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Autore: A_Typing_Heart    21/11/2014    2 recensioni
Nella cornice di un Giappone moderno schiacciato dalla tirannia di un regime militare Hibari Kyoya e Rokudo Mukuro si ritrovano a inseguire i propri ideali di giustizia e libertà su fronti opposti. Hibari è pronto a separarsi da Mukuro in nome della legge, dell'ordine e della disciplina, lasciando il suo cuore imprigionato in un gelido inverno. Ma altri sono pronti a dare la vita affinchè torni a soffiare un vento carico di petali di ciliegio...
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Hayato Gokudera, Kyoya Hibari, Mukuro Rokudo, Takeshi Yamamoto, Tsunayoshi Sawada
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Il mattino di Natale era un giorno freddo e cupo, ingombro di nuvole. Non aveva nevicato la sera precedente.
Hibari Kyoya uscì dal palazzo di giustizia e fu subito aggredito dal vento freddo sul viso. Il suo sospiro si condensò in una scia bianca mentre altri soldati lo seguivano fuori facendo commenti di ogni tipo, da quanto ci sarebbe voluto a quanto faceva freddo. Dovette sforzarsi di non insultarli. Avrebbero anche potuto cercare di essere rispettosi nei confronti dell'esecuzione di un uomo. Un uomo che non avrebbe avuto nemmeno il conforto di essere vestito con quel freddo. Ma dopotutto, pensò amaramente mentre saliva sul palco montato per l'occasione, l'inverno sarebbe stato la minore delle sue disgrazie.
-Che fame.- borbottò un soldato all'amico qualche minuto dopo. -Ma tu hai mangiato prima di venire qui?-
-Certo che no.- ribattè lui. -Non voglio mica vomitare, con tutto lo schifo che ci sarà.-
Hibari se possibile divenne ancora più pallido di prima. Per quanto ipoteticamente sapesse cosa lo aspettava, che cosa avrebbe visto, non vi aveva mai assistito prima. Che cosa succedeva effettivamente ad un corpo ripetutamente colpito da una frusta? Quanto sangue poteva perdere? Soltanto porsi la domanda gli fece venire una violenta nausea e si coprì la bocca.
-Ehi, Hibari, cominci a vomitare già da adesso?- fece il soldato accanto a lui.
-Mi fa... impressione il sangue.-
-Allora sei nel posto sbagliato, tesoro. Dovresti andare laggiù, a sederti con le signorine.-
Hibari sentì zampillare dentro un fiotto di odio che non aveva niente a che vedere con l'essere paragonato a una signorina. Con quale coraggio quell'uomo lo prendeva in giro? Sfidava chiunque sulla faccia della terra a non provare ribrezzo del sangue di una persona che si ama sparso da una frusta. Accecato dalla rabbia afferrò il cappotto del soldato del quale non ricordava ancora il nome, con tutte le intenzioni di massacrarlo di colpi e procurargli un invito per sedersi in ospedale.
-Basta, voi due!-
Una mano gli afferrò il polso costringendolo a lasciare la presa, una seconda spinse indietro l'altro uomo. Hibari stava per intimare all'intruso di togliersi di mezzo quando riconobbe il suo viso. Era l'addestratore delle squadre speciali armate nonchè marito di Lal Mirch, l'uomo i cui i meriti militari in tutto il mondo erano tali, nonostante la giovane età, da avergli guadagnato il soprannome di "Colonnello". Era un nome troppo insolito per essere vero, eppure nessuno ne conosceva un altro. 
Hibari non l'aveva mai visto di persona e l'aveva riconosciuto solo perchè Lal ne aveva una fotografia nel suo ufficio. Da giovani soldati, i ragazzi del tirocinio riuscivano a scherzare sul loro terribile capo solo immaginandola a dire cose svenevoli alla foto del marito quando non poteva sentirla nessuno. Dopotutto Lal Mirch poteva avere molti difetti, ma per gli uomini aveva gusto, Colonnello era davvero un bell'uomo. I suoi capelli biondi, i suoi occhi azzurri e il viso giovane stridevano in modo non sgradevole con l'aria di veterano della vita che traspariva da lui.
