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Autore: Yanothing    18/11/2014    0 recensioni
Tutto questo è nella mia testa, è solo un sogno, nulla è reale, è tutto troppo effimero. La terra crolla sotto i miei piedi, devo tornare a casa, le menzogne di una vita e quel volto, quegli occhi azzurri, di quell'azzurro glaciale. Musica, birra, sigarette, la vita scivola via troppo velocemente, devo correre.
Qual'è la verità? Cosa sono? Chi sono?
Genere: Malinconico, Song-fic, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrienne Nesser Armstrong, Billie J. Armstrong, Jesus of Suburbia, St. Jimmy, Whatsername
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Rivolse lo sguardo fuori dalla finestra, il sorriso aveva preso in affitto le sue labbra e sembrava averlo costretto in una paralisi, la giornata era piacevolmente fresca, senza troppi raggi a riscaldare l'asfalto di Los Angeles, ma nemmeno troppe nuvole a coprire l'azzurro cielo.
Jimmy si alzò dal letto e decise di fare una doccia veloce per poi uscire a godersi quella giornata d'autunno, si sentiva particolarmente bene da un paio di giorni e aveva sempre più voglia di passare le giornate in giro per la città, su uno dei tanti pontili sulla baia, o addirittura al parco, lo stesso parco dove conobbe J.
Finita la doccia, con i capelli ancora gocciolanti e la pelle rossa per il calore dell'acqua, si vestì, aveva voglia di parlare col suo unico amico, con l'unica persona che gli aveva fatto ottenere ciò che da sempre stava cercando, lei, la donna per la quale aveva perso la testa, la donna che gli aveva ridato il sorriso, la stessa donna che gli aveva ridato la forza per combattere, per non arrendersi nuovamente, per non arrendersi come aveva sempre fatto, così, allacciata l'ultima scarpa, preso il portafogli e il pacchetto già rovinato di Malboro rosse, uscì dall'hotel, non sapeva dov'era diretto, ma sapeva che se avesse cominciato a camminare a zonzo per le strade di Los Angeles quello strano legame che già altre volte l'aveva portato a J. glielo avrebbe fatto ritrovare.
Tanta fretta aveva in corpo, si sentiva come in astinenza, che fosse solo la rota mattutina o che fosse solo il desiderio ardente che aveva preso dimora nel suo stomaco? Ad ogni modo il suo passo era più affrettato di quanto non fosse di solito e le dita così frenetiche dentro le tasche dei suoi pantaloni che ad un certo punto cominciarono a tirare piccoli fili di cotone dalla fodera.
In quello che potrebbe essere considerato un tempo record, Jimmy raggiunse lo stesso molo dove si era baciato quella prima volta con la causa dei suoi sorrisi e dei suoi disordini psichici. Come ben sapeva, J. era lì che lo aspettava già da chissà quanto, d'altronde non si vedevano da quella meravigliosa notte.
“Hey..”
“Ciao ragazzo..” J. lo guardò, sul suo volto un'espressione un po' amara e cupa, i suoi occhi bassi, ma le labbra sempre increspate in un sorriso.
“Oh J. mi sei mancato, devo raccontarti così tante cose..”
“Immagino Jimmy.. Vieni con me..” J. si avvicinò ad una panchina, e vi si sedette in attesa del fiume di parole di Jimmy “..raccontami tutto.”
“Beh, lei è fantastica.. I suoi occhi sono colore del cielo.. J. è speciale, lo so, mai nessuna mi aveva trattato come mi tratta lei, è gentile, è simpatica, è intelligente.. Ed è tutto merito tuo se adesso lei è al mio fianco..”
“Jimmy, Jimmy, Jimmy.. parli come un ragazzino innamorato..” sorrise appena, guardando il ragazzo negli occhi.
“Beh.. Forse lo sono.. Si.. Voglio dire.. lei è una ragazza straordinaria e il mio mondo è sempre stato così inutile e la mia vita così piatta e ora lei sta sconvolgendo tutto..” J. gli mise un braccio attorno alle spalle e guardò il cielo.
“Sono fiero di te, sei riuscito ad uscire da quel tunnel di noia e monotonia che ti stavi portando dietro da Suburbia..”
