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Autore: Naki94    19/11/2014    0 recensioni
Il detective dell'FBI Jersey Shown viene inviato in una piccola cittadina americana per indagare sulla scomparsa e forse su l'omicidio di Sofia Monroe. Shown dovrà abbandonare il suo razionalismo investigativo quando si renderà conto di essere di fronte a qualcosa di ben più inquietante e misterioso che va oltre la realtà. Da thriller con toni noir all'horror, il racconto a puntate chiude il cerchio della trama con accenni alle nuove idee della fisica teorica e quantistica. Interessante è l'interazione della trama di Mason Creek con altri racconti separati e indipendenti, come se fossero universi gli uni paralleli agli altri che di tanto in tanto, nelle loro continue vibrazioni, si incontrano incrociando tra loro personaggi e storie.....
Genere: Horror, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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E' la madre di Sofia, glielo leggo negli occhi prima di disarmarla e gettarla atterra con un labbro spaccato. Il gesto è così fulmineo che non mi rendo conto di quanto male gli possa aver causato finché non vedo il fiotto di sangue scorrere via sull'asfalto bagnato. La sollevo e la accompagno all'asciutto fino in uno degli uffici deserti della centrale, intanto qualcuno sistema la macchina contro la parete. Con me viene lo sceriffo Kooper e Wide che mi seguono come due cagnolini fino all'ufficio poi dico a Billy di chiamare un medico e lui esce di scena. Intanto la donna continua a tremare ed è completamente inzuppata d'acqua e infreddolita così mando Kooper a prendere del tè caldo alla macchinetta del caffè nell'atrio d'attesa. «E dato che sei di casa son certo che troverai anche un panno o un coperta da mettere sulle spalle alla signora». Lui obbedisce e mi lascia solo con la donna, finalmente. «Mi ascolti bene signora Monroe, il mio lavoro è quello di trovare sua figlia e lo stronzo che l'ha rapita. Mi capisce?». Lei annuisce con la testa e i capelli neri scivolavano come fili giù verso il seno bagnato. «Bene! Non si preoccupi per ciò che è accaduto prima, non le accadrà nulla di grave, è del tutto plausibile la sua reazione. Detto ciò per esserle d'aiuto deve raccontarmi un po' di sua figlia Sofia».

Finalmente parla. «E' una ragazza normalissima e tranquilla. Mi manda sempre un messaggio quando ritarda un po', è brava».

«Quella sera di quattro giorni fa lei e suo marito dove eravate intorno alle sette di sera?».

Senza pensarci mi risponde e capisco che è la verità. «A casa. La stavamo aspettando per la cena, doveva farsi il bagno e poi venire a cena con noi».

«A che ora doveva tornare?» domando senza perdere tempo.

«Alle sei doveva essere già a casa per farsi il bagno e venire con noi a cena».

«Ha mandato un messaggio per informarvi che sarebbe arrivata in ritardo?». Anche questa volta la signora Monroe non esita a rispondere. «No, non ha detto nulla. Infatti dopo un'ora ho cominciato a preoccuparmi, ma Scott, mio marito, mi ha tenuto buona per un'altra ora. Poco dopo le otto di sera ho iniziato a chiamarla più volte al cellulare che mi dava sempre spento o non raggiungibile, così ho telefonato a mia sorella Katia per sapere se Sofia si era trattenuta da lei, ma anche Katia non sapeva nulla di mia figlia. Sparita cazzo..». La signora Monroe si mette una mano sul viso. Le sue mani tremano.

«Come era uscita di casa? a piedi?». 

«No, ha preso la sua bicicletta». 

«E ora a casa vostra c'è la bicicletta di Sofia?». Le parole vengono bloccate da un fortissimo groppo alla gola che riesco a percepire, così fa di no con la testa e prende a piangere quando Kooper entra con un bicchiere di plastica fumante nella mano destra e alcune coperte scure di lana appoggiate al braccio sinistro. La sua ombra taglia in due la stanza e si allunga fino a noi di là dalla parete, mentre il rumore del metallo copre il suono vibrante del motore del camion dei vigili del fuoco e l'auto accartocciata si stacca dal muro intatto della centrale.

Nel frastuono la signora Monroe si accosta al mio orecchio e bisbiglia e, mentre io osservo entrare Billy Wide accompagnato da medico legale Martin Prince, focalizzo ciò che mi dice e la mia attenzione finisce su Irina Callaway: prima indagata in quanto ultima persona ad aver visto Sofia, nonché amica o conoscente di altre vittime.

