Fanfic su attori > Jamie Campbell Bower
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Autore: Philly123    18/11/2014    1 recensioni
Londra.
Jamie vive da solo nel suo appartamento in centro, da qualche tempo si sente vuoto e anche i suoi amici non si fanno vivi.
Dorotea è una ragazza londinese con la passione per la pittura e il disegno.
Si incontreranno, più volte.
Qualcosa si nasconde nel passato di lei.
Jamie Campbell Bower sarà troppo assorbito dalla mondanità per prestare attenzione a una ragazza comune?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jamie Campbell Bower, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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-Prima di tutto, voglio dirti che ti ho mentito.-
L’espressione di Dorotea mi era nascosta ma sentivo le sue dita sfiorarmi la mano, leggermente e senza sosta.
-In che modo?- Cercai di usare il tono più pacato possibile, ma non sapevo cosa aspettarmi.
-Sul mio passato, ti ho mentito sul mio passato. È vero che ho vissuto in Italia per tanti anni, ma in seguito mi sono trasferita a Manchester.-
-È come avevi detto, sei stata a Manchester da sola, per un po’.-
-È qui che ti sbagli. Ho finito il liceo in Inghilterra, i miei genitori si sono trasferiti con me, poi sono scappata da casa. Non mi piace parlare di loro, così preferisco dire di averli lasciati in Italia e basta.-
-Perché? Perché non parli mai di loro?-
Dori ebbe un leggero brivido, la mano le si contrasse per un istante. Era così minuta, in quel momento, che sentivo il bisogno di stringerla, ma non lo feci.
Vidi Dorotea spostarsi verso di me, fino a poggiare la testa sulla mia scapola. Avevo indossato una leggera felpa, prima di sedermi e a lei avevo prestato dei vestiti di mio fratello, stretti per me ma comunque giganti sul suo corpo.
-Posso poggiarmi? Non ce la faccio a continuare, altrimenti.-
-Senti, se non sei in vena, se non ci riesci, non devi parlare per forza.-
-No, ascolta.- Fece un lungo sospiro, poi cominciò –I miei genitori non sono mai stati una coppia perfetta. Ricordo i loro litigi fin da quand’ero molto piccola, anche in pubblico. In ogni caso, la mia infanzia fu abbastanza felice, e i problemi cominciarono appena diventai un’adolescente. Come tutti i ragazzini avevo la testa dura e un carattere decisamente ribelle, mi piaceva fare tutto quello che mi vietavano, infrangere le regole e andare sempre oltre. Nessun genitore accetterebbe una cosa del genere, né lo fecero i miei. Inizialmente, avemmo comuni litigi ma con il passare del tempo le cose peggiorarono.
Capiresti meglio se conoscessi mio padre, ma non importa. Sappi soltanto che è la persona più mentalmente instabile, infantile e meschina che tu possa immaginare. Per me, lui non è un uomo, non si merita questo nome.-
-Dorotea… cosa vuoi dire?-
-Non so quando cominciò tutto, non lo ricordo o forse non voglio ricordare, ma un certo punto quello prese ad alzare le mani su di me. Una volta mi fece sbattere contro un muro così forte da farmi vedere le stelle, un’altra volta mi legò con una cintura e…-
La ragazza non fu capace di continuare, si era rannicchiata a terra, le mani strette attorno al petto e singhiozzava sommessamente. Mi voltai di scatto, cercando di guardarla in faccia.
-Dori! Sul serio?! Non l’hai mai detto a nessuno? E tua madre?!- Sentivo il cuore pulsare in gola, in un impeto di rabbia.
-Non… non ne ho mai parlato. Mia madre lo sapeva, sapeva tutto e non ha mai mosso un dito, ha avuto sempre troppa paura, quel coniglio!- Dorotea parlava a denti stretti, il volto contratto in un’espressione di rabbia e disgusto. –Sai cos’ha detto una volta? “È pur sempre tua figlia”. Sono le uniche parole che abbia mai, mai pronunciato per difendermi. “È tua figlia”.-
Un nuovo ascesso di pianto isterico scosse il piccolo corpo della ragazza. Istintivamente, le sorressi le spalle con le mani, pentendomi all’istante del mio gesto. Quando le ritrassi lei mi bloccò.
-No, Jamie.- Mi guardò per la prima volta, dopo tantissimo tempo, mentre si asciugava le lacrime dal viso con una manica troppo lunga. –Io non ho paura di te, non ho paura dei ragazzi. Non volevo averli vicino, non volevo averci niente a che fare, e basta. Con te, però, non ci riesco. Dalla prima volta in cui ti ho visto, ho sempre avuto voglia di stare con te e non mi era mai capitato. Non ho paura del tuo tocco, delle tue mani. Solamente, il mio corpo reagisce appena perdo il controllo della situazione.-
Non sapevo cosa dire, come comportarmi. Le accarezzai lentamente il viso, asciugandole una lacrima.
-Anche per me è stato diverso. Non sei come con le altre che ho conosciuto. Non avevo voglia di portarti a letto, di divertirmi e basta. Sentivo, invece, di voler passare del tempo con te.-
-Però la voglia fisica conta.- La guardai negli occhi, cercando le parole.
-Ma…-
-Non mi prendere in giro, Jamie, non te ne sto facendo una colpa. Sei umano, è del tutto normale. Il problema qui sono io. Non so se sarò mai capace di comportarmi come le altre ragazze. Non ho mai avuto un rapporto con nessuno, né qualcosa che ci si avvicinasse. Permetto raramente di toccarmi con troppa foga perfino alle ragazze, a parte la mia migliore amica, che però forse non lo è più, e fuggo dagli abbracci. Lo dico per il tuo bene, Jamie, lasciami perdere, non voglio essere il tuo problema.-
-Ancora una volta, credi di sapere cosa sia meglio per me.- Il mio tono era stato forse un po’ troppo duro, così continuai in modo più pacato. -Non ho intenzione di mollare, Dori, ma solo se mi prometti che ci crederai anche tu. Se tu ci credi io ci credo.-
Vidi nei suoi occhi un improvviso bagliore. Era come se mi guardasse per la prima volta.
-Io ci credo- sussurrò, mentre si gettava sul mio petto, in un mare di lacrime.
 
