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Autore: TheDevil    20/11/2014    1 recensioni
Cosa successe ai tempi della Prima guerra sacra? Chi erano i cavalieri del mito? Lo scontro tra Atena e Poseidone
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera a tutti, niente da segnalare all'inizio, se non buona lettura

L'uomo che sacrificò il suo braccio


Aveva salvato un giovane principe che si era rintanato nel suo dolore, perso nel ricordo di una madre e di una sorella che un Dio gli aveva strappato in maniera tragica.
Minosse era stato ospitale e riconoscente dopo quello che era successo e si era prodigato nell'ospitare a Corte sia Ganimede che Sargas, concedendo agli uomini dell'equipaggio di mangiare e di trovare alloggio.
Dopo cenato sargas raggiunse Ganimede nella stanza che gli era stata concessa, entrando senza bussare.
Ganimede stava seduto guardando fuori dalla finestra perso nei suoi pensieri e non si accorse del compagno che gli strsciava alle spalle silenziosamente.
Stava per urlargli contro, spaventandolo, ma Ganimede lo anticipò, senza voltarsi : -So che sei lì- si voltò e vide Sargas con le mani attorno alla bocca che inspirava -Ma che stai combinando?-
Sargas fece finta di niente e si diede un contegno, sorridendo all Acquario.
-A cosa stavi pensando?
L'Acquario lo guardò come soppesando le sue intenzioni -Ad Atena- rispose alla fine -Sono lontano e i Cavalieri sono pochi e Poseidone non attenderà che ci organizziamo per attaccare.
-Dovresti parlarmi dei compagni e di Atena-
Ganimede soppesò di nuovo la richiesta dell'amico: -Cheleo prima di diventare Cavaliere era un soldato della guardia di Atena. è il Cavaliere della Bilancia, Nemeo è un giovane cocciuto e ardito, quando ci siamo incontrati per la prima volta non ha mai abbassato lo sguardo, sebbene io e Cheleo avessimo indosso l'armatura, Amalteo invece è un giovane già saggio, e questi sono i Cavalieri di Atena-.
-Aspetta, così pochi?
Per qualche motivo non gli parlò di Alresha, anche perché in cuor suo sperava che la ragazza non risvegliasse il settimo senso, poiché anche se il seme era minimo poteva sentire la solitudine che emanava da quella ragazza.
-E' per questo che sono in viaggio, domani ripartiamo.
-Ah si ricomincia con il viaggio? Fantastico, posso indovinare dove andiamo?
-Se ci vuoi provare! Avanti navigatore, dimmi dove troviamo il prossimo guerriero?
-Ci dirigiamo in Asia?
-Bravo!- per la prima volta quella sera sorrise -Andiamo proprio lì.

*****

Tranquillo era stato il viaggio e sonnacchioso anche, nessuno aveva attaccato la nave e facilmente erano arrivati sulle coste dell'Asia Minore, attraccando ad Efeso, la città sacra alla Dea della Caccia.
Artemide non era mai stata interessata alle sorti della Grecia, ma adorava cacciare nei boschi dell'Asia e ad Efeso sorgeva la sua dimora.
Eppure se non c'era conflitto aperto tra Atena e Artemide, non si poteva dire che le due fossero in rapporti amichevoli.
Stranamente pare che fosse stata una questione di gelosia, il cui protagonista era niente poco di meno che il Divino Apollo, gemello della Dea della Caccia, che un giorno aveva espresso il desiderio di creare un mondo su cui lui e Atena avrebbero governato insieme.
A niente era valso il rifiuto della Dea della giustizia alle offerte del fratello, Artemide non aveva accettato che il gemello avesse preferito Atena a lei, e tanto era bastato per scatenarne l'ira. In fondo lei era la Dea che aveva trasformato Atteone in un cervo facendolo sbranare dai suoi cani, solo perché per caso l'aveva vista nuda.  
Tuttavia Ganimede sapeva che proprio per la facile irascibilità della Dea, per calpestare le sue terre, aveva la necessità di chiedere il permesso, certo che la Dea glielo avrebbe concesso, purché non commettessero stupidaggini.
Ecco perché appena attraccato nel porto della città si vestì dell'armatura e scese come un principe e col capo scoperto dalla nave, costringendo Sargas a rimanere a bordo per non fare stupidaggini.
Efeso era sempre stata una città molto persiana e poco greca, tutto, apparte il tempio.
il tempio era fatto del più puro marmo bianco, alto fino al cielo e col frontone decorato con quello che sembrava oro, Il tutto visibile da lontano, ancora prima di entrare nei giardini dove naturalmente fu fermato dalle guardie del palazzo.
