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Autore: gleebrittanastories    18/11/2014    4 recensioni
Argentina-1979
Dal testo: "Avete presente nei film, quando il protagonista va a sbattere contro una donna bellissima che puntualmente ha seimila cose in mano che si spargono nei cinque metri circostanti? E, nel mentre raccolgono il tutto, hanno il tempo di parlare e di innamorarsi e tutto sembra così facile e bello e destinato ad essere facile e bello per sempre? Beh, per me e Santana non è stato neanche lontanamente così. Nella nostra storia d'amore non c'è stato tempo per l'amore anche se è quello che ci ha fatto andare avanti."
Genere: Azione, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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/ Hey there, eccoci con il secondo. Vi ho fatto aspettare un po' troppo per i miei gusti e mi scuso! Fatemi sapere e grazie ancora a chi ha recensito il primo dandomi la voglia di impegnarmi in questa storia. Anticipo già che ho qualche idea su come continuarla ma nulla è certo perciò accetto volentieri suggerimenti e critiche costruttive. E nulla, vi amo/
 

Quei giorni passarono molto più velocemente dei precedenti, pranzavo sempre con gli altri e restare sveglia mi costava molta meno fatica. Conobbi altri ragazzi che abitavano lì come me, alcuni feriti, ma per lo più parlai con Tina, Sam, Puck, Mercedes, Kurt e Quinn. Erano fantastici e trovavano sempre il modo per farmi ridere e in poco tempo mi sentii parte di quel gruppo di ragazzi coraggiosi. Mi parlarono delle loro imprese, Puck forse un po' esagerando, delle persone che avevano salvato e di come loro stessi erano stati salvati. La storia di Kurt mi colpì particolarmente. Era arrivato circa un anno prima con una missione umanitaria, da Washington. Stava aiutando un gruppo di bambini nella periferia di Buenos Aires con alcuni dei suoi colleghi quando degli uomini armati li avevano visti. Quinn mi spiegò che era preso di mira chiunque aiutasse la popolazione argentina e così era successo a loro, avevano aperto il fuoco colpendoli tutti all'altezza delle gambe e poi li avevano caricati sul cassone di una jeep. Alcuni avevano reagito ed erano stati freddati sul posto. Durante il viaggio un amico di Kurt, un certo Dave, l'aveva buttato giù dal mezzo per salvarlo ed aveva funzionato, aveva strisciato fino in un vicolo dove Mercedes e Tina l'avevano trovato sanguinante. Kurt mi disse che non avrebbe mai dimenticato quel gesto e che l'essere l'unico sopravvissuto l'aveva spronato ad andare avanti e aiutare più persone possibili. Ricordo che lo ammirai molto, prendere con filosofia quello che era successo non doveva essere stato facile. 

Passò un'altra settimana prima che mi fu concesso un colloquio con l'irraggiungibile Santana Lopez. Nel frattempo la spalla si era riassestata quasi del tutto e la maggior parte delle bruciature era praticamente scomparsa anche se nell'insieme non dovevo avere un bell'aspetto. Sam mi aveva detto che ora avevo un aspetto più vissuto e minaccioso, facendomi ridere.

Tina mi aveva procurato dei vestiti comodi, simili a quelli che usavano loro e finalmente quel giorno non mi sentii fuori luogo. La gamba era immobilizzata solo nella parte inferiore permettendomi di camminare quasi normalmente. Quel giorno scesi le scale che portavano nel salone da sola con Sam che preoccupato assisteva alla scena. 

"Dopo pranzo ti porto da Santana" 

Fu Puck a darmi la notizia. Gli sorrisi mentre masticavo della carne non proprio tenera, ma ormai ero abituata al cibo del rifugio. 

Finalmente avrei potuto chiedere notizie sulla mia borsa ma soprattutto su Blaine che era ancora là fuori chissà dove e chissà in che condizioni. Mi costrinsi a pensare positivo. Deve essere vivo, Blaine se la sa cavare. 

