. Gli rispose:
È tenerissima ^^ quando sarà più grandicella la faremo giocare insieme a Monggu, Jjanggu e Jjanga eheh
In effetti, Jongin fu presto invitato a casa di un Tao entusiastico ed orgoglioso. Candy era davvero minuscola, un batuffolo di peli che era grande appena da riuscire a stare sul palmo di una mano. Tao doveva essere assolutamente entusiasta all’idea di averla con sé, perché il suo appartamento era già pieno di ogni tipo di giocattoli e cibo per cani. Gli mostrò persino un cestello dove teneva tutti i vestiti e gli accessori che aveva comprato a Candy, nonché le innumerevoli borse per portarla in giro e metterla in mostra – sul web, grazie alle foto che Tao aveva pubblicato nei suoi account SNS, era già una superstar.
Tao la trattava come una principessa, e Candy ricambiava seguendolo in giro, accoccolandosi nel suo grembo quando lui e Jongin si sedettero sul divano per chiacchierare, e leccandogli le mani in segno d’apprezzamento. Sembravano inseparabili, ed era difficile credere che Tao la lasciasse a casa quando doveva uscire per andare al lavoro.
«Da quando c’è lei, mi sento un po’ meno solo in questa casa,» riferì a Jongin. «Solitamente, quando non avevo niente da fare, mi capitava di pensare a quando vivevo ancora in Cina, e mi chiedevo perché mai fossi venuto qui se potevo restarmene lì e non sentirne la mancanza. Ora che Candy è qui con me, sento quasi come se la mia famiglia fosse qui con me, anche se non è la stessa cosa. Ma ne sono felice.»
Dal momento che Jongin non era nella sua stessa situazione, non capiva completamente la sua solitudine, ma sapeva che la compagnia di Candy era importante per alleviarla almeno un poco. E, di certo, quel cucciolo sapeva quale ruolo aveva nella vita di Tao, poiché aveva spinto la testolina nel palmo della sua mano, come se volesse dirgli che voleva che non si sentisse più triste.
 