“Cosa?” Jimmy lo guardò, con sguardo interrogativo.
“Cosa?”
“Non ti ho mai detto da dove vengo..”
“Hey..” J. rise nervosamente “Io so tutto ricordi?..” sorrise amaramente, cercando di aggrapparsi dietro quella menzogna.
La verità era che ne sapeva tanto quanto Jimmy, della vita, sapeva quelle poche cose che qualsiasi persona sa, l'unica differenza dal ragazzo era la sua spigliatezza e spontaneità, J. era riuscito a farsi strada in un mondo dal quale Jimmy si stava solo facendo risucchiare e non ha fatto altro che impedirglielo, ma J., della vita, sapeva poco e niente.

Guardava il soffitto della camera, la siringa gocciolante poggiata sul piumone azzurro dell'hotel, macchiato da qualsivoglia liquido, corporeo e non, chiuse gli occhi, era particolarmente nervoso quella sera e il fatto che il cellulare ancora non squillasse lo innervosiva ancora di più, si alzò per controllare il buio scendere su Los Angeles, con le gambe leggermente tremolanti per il lungo riposo al quale erano state sottoposte, proprio quando decise che sarebbe uscito a vedere se fosse al pub il telefono della camera squillò e si affrettò a rispondere, la conversazione fu breve e concisa e il risultato di essa fu una visita non molto inaspettata.
Jimmy l'aspettò davanti la porta, con un sorriso ebete stampato sul volto, già desideroso più che mai, non appena lei arrivò sul pianerottolo gli sorrise da lontano e lo raggiunse con pochi, lunghi passi.
“Scusa se ho fatto tardi, ho dovuto recuperare quel teppista di mio cugino da un pub..” si sporse in avanti per baciargli la guancia e Jimmy, ricambiò uno sguardo fugace, entrando poi in camera.
“Come ti senti?” chiese lei dando un'occhiata in giro, finché il suo sguardo non si posò sulla siringa ingiallita dai troppi usi.
“Dovresti smetterla di usare quella siringa o ti verrà qualche infezione idiota..” lo abbracciò da dietro, cingendogli la vita con le sue esili braccia.
“Mi sei mancata..” fu l'unica cosa che disse, con lo sguardo perso nel vuoto e la mente da tutt'altra parte, la ragazza a quel punto sciolse l'abbraccio e si avvicinò al letto, prese la siringa e la buttò nel cestino.
“Domani ne vado a comprare una nuova, rischi già tanto anche senza siringa infetta..” si morse il labbro, cominciava a preoccuparla quel suo abuso, ma si sentiva incapace di impedirgli di bucarsi, “Ti va di riposare un po?”
“No.. Ho riposato tutto il giorno..” la sua voce era pacata e flebile, si girò a guardarla e le sorrise, i denti leggermente ingialliti per l'igene che trascurava da due giorni, lei si distese a letto, dopo aver scostato il piumone logoro, gli fece cenno di stendersi accanto a lei, così Jimmy, senza troppe storie, si distese, poggiando la testa al petto della ragazza, sentendosi per la prima volta dopo tante ore al sicuro e realmente protetto.
“Sei strano da un paio di giorni Jimmy..”
“Due per la precisione..”
“Già.. Due.. Che ti succede?”
“Ho fatto un sogno..”
“Che sogno?”
“Non voglio parlarne..” a quelle parole il silenzio calò e così anche il buio che prese il sopravvento sull'ultimo bagliore pomeridiano.
“Jimmy non mi hai mai detto nulla di tua madre..” lo sentì irrigidirsi.
“Non c'è molto da dire, è una stronza che ha deciso di buttare la sua vita.. Senza alcun rispetto nei miei confronti.. Una grande urlatrice..” sbuffò, già stufo della conversazione sui parenti.
“E..” tentennò lei mordendosi il labbro.
“Cosa?”
“E tuo padre?” a quel punto Jimmy si alzò, mettendosi seduto con la schiena ben dritta.
“Che ti interessa di mio padre?” digrignò i denti.
“Nulla.. Io.. Non l'hai mai nominato..”