Mangiai più velocemente del solito e aspettai con ansia che Puck concludesse la discussione con Tina. Da quanto avevo capito c'era stato l'ennesimo rapimento, questa volta nella zona opposta della città rispetto all'ospedale. Si alzò faticosamente e dopo un paio di rampe mi spiegò perché, si era ferito quella mattina durante una fuga. 

"Spiegami dove devo andare e torna subito da Tina a farti medicare" gli dissi con un tono che non ammetteva repliche. 

"Sì, mamma" rispose lui facendomi ridere. Ero già affezionata a quel ragazzone e sapevo che avrebbe trascurato la ferita. Una volta convinto ad andare subito da Tina mi feci spiegare dove si trovava Santana. Prima di andarsene mi fece moltissime raccomandazioni su come avrei dovuto comportarmi con lei, a quanto pare non doveva essere una persona molto socievole. Per nulla scoraggiata mi avventurai nei corridoi dell'ospedale attenta a non perdermi. 

Naturalmente mi persi. Cosa ti aspettavi? In effetti ero stata troppo spavalda, conoscendomi avrei dovuto accompagnare Puck indietro e trovarmi un'altra guida. Il senso d'orientamento non è mai stato dalla mia parte, chiedete pure a tutti i miei amici. Ormai me ne sono fatta una ragione ma quel giorno, presa da quell'improvvisa indipendendenza, non ci avevo pensato. Non mi era neanche passato per la testa che non avrei avuto speranze. Non riesco ad orientarmi neanche nel quartiere in cui vivo da quando sono nata, cosa mi è passato per la testa? Quando capii che prendermela con me stessa non mi avrebbe aiutato, cercai delle indicazioni. In fondo quello era un ospedale e solitamente negli ospedali ci sono dei cartelli, delle frecce o qualcosa del genere. Beh, evidentemente in Argentina non avevano bisogno di cartelli. Sbuffai arrendendomi all'evidenza, quei corridoi erano tutti uguali e l'unica informazione che appresi, da una scritta sbiadita, fu che mi trovavo al secondo piano. 

Mentre passeggiavo, ormai arresa e abbastanza inquieta, un rumore attirò la mia attenzione. Non capii subito cosa fosse ma si faceva sempre più distinto, finché lo scontro con l'origine del frastuono sembrò imminente. Mi guardai intorno spaventata, poi la vidi. Era Tina che correva spingendo una barella cigolante. Sopra una persona. Non distinsi altro. Appena mi vide sterzò ma non si fermò, mi fece segno di seguirla così cominciai a correre al suo fianco. 

"Ha bisogno di un'operazione, gli hanno sparato all'addome direi tre volte" 

"E lo operi tu? Qui?" le chiesi. In fondo quello era un ospedale abbandonato. Un conto era accogliere e curare il più possibile le persone, un conto è operarle. 

"Sì e gli altri sono usciti, ti dispiace assistermi?"  

A quel punto mi fermai. Non tanto per la proposta, per quanto sconvolgente, ma per una fitta alla gamba rotta. Cazzo. Presa dal momento mi ero completamente dimenticata di avere una gamba rotta ed ero riuscita a stare dietro a Tina, rallentata dalla barella. Il dolore si fece sentire tutto insieme. Mentre ero appoggiata al muro valutai la richiesta di Tina. Io? Io che aiuto ad operare una persona? Impossibile. Poi però pensai a quell'uomo, pensai che forse fosse giunto il mio momento di aiutare io qualcuno. 

Così, con la gamba che ancora urlava per il dolore, raggiunsi Tina che era entrata in una delle tante stanze. 

"Metti i guanti" disse lei subito, già intenta a studiare le ferite.  

Cercai di non pensare a nulla ma non potei non ricordarmi che di certo non fossi la persona giusta, sono sempre stata molto impressionabile. 

"Per fortuna era qui vicino e l'ho portato subito qui, altrimenti non avrebbe avuto nessuna possibilità di sopravvivenza" 

Messi i guanti mi avvicinai, molto titubante. 

"Cosa devo fare?"  