-Stiamo presenziando all'esecuzione di un essere umano.- disse Colonnello, fissando torvo il soldato che Hibari stava per picchiare. -Se non sei in grado di portare il dovuto rispetto, tornatene a casa e fai i tuoi sgradevoli commenti dove solo tu puoi sentirli.-
-Mi perdoni, signore.-
Colonnello fece un cenno con la testa, che bastò ad allontanare l'uomo e il suo amico soldato da loro, lasciandoli soli a una certa distanza da tutti gli altri. Hibari non disse o fece niente. Era evidente che cercasse di parlargli, ma non poteva badargli in quel momento: delle guardie carcerarie stavano accompagnando, o meglio trascinando, Mukuro sul patibolo. Sembrava già così dimagrito e così sciupato dal giorno del processo. Quando poi gli tolsero la maschera c'erano molti lividi scuri sul suo viso. Avrebbe dovuto immaginare che non sarebbe stato lasciato in pace nel carcere per oppositori politici, aveva la fama di essere il posto più vicino all'inferno che ci fosse sulla terra. Mukuro restò a dorso nudo poco più di un minuto mentre veniva legato con i polsi al sostegno, ma gli bastò per cominciare a tremare di freddo, a petto nudo con una manciata di gradi sopra lo zero. Distolse lo sguardo da lui, non riusciva a guardarlo ridotto in quel modo.
-Lal mi ha parlato di te.- esordì Colonnello, a braccia conserte guardando dritto davanti a sè. -Dice che sei sempre stato il migliore degli allievi che ha avuto.-
-Non ho mai avuto l'impressione di piacerle, a dire il vero.-
-Nemmeno io, se è per questo. - ribattè lui con un sorrisetto che scomparve subito. -Non è voluta venire all'esecuzione. Dice che a natale vuole stare a casa con Nathaniel, ma io so che in realtà lei crede che non sia giusto.-
Hibari registrò solo marginalmente il fatto che Nathaniel doveva essere il figlio: era molto più sorpreso dal fatto che Lal potesse pensare che la punizione corporale inflitta a un terrorista fosse ingiusta. Non era propriamente una paladina dei diritti umani, e nemmeno una sostenitrice della non violenza.
-Hibari, ti chiedo di fidarti di me.- disse Colonnello. -E ti chiedo di seguire il suo esempio e andare via subito.-
Dal palazzo di giustizia altre persone raggiunsero il patibolo. Tra loro c'era un medico che Hibari riconobbe come il medico della prigione governativa, dietro di lui il ministro delle punizioni con uno dei suoi uomini ammantati di nero. Con loro c'era qualche altra alta carica, riconoscibile dalle uniformi grigio antracite, delle quali non sapeva il nome.
-Non mi importa che cosa pensano queste persone.- rispose Hibari, gettando uno sguardo alla grande folla che si stava radunando. -Non mi importa se credono che per me sia giusto oppure no.-
-Ti prego, fidati di me, devi andartene immediatamente.- insistette Colonnello, stavolta guardandolo. -Lal non vuole che ti succeda qualcosa e io non voglio che un altro atto di disumanità venga consumato oggi.-
Hibari si girò a guardarlo preso da un vago panico, ignorando uno degli uomini sconosciuti che iniziava a declamare le formalità del caso, a partire dal nome del condannato per continuare con l'elenco delle sue malefatte, la lettura della sentenza ed elencando gli illustri testimoni.
-Un atto di... di che cosa state parlando?-
-... Hibari Kyoya!-
Sia Hibari che Colonnello si voltarono di scatto verso il funzionario che stava parlando, mentre uno sporadico applauso correva fra le persone venute ad assistere. Il vecchio gli faceva cenno di avvicinarsi. Non potè esimersi e fu con lo stomaco ancora più annodato per il criptico avvertimento di Colonnello che mosse qualche passo verso il centro del patibolo.