Le guardie lo fermarono con poca convinzione, guardando affascinate l'armatura dorata, ma il Cavaliere spiegò con poche parole il perché della sua presenza, specificandop di come egli fosse un guerriero d'alta casta della Dea Atena e chiedendo di parlare con la Dea Artemide.
Le guardie dopo un po di titubanza, lo fecero entrare quando alla porta si presentò una giovane donna bellissima, dai capelli lunghi e neri e gli occhi di brace, che ordinò con voce secca di farsi da parte.
-Il mio nome è Taigete, sono una dell Cacciatrici di Artemide.
-Cacciatrice?
-Ti pare strano che Artemide si procuri dei guerrieri? Cavalieri per Atena, Generali degli Abissi per Poseidone, e Ares sta creando una sua milizia a Sparta, cosa c'è di strano se Artemide si circondi di guerrieri propri?
Ganimede camminò nello splendido giardino del tempio di Artemide consapevole di quali implicazioni tale notizia portasse.
-Come sta la divina Artemide?-
La cacciatrice lo guardò con un sopracciglio inarcato -Oggi è di buon umore, siamo tornate da una battuta di caccia proprio ieri, e abbiamo preso qualche preda interessante.
Ganimede sospirò -Sapevate che stavo arrivando?
-Certo che lo sapevamo, si stanno accendendo cosmi in tutta la Grecia, e i tuoi movimenti sono tracciabili, sappiamo che con te viaggia un tuo pari- ecco la prima stoccata, se la cacciatrice era così, figurarsi la Dea.
-Sargas è un mio compagno solo per il Cosmo, Atena non ha ancora avuto modo di incontrarlo e lui non ha ancora un armatura, questo fa di lui un marinaio che mi porta in giro per la Grecia, altrimenti sarebbe al mio fianco ad incontrare la Divina Artemide.
La Cacciatrice e il Cavaliere rimasero in silenzio a camminare per gli immensi giardini del tempio.
Arrivarono davanti a una massiccia porta di legno dorato, decorata ai lati da sculture raffiguranti scene di caccia, per lo più con protagonista la Dea.
-Dovrai aspettare qui fuori, nemmeno la mia autorità potrà concederti di entrare nel tempio, solo la mia Dea può darti tale permesso, attendiamo.
Mai come in quel momento Ganimede pensò di aver scelto per il meglio nel lasciare Sargas sulla nave: il temperamento focoso del pirata avrebbe potuto offendere l'irascibile Artemide, anche in considerazione di quest'ultima provocazione.
Da parte sua Taigete guardava il Cavaliere che non aveva cambiato espressione durante tutta l'attesa, mostrando sangue freddo e una calma fuori dal comune.
Una ancella dopo parecchi minuti si affacciò verso di loro e senza alcuna parola fece cenno di entrare e bisbigliò due parole a Taigete prima di scomparire senza rivolgere la parola al Cavaliere.
-Seguimi, Artemide è nei giardini, insieme alla altre cacciatrici.
Vista la grandezza del tempio, appena superata la porta d'ingresso e il primo corridoio si apriva un giardino interno, ancora più splendido di quello esterno, che sorgeva su un piccolo laghetto.
Sul prato e sulla riva del laghetto sedeva Artemide: indossava un lungo peblo dorato che scendeva dolce sulla linea scattante del corpo, abituato alla caccia, i lunghi capelli di un biondo platino, quasi argenteo che scendevano a formare dolci onde sulle spalle, tenuti fermi da un fermaglio con il simbolo della Luna, e gli occhi dorati, di un colore più acceso dei capelli, accarezzava un cucciolo di cervo, suo animale sacro con un dolce sorriso che ben poco era appropriato alla sua fama di instancabile cacciatrice, al suo fianco sul terreno era poggiato il suo arco d'oro con le freccie d'oro che non sbagliavano mai un colpo.
Carezzando il cervo, guardava nel lago con un sorriso dolce tre ragazze che nuotavano nude tra le onde.
Ganimede, al cospetto della Dea si inginocchiò scoprendosi il capo, ignorando le tre ragazze che ridevano.
Atese diverso tempo prima che fosse la Dea a rompere il silenzio.
-Parla pure Servo di Atena- gli concesse Artemide girandosi verso di lui.
-Sono venuto a rendere omaggio alla Febe Artemide in nome della Dea Atena, E per mia volontà, mi è sembrato giusto che prima di calpestare i suoli cari alla Dea della Caccia fosse giusto chiedere il permesso alla Dea che ivi governa.
La Dea Artemide lo guardò per la prima volta con interesse -Un Cavaliere saggio, senza dubbio, vieni, ho voglia di camminare, parleremo camminando per il giardino, Taigete puoi unirti alle tuo compagne, non avrò più bisogno di te, il Servo di mia sorella sparà proteggermi spero...