Di recente, Jongin aveva incontrato uno hyung che non vedeva da qualche mese. Yifan era uno scrittore, nonostante Jongin lo avesse sempre ricordato fare dei disegni grotteschi per poi affermare di essere un artista incompreso. All’inizio di quell’anno, Yifan aveva pubblicato un libro che raccontava la storia di un uomo che viaggia per il mondo in cerca della donna amata, che ancora non conosceva. Era un romanzo stranamente piacevole da leggere, per quanto bizzarra la trama fosse, e venne acclamato come “un racconto visionario, che tocca le corde più profonde dell’anima umana e ne rivela i desideri più intimi”.
Oggi, Yifan lo aveva chiamato per discutere con lui del suo nuovo progetto, come aveva già fatto un paio di volte prima. Jongin si era sentito estremamente lusingato ed elettrizzato per poterlo aiutare a scrivere il suo nuovo libro. I loro incontri consistevano in una serie di domande: cosa senti quando balli, ti capita mai di voler fare qualcos’altro, quando hai cominciato ad avere questa passione, e via dicendo. Yifan si appuntava tutto su un block notes dalla copertina rossa, dove aveva appiccicato con dello scotch un pezzo di carta, sulla quale c’era scritto malamente “studio pers.”.
Dopo tutte quelle domande, uscirono dal bistrot dove si stazionavano ad ogni incontro per un’ora. Percorsero un pezzo di strada a piedi e si addentrarono nel parco vicino. L’erba del prato era intaccata dalla neve che rendeva gelido tutto il paesaggio, e videro dei bambini buttarsi sul terreno innevato e costruire pupazzi di neve dall’aria curiosa. Yifan tirò fuori un pacco di sigarette e ne offrì una a Jongin, che rifiutò cortesemente.
C’era qualcosa, nel modo di fumare di Yifan, che lo rendeva estremamente affascinante – il modo in cui la sigaretta pendeva dalle sue labbra mentre rimetteva l’accendino in tasca, lo sbuffo di fumo che si addensava attorno al suo viso, l’aria da un uomo vissuto che gli conferiva.
Lo scrittore doveva sentirsi piuttosto in vena di confessioni, perché iniziò a parlare del suo precedente romanzo. «Quando lo stavo scrivendo,» disse a Jongin, calciando via un cumulo di ghiaccio ai suoi piedi che doveva essere i resti di una battaglia di neve, «mi capitava di pensare, “perché non l’ho fatto anch’io?”»
Al suo fianco, Jongin lo guardò con un sopracciglio alzato. «Già, perché non l’hai fatto?»
Yifan non rispose. Si limitava invece a guardare davanti a sé, prendendo profonde boccate dalla sigaretta e provando a creare delle forme con il fumo. Il suo sguardo, sembrò a Jongin, era perso in qualche punto lontano del parco, e di tanto in tanto strizzava gli occhi, come per mettere a fuoco qualcosa.
La realizzazione arrivò a Jongin gradualmente. «Dimmi se sto dicendo un’assurdità,» provò con esitazione. «Stavi pensando a quella noona con cui stavi durante il liceo oppure…?»
Il più anziano tolse la sigaretta tra le labbra, e sbuffò fuori il fumo. Picchiettò sulla stecca per lasciar cadere la cenere in eccesso. «Vedi, avrei davvero voluto viaggiare per il mondo sul serio, alla ricerca del mio “grande amore”. Ma non riesco a scrollarmi di dosso quella sensazione di star cercando, in qualche modo, di fuggire dall’inconfutabile fatto che c’è una parte di me che è ancora attratta da quel tempo.»
La stradicciola si divideva ora in due parti. Presero la direzione sinistra. «C’è una parte del libro, nel terzo capitolo, che fa così: “Il giorno successivo, si svegliò con il cuore martellargli nella gola. Il primo pensiero fu: ‘Ho fatto un sogno’. Il secondo, invece: ‘Se non mi alzo, sarò in ritardo per il treno’. Il terzo: ‘Mi sento come se un branco di tori mi fosse passato sopra’. Ed in effetti, quel sogno – non se lo ricordava – era stato talmente bizzarro da fargli sentire lo stomaco pieno di farfalle: un chiaro segno che il meccanismo del mondo lo stava attendendo.” Questa è una delle prime parti che ho scritto del libro, e che è stata presa da una mia esperienza personale.
«Vedi, lei è sempre stata un po’ vivace. Non prendeva ordini da nessuno e faceva ciò che le pareva, senza pensare alle conseguenze. Forse questo mi ha irritato a tal punto da non riuscire più a sopportarla, e successivamente ci siamo lasciati. Però, dopo un po’ di tempo, mi sono svegliato un giorno e mi sono accorto che era da più di un anno che non la sentivo. Quel fatto mi ha colpito così tanto che, per me, è stato come se gli ingranaggi del tempo si fossero fermati. Così ho deciso di scrivere il libro, tentando di ripristinarli assieme la serenità che c’era prima di lei.»
Jongin aveva ascoltato ogni parola. Yifan aveva assunto quel tono e linguaggio che utilizzava nei suoi manoscritti, e in certi punti Jongin non riusciva a capire del tutto quel che intendeva, ma lasciò stare: probabilmente non avrebbe mai compreso. «Quindi, hai scritto il libro per lei?»
«Forse. Non ne sono sicuro nemmeno io. Anche la storia che sto scrivendo ora è nata da dei momenti di riflessione su quel che abbiamo passato. Probabilmente sto solo cercando una scusa per smettere di pensare a come lei era diventata il meccanismo che muoveva il mio, di mondo.»
Jongin gli lanciò uno sguardo straniato. «Mi sembri piuttosto insensato, hyung,» lo informò.
«Oh, questo non sarebbe una novità,» ribadì Yifan. «Tutti gli scrittori sono sempre un po’ fuori di testa.»
 
