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Autore: SuperGoat    20/11/2014    6 recensioni
Camelot, otto anni prima dell'arrivo di Merlino. Un sogno profetico mostra a re Uther Pendragon una spada conficcata in una roccia. Colui che la estrarrà dalla roccia, viene rivelato al re, sarà destinato ad unificare i regni d'Inghilterra e regnare su tutto il mondo conosciuto, accompagnato però da un maledizione.
Solo un Pendragon può estrarre la spada dalla roccia, non avendo altri parenti se non due figli piccoli, Uther si convince di essere lui il prescelto.
Una storia dedicata a quelli che, come me, sono rimasti leggermente interdetti nel vedere Excalibur, la mitica spada dalla leggenda. ridotta dalla serie "Merlin" ad un inutile trucchetto di magia. In occasione della messa in onda della puntata 4x12, indignata per la poca importanza data a questa parte della leggenda, creai questa storia ambientata nella Camelot del passato che conferirà ad Artù l'opportunità di estrarre, per conto suo, la spada dalla roccia, pur senza creare contraddizioni con la trama della serie TV (o almeno si spera).
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Uther si svegliò con un urlo, o almeno così gli parve. Era confuso, di certo non era da lui, era sicuro, però, che qualcosa nel sonno lo aveva turbato. Gli era parso di vedere una figura: una donna in vesti bianche, proprio ai piedi del suo letto. "Ygraine", aveva pensato sul momento, "perchè mai Ygraine dovrebbe spaventarmi?" Uther si rigirò nel letto innervosito, per quanto la morte della moglie fosse stata traumatica, per quanto la colpa di tale avvenimento gravasse su di lui, per quanto questo lo avesse tormentato negli ultimi dodici anni, era certo che l'immagine dell'amata in vesti bianche di fronte a lui gli avrebbe portato gioia, immenso ristoro al suo cuore, e invece questo batteva per lo spavento, e lui era sicuro che non sarebbe riuscito a prendere sonno.
Fuori era notte fonda, Uther non poteva sapere quanto mancasse all'alba ma indossò comunque pantaloni e scarpe, voleva uscire, anche se non sapeva dove andare. In procinto di aprire la porta gettò un'ultima occhiata al gigantesco drappo blu che copriva l'intera parete affianco al suo letto, per un attimo fu tentato dalla voglia di tirarlo giù, di squarciarlo, se necessario, pur di scoprire il ritratto dimensioni naturali della moglie, invece serrò il pugno e lasciò la stanza in fretta, diretto alla piazza d'armi.

Scese in armeria senza far rumore, l'ultima cosa che voleva era perdersi in futili chiacchiere con guardie annoiate o, peggio ancora, che si spargesse la voce che re Uther soffriva di insonnia. L'armeria non era lontana ma un rumore proveniente dalla biblioteca adiacente lo costrinse ad acquattarsi contro la parete. Dalla stanza proveniva una luce, questo era insolito, Uther preferì dare un'occhiata.
Era disarmato ma questo non lo preoccupava minimamente, la porta era socchiusa, il re la spinse debolmente con una mano per aprirla tanto bastava senza far rumore, finalmente, sbirciò oltre. Ciò che vide lo lasciò, sul momento, sorpreso, un ragazzino biondo, sui dodici anni, seduto a gambe incrociate sotto l'unica torcia accesa, leggeva un libro talmente grosso che sembrava facesse grande fatica a reggerlo.
Uther sentì la rabbia montare dentro di sé "Cosa ci fai qui, Artù?" sbottò, il figlio trasalì e chiuse il libro di colpo "Non riuscivo a dormire" aveva il tono rilassato di chi erroneamente crede di poter andare in giro per il castello di notte, questo non fece che accrescere la rabbia di Uther "Ma cosa vuol dire che non riuscivi a dormire?" chiese esasperato "Fila a letto! se non vuoi passare le prossime tre notti nelle segrete". Il ragazzo si era alzato e aveva riposto il libro ma Uther non aveva ancora finito con lui "Per la miseria, Artù! come ti è venuto in mente di andartene in giro tre ore dopo la mezzanotte? ma tu pensi prima di fare le cose?" il figlio che fino a quel momento aveva ascoltato a capo chino parve trovare il coraggio di ribattere "ma non può essere così tardi, io..." "Non contraddirmi Artù!" sbottò Uther esasperato, poi ritrovò il controllo "obbedisci immediatamente". Artù lasciò la stanza e salì le scale in fretta, quasi temesse che il padre potesse colpirlo da dietro, ma Uther avrebbe rimandato le punizioni all'indomani mattina.