-Questo valoroso capitano è l'eroe che ha consegnato il pericoloso terrorista alla nostra nazione, che ora per il giudizio che ha meritato per le sue indegne azioni...-
Hibari non si era mai vergognato tanto nella vita. E dire che anni prima era riuscito a vergognarsi come un cane per essere stato trascinato al karaoke da Mukuro e Tsuna. Avrebbe così tanto voluto chiudere gli occhi e scoprire che era ancora quel giorno e sentire la voce di Mukuro che gli leggeva i titoli cercando di convincerlo a sceglierne una. Avrebbe tanto voluto aver cantato quel giorno...
-... sarà il capitano Hibari in persona a punire questo odioso nemico dello Stato.-
Hibari si irrigidì di scatto guardando nervosamente la frusta che gli aveva messo tra le mani e poi tutt'intorno. Aveva sentito bene? Doveva veramente essere lui a colpire Mukuro finchè non fosse svenuto, sempre ammesso che il destino gli permettesse di sopravvivere alla punizione? Dalla folla si levò un grido che a lui suonava più di indignazione che di consenso, ma dubitava che la gente stesse protestando per l'orrore che il compito che gli era stato imposto gli suscitava, piuttosto per la condanna in sè. E loro che credevano anche che fosse un grande onore castigare il nemico pubblico numero uno. Frustare a morte la persona che si è amata per tanto tempo, quale onore. Si voltò disperatamente verso Colonnello, ma lui non lo guardava. Non guardava nessuno, nemmeno il palco, voltava le spalle al condannato, al carnefice e a tutte le cariche lì presenti, in un silenzioso gesto di dissenso. Per la prima volta Hibari capì che non poteva sempre sperare che qualcun altro salvasse Mukuro e tirasse lui fuori dall'imbarazzo.
-Io non voglio.-
-Come?-
-Siete voi che lo avete condannato.- disse Hibari ficcandogli la frusta in mano. -Siete voi che lo dovete punire, non potete costringermi. Non c'è nessuna legge che permette a un capitano di eseguire la condanna di un prigioniero, per questo esiste il ministero delle punizioni.-
-Ascoltami bene, ragazzo.- disse il vecchio con aria minacciosa. -Il generale è già stato molto buono con te, passando sopra a tutte le volte in cui hai mentito e mancato al tuo dovere... ora questo è il tuo riscatto, se lo farai allora sarà tutto come prima e metteremo una pietra sopra a questa storia.-
Hibari non poteva credere a quello che sentiva. Eccoli di nuovo a ricattarlo per i suoi errori, a costringerlo a piegarsi ancora al loro perverso volere. Come aveva potuto una volta scrivere a Mukuro che "piegarsi non è spezzarsi"? Era esattamente la stessa cosa...
-Kyoya, va bene così.-
Hibari si voltò verso Mukuro, che in quel momento riceveva una violenta gomitata nel costato per aver avuto l'ardire di parlare senza essere interpellato. Come poteva andare bene, era impazzito?
-Voglio il mio ultimo desiderio.- disse Mukuro a voce alta. -Voglio adesso il mio ultimo desiderio.-
Il vecchio con ancora la frusta in mano guardò uno degli uomini che Hibari non conosceva, un giovane dai capelli bianchi e il sorriso inquietante. Egli annuì. Lo sguardo e il peso dell'aspettativa passò al ministro delle punizioni, che scrisse qualcosa sui fogli che aveva sotto gli occhi e annuì facendo un gesto con la mano grinzosa e pallida.
-Conferisci con il tuo carnefice per due minuti come hai richiesto, Rokudo Mukuro.-
Mukuro fece un sorriso indicibilmente triste a Hibari, che gli si avvicinò in fretta. Due minuti erano veramente troppo pochi. Ma qualcosa continuava a non tornargli. Il ministro non gli aveva chiesto quale fosse il suo ultimo desiderio, come se Mukuro glielo avesse comunicato prima di essere portato al patibolo. Era un caso che potesse parlare con lui? No... non aveva idea di come, ma Mukuro sapeva che sarebbe stato lui il suo carnefice, per questo aveva chiesto di potergli parlare l'ultima volta.
