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Autore: Ale Conte    19/11/2014    1 recensioni
Ormai era troppo tardi. Non avrei dovuto perdere tutto quel tempo prima, o forse non avrei dovuto volerne troppo dopo.
Genere: Introspettivo, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fermo. Era tutto fermo.
Provavo in tutti i modi a far spostare qualcuno, ma niente.
Pensavo fosse uno scherzo, o non so cosa. Invece no, solo dopo qualche minuto capì che era tutto vero.
Ma perché?
Decisi di andare in giro per il centro della città.
Entrai in un negozio di telefoni e iniziai a rubarne qualcuno, ma che senso aveva se non potevo chiamare nessuno?
Eppure che fino a poco prima non avevo considerato mai neanche una persona. Trattavo tutti male, e la gente si comportava di conseguenza con me. Ero solo, ma alla fine non più solo di quanto lo fossi prima. Non avevo mai apprezzato le persone, gli amici, nessuno. Invece ora, solo ora iniziavo a pensare a quanto sarebbe stato belle avere un amico fidato. A quanto sarebbe stato bello poter confidare a lui i miei segreti, poter uscire a farsi due risate, poter far cavolate con lui e poter esser felice. Solo ora ci pensavo..
Così decisi di prendere un pullman. Che scemo, non si muoveva! Restava lì, immobile.
Allora mi feci tutta la strada a piedi, fino all’unica persona che avevo considerato in vita mia, ma con la quale non avevo mai parlato. Volevo gridarle che l’amavo.
Arrivato a destinazione sfondai la porta d’ingresso del palazzo. Perdevo sangue dalle mani e dalle braccia perché era di vetro. Poi salì le scale. Abitava al terzo piano. Come potevo fare ad aprire la porta di casa sua?
Tornai giù, andai nel primo negozio che vendeva strumenti da lavoro e presi un’accetta.
Iniziai a sfondarla violentemente. Era una porta poco sicura, fatta di legno e basta. Beh, non era molto ricca la mia principessa… non poteva permettersi una di quelle porte con il ferro, quelle da ricchi, quelle dove si vede che nella casa c’è qualcosa di molto costoso. Se un ladro fosse entrato a rubare da lei.. beh, ne sarebbe uscito a mani vuote.
Finalmente ci riuscì. Entrai nell’appartamento, e mi fiondai subito in una camera. Era spoglia, aveva pochissimi mobili, e quei pochi che aveva erano marci.
Cambiai stanza, lì non c’era. Non c’era la mia principessa.
Poi mi trovai davanti a una stanza lilla. Mi fiondai subito in quella, ero sicura che fosse la sua. Lei amava il viola. Portava sempre un cerchietto viola, non se ne sarebbe separata per nulla al mondo.
Adesso che ci penso, com’era strano.. io sapevo tutto di lei, e lei niente di me.
Era lì, in piedi, che fissava il vuoto.
“Ti amo! Non te l’ho mai detto, non ne ho mai avuto il coraggio, perché sono un codardo! Si, sono un codardo schifoso. Però ora sono qui. Ora ho trovato le parole giuste per dirtelo. Sì, non mi conosci, forse non mi hai neanche mai notato. Però io ti ho notata.. ti ho notata eccome. Non ce la faccio più senza te. Muoio al pensiero che qualcun altro potrebbe averti fra le sue braccia. Ti prego, rispondi!” iniziai a gridare.
Nulla. I suoi occhi celesti, dai quali si riusciva a vedere il mare restavano a fissare il vuoto. Io ero il vuoto.
Ormai era tardi. Ho iniziato a vivere la vita troppo tardi. Ho provato a cambiare la mia vita troppo tardi. Ormai ero destinato a vivere la mia vita da solo. Come avevo sempre fatto d’altronde.
  
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