Quando non aveva le prove con la sua compagnia di danza, Jongin lavorava part-time in un café per guadagnare qualche soldo in più.
Durante il suo turno pomeridiano di giovedì, il tavolo cinque, quello vicino alla vetrina del locale, alle ore sedici, era sempre occupato da una coppia di giovani uomini che dovevano avere più o meno la sua stessa età. Jongin aveva ormai memorizzato i loro ordini: un latte macchiato per quello più alto, con le orecchie a sventola, e un americano per l’altro, più loquace. Riuscì anche a cogliere i loro nomi, Chanyeol e Baekhyun, dalle conversazioni che gli arrivavano alle orecchie di tanto in tanto. Jongin notò che non c’era mai nessun altro che li accompagnava, ed erano sempre solamente loro due: ne dedusse che il café doveva essere un luogo abituale d’incontro da molto tempo, che conoscevano soltanto loro.
Un giovedì pomeriggio, i due entrarono alla loro solita ora, infreddoliti dal clima invernale fuori dal locale e borbottando con soddisfazione, circondati dal calore dell’interno. Si sedettero al loro tavolo abituale, e Jongin, che si era autoproclamato il loro cameriere di fiducia, andò subito a servirli. «Il solito?» chiese loro, scarabocchiando già gli ordini sul suo taccuino.
«Esatto,» confermò Chanyeol. «E anche qualcos’altro. Cosa offrite di buono? Sto morendo di fame.»
«Mi stai mettendo in una posizione difficile. Qui dentro è tutto delizioso, se è preparato direttamente dalle mani del nostro chef.»
«Ma oggi è un giorno piuttosto particolare,» intervenne Baekhyun con un gran sorriso, mentre Chanyeol rise imbarazzato. Gli mise una mano sulle spalle, con fare sognante. «È il giorno in cui questo nostro amico è finalmente riuscito ad accaparrarsi la sua ragazza dei sogni. Incredibile, eh? A vederlo, non sembra proprio il tipo da riuscire a fare granché con le ragazze.»
Chanyeol gli schiaffeggiò via il braccio, schioccando la lingua. «Tu non sembravi da meno, con Taeyeon noona. Ricordi quella volta che sei venuto da me quasi piangendo, perché ti aveva finalmente mandato un messaggio?»
«Dettagli,» disse l’altro. Poi si rivolse di nuovo a Jongin: «Consigliaci qualche dolce, non importa il prezzo. Offro io!»
Quindi Jongin indicò loro una serie di specialità della casa. Una volta che ebbero deciso, tornò al banco e distribuì gli ordini dei caffè al suo collega, mentre lui andava a prendere i dessert. Di tanto in tanto, sentiva i suoi due clienti ridere e prendersi in giro l’un l’altro, certe volte li vedeva bisbigliare parole incomprensibili e sghignazzare a qualcosa sul telefono di uno dei due. Dopo che ebbe portato loro ciò che avevano ordinato, sentì Baekhyun dire «Alla tua prima ragazza negli ultimi cinque anni», al cui Chanyeol rispose «Alla tua prima ragazza che è riuscita a sopportarti», accompagnati dal tintinnio di due tazze.
 
Certe volte, Joonmyun chiedeva a Jongin di accompagnare Minseok e Jongdae ad un centro di baby sitting vicino al loro palazzo, quando doveva lasciare i bambini da soli per andare al lavoro.
Il direttore era un uomo da un sorriso smagliante accompagnato da profonde fossette, che lo faceva sembrare più giovane di quanto non lo fosse. Il suo nome era Yixing, ed era una persona estremamente gentile ed amichevole, che sapeva però come mantenere la disciplina: riusciva a far bene il suo lavoro. Jongin non si sorprendeva alla vista di così tanti bambini impazienti di giocare assieme a lui. Riusciva a vedere, nelle sue brevi escursioni al centro ludico, che Yixing amava quel che faceva, ed amava i bimbi di cui si prendeva cura.
Oltre a Yixing, c’era un altro dipendente che lo aiutava nel suo lavoro, di nome Luhan. I suoi modi di fare erano più vivaci rispetto a quelli di Yixing, tanto da sembrare un bambino lui stesso (nonostante il fatto che, ogni volta che Yixing glielo faceva notare, lui affermava di essere un vero uomo).
Jongin, dopo aver passato così tanti anni sul palco, aveva imparato inconsciamente a leggere le emozioni dei suoi spettatori, e a notarne anche i più piccoli gesti. Così riusciva a vedere come la mano di Luhan indugiava sulla spalla di Yixing ed il suo sguardo che lo seguiva per un secondo più del dovuto prima di distoglierlo. Vedeva il modo in cui Luhan gli diceva qualcosa in tono complice e come, quando Yixing rideva, lo guardava con un certo scintillio negli occhi; le volte che Yixing accompagnava un bambino in infermeria, Luhan gli chiedeva sempre se gli servisse qualche aiuto.
Erano piccoli accorgimenti altrimenti invisibili agli occhi degli altri, ma Jongin riusciva a coglierli di sfuggita come se gli fosse naturale. E naturali erano anche tutte quelle parole che Luhan aggiungeva nelle loro conversazioni per farle durare di più, la scrollata di spalle che Yixing gli dava con un sorriso ad una battuta, e come salutavano Jongin un secondo più tardi del solito quando entrava nel centro insieme a Minseok e Jongdae.
Certe volte, Jongin avrebbe voluto non accorgersene, per non disturbare quel mondo che aveva le parvenze di un sogno.
 