“Perché non ho mai avuto un padre chiaro!? Perché non ti fai i cazzi tuoi!? Mio padre non esiste, per quanto mi riguarda potrei essere figlio del primo che passa e non mi importa nemmeno chiaro? Sto bene così come sto, non ho bisogno di nessuna verità, non ho bisogno di nessun padre, non ho bisogno di affetto, ho bisogno solo di un'altra pera cazzo!” si alzò di scatto dal letto, il volto rosso per la rabbia e le vene della gola gonfie per lo sforzo, cominciò a frugare nervosamente nella valigia, in cerca di una dose, ma non trovò nulla, passò ai vestiti sporchi e usati sparsi per tutta camera, anche lì nulla, i cassetti dei comodini e anche quelli dell'armadio, nulla, la rabbia continuava a crescere e stava quasi per trasformarsi in panico, cadde in ginocchio di fronte all'armadio, mentre le lacrime cominciavano a rigargli il volto e la ragazza, sconvolta da quanto accaduto in soli trenta secondi, si alzò titubante per cercare di farlo calmare.
“Jimmy..”
“Non ho bisogno di nessuno! Io posso vivere da solo! Io sono forte.. Io sono forte.. Io non ho bisogno di nessuno..” si piegò in avanti, lasciando che le lacrime bagnassero la moquette impolverata, nascose il viso tra le mani e lei lo abbracciò mettendogli un braccio attorno le spalle, si morse il labbro poggiando la testa sulla sua schiena e cercò di provare tutto quel dolore che quel corpo minuto conteneva, ma nemmeno la sua fervida immaginazione poteva riuscire a farglielo provare, non poteva lontanamente sapere cosa succedeva in quel cuore spezzato, in quelle ossa fradice di lacrime, in quel cervello tormentato da troppi dolori per una vita sola.
“Lasciami.. Vai via.. Io posso stare solo.. Non ho bisogno di nessuno..” continuava a ripetere quelle ultime parole, ma lei non lo lasciava, nonostante il nodo alla gola, nonostante la leggera paura per una qualche reazione violenta, nonostante la dovuta confusione.
Si alzò cercando di tirarlo su, lo accompagnò vicino al letto e lo fece sedere, guardandolo triste, lui ricambiò il suo sguardo con gli occhi ancora gonfi di lacrime, allungò una mano verso di lei per carezzarle il volto, ma lei si tirò leggermente indietro.
“Lo capisco se vorrai andare.. Se non vorrai più vedermi.. Sto diventando uno schifo..”
“Dopo quello che hai fatto per avermi non vado da nessuna parte..” sorrise poggiando la guancia contro la sua mano ancora protratta verso il suo viso, piccole gocce cristalline cominciarono a scorrere lungo le guance della ragazza, così stanca di tutto quel male nel mondo.
Jimmy socchiuse gli occhi, cercando di scacciare nuovamente il ricordo di suo padre, ricordo riaffiorato proprio due giorni prima, proprio dopo quel sogno, non voleva parlarne, non sapeva nemmeno lui cosa dire, non sapeva se suo padre era morto, se era vivo, non lo sapeva, non aveva risposte su una che è una delle certezze dei figli, non aveva risposte sulla figura paterna della sua vita, non l'aveva mai avuta quella figura paterna, mai due ceffoni da mani di un uomo che gli volesse veramente bene, solo fidanzati di poco conto della madre sempre più frustrata e depressa; mai un abbraccio dalle braccia di un uomo maturo che non fossero quelle del suo professore di arte, l'unico che l'aveva sempre apprezzato, l'unico che aveva creduto in lui, l'unico che lo salutò quando decise di lasciare la scuola; mai un sorriso da un viso conosciuto, da un viso che si è visto invecchiare nel corso degli anni; mai nulla di tutto questo, non aveva mai avuto un padre e nemmeno era sicuro di volerlo un padre, voleva solo essere felice, ma come poteva la sua felicità dipendere da un uomo che non era mai esistito? Il suo universo era sempre e solo ruotato attorno la mancanza di quest'uomo? O forse la sua vita era semplicemente avvolta in un mistero che nessuno, oltre sua madre, poteva svelare?

  
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