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Autore: CallMeSana    20/11/2014    6 recensioni
"Dammi la mano, ti insegno io a pattinare" aveva continuato l'ex campione, e Harry non sapeva nemmeno perché era rimasto senza parole e aveva messo la sua mano in quella del ragazzo. Poteva giurare di aver sentito un brivido nel momento del tocco, e non era di certo per il freddo.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il giovane Harry Styles era orgoglioso della sua famiglia.
Sua madre lavorava in una panetteria, lo stipendio non era alto ma, nonostante questo, riusciva sempre a non far mancare nulla a lui e a sua sorella Gemma.
Anche suo padre aveva un impiego modesto, era capo area di un call center al servizio di una delle più importanti reti televisive del paese e, anche se sembrava una posizione imponente, non lo era affatto. Ma anche lui, come sua moglie, riusciva sempre a non far mancare nulla ai suoi figli.

L'orgoglio più grande di Harry, però, era la sua adorabile nipotina di sei anni, che venerava come una figlia, e per la quale si sarebbe gettato nel fuoco.
Si chiamava Molly, e Harry poteva giurare che sua sorella non avrebbe potuto fargli regalo più grande.
Adorava i bambini, ma sapeva che non avrebbe mai avuto l'opportunità di averne uno tutto suo, quindi per questo aveva deciso di riversare tutto il suo affetto paterno su quel frugoletto dai capelli biondo cenere e gli occhi azzurri che lo guardava in un modo che gli apriva il cuore.
Avrebbe fatto di tutto, per lei, e qualcosa lo aveva già fatto, anche quello di cui non era capace, come il ritrovarsi a pattinare sul ghiaccio pur di vedere il suo sorriso radioso comparirle sul viso.

Gemma, purtroppo, era una mamma single. Il suo ragazzo, che le aveva promesso di sposarla, col quale stava da sempre, l'aveva abbandonata appena aveva saputo che sarebbe diventato padre. Tipico. Harry gli aveva anche spaccato la faccia, una volta, senza preoccuparsi di eventuali denunce che, per fortuna, non erano arrivate.
E Gemma aveva pianto per settimane tutte le sue lacrime perché non aveva idea di come avrebbe fatto a crescere un bambino tutta sola e senza un lavoro.
Aveva solo diciannove anni, e di certo non aveva in programma di abbandonare gli studi all'accademia di moda per fare la mamma, ma aveva Harry con lei. Ed era per questo che lui era orgoglioso anche di sua sorella: aveva scelto sua figlia, l'aveva messa davanti anche a se stessa, perché Harry le aveva promesso che, se fosse stato necessario, le avrebbe fatto sia da padre che da zio.

Era un doppio ruolo che a Harry veniva benissimo, la bambina ormai lo chiamava per nome per non offenderlo, perché la parola zio non le piaceva, e perché non aveva mai avuto nessuno da chiamare papà.
Era intelligente, Molly, proprio come sua madre.

Quel giorno faceva parecchio freddo, a Londra, ma lei era stata irremovibile: dato che la mamma era occupata col tirocinio di trucco sempre più spesso e stavano rimandando continuamente, quel giorno sarebbe andata a pattinare anche con Harry che non ne era capace, altrimenti non avrebbe mangiato.
Come ho detto, Molly era davvero intelligente.

Harry aveva, così, acconsentito a coprirsi per bene, aggiungendo un altro maglione di pile a quello che stava indossando, e cambiando cappotto, nella speranza che non si mettesse anche a nevicare, altrimenti su quella pista ghiacciata ci sarebbe rimasto per sempre.
Come Gemma potesse stare tranquilla nel far fare quella cosa alla sua bambina proprio non lo capiva ma, considerando come andò a finire quella giornata, molto probabilmente avrebbe rimpianto a vita l'essere rimasto a casa al calduccio.

