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Autore: Hinageshi13    17/11/2014    1 recensioni
"Sapeva che la sua felicità era l'unica cosa che contasse per loro, e se la prendeva con se stessa per non riuscire a dar loro quella piccola gioia; eppure sentiva di non poter fare altrimenti.
Non poteva sorridere. Non ora che non avrebbe mai più visto il sorriso che per lei contava più di qualsiasi altro."
- One shot GeorgeXKatie ambientata immediatamente dopo la guerra.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George, e, Fred, Weasley, George, Weasley, Katie, Bell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Erano passati giorni dall'ultima volta in cui era uscita di casa. I suoi genitori erano preoccupati per lei forse ora più di quanto non lo fossero stati durante la sua assenza, quando aveva deciso di andarsene notte tempo per prendere parte alla battaglia. Invano dopo il suo ritorno avevano provato a parlarle, a distrarla, a chiederle cosa potessero fare per lei affinché ritrovasse la forza di sorridere. Sapeva che la sua felicità era l'unica cosa che contasse per loro, e se la prendeva con se stessa per non riuscire a dar loro quella piccola gioia; eppure sentiva di non poter fare altrimenti. 
Non poteva sorridere. Non ora che non avrebbe mai più visto il sorriso che per lei contava più di qualsiasi altro. 



La piccola finestra sul soffitto della sua camera, dal quale da bambina si divertiva a guardare il cielo e le stelle, era diventata ora una finestra sull'orrore: non riusciva a non vederci dentro i suoi amici e compagni di scuola soffrire, i professori combattere coraggiosamente, i Mangiamorte gridare minacciosi, il Signore Oscuro ridere...
Sapeva che tutto ciò era ormai finito, e che tutto si era concluso per il meglio: il bene aveva trionfato alla fine, il mondo magico si era stabilizzato, tutto andava bene. Tutto... per chi non aveva perso qualcuno nella battaglia di Hogwarts.  
Si girò da un lato, chiudendo gli occhi; non c'era modo affinché potesse dimenticare. Di notte, di giorno, vedeva studenti che non conosceva cedere ai nemici, vedeva la sua cara amica Leanne soffrire per le ferite subite, vedeva Lavanda Brown cadere a terra in quello che un tempo era il Cortile d'Ingresso. Ed infine, vedeva Fred Weasley disteso, esanime, sul freddo pavimento di pietra della Sala Grande, circondato da amici e famigliari in lacrime, il quale dolore lui non poteva più sentire. 
Quel ricordo, era fra tutti senza dubbio il peggiore in assoluto, quello che spiccava per nitidezza e atrocità nella sua memoria. Le bastava chiudere gli occhi un attimo per rivedere se stessa, sporca di polvere e terra, seguire un Lee tragicamente atterrito, tra i detriti della Sala d'Ingresso. L'aveva raggiunta correndo, dichiarando senza fiato di averla cercata ovunque, per portarla nella Sala Grande dove si sarebbe dovuta recare immediatamente. Il perché non glielo disse subito, annunciandole così l'entità di una tragedia. Poteva rileggere quel misto di terrore, incredulità e afflizione che aveva visto nei suoi occhi in quel momento con inquietante lucidità. 
Varcarono insieme la soglia della Sala Grande, e poi lo perse di vista.  Ciò che vide dopo, fu la scena più macabra e raccapricciante che mai si potesse aspettare di vedere, sebbene in cuor suo presagisse una disgrazia di tal portata. Aveva vacillato per un infinito attimo di fronte al corpo disteso supino di una persona che troppo bene conosceva. In quel lunghissimo istante, credette di vedere il corpo di George Weasley giacere senza vita sulla fredda pietra della sala. In quello stesso lunghissimo istante, aveva sentito il cuore lacerarsi violentemente e la vista spegnersi, e fu certa di essere sul punto di svenire. Poi, qualcuno la abbracciò forte, e quella visione ovattata scomparve. Soltanto allora capì che il ragazzo disteso a terra, caduto in un sonno senza sogni, era Fred. 
Strinse il gemello sopravvissuto tra le sue braccia più forte che potè, in preda ad un miscuglio di emozioni equamente dirompenti che l'avrebbero indotta a scoppiare in un pianto angosciato, se l'incredulità per l'accaduto non avesse prevalso su qualsiasi altro sentimento. Eppure la realtà non le offriva scampo: quello che stava vivendo era tutto vero. A conferma di ciò vi erano le lacrime di George, i cui lamenti strazianti rieccheggiavano agghiaccianti per le volte altissime della Sala Grande. Paurosamente riusciva a sentirli anche sul suo letto, a distanza di giorni e giorni da quel fatidico 2 maggio. Sentiva ancora benissimo i gemiti sconsolati del ragazzo che amava vicinissimi al suo orecchio, sentiva ancora la potenza di quell'abbraccio abbandonato, sentiva ancora il proprio cuore dilaniarsi ad ogni suo singulto e la propria desolante sensazione di impotenza. 
Quella fu la prima volta che lo vide piangere. 
La prima volta, che prepotentemente si era sostituita nei ricordi all'ultima in cui lo aveva visto ridere.