"Ho già estratto due proiettili. Prevedo lesioni interne, dobbiamo aprire e ricucire. E sperare che questo ambiente sia rimasto almeno un po' sterile" mi disse mentre cercava qualcosa in una delle vaschette. 

Si voltò di nuovo dalla mia parte, estrasse il terzo bossolo e mi fece segno di passarle il bisturi che si trovava sulla mia sinistra. Glielo passai sempre più terrorizzata. Ricordo perfettamente quei momenti, penso che l'immagine di Tina che incide la pelle tra gli addominali abbastanza scolpiti come se fosse burro non mi abbandonerà mai. 

In quel momento, come una vera e propria apparizione divina, una ragazza entrò dalla porta e si avvicinò. 

"Mi hanno detto che eri da sola" 

"Già ma poi ho incontrato Brittany" il dibattito fu interrotto da uno schizzo di sangue che mi investì in pieno. Ovviamente, la solita fortunata. Non resistetti oltre e uscii da lì, chiunque fosse quella ragazza sarebbe stata sicuramente più di aiuto che me e poi stavo decisamente per vomitare. Corsi senza pensare, avevo bisogno di un bagno. Per la prima volta quel giorno la fortuna sembrò essere a mio favore, arrivai alla fine di un corridoio e lessi la scritta "toilette" alla mia sinistra. Davanti a me però vidi una porta a vetri che mi fece esitare. All'improvviso la curiosità e la voglia di uscire all'aria aperta dopo tutto quel tempo mi fecero passare la nausea. Poi però mi ricordai del sangue che avevo addosso ed entrai nel bagno. Mi sciacquai la faccia, tolsi il camice che per fortuna Tina mi aveva fatto indossare e i guanti. Per miracolo non c'era sangue sui vestiti, ad eccezione di qualche goccia sui pantaloni. Mi costrinsi a non pensare a quello a cui avevo appena assistito e uscii nel terrazzo. 

Fu una sensazione bellissima. In un solo istante tutte le preoccupazioni, le immagini che mi tormentavano, il dolore della mia gamba trascurata scomparirono. 

Era quasi aprile ormai e l'aria lo testimoniava. Non era più l'aria pungente di quando ero arrivata in Argentina ma non era neanche l'aria caldo-umida che caratterizza le estati sudamericane. La temperatura era semplicemente perfetta. Dalla posizione del sole intuii che doveva essere pomeriggio inoltrato. Mi appoggiai alla ringhiera arrugginita e lasciai che quella sensazione mi pervadesse. Non saprei bene come spiegarlo, era come uscire da una scatola dopo tanto, troppo tempo. 

Piano piano però tornai alla realtà. Buenos Aires si estendeva davanti a me, relativamente vicina e non potei non pensare che Blaine fosse là fuori. Riuscii a non farmi sovrastare dalle preoccupazioni come succedeva sempre più spesso, mi limitai a godermi il momento e la meravigliosa vista. La città non traspariva il momento critico che l'Argentina stava passando, era tale e quale alle illustrazioni sulla guida che avevo comprato prima di andare lì. E questa era la prova che quella guerra aveva ben poco di militare, e troppo di politico. 

Chiusi gli occhi, alzando il volto verso il sole e svuotai la mente.  

Ripensandoci non saprei dire da quanto tempo lei fosse lì, fatto sta che quando aprii gli occhi non ero più sola. 

Era voltata dalla parte opposta a me e i suoi capelli corvini mossi dal vento coprivano il suo volto. Dato che non accennava a girarsi mi presi la libertà di osservarla meglio. 

Ero quasi sicura che fosse la ragazza entrata durante l'operazione, per quanto poco l'avessi guardata prima di scappare da quella stanza. Aveva anche lei abiti comodi e mani rovinate, tipici degli abitanti del rifugio e mi chiesi perché non l'avessi mai vista. Probabilmente se mi fossi concentrata un attimo avrei potuto intuirlo ma in quel momento ero fin troppo intenta ad osservarla.  