Nessuno sporge denuncia e la signora Monroe torna a casa nel pomeriggio dopo aver bevuto qualche litro di caffè alla stazione ed essersi calmata assieme agli altri poliziotti e al marito che nel frattempo era giunto appena saputo dell'accaduto. A me intanto viene mostrata la mia stanza all'albergo Jerome's Room in centro. Non male. A pelle mi trovo da subito in simpatia con il tizio alla reception, un certo Adam Fillingstone. Non male per niente, questo vede e conosce tutto in città e mi sarà d'aiuto con qualche dollaro. La stanza è tenuta bene e spoglia come ogni camera d'albergo appena ci metti piede, non sarò certo io a riempirla. Mi va bene così, meno distrazioni possibili quando seguo un caso tant'è che dico subito ad Adam di portare con sé la televisione mentre se ne torna giù alla reception. Kooper è con me e lo sento parlare di stronzate, ma non lo ascolto, la mia mente è già sul caso pronta a sintonizzarsi sui discorsi degli altri solo se pertinenti al caso. E' mattina quando finalmente quello stronzo di Kooper esce d'albergo. Faccio subito una lunga doccia e, accendendomi una mezza dozzina di sigarette, appendo all'armadio una bacheca in sughero che mi porta Adam personalmente.

Prima di pranzo raggiungo la centrale e trovo Billy. «Ora andiamo a fare qualche domanda a Irina Callaway. Sai dove abita spero».

Billy mi saluta consegnandomi due sporte di fascicoli e videocassette di interrogatori che lascio sulla scrivania in ufficio certo di passare la prima notte in bianco a Mason Creek.

«Grazie del regalo, Billy». Gli dico mentre mi accendo l'ultima sigaretta del pacchetto. «Avete mandato i sommozzatori e gli uomini nel bosco lungo il fiume».

«Kooper ha organizzato una piccola squadra incorporando anche qualche vigile del fuoco, ora sono sul posto vuoi che andiamo a seguire cosa l'indagine».

«Ci andremo dopo al bosco, ora andiamo da Irina e dai signori Callaway». Entriamo in macchina e lascio guidare a lui perché non conosco la strada. Durante il breve tragitto ognuno se ne sta coi suoi pensieri in silenzio. Billy con gli occhi puntati sulla strada ed io con lo sguardo vuoto penso mentre fisso il paesaggio lugubre oltre il finestrino. La casa dei signori Callaway è poco oltre la periferia, vicino alla campagna. Parcheggiata la macchina d'istinto cerco nelle tasche della giacca le sigarette, poi ricordo di averle finite e ingoio la voglia di urlare al mondo. «Vaffanculo!».

Ad aprirci è proprio Irina, una ragazza adolescente un po' sovrappeso che ci guarda con gli occhi gonfi e arrossati.

«Sono il detective Jersey Shown FBI e lui è il vice sceriffo Billy Wide». Dopo la presentazione vado dritto al punto. «Come già sai la tua amica Sofia Monroe è scomparsa quasi cinque giorni fa, volevamo farti qualche domanda a riguardo». Billy Wide mi lancia un'occhiata furtiva e mi insulta col pensiero per il poco tatto, ma ne sbatto il cazzo e continuo a guardare la nostra prima indagata. Recentemente ha pianto molto segno che quella tragedia deve averla colpita a livello personale, le unghie delle mani sono tutte mangiate e sul pollice della mano destra c'è un coagulo di sangue dovuto a una piccola ferita provocata dal continuo mordersi. Evidente segno di stress e tensione emotiva. Poi quando parla il cerchio della mia iniziale impressione si chiude. «Venite dentro, vi prego». Sembra sconvolta e molto confusa e la sua disponibilità a farci entrare appare sincera.

Nel frattempo entrò nell'ovattato salone anche il padre e la luce del lampadario spezzava in due la stanza proiettando le nostre ombre sul muro. «Signor Callaway, scusi il disturbo». Disse Billy porgendo la mano. «Siamo i detective Shown e Wide. Stiamo cercando Sofia Monroe. E' disponibile a rispondere a qualche domanda insieme a sua figlia e a sua moglie?».

L'uomo si avvicina e stringe la mano a Wide. «Mia moglie è al lavoro, torna dopo le quattro. Io sono disponibile alle vostre domande, ma credo che ne abbiate già fatte abbastanza, non credete? Mia figlia ha già detto tutto e io non ho da dire nient'altro».

Aspetto che finisca la frase e rispondo. «Sono d'accordo con lei, signor Callaway, tuttavia io sono appena arrivato da fuori e ho bisogno di vedere le vostre risposte».