Ricominciò a piangere. Si sedette sul letto, tirò su le gambe e nascose il voltro tra le mani, di nuovo in preda ad un dolore profondo.
Non accettava ancora la verità, non credeva ancora che Fred se ne fosse andato davvero. La uccideva la consapevolezza che non lo avrebbe mai più visto ridere allegro, non lo avrebbe più sentito fare battute, prenderla benevolmente in giro, dirle sorridente che a volte la trovava insopportabile. Ricordava a malapena l'espressione che assumeva quando era triste o arrabbiato, perché raramente aveva avuto occasione di vederla: ora invece ricordava quel viso deformato da espressioni di un incommensurabile dolore.
E non sul suo volto, ma su quello identico del suo gemello. 
Questo era mille volte più straziante: sapere che l'eco dei sorrisi di Fred non avrebbero più avuto luogo neppure sul volto così simile di George. Come avrebbe fatto lei ad andare avanti, quando più di una volta aveva dichiarato di vivere per quel sorriso? Come avrebbe sopportato l'idea di vederne future copie sbiadite, senza l'intima allegria e spensieratezza che lo caratterizzava? Era certa che il sorriso di George non sarebbe mai più stato lo stesso, non ora che era rimasto spaventosamente da solo. Sapeva ormai che il massimo della felicità che George avrebbe potuto raggiungere, si sarebbe inesorabilmente ridotto svariati livelli sotto quello originario. 
Era sicura che George non avrebbe mai più potuto provare la pienezza di sentimenti quali felicità, serenità o gioia, perché oramai il suo stesso essere era pieno soltanto per metà.



Si sentì avvinghiare da uno sconforto talmente profondo da cadere riversa sul materasso, in preda ad un pianto desolato. Se fosse stato possibile, avrebbe dato la sua vita pur di restituire la gioia a George. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per farlo tornare com'era prima, il ragazzo allegro, malandrino e pieno di vita di sempre. Ma nessuno era in grado di farlo, così come nessuna magia poteva far tornare in vita i morti. 
Nessuna persona e nessun incantesimo avrebbero fatto tornare in vita la parte di George che se n'era andata con Fred.

 


Un luccichio improvviso ridestò in lei un impulso sepolto che la invitò a reagire. Piangere e disperarsi non avevano alcun potere edificatorio, se non quello di gettare la situazione in una lugubre stabilità e spegnere ogni speranza. Come mossa da una luce nuova, seppur estremamente tenue, si alzò, si asciugò gli occhi, si ravviò i capelli che le ricadevano disordinati sul viso. Notò quindi la propria immagine riflessa nello specchio appeso alla parete, accanto al letto: aveva profonde occhiaie, il lieve segno della piccola ferita sulla tempia, gli occhi rossi e gonfi di pianto. Improvvisamente realizzò che tutto quel dolore e quell'angoscia servivano solo a portarla ad un'inutile consumazione che non avrebbe giovato né a lei, né ai suoi genitori, né tantomeno a George. Improvvisamente si biasimò per essersi abbandonata a quel dolore che ora giudicava nausantemente egoista: ritirandosi in solitudine a soffrire le pene del passato, aveva fatto del male a chi la amava tanto.
Il suo cuore le aveva detto che avrebbe dato la vita per vedere George sorridere di nuovo, la sua mente le aveva detto che non ci sarebbe riuscita. Non era così, non doveva essere così: forse non ce l'avrebbe fatta completamente, ma era suo dovere agire. Lui aveva bisogno di lei, adesso più che mai. Ora che si sentiva tragicamente solo, ora che non riusciva ad essere forte come le aveva promesso prima della battaglia, doveva pensare lei ad essere forte per tutti e due. Non si macchiava di presunzione, poiché lui stesso le aveva dichiarato di amarla: su di lei dunque ricadeva la responsabilità di sostenerlo e di stargli vicino. Colmare il più possibile il suo vuoto: questo era ciò che avrebbe dovuto fare, anche se lui l'avesse respinta.
Soltanto allora, fissando ancora lo specchio, accennò a se stessa un lieve sorriso: ed il barlume di una speranza remota iniziò ad ardere di nuovo.


"I will always be with you, I'm the anchor of your sorrow.
There's no end to what I'll do, 'cause I love you.
 I love you to death" 

{Love you to death - Kamelot}

 


Ciao a tutti! Questa è la primissima storia che pubblico qui su EFP, dunque gradirei un sacco sapere cosa ne pensate sia del mio modo di scrivere, sia del contenuto :) 
Sono una fan sfegatata della Geortie, e mi piacerebbe far sentire anche a voi almeno un bricciolo di questa passione tramite le mie righe. 
Altre storie verranno pubblicate in futuro!
Nell'attesa, un saluto a tutti :D 
~Amyina

   
 
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