 Fuori in cortile era buio e freddo, ad Uther pareva di scorgere delle figure nell'ombra, di sentire dei rumori, di certo residui del sogno che aveva fatto e che lo aveva svegliato, non ricordava mai i suoi sogni, ma questo era diverso, ad Uther sembrava che stesse riemergendo lentamente nella sua memoria e, per qualche oscura ragione, preferiva concentrarsi nell'allenamento prima che ciò succedesse. Avanzò verso il fantoccio, mezzo uomo con una spada legata al braccio, Uther stringeva la sua nella mano sinistra, i suoi genitori da bambino avevano tentato senza troppo impegno di togliergli questa abitudine, alla loro morte, Bruta, la sua tutrice, aveva ritenuto che fosse un vantaggio in combattimento ed effettivamente si era rivelato tale.
Uther sferzò colpi per quella che sembrò un eternità, il volto di Ygraine sembrava aleggiargli davanti, la spada pesava come un macigno e l'alba non si decideva ad arrivare. Artù aveva ragione, non potevano essere le tre di notte, dolorante e privo di forze, infine, si accasciò al suolo. Non dormiva, non sognava ma un'immagine gli passò davanti agli occhi come un ricordo: Lui, ragazzino, con la spada in pugno e sporco di sangue, piangeva.
Quando riaprì gli occhi il sole formava una grossa palla rossa in cielo, da qualche parte nell'arena proveniva il rumore ritmico del cozzare di bastoni tra loro, erano gli scudieri che già di buon ora avevano preso ad allenarsi.

Uther stava male, con il sudore ghiacciato sulla pelle e la leggera camicia di lino, ma si avvicinò a guardare.
Leon, lo scudiero più anziano e prossimo all'investitura, gestiva con evidente esperienza, l'addestramento dei più giovani. "Oswald" chiamò Leon "contro il principe Artù", Uther vide suo figlio farsi avanti con un sorriso sicuro, dall'altro lato Oswald avanzò incerto. "Sai di non avere speranze, vero?" esordì Artù, tutti risero, Oswald compreso e anche ad Uther sfuggì un sorriso.
I ragazzi avrebbero combattuto con pesanti bastoni di legno, usavano anche spade vere, ma per quell'allenamento era fondamentale che rafforzassero i muscoli e non perdessero un arto. I due sfidanti batterono una volta i bastoni tra loro e si prepararono a combattere. Oswald afferrò la sua arma con entrambe le mani e menò fendenti con foga, Artù parava ogni colpo, veloce e con evidente semplicità, usava una mano sola, la destra, in questo aveva preso dalla madre.
Dopo l'ultima parata di Artù, Oswald si sbilanciò in avanti, era il momento che Artù aspettava, con una veloce torsione del polso gli strappò di mano la spada e la fece saltare in alto, la prese al volo con la mano sinistra, senza neanche guardare, e in pochi secondi stava già chiudendo i due bastoni a forbice sul collo dell'amico, fermandosi a pochi millimetri da questo.
Tra gli scudieri era sceso un silenzio ammirato, Uther, invece, non era sorpreso, Artù si allenava con la spada quattro ore al giorno, tutti i giorni, eccetto la domenica, destinata alla caccia, altre quattro ora le dedicava all'addestramento fisico vario: lotta, giostra, arrampicata, atletica, tiro con l'arco, tiro al bersaglio, sei ore le dedicava all'istruzione necessaria per governare il regno e sette ore sarebbe stato tenuto a dormire, se solo avesse obbedito.