Quando erano arrivati in quel posto da incubo, Harry aveva impiegato dieci minuti buoni per capire quale fosse il pattino destro e quale quello sinistro sotto lo sguardo divertito di alcuni dei presenti e del suo piccolo raggio di sole che aveva delle enormi scocche rosse al posto delle guance per il freddo. E ora si stava preoccupando di non farle venire la bronchite, assicurandosi che la sciarpa la coprisse per bene, che il berretto di lana fosse ben calato sulla fronte e, soprattutto, che si allacciasse il casco come si deve.
Avrebbe dovuto pensare che, forse, quello sarebbe servito più a lui, che era caduto di culo a terra dopo nemmeno trenta secondi, che a Molly, dato che si muoveva leggiadra come se con quei pattini ci fosse nata.
Ma nessuno si preoccupava della sua quasi totale assenza di equilibrio, perché non era l'unico a cadere rovinosamente a terra, ma soprattutto perché, ad un certo punto, metà dei presenti era stata attirata dalla presenza di una persona: era l'unica senza pattini, e se ne stava appoggiata, col suo lungo trench beige a coprire un completo blu chiaro, alla ringhiera, fumando una sigaretta.

Harry non era mai stato un appassionato di sport, quindi non riusciva a capire il motivo per il quale metà dei presenti avesse smesso di pattinare per andare incontro a quel ragazzo elegante. Quindi continuò a pattinare con Molly, che lo teneva per mano e lo aiutava a restare in equilibrio ridendo, e questo per lui era la cosa più importante.
Poi, però, alla piccola era venuta la frenesia, e aveva lasciato le mani dello zio il quale, preso alla sprovvista, aveva fatto una giravolta un po' pericolante su se stesso per evitare di cadere ancora una volta a terra. Rise da solo per esserci riuscito, e fu in quel momento che il suo sguardo si posò su quello del ragazzo elegante, che continuava a farsi foto con le persone, alcune delle quali piangevano di gioia. Fu in quel momento che si chiese chi fosse, e probabilmente se lo chiese anche quel ragazzo che, dopo l'ennesimo flash negli occhi, aveva ricambiato lo sguardo e aveva accennato un sorriso, dando un ultimo tiro alla sua sigaretta prima di gettarla a terra.

Si era reso conto di essere rimasto imbambolato, poi aveva finalmente avuto la risposta al suo dilemma interiore: qualcuno gli era passato accanto e aveva urlato commosso il suo nome. Louis Tomlinson, l'ex campione di pattinaggio artistico. Quello che aveva vinto più ori di tutti alle ultime gare olimpiche, oltre che a quelle provinciali e regionali.
Harry non era mai stato un appassionato di sport, ma forse avrebbe potuto appassionarsi eccome per quel ragazzo.
Sorrise come uno scemo, e poi Molly gli andò incontro coi suoi bei pattini e gli abbracciò le gambe. Era ora di tornare a casa e non immaginava che gli sarebbe potuto dispiacere così tanto.

Harry viveva ancora coi suoi genitori, gli mancava un esame alla laurea in belle arti, e sperava davvero di poter diventare un fotografo. Adorava la sua polaroid, era un regalo di sua sorella e sua nipote e la custodiva sempre come un piccolo tesoro. 
Non sapeva nemmeno quante foto avesse fatto in giro, probabilmente più di quante ce ne siano in un album di una vita, ma le adorava tutte, anche perché la maggior parte di essere rappresentavano la sua famiglia. Le guardava e, anche se era solo, gli stava bene dare tutto se stesso a loro e nessun altro. Lo pensava seriamente, almeno fino a quando non si era ritrovato, quella notte, a sognare di pattinare stringendo la mano a Louis Tomlinson.

Si era svegliato agitato, Harry, quella mattina. E non era per la tormenta di neve che aveva costretto tutti a casa. No, si era svegliato agitato perché non riusciva a ricordare bene i dettagli del suo sogno e, stranamente, smise di pensarci quando vide Molly portargli una brioche calda ed enorme a letto.
Non era sua abitudine mangiare a letto, ma a Molly proprio non riusciva a dire mai di no, poi avrebbe pulito tutto, era solo dispiaciuto di non poterla portare a pattinare un'altra volta come aveva sperato la piccola.