-Il mio nome è Ganimede dell'Acquario mia Dea e sarò fiero di proteggervi finchè sarò in vostra compagnia.
Artemide gli si mise al fianco e cominciò a camminare per il tempio seguita da Ganimede che cercava di parlare il meno possibile.
-Allora Ganimede, dimmi quanti uomini ha radunato mia sorella!- ordine perentorio
-Per ora ad ottenere l'armatura siamo in quattro, altri tre hanno già risvegliato il loro Cosmo, mentre altri due li ho incontrati ma sono ancora privi di Cosmo, restano altri tre che sto cercando e poi il mio viaggio si concluderà e potrò iniziare la vera guerra.
La Dea si girò verso di lui fissandolo con i suoi occhi dorati e con le palpebre socchiuse :-Sai che io e la tua Signora non siamo in buoni rapporti.
-Sono sicuro che la Dea Atena sia dispiaciuta di questa disputa con sua sorella.
Un lampo d'ira attraversò in un attimo gli occhi della Dea, che però subito tornò al suo sorriso benevolo, allora se stai cercando guerrieri dediti alla causa di Atena, dovresti saper che Efeso è dedita a me-
-E' giusto che io sia comunque qui per porgere i miei omaggi.
-Mi sei simpatico Ganimede, se fossi nato donna avrei potuto sceglierti come una delle mie cacciatrici...
-La Dea Artemide mi onora e mi ritroverà sempre amico finquando non si opporrà apertamente alla Dea Atena.
La Dea per la prima volta sorrise apertamente e lo guardò quasi con affetto -Non mi schiererò in questa guerra Ganimede e spero davvero che il Destino non ci ponga l'uno contro l'altra, inoltre adesso ti spiegherò perché sei venuto ad Efeso.
-Un anno fa giunse ad Efeso un uomo, era un sacerdote, era un uomo giovane e nel pieno delle forze, si stabilì ad Efeso e cominciò a predicare della benevolenza e giustizia di Atena... Seguimi adesso Ganimede ti porterò ad incontrare quest'uomo, poi ti spiegherò esattamente cosa è successo.
La Dea della caccia si incamminò seguita sempre in silenzio dal guerriero, che teneva le distanze dalla Dea.
inaspettatamente il cammino all'interno del giardino del tempio si interruppe vicino alle mura perimetrali che dividevano il giardino interno da quello esterno; la Dea toccò uno dei mattoni e attraversò il varco segreto che si era aperto, invitando il Cavaliere a fare lo stesso, ma la Dea non si limitò a scivolare nel giardino esterno ma andò oltre anche la cinta muraria del giardino esterno, cominciando a stupire Ganimede.
La passeggiata di Artemide e di Ganimede durò però ben poco fuori dal tempio, perché esso era situato sul margine della città e oltre di esso si estendeva una pianura arida.
La Dea Artemide senza alcuna esitazione si diresse verso l'entrata di una grotta, spiegando: -Queste grotte le utilizzaimo come prigioni per i peggiori criminali- e infatti davanti a loro si stagliavano due guardie che appena videro la Dea si inchinarono e si affrettarono ad aprire.
-Anche se è una prigione molto sicura, ci teniamo solo i peggiori criminali, quelli che desideriamo far sparire senza lasciare traccia.
-Che crimine ha commesso quest'uomo?-
-Abbi ancora un po di pazienza.
La Dea lo portò sempre più in basso, sempre più in profondità, inquietando non poco il Giovane Cavaliere finchè si fermò dinnanzi a una cella.
All'interno c'era buio, e solo una sagoma scura si vedeva, che stava sdraiata su un pagliereccio sudicio con i ceppi ai piedi che gli limitavano i movimenti.
-Svegliati Sacerdote di Atena, hai visite.
L'uomo si svegliò di soprassalto e si mise a sedere, facendo forza sul braccio sinistro per muovere i ceppi.
Le torce accese nel corridoio non consentivano a Ganimede di guardare il prigioniero finché questi non si avvicinò.
E Ganimede capì perché la figura dell'uomo gli era parsa strana: Il volto scavato e solcato da una barba che insieme ai capelli erano di un colore nero carbone, sembrava denutrito, ma gli occhi trasmettevano una fede incrollabile.
Ma oltre all'aspetto provato a causa della prigionia, c'era qualcosa che per la prima volta smosse lo sguardo di ghiaccio del ragazzo.
Il braccio destro non esisteva più: era stato mozzato fino all'altezza della spalla.
Il Cosmo freddo di ganimede parve riempire la cella della prigione per un attimo, prima che riaquistasse il controllo sia del suo cosmo che della sua espressione.
-Dea Artemide, questo è un affronto alla mia Dea, cosa ha fatto quest'uomo per meritarsi un simile trattamento?