Il proprietario del café in cui Jongin lavorava si chiamava Kyungsoo. Era lui a creare tutte le delizie che venivano esposte ed era stato lui ad aver dato vita ad uno dei luoghi più frequentati del periodo natalizio: le delicate glassature delle torte e l’aspetto piacevole dei biscotti allo zenzero, assieme alla calorosa atmosfera festiva, attiravano diverse centinaia di clienti ogni settimana, per tutto il mese prima di Natale.
Specialmente in questo periodo, Kyungsoo usciva finalmente dalla cucina (si imbarazzava facilmente davanti agli sconosciuti) e serviva al banco, presentando una ad una le sue creazioni ai clienti, soprattutto a quelli indecisi. Erano questi i momenti in cui a Jongin capitava di vedere un altro suo lato, oltre a quello serio ed impegnato nel suo lavoro: Kyungsoo sorrideva alle ragazze che cercavano un regalo per i loro fidanzati; agli uomini che non avevano tempo da dedicare alla loro famiglia e quindi, per compensare tutti i giorni in cui erano stati dei padri o dei mariti assenti, compravano un pensierino per i loro cari; ai bambini accompagnati dai loro genitori nel café per scegliere un dolce natalizio. Era una vista alquanto buffa, perché certe volte, non essendo abituato a parlare ai clienti, balbettava un poco, ma Jongin sapeva che Kyungsoo ci teneva. Grazie a lui gli affari a dicembre andavano alla grande, e ogni volta Jongin riceveva una sorpresina in più nella sua busta paga di quel mese.
«Vedi, Jongin, devi sapere che una volta, a fianco a casa mia, c’era una piccola pasticceria,» gli spiegò Kyungsoo una volta che il locale fu chiuso. Gli altri suoi colleghi li salutarono, per poi uscire dalla porta di servizio e tornare alle loro rispettive case. I due ora erano nella cucina: Jongin era pronto ad andarsene, con la giacca addosso e la sciarpa stretta attorno al suo collo, mentre Kyungsoo voleva ancora restare un po’, per controllare che tutto fosse a posto, prima di chiudere definitivamente.
«Da piccolo non ero esattamente interessato ai dolci, e non ci andavo quasi mai. Un giorno ho saputo che sarebbe stata chiusa la settimana successiva, e improvvisamente mi sono sentito in dovere di andarci ancora una volta. Il proprietario era un uomo abbastanza anziano, e ne sapeva lunga, della vita. Francamente, non sapevo che dirgli, e pensavo che potevo solo limitarmi a prendere qualcosa. Poi, il proprietario cominciò a parlarmi di tutta la storia che c’era dietro quel pacco di biscotti che volevo acquistare. Li aveva fatti avendo in mente un giorno in cui la sua nipotina aveva deciso di fare dei biscotti per lui.
«Probabilmente, ad altre persone non sarebbe interessato granché, però io ho pensato che fosse davvero bello. Allora ho capito quanto qualcosa di così semplice, come i dolci o la cucina in generale, potesse avere effetti incredibili sulle persone: quando la pasticceria ha chiuso, mi sono sentito piuttosto triste.»
«Allora, perché esci a servire i clienti di persona solo di Natale?» chiese Jongin, inclinando leggermente la testa. Kyungsoo abbassò lo sguardo sulle mani, come giocherellavano l’una con l’altra.
«Quello di Natale è un periodo speciale. In questi giorni, le persone cominciano a pensare a come possono passare le festività con i loro cari nel modo più sereno e migliore possibile, oppure a come possono renderli felici. Quel che voglio io è che capiscano quanto questo sia importante; voglio dar loro una parte del mio desiderio ed aiutarli a rendere felici gli altri, almeno in questa festività.» Kyungsoo guardò Jongin, incerto, passandosi una mano sulla nuca. «Suona un po’ stupido, vero?»
«No,» rispose l’altro immediatamente, «affatto. Lo trovo molto nobile. Ormai ce ne sono poche, di persone come te, hyung.»
Kyungsoo arrossì lievemente a quel tono così onesto, in imbarazzo, e Jongin rise.
 