"Artù contro Morgana" ordino Leon e Uther si accovacciò a guardare interessato, Morgana aveva quattordici anni e per la scherma aveva un talento naturale. Uther ne conosceva il motivo: non lo sapeva nessuno in tutto il regno ma Morgana era sua figlia, e gli assomigliava più di quanto facesse Artù. I ragazzi incrociarono le spade immediatamente, seppur ignari del loro legame di sangue tra loro vi era una sana rivalità fraterna dovuta al fatto di essere cresciuti insieme. Morgana era imprevedibile, colpì Artù al braccio due volte con energia prima che lui prendesse il ritmo. Uther li guardava muoversi veloci ed armoniosi nell'arena, il ticchettare del legno contro il legno si era trasformato, alle sue orecchie, nel clangore metallico delle spade in battaglia, Artù e Morgana erano due cavalieri in armatura e attorno a loro imperversava la guerra. Ancora stralci del sogno della notte, Uther scacciò quell'immagine dalla mente per concentrarsi sui suoi figli: Morgana aveva mandato suo fratello a terra con una gomitata e adesso mulinava la spada pronta a calarla sulla testa del ragazzo, lui, però, fu più veloce, rotolò sul fianco per schivare il colpo, afferrò Morgana per i baveri e la trascinò a terra con sé, poi, con un'atletica capovolta, le fu addosso per tenerla ferma a terra. Morgana gridò dal dolore, Uther non credeva si fosse fatta male, semplicemente la ragazza, come lui, odiava perdere.
"Scusami" disse forte Artù per sovrastare il rumore e lasciò subito la presa, la sorella subdolamente approfittò del fatto per ribaltare la situazione e, una volta portato a terra l'avversario, gli assestò una forte ginocchiata nelle zone intime.
Questa volta toccò ad Artù gridare, e lui era sincero, Morgana, tra le risate di tutti, continuò ad infierire con altri due colpi. "Credo che questo vada contro il regolamento, lady Morgana" intervenne Leon tirandola indietro "io credevo stessimo simulando una situazione reale" rispose lei con falsa sincerità.
Adesso Uther era piegato in due dalle risate e gli scudieri si accorsero che stava guardando, si inchinarono ossequiosi mentre lui avanzava verso il centro dell'arena.
 
Tolse il bastone dalle mani di Morgana e si rivolse al figlio "Contro di me, Artù" il ragazzo gli rivolse uno sguardo tra il preoccupato e il determinato, sapeva che il padre intendeva punirlo per gli avvenimenti della notte, ma, si accorse Uther, era da tanto che sognava di confrontarsi con lui. Fu il re ad iniziare la lotta, incalzando il figlio con il bastone già dai primi secondi di battaglia, il ragazzo, d'altro lato, si teneva a distanza, non era deciso come lo era contro i compagni.
"Avanti, Artù!" incitava Uther, quasi supplicando, "Forza, attaccami!" dopo qualche minuti di parità il re aveva il fiato corto e il principe, sebbene tranquillo, continuava ostinatamente a limitarsi alla difesa. Uther voleva provocarlo "Ti credi migliore di loro" disse "eh, Artù?" ansimò accennando agli scudieri "Essere più bravo dei ragazzini non fa di te un guerriero!" forse stava riuscendo ad ottenere qualcosa "Un re deve...conquistare...il regno!" il fiato lo stava abbandonando "come ho fatto io!" ruggì "sarai alla mia altezza, Artù? riuscirai a governare Camelot?" inaspettatamente il ragazzo rispose, "si", era il momento giusto "dimostra a tuo padre ciò che sai fare, Artù, forza, fammi vedere" riuscì a stento a terminare la frase che il figlio piombò su di lui, menando dritti e rovesci molto più veloce di quanto Uther si fosse aspettato, senza dargli tregua, confondendolo, attorniandolo, per nulla stanco, pronto ad andare avanti per ore.
Uther iniziò ad avere paura, suo figlio di undici anni lo avrebbe battuto, davanti a tutti gli scudieri. Ma Uther era un guerriero e Artù un nemico da abbattere per salvare il suo onore. Non passò molto tempo a riflettere, passò la spada alla mano destra e tirò uno dei suoi migliori ganci, dritto al naso di Artù, "hai fatto male ad abbassare la guardia figliolo" pensò.
Sentì subito il calore del sangue sulle nocchie e il crocchiare delle ossa, il ragazzo aveva accusato il colpo cadendo all'indietro, troppo vicino alla staccionata, battè la testa e la nuca prima di scivolare a terra.
Uther restò un secondo a guardare suo figlio abbandonato al suolo, pallido, con il volto coperto di sangue e rivide Bruta, sua tutrice e comandante, nella stessa posizione, ferita mortalmente. Fu solo un secondo poi si gettò sul figlio mortificato e preoccupato, aveva socchiuso gli occhi, quindi era vivo e cosciente ma sia il colpo alla nuca che quello al naso avrebbero potuto ucciderlo, suo figlio, Uther non poteva crederci. "Sire, dobbiamo portarlo subito da Gaius" intervenne Leon e fece per sollevare il ragazzino "lo porto io" rispose lui ma Artù parlò "posso camminare" affermò con la bocca impastata di sangue.
 