Passarono tre giorni prima che smettesse di nevicare e Harry sperava di non dover per forza tornare in quel posto, sperava che la piccola si fosse dimenticata e fosse passata ad un'altra ossessione. Purtroppo sperava male, e così erano di nuovo lì.
C'era meno gente, questa volta, la piccola era felice però, perché aveva incrociato alcuni dei suoi amichetti dell'asilo con le mamme. Di lì a pochi mesi si sarebbero iscritti tutti alla scuola elementare e Harry era contento che Molly potesse passare del tempo con loro, almeno non l'avrebbe passato tutto a prenderlo in giro per la sua incapacità di pattinare.

Poi aveva sentito quella voce. "Se non tieni la schiena dritta cadrai di nuovo" aveva detto, mentre Harry era a terra a controllare che il ginocchio che aveva sbattuto non fosse fracassato. Aveva alzato lo sguardo piano, domandandosi chi fosse così insolente da piazzarglisi di fronte e prenderlo così apertamente in giro, e si era sentito morire quando aveva riconosciuto il trench di Louis Tomlinson, e poi il suo viso. 
"Dammi la mano, ti insegno io a pattinare" aveva continuato l'ex campione, e Harry non sapeva nemmeno perché era rimasto senza parole e aveva messo la sua mano in quella del ragazzo. Poteva giurare di aver sentito un brivido nel momento del tocco, e non era di certo per il freddo.
Si era alzato, e Louis gli aveva preso anche l'altra mano e aveva cominciato a spingerlo, spiegandogli ogni movimento. Harry era lì che si lasciava guidare e, piano piano, cominciava ad acquistare dimestichezza con quei pattini e la lastra di ghiaccio sotto i suoi piedi non gli faceva più paura. 
"Non guardarti i piedi, guarda me" disse Louis "altrimenti mi farai solo sprecare tempo."
E, nel momento in cui l'aveva fatto, avevano sorriso entrambi, ma poi Harry si era ricordato.
"Aspetta un attimo, io ho perso mia nipote!"
Tipico di Harry: imbambolarsi in una cosa quando avrebbe dovuto pensare a tutt'altro. Ma Louis aveva degli occhi talmente azzurri che ci sarebbe rimasto imbambolato chiunque, non riusciva proprio ad incolparlo per averlo distratto.
"Tua nipote è laggiù con mia sorella, non ti preoccupare. Continua a pattinare, stai andando bene."
"Perché stai facendo questa cosa? Che ti importa se so pattinare o meno? Nemmeno mi conosci!" Ed era davvero sincero mentre gli faceva quelle domande.
"Perché pattinare è l'unica cosa che mi riesce davvero bene e mi piace poter trovare sempre dei pretesti nuovi per continuare a farlo. Tu sei un ottimo pretesto."
Ed era scivolato, Harry era scivolato in avanti, ma era stato preso al volo da Louis, che aveva fermato la sua caduta quando era quasi del tutto in ginocchio.
Ora lo aveva perfettamente alla sua altezza, poteva vedere i suoi occhi all'altezza delle sue labbra, e Louis decise che a dargli un bacio sulla fronte non ci sarebbe stato nulla di male.
"Tra l'altro credo di averla anche sognata, questa scena, quindi volevo vedere se anche nella realtà avrei potuto baciarti."
"C-come?" Harry aveva la voce tremante, convinto che fosse tutta colpa del freddo, ma non era possibile, perché era ancora mezzo in ginocchio, le sue braccia aggrappate a quelle di Louis, e con una voglia assurda di baciarlo, ma sulle labbra.
"Mi capita spesso di sognare una persona di cui non vedo mai bene il volto. So solo che è un ragazzo che non sa pattinare bene, e io sto lì ad insegnargli come si fa. Faccio questo sogno da quando ho dovuto abbandonare il pattinaggio artistico e... tu somigli a quel ragazzo in una maniera spaventosa."
"Mi chiamo Harry" aveva detto il riccio, trovando finalmente la forza di rialzarsi "e credo di aver fatto un sogno simile anche io."