Si voltò all'improvviso, con un lieve sorriso, e interruppe il silenzio. Io spostai lo sguardo colpevole sperando di non essere stata colta in fragrante. 

"Sei portata per la chirurgia mi dicono" disse ridendo appena, come per non volermi offendere troppo ma incapace di trattenersi. 

Continuai a guardare davanti a me e risi anch'io, la mia però era una risata liberatoria. 

"Ti hanno riferito bene, è solo che oggi ho mangiato pesante" replicai seria, per poi voltarmi verso di lei.  

Scoppiammo a ridere entrambe, poi mi venne in mente il motivo per cui ero scappata lì. 

"Come è andata?" 

"Bene, Tina è bravissima. Figurati che riesce ad operare in quelle condizioni"  

Tirai un sospiro di sollievo. 

"Io sono Brittany" le tesi la mano, lei la prese e finalmente ebbi il coraggio di guardarla in faccia. Non saprei come descriverla se non perfetta, assolutamente perfetta. A distanza di anni non ho ancora trovato un aggettivo più adatto. Inoltre non ebbi tempo di fare altre considerazioni perché il suo nome mi scosse notevolmente. 

"Santana Lopez" 

Non riuscii a nascondere lo stupore. Finalmente. Eppure c'era qualcosa che non andava. La Santana Lopez che avevo di fronte mi stava stringendo la mano sorridendomi e da come mi era stata descritta qualcosa non quadrava. 

Ero talmente intenta a fare quelle riflessioni guardando i suoi occhi disarmanti quando mi accorsi che le stavo ancora stringendo la mano. La lasciai di scatto, imbarazzata ai massimi storici facendola ridere, di nuovo. 

"Ti stavo aspettando nell'ufficio di mio padre, Puck mi aveva detto che volevi parlarmi" 

Riflettei un attimo se raccontarle tutto o meno e poi mi decisi. 

"Mi stava accompagnando ma poi ho visto che era ferito alla gamba così l'ho convinto a spiegarmi la strada e ad andare da Tina" a quelle parole fece una smorfia preoccupata e mi sentii in dovere di rassicurarla. 

"Non penso sia nulla di grave e poi l'hai detto tu stessa, Tina è bravissima" e mi presi la libertà di poggiarle una mano sulla spalla. Lei sembrò convinta così continuai a raccontare. 

"Solo che mi sono persa, avrei dovuto aspettarmelo. Mi succede spesso" dissi suscitando in lei una risata "Poi è arrivata Tina che mi ha chiesto di aiutarla e il resto lo sai" 

Rimanemmo un attimo in silenzio, semplicemente a studiarci. 

"Grazie Santana, perché senza di te io non sarei qui" scandii bene le parole fissandola negli occhi per trasmetterle tutta la mia gratitudine. 

Lei sorrise un po' imbarazzata per poi riprendersi. 

"Faccio quello che posso" mi rispose "E no, non ho visto il tuo amico quando ti ho trovata" aggiunse anticipando quella che sarebbe stata la mia prossima domanda. 

La tristezza con cui combattevo da giorni tornò a galla e unita al senso di colpa di cui non riuscivo a liberarmi mi fece venir voglia di piangere. 

"Mi dispiace, Brittany" fu il suo turno di rassicurarmi, appoggiando la sua mano sulla mia spalla. Quel parallelismo mi provocò un sorriso. 

"Però ho una buona notizia, domani a pranzo ti porterò qualcosa che ti appartiene" mi rivolse un ultimo sorriso complice e rientrò nel labirinto. 

Non mi mossi se non per rispondere al suo sorriso, non accennai un saluto, non le feci nessuna delle domande provocate da lei e da tutto quello, non mi voltai neanche a vederla andar via. Mi limitai ad aspettare il rumore della porta che si richiudeva dietro di lei per poi tirare un sospiro di sollievo. E così quella era Santana Lopez. Quelle due versioni mi confondevano: la Santana descritta da Puck e gli altri, la Santana che avevo appena incontrato. Erano come il bianco e il nero, presi seriamente in considerazione l'idea che avesse una doppia personalità. 