Jongin aveva conosciuto Sehun proprio grazie al fatto che appartenevano alla stessa compagnia di danza. Sehun aveva la sua stessa età, condivideva i suoi stessi interessi, e per loro non fu difficile fare amicizia, nonostante Sehun, a prima vista, gli fosse sembrato avere un’aura arrogante attorno a sé.
I due spesso si preparavano insieme per gli spettacoli, oltre a partecipare alle prove di gruppo. In particolare, per le loro performance individuali, si aiutavano sempre a vicenda, mostrando l’uno all’altro i punti in cui la coreografia non era tanto convincente. Jongin non pensava che sarebbe riuscito ad arrivare dov’era, se non ci fosse stato Sehun a dargli una mano (ma lui non glielo avrebbe mai detto).
«Hai già deciso cosa fare per il tuo pezzo da solista?» gli chiese Jongin in sala prove, sedendosi a terra per riposare un momento. Sehun era un altro al quale il direttore aveva offerto di preparare una performance libera, quindi i due avevano deciso di esercitarsi insieme.
Sehun lo guardò attraverso la parete a specchi. «Se devo dirti la verità, non ancora,» rispose, mettendosi le mani sui fianchi e strisciando la scarpa sul pavimento lucido. «Non so come prepararmi.»
«Lo spettacolo è tra un mese,» gli ricordò Jongin, prendendo un sorso d’acqua. Sehun si voltò verso di lui e si sedette a sua volta, con la schiena appoggiata alla parete.
«Mi sto esercitando senza niente in mente,» gli riferì, scrollando le spalle. «Non riesco a trovare un tema su cui lavorare. Francamente, voglio solamente ballare per il pubblico, tutto qui.»
E Jongin lo vedeva, che Sehun si divertiva di più quando era sotto le luci del riflettore, con lo sguardo delle persone su di lui. Non aveva idea di come Sehun facesse a restare tanto tranquillo, perché persino lui sentiva un po’ di ansia prima di salire sul palco. Eppure, il suo compagno non tradiva nessuna emozione: indossava uno sguardo confidente, come se niente potesse turbarlo.
Jongin capiva che tutto quel che Sehun voleva era solo ballare e mostrare a tutti il mondo in cui viveva; lo desiderava Jongin stesso. Era tutto quel che desiderava. Quando si sentiva sentimentale, Sehun gli ripeteva spesso che essere capace di far ciò, per lui, era importante, che avere la possibilità di esprimersi non era un dono? Il ballo, in fondo, non era altro che mostrare le sfumature più profonde di se stessi. Era un modo per trasmettere le proprie emozioni nella psiche delle altre persone, per poterle sorprendere e farle empatizzare gli uni con gli altri. Jongin rispondeva che era d’accordo con lui, che la pensava esattamente allo stesso modo.
Per questo, Jongin sapeva che, sebbene Sehun non avesse ancora idea di che tema portare, avrebbe dato tutto se stesso. Era un’anima in trepidazione, che inseguiva la bellezza della libertà nella musica.
 
La sala era gremita di persone, essendo la prima dello spettacolo. Jongin avrebbe voluto sbirciare da dietro le tende delle quinte per vedere una ad una le facce dei suoi spettatori, ma non poteva, perché avrebbe dovuto salire sul palco come solista in pochi minuti.
Tutti i suoi compagni lo avevano complimentato per la sua idea, mentre Jongin ringraziava mentalmente le persone che lo avevano ispirato. Ora, con gli abiti di scena – una semplice camicia bianca con la cravatta, abbinata a dei pantaloni neri, una giacca a vento ed un fedora nero – aspettava solamente che si alzasse il sipario e la musica cominciasse a suonare, per poter mostrare al pubblico quel che aveva preparato nell’ultimo mese.
Gli dissero di tenersi pronto. Allora Jongin si piazzò al lato del palco, da dove sarebbe successivamente entrato. Le luci cominciarono ad attenuarsi, e gli vennero in mente Joonmyun e i suoi figli, Tao e Candy, i libri di Yifan, Chanyeol e Baekhyun e il tavolo cinque accanto alla vetrina, lo sguardo di Luhan su Yixing, Kyungsoo e i suoi dolci, Sehun che si immergeva completamente nel ballo. Si chiese se fossero tutti lì, nascosti tra il pubblico; se sentissero un senso di anticipazione nel volerlo vedere sul palco, perché quello spettacolo era stato fatto per loro.
Quando fu completamente buio, Jongin tirò un respiro profondo – il cuore gli batteva forte nel petto – e si avviò verso il centro del palco.
 
 
 
 
 
N/A: è un po’ presto per una fanfiction di Natale, ma vbb. Ho sentito l’ispirazione pervadermi e il bisogno fisico di scriverla non appena ho finito di vedere questo video di Burberry. Vi prego cliccate sul link è bellissimo ok.
Penso che sia la migliore storia che abbia scritto quest’anno. Mi piace dall’inizio alla fine, anche se stavo per entrare in crisi quando stavo scrivendo le storie di Tao, Sehun, e Luhan e Yixing, perché non riuscivo a scriverle senza farle sembrare banali o stupide sob. Comunque, spero che abbiate colto tutti i tipi di amore che ho voluto inserire in ogni racconto.
Non ho ancora finito la storia che vi accennavo nella mia oneshot sulla ChenYin lmao ma penso che verso fine anno riuscirò a postarla (?) e sarà fighissimo, perché anche quella mi piace un sacco sob
Rainie (che sarà anche al Kpop Dance Contest a Milano lmao giusto per farvelo sapere /wink wink nudge nudge auguroni ai partecipanti!)
   
 
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