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"Non potete sorvolare sulla parte del primo bacio, avanti, sappiamo che ve lo siete dato quel giorno, io vi ho visti, vi ha visti anche Lottie!"
Harry e Louis erano seduti sul loro vecchio divano e tenevano la loro piccola Jenny, una bomboniera bruna di otto anni, in braccio. Volevano festeggiare il loro decimo anniversario con una bella cenetta al ristorante, dopo esser stati all'inaugurazione dell'ennesima mostra di Harry. Ma di nuovo la neve aveva rovinato i loro piani, e Molly e Lottie, che nonostante la differenza d'età erano diventate parecchio amiche, li avevano intrappolati a casa. Erano tutti su di giri per la mostra, poiché era quella a cui Harry teneva di più, in quanto in parte autobiografica, ed erano rimasti delusi dal non poter festeggiare come si deve.
Quindi si erano ritrovati a rispondere alla domanda che Jenny non aveva mai fatto, da quando era stata adottata: "come vi siete conosciuti?"

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"Davvero? Stai scherzando, spero! Ti prego, dimmi che stai scherzando, altrimenti mi spavento sul serio!"
Louis era convinto che avrebbe perso lui, stavolta l'equilibrio, soprattutto quando Harry gli aveva preso le mani e gli aveva giurato sull'amore che provava per sua nipote che non stava scherzando.
"E' successo solo una volta, però, tre notti fa. Prima non sapevo nemmeno della tua esistenza e..."
"...quindi ero proprio io nel sogno?"
"Sì, Louis, eri tu."
E lo aveva detto con dolcezza, sorridendo come un bambino, forse lo stesso sorriso che adorava tanto in sua nipote, e si era avvicinato a Louis perché "mia nonna mi diceva sempre che i sogni sono sprazzi di ricordi, di desideri, e quindi chissà, io ti ho desiderato dal primo momento."
Continuava a parlare, rendendosi conto di essere fermo, mani nelle mani con Louis, al centro della pista ghiacciata, e di non avere più paura di cadere.
"Mi aveva fatto piangere, perché non ero mai stato ancora con nessuno quando è morta e ci tenevo tantissimo a dirle che finalmente mi ero innamorato."
E Louis lo aveva guardato sconcertato, perché lui invece l'amore l'aveva provato, o almeno così pensava, e sperava che quella figura che continuava a sognare fosse solo il fantasma del suo passato da pattinatore che non gli si scollava di dosso. Ci sperava, perché non voleva soffrire di nuovo.
"Stai pensando che io sia pazzo, vero?" gli aveva chiesto Harry all'improvviso, e Louis, per tutta risposta lo aveva tirato a sé facendolo cadere sul serio. Non aveva tolto le mani dalle sue, quindi erano caduti entrambi, l'uno sull'altro, si erano guardati, e si erano baciati.
Probabilmente la nonna di Harry avrebbe pianto di gioia a quella scena, ecco perché lo fece Harry al suo posto.

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"Oh, adesso il racconto è davvero completo, il resto penso sia meglio evitarlo, ci sono dei minori, qui!" aveva detto Molly sghignazzando, mentre Jenny guardava i suoi papà felice come mai era stata prima.
"Vi voglio bene, papà" aveva detto, abbracciandoli forte e scendendo dalle loro gambe per andare ad accendere la tv.
Louis aveva guardato la piccola che si sedeva sul tappeto davanti alla tv e aveva sorriso, poi aveva guardato Harry e, stringendogli forte una mano, gli aveva detto "ti amo" facendolo sussultare. 
"Ti amo anche io" gli aveva risposto, e gli aveva dato un leggero bacio sulle labbra.

Sì, Harry era davvero orgoglioso della sua famiglia.


***
Aspettavo questa giornata e finalmente che è arrivata ho potuto dare sfogo a questa idea che avevo in testa da un po'. Non ho mai scritto tanto come in questo periodo anzi, non ho proprio mai scritto così in generale, quindi spero che si plachino, così la smetterò di tediarvi con cò che la mia mente malata partorisce!
Vi auguro buona serata e me ne vado perché non c'è davvero nulla da dire su questo scritto, e se siete arrivati fino alla fine allora vi adoro!
xxx
  
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