Decisi che fosse inutile pensarci, la spiegazione a ciò non sarebbe arrivata da sola. 

Mi costrinsi a non pensare più a lei e ancora una volta mi resi conto di non sapere da che parte andare. Guardai dove prima si trovava Santana e pensai che probabilmente era stata un'allucinazione. Probabilmente oltre ad essermi rotta la gamba avevo anche dato una forte botta in testa. Probabilmente avevo parlato da sola. Gli avvenimenti di quel pomeriggio erano offuscati, dovetti fare mente locale parecchie volte prima di convincermi che non ero pazza. Dovevo parlare con qualcuno però, quella ragazza mi aveva fatto uno strano effetto. Forse mi aveva ipnotizzato con quei occhi profondi. Risi rendendomi conto dell'assurdità di quei pensieri, probabilmente ero solo stanca. 

Tornai alla realtà, il sole stava tramontando e la gamba protestava per tutte quelle ore in piedi. Entrai nell'edificio e percorsi il corridoio. Destra o sinistra? Mentre valutavo le due opzioni notai una porta socchiusa davanti a me e l'aprii curiosa. Era una normalissima stanza d'ospedale, un letto al centro e una poltroncina vicino alla finestra. La stanchezza mi convinse a sedermi sul letto, decisamente più comodo del mio nei sotterranei. Presi il cuscino impolverato, evidentemente inutilizzato da anni, e lo sbattei. Lo rimisi al suo posto e senza rendermene conto mi ci addormentai.

 

 "Brittany" 

"Uuhm" quel letto era così comodo e stavo dormendo così bene. 

"Brittany" ripeté qualcuno. Odio essere svegliata, beh credo che tutti odino essere svegliati. Aprii gli occhi decisa a farla pagare a chiunque avesse osato... 

"Ehy" era Sam e aveva un espressione così dolce. 

"Ehy" risposi semplicemente. Poi realizzai di essermi addormentata lì. 

"È tutta la mattina che ti cerchiamo, non farlo più" mi disse sedendosi sul letto. 

"Non so orientarmi in questo cazzo di posto" borbottai con la voce ancora impastata dal sonno provocando la sua risata. 

"Dai, ormai è quasi ora di pranzo. Andiamo giù"  

Il collegamento fu immediato: pranzo, Santana, borsa. 

"Senti, potrei farmi una doccia? Ne ho davvero bisogno" 

Sembrò sorpreso dalla richiesta, probabilmente l'igiene non era una delle prime preoccupazioni lì. 

"Al massimo ti possiamo offrire un lavandino, c'è un bagno in fondo al corridoio" 

"Va bene, credo anche di saperci arrivare" 

"Aspetta, arrivo subito" e uscì. 

Mi misi seduta, la stanchezza e la confusione del giorno prima erano sparite quasi del tutto. Ormai mi ero arresa al fatto che volevo rivedere quella ragazza, volevo sapere di più rispetto alle parole di Quinn. Ma la mia priorità rimaneva Blaine, trovarlo e magari portarlo al rifugio per poi decidere il da farsi. 

Stavo fantasticando su come sarebbe stato far parte di quei ragazzi con Blaine, aiutare le persone e far finire la guerra insieme quando Sam ricomparve con un asciugamano e un foglietto che posò sul letto. 

"Il sapone ci dovrebbe essere, ci vediamo giù" mi fece l'occhiolino e, prima che potessi fargli notare che mi sarei persa di nuovo, se ne andò di nuovo. 

Sbuffai e presi il foglietto. Un sorriso mi venne spontaneo, quella era una mappa accurata dell'ospedale fatta da Sam. Lo ringraziai mentalmente e andai verso il bagno. 

Mi specchiai, ero in condizioni pietose. Gli ultimi segni delle bruciature non aiutavano ma una bella lavata mi avrebbe sicuramente resa un'altra persona. 

"A noi due" dissi rivolta allo specchio con il sapone in mano. 

 

  
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