Non parlammo più per una decina di minuti. Lei era appoggiata su di me, senza emettere un suono. I suoi capelli mi solleticavano il collo e sotto il mento, mentre guardavo un punto indeterminato del soffitto e le accarezzavo la testa.
-Ehi- sussurrai, poggiando le labbra sui suoi capelli, vellutati e morbidi.
Alzò leggermente il viso, guardandomi dal basso. In quella posizione i suoi occhi sembravano ancora più grandi e profondi, riuscivo a vedere alcune venature giallo paglierino immerse nello sfondo verde.
-Vedi questo tatuaggio?- indicai il mio braccio destro, in cui si diramavano dei ghirigori scuri. Lei mi afferrò l’avambraccio, scrutandolo.
-C’è scritto: Love always and forever 1989.-
-L’ho fatto per mia madre, per ricordarmi sempre chi sono. C’è anche un altro motivo, però: ho sempre voluto donare qualcosa di bello agli altri, sono convinto che tutti abbiano bisogno di amore. Se tu me lo permetterai, cercherò di fare il mio meglio per vederti felice, proverò a farti andare avanti, andremo avanti insieme.-



N.d.A.:
Okay, spero di essere stata abbastanza brava a scrivere questo capitolo, visto che l'argomento poteva essere molto serio ma anche molto banale. Ecco, spero di non essere stata banale. Ho ricontrollato e riscritto tutto molte volte.
In ogni caso, scrivo questa nota soprattutto per RINGRAZIARE (e ringraziare in maiuscolo!) tutti i miei lettori. Siete davvero carini e mi fa molto piacere sentire i vostri pareri.
Grazie, grazie, grazie!
Se potessi, vi abbraccerei tutti.
-Philly
  
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