-Quest'uomo mi ha insultata dicendo che non sono altro che una selvaggia, non degna di calpestare l'ombra di mia sorella e poi mi ha minacciata puntando la punta di una spada rivolta verso di me... Quindi abbassa il tuo Cosmo, è da biasimare solo sé stesso per quello che gli è successo: Io gli ho lasciato anche scegliere se tagliargli una mano e implorare il mio perdono, ha porto tutto il braccio, e ringrazia che è un servo di mia sorella perché altrimenti gli avrei fatto mozzare la testa.
-Quindi Artemide mi consentirà di portarlo ad Atene?
-Te lo concedo solo come offerta di pace a mia sorella, e anche perché come ti ho già detto, provo rispetto per te.
Ganimede sospirò, e alla chinò il capo dinnanzi alla Dea -Allora posso liberare quest'uomo?-
La Dea assentì e vide Ganimede espandere il suo cosmo e con la pressione delle mani congelò le sbarre per poi romperle ed entrare nella cella, dove fece lo stesso con l'uomo.
-Come ti chiami amico mio?
-Egocero
-Egocero, io sono Ganimede dell'acquario, servo la Dea Atena, sono venuto qui per portarti ad Atene e fare di te un guerriero della Dea,
-Se la Dea mi riterrà degno io gli donerò la mia vita.
Ganimede prese l'uomo sottobbraccio e un po trascinandolo e un po sorreggendolo, riuscirono ad uscire all'area aperta e Artemide lo fissò per qualche secondo.
-Oltre a quest'uomo voglio donare a mia sorella un'altra cosa- per la prima volta la Dea espanse il suo cosmo e Ganimede si accorse di come la differenza tra loro due paresse incolmabile, una luce bianca e accecante al cui confronto, il dorato del suo cosmo pareva una fiammella sul punto di estinguersi.
Nella mano della Dea si manifestò una freccia dorata che la Dea porse al Cavaliere -E' una delle mie freccie, se la scaglierai contro qualcuno che non sia io o mia sorella, essa non sbaglierà mai il colpo, ne faccio dono a mia sorella, come pegno d'affetto e che possa essere un valido aiuto contro Poseidone.
Ganimede accettò deferente la freccia, prodiagandosi in mille ringraziamenti.
In pochi minuti rientrarono nel perimetro esterno del Tempio dove la Dea lo congedò -Tu devi andare, ma sappi che finché mi sarai amico, Efeso sarà sempre aperta per te- e per la seconda volta la Dea sorrise e di nuovo Ganimede fu abbagliato dall'immagine di quel sorriso.
Ricevuto il congedo dalla dea, Ganimede sfruttò la sua velocità per percorrere tutta la città in pochi secondi e arrivare al porto dove Sargas era sceso dalla nave e cominciava a dare segno di impazienza ma quando vide Ganimede si aprì in un gran sorriso, tanto che lo aiutò a prendere l'uomo che stava sorreggendo e a portarlo sulla nave, dove Sargas da buon Capitano ordinò che gli venisse data dell'acqua e del cibo, e mentre si dissetava e mangiava Ganimede e Sargas lo lasciarono solo.
-Cosa è successo al nostro amico?
-Ha insultato Artemide.
-Un comportamento sciocco amico mio; già è stupido insultare una donna, se è una Dea, non può portare altro che guai.
Anche se espressa in termini alquanto semplicistici, l'amico aveva fatto centro.
-Potrà combattere?- chiese Sargas
-Non lo so, il mio compito è di cercare coloro che dovranno vestire le armature, sarà la Dea a scegliere se concedergliela o meno, ma una cosa sono sicuro, il suo cosmo è potente e la sua devozione ad Atena è fuoridiscussione, sono sicuro che a lui è destinata una delle Dodici.
-Bene, non sta a me discutere, adesso cosa facciamo?
-Con la nave ci dirigiamo verso la nostra meta, poi manderemo la nave con Egocero ad Atene, mentre io e te continueremo via terra.
-Così andremo insieme a piedi, non ti sarai affezionato?
-Non ci pensare nemmeno!- disse arrossendo Ganimede -solo che è noioso camminare da solo, e poi non manderei mai te da solo ad Atene, mi faresti fare brutta figura.
-Avanti non trattarmi troppo male- si intristì fintamente il pirata.
-Prepara la nave, ce ne andiamo, torniamo in Grecia.
-Si, lo so, andiamo a Tebe. 


Note dell'Autore
Mi pare che non ci sia nulla da segnalare, ringrazio denny81 per le sue recensioni, tutti quelli che hanno messo la storia tra le seguite e spero che qualcun altro abbia la voglia di lasciarmi due righe, giusto per farmi capire come la storia prosegue.
   
 
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