Una buona mezz'ora dopo Uther si trovava nella camera privata di Gaius, il medico si trovava con Artù nella piccola stanza degli ospiti, una stanza minuscola che ospitava solo un letto singolo per nulla adatta ad un principe, ma poco importava.
Dopo qualche rapido controllo Gaius aveva sentenziato che il colpo alla testa non era grave e vi aveva versato sopra un infuso alle erbe, il setto nasale, però, era tutta un'altra storia, andava rimesso a posto.
Dalla camera adiacente Uther sentiva provenire i gemiti di Artù senza curarsene troppo, sopportare il dolore faceva bene allo spirito, lui nel frattempo leggeva i titoli dei libri di Gaius, alcuni gli facevano orrore "Magia oscura" "Negromanzia" eppure se erano lì significava che non erano proibiti, forse era tempo di riaggiornare l'elenco.
Gaius uscì dalla stanza da solo poco topo "lasciatelo riposare venti minuti, sire" disse non appena lo vide, "cinque" rilanciò il re, "l'operazione è stata lunga e dolorosa e.." cercò di ribattere il medico "un principe non ha tempo per riposare" tagliò corto lui, ma Gaius non aveva intenzione di demordere "un principe non dovrebbe neanche..." "Gaius, stai forse cercando di farmi sentire in colpa per avergli spaccato il naso?" "in un certo senso, sire" Gaius era un amico e poteva permetterselo, se Uther concedeva ad Artù cinque minuti di riposo era solo perchè doveva parlare con lui. Il re si accomodò sul letto senza essere invitato "Gaius" cominciò "tu credi che i sogni possano avere un significato?" Gaius taceva "non tutti i sogni intendo" spiegò lui "solo quelli che...sconvolgono, per così dire" il medico annuì "avete avuto un incubo, Uther?" "non un incubo" si affrettò a correggere lui, Gaius lo aveva scambiato per un ragazzino, il medico si accomodò su una sedia "si" confermò "io credo che, nel vostro stato, un sogno possa essere rilevante" Uther era confuso "quale stato? cosa intendi?" Gaius si chinò su di lui "Dalla morte di Ygraine, sire, non vi ho più visto sorridere" Uther era infastidito "è comprensibile!" ribattè "No, Uther, non lo è" osò dire il medico "il dolore non si dimentica, ma si supera" "non sono venuto per parlare di questo, Gaius" stava per andarsene, Gaius annuì "allora ditemi" disse "che cosa ricordate del sogno?" colto alla sprovvista Uther cercò di rispondere "in un certo senso...c'entra...con quella cosa lì...lo ricordo solo a tratti...Ygraine...la morte di Bruta...la guerra druida...io che piangevo" "piangevate, sire?" Uther fu folgorato da un altro ricordo "si, e chiedevo aiuto" Gaius taceva, Uther lo fissò, "hai qualcosa da darmi per farmi ricordare?" "non credo sia il caso..." "ce l'hai?" insisté lui "Uther..." "E' un ordine Gaius" l'amico sospirò "dovrò preparare una pozione" "per quando posso averla?" Gaius ci pensò "verro io da voi."
 
   
 
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