«Per quello». Mi interrompe Wide. «Abbiamo già le videoregistrazioni degli interrogatori in centrale». La presenza della ragazza davanti a noi mi impedì di caricare un gancio contro la parete dello stomaco di Billy, quanto odio quando qualcuno mi contraddice e mi interrompe. Rimango zitto e mi limito a distruggergli il pensiero con lo sguardo. «Le domande che sono state fatte all'interrogatorio non sono le miei domande» rispondo rivolgendomi al padre.

«Mi segua un secondo, detective, le voglio parlare un attimo». Ci spostiamo in cucina, intanto Billy rimanere a fare compagnia alla ragazza.

Il padre mi guarda negli occhi e mi dice. «Mia figlia Irina è traumatizzata da quello che è successo, non vede che sta cadendo in depressione? Per favore non peggiori la situazione, gli interrogatori gli avete già fatti, lasciatela in pace».

Io rispondo allo sguardo e con tono freddo aggiungo. «La fuori, da qualche parte, c'è una ragazza dell'età di sua figlia, capisce?» Il signor Mark Callaway abbassa gli occhi e io proseguo. «Se va bene la troviamo vittima di violenza sessuale e fisica, se va male bella e pronta per essere messa in una cassa e seppellita. Mi lasci fare il mio lavoro».

Mentre Billy Wide rimane alle mie spalle, Irina ed io ci sediamo l'uno di fronte all'altro sulla scrivania nella sua camera da letto. Tutt'intorno sui muri ci sono milioni di fotografie, alcune molto belle. «Le hai fatte tu queste foto?». Provo a metterla a suo agio e a fidarsi di me.

Lei annuisce e accenna a un sì strozzato allora continuo. «Che macchina usi? Mia figlia che ha circa la tua età è appassionata di fotografia e per compleanno le ho regalato un'ottima Canon». Sembra improvvisamente agitarsi: le mani iniziano a sfregarsi l'una sull'altra per tamponare l'eccessivo sudore, la piccola vene del collo si gonfia a ritmi più veloci e, anche se continua a far finta di nulla, noto gli occhi cambiare direzione da destra a sinistra come se volesse evitare il contatto diretto coi miei.

Così poco dopo risponde. «Queste foto le ho scattate con una macchina fotografica presa in prestito, mi dispiace non ce l'ho qua per fargliela vedere se no lo farei».

«Che peccato! Volevo vederla». Rispondo. «Allora, torniamo a noi: come mai due belle ragazze come voi invece di fare shopping in centro sono andate da sole in mezzo a un bosco quel giorno?».

«Avevo chiamato Sofia per camminare in campagna, lo facevamo spesso perché volevamo tenerci in forma. Robetta, comunque. Niente di serio. Ci siamo trovate ai piedi dell'argine che costeggia il fiume e nel correre abbiamo trovato un piccola strada che non avevamo mai notato».

La interrompo un attimo. «Come siete arrivate fino in campagna? Io non sono di qua, ma sembra un bel po' di strada». Lei ci pensa su per un po di tempo, troppo. «In bicicletta».

Passa un silenzio interminabile che la mette subito a disagio poi continuo. «Avanti, dimmi cosa avete fatto dopo essere arrivate alla stradina».

«L'abbiamo seguita». Risponde. «Fino dentro al bosco poi abbiamo scattato qualche foto». Improvvisamente si blocca colta da un pensiero, dopo poco riprende. «Le foto le abbiamo fatte con la sua macchina fotografica poi, dopo un giro veloce lì intorno, siamo scappate via e l'ho riaccompagnata a casa».

«Hai visto Sofia che entrava nel condominio?». Irina mi guarda e molto sinceramente annuisce.

«Un'altra cosa: perché dici che siete “scappate”? Tipo correndo?». Irina allora fa un lungo sospiro e risponde. «Era molto tardi allora così ci siamo affrettate a tornare a casa».

Io mi avvicino al suo volto e la guardo negli occhi. «Ascolta Irina, io faccio il detective da molto tempo e una ragazzina non può raccontarmi bugia senza che io non me ne accorga, capisci? In più qui c'è in gioco la vita della tua amica Sofia, perché non mi vuoi raccontare tutto?».

Gli occhi le diventano lucidi, trattiene il singhiozzo mentre prova a parlare. «La sotto abbiamo trovato un capanno. Ci siamo spaventate e siamo tornate su». La ragazza piange.

CONTINUA..

   
 
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