-Fallo tu, Kyoya.- gli disse non appena fu davanti a lui.
-Come puoi chiedermi di essere io a torturarti, Mukuro?! Sei pazzo?!-
-Sono stato torturato dal momento in cui sono entrato in carcere.- disse lui con aria stanca. -Per questo so che se deve andare così, se io devo soffrire e devo morire, voglio che sia tu e non uno di questi cani.-
Hibari strinse i pugni con rabbia. Come poteva chiedergli una cosa del genere? Come poteva sapere tutto e non capire quanto a lungo un simile atto l'avrebbe tormentato?
-So che è terribile chiedertelo, Kyoya... ma io sto per essere ucciso... e visto che ho deciso di perdere la mia vita per te, io sarei davvero felice se potessi essere tu a prenderla.- disse Mukuro piano. -Solo tu sai se darmi questa soddisfazione può essere un peso troppo grande per la tua anima.-
Hibari non aveva altra scelta e lo sapeva. Pensava lo stesse dicendo per proteggerlo come sempre, per evitare che la vendetta dell'Haido si abbattesse alla fine anche su di lui, ma Mukuro non stava mentendo. Sapeva che pensava davvero quello che gli aveva detto, e per quanto mostruoso fosse doveva accontentarlo. Perchè doveva sempre fargli del male quando avrebbe soltanto voluto difenderlo? Era così ingiusto. Tutto era ingiusto, tutto quanto. Si sforzò di annuire e il sorriso di Mukuro si allargò.
-Grazie.-
-... Mukuro, mi dispiace...-
-Non c'è niente di cui tu debba dispiacerti... la morte non è la fine...-
-Mukuro, voglio che tu sappia che... ogni volta che ho cercato di convincerti a fare qualcosa... tutte le volte che ho cercato di cambiarti io pensavo davvero di fare il tuo bene.- disse in fretta Hibari, aveva talmente tante cose da dirgli e soltanto due minuti per farlo. -Io credevo che sarebbe stato meglio per te, che saresti stato più felice...-
-Lo so... ma devi sempre ricordarti che non serve proteggere qualcuno togliendogli la libertà... hai visto dove siamo arrivati seguendo questo modo di pensare?-
Hibari si strofinò gli occhi rabbiosamente, gli bruciavano e non voleva che qualcuno lo vedesse piangere.
-Mi... mi vengono in mente talmente tanti momenti in cui eravamo insieme... io non... credevo nemmeno di aver passato così tanto tempo insieme a te... ti ho dato per scontato come se non avessi mai potuto perderti... come se avessi altre occasioni per tutto, e... vorrei aver cantato con te al karaoke, ed essere davvero andato al mare a vedere l'alba, e...-
-Kyoya...- lo interruppe Mukuro con un voce incredibilmente dolce ma anche amara. -Adesso ti penti di moltissime cose e capisco il perchè... ma quando non ci sarò più, l'unica cosa che rimpiangerai è di avermi mentito quando hai detto di non provare più niente per me.-
Hibari spalancò gli occhi mentre il peso della colpa gli tormentava le viscere dall'interno. Ma era così ovvio. Mukuro sapeva tutto, lo leggeva come un libro aperto, e quella notte aveva capito che la sua risposta non era sincera. Aveva capito i sentimenti soffocati nel fondo del suo cuore meglio di quanto li avesse capiti lui. Era così tragico aver consapevolezza delle sue emozioni soltanto ad un passo dalla fine.
-I due minuti sono finiti, Rokudo Mukuro.- disse il ministro, riponendo un antiquato orologio da tasca. -Hai tratto giovamento dal tuo ultimo desiderio?-
-Grazie per avermelo concesso.- disse Mukuro che tremava sempre di più per il freddo. -Ora sono pronto.-
   
 
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