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Autore: ki_ra    21/11/2014    3 recensioni
In un punto imprecisato del tempo, in un luogo qualunque del mondo, due anime lontane incrociano le proprie vite.
Sangue e nome, rispettabilità e disonore, tradimento e amore li spingeranno l’una verso l’altra.
Mentre un mondo vecchio e superficiale si dibatte per continuare ad esistere, un amore nuovo nasce e sconvolge anime e cose.
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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. 29 .

 

7° 24’ 25’’

 

 

Il greto del ruscello sembrava un nastro intessuto di fili d’argento, l’acqua scivolava, infrangendosi sugli spigoli emersi dei sassi; si riduceva in piccole frange di schiuma che subito si disperdevano trascinate dalla corrente. Il rumore che produceva era sommesso e lento e si arricchiva degli altri piccoli suoni del bosco: fruscii di serpi tra le foglie arricciate e richiami di uccelli notturni, come le note su di uno spartito. La luna sembrava una gigantesca lanterna di cartone, dentro la quale una luce fluorescente di candela si moltiplicava, fino ad illuminare i tratti della radura, dove i rami intricati e le folte chiome non coprivano il suolo.

Betel sedeva sulle rocce levigate che definivano la sponda del ruscello, le gambe divaricate, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e una mano a reggere l’angolo di un fazzoletto bianco, immerso solo in parte nell’acqua. Galleggiava trascinato dalla corrente, assumendo la foggia di deformate figure geometriche.

Sabra si fermò davanti a lui, qualche passo più a valle, le mani in grembo a torturare le cuticole delle dita fini, ma imbrattate di fatica.

- Mi dispiace … - si scusò, quando il fazzoletto gocciolante giunse a lenire la guancia graffiata, per poi ricadere, colorato di rosa, nell’acqua gelida.

L’arabo scrollò le spalle, incurvate in una piega morbida e convessa, come la superficie liscia di uno scudo, quasi non gli importasse granché né delle scuse, né dell’aggressione di poco prima.

- Vi ho chiesto scusa! – insisté.

- Vi ho sentita … - replicò, il viso fisso sulla superficie dell’acqua.

- Certo, se voi non mi aveste afferrato come un sacco … - cercò di giustificarsi, - … io non vi avrei colpito … o graffiato o … - si interruppe imbarazzata, quando gli occhi di lui si arrampicarono sulla propria figura, dai piedi fino al viso.

Erano tanto neri da sembrare pece e così i capelli, come ali di corvo dai riflessi bluastri. Il viso spigoloso dai tratti ben definiti, si fregiava di una espressione austera e di una bocca grande dalle labbra carnose e scure.

- Siete incredibile … - commentò, scuotendo il capo, - Pedinate vostro fratello di notte, per un tragitto sconosciuto e pieno di pericoli e lo accusate di essere sconsiderato; vi appostate dietro il tronco di un albero, come se doveste sortire un agguato e vi lamentate perché vi ho colto alle spalle e, per finire, mi infliggete graffi e percosse e ne date a me la colpa, come se fossi io l’aggressore! –

- Io … volevo solo essere certa che mio fratello non si mettesse nei guai! -

- Voi siete solo curiosa … e la curiosità quando è spinta troppo, spesso e volentieri ci porta addosso qualche malanno°. citò con supponenza.

- Non sono curiosa! E comunque, se foste più aperto e intelligente sapreste che la curiosità è una delle forme del coraggio femminile°°. – replicò, con un'altra citazione, tanto per mostrarsi all'altezza.

- Uh ... bella e colta! – ironizzò, ma Sabra non colse affatto la vena pungente dell'affermazione, né badò all'aggettivo che celebrava la propria istruzione. Udì soltanto la parola che si era sentita ripetere centinaia di volte e che ella aveva sempre percepito più come lo svilimento delle proprie capacità intellettive, che come un vero pregio.

"La bellezza è un dono di natura, l'istruzione è una scelta", pensava.

Sedette su di un altro masso levigato, di fronte a Betel, il viso chiazzato sulle gote e un calore innaturale per una notte fredda come quella, cercando l'argomento adatto per replicare e scoprendosi a corto di parole, proprio lei che di esse faceva sfoggio, come le altre fanciulle dei capellini e delle scollature di pizzo.

- Il mio nome è Sabra ... - arrangiò l’inizio di quel discorso faticoso.

- Nessun nome vi sarebbe stato più confacente! Con tutte le spine che avete ... - commentò.

- Siete maleducato! - replicò piccata e fece per sollevarsi.

Betel sorrise e, senza abbandonare la sua posizione, aggiunse: - Era un complimento! So che è il nome di una pianta capace di sopravvivere in un ambiente ostile e dai frutti spinosi che nascondono, però, una polpa dolce e gradevole. - spiegò, mentre ella si accomodava alla bell’e meglio di fronte a lui. - Il mio è Betelgeuse. -

- Oh ... - esclamò, come i bambini che si prendono gioco dei coetanei per un qualche difetto.

L'arabo si sollevò e le offrì la mano per aiutarla a mettersi in piedi a sua volta. La pelle scura e levigata, come il legno dell'ebano, contrastava con le unghie bianche dall'attaccatura profonda, e si anneriva maggiormente nelle grinze delle nocche sulle dita. La sua figura decisa e le spalle larghe le erano sembrate ancora più imponenti visti dal basso, ma, anche quando furono entrambi in piedi, l’una di fronte all’altro, Sabra si sentì una bambina davanti a un gigante.

- Seguitemi, vi mostro una cosa. – la precedette, percorrendo la sponda fino al punto in cui i fitti rami intricati degli alberi si diradavano, lasciando uno squarcio aperto su di un cielo nerissimo e stellato.– Vedete lì, dove punta il mio dito? Quel grappolo di stelle costituisce la costellazione di Orione. – spiegò, indicando, in successione, prima le tre al centro, perfettamente allineate; poi le quattro più luminose disposte nei vertici di un rettangolo immaginario, per fermarsi, infine, su quella in alto alla sua sinistra.

Erano tutte estremamente luminose e brillanti di un’intensa luce blu e calda, tranne l’ultima che, al contrario, splendeva di una rossa e pulsante.

- Quella è Betelgeuse. – aggiunse, tenendo fisso l’indice sull’astro, - La seconda più luminosa della costellazione. Mio padre ha scelto per me il suo nome. – terminò.

Sabra mantenne lo sguardo fisso verso le migliaia di luci che illuminavano la notte: il bagliore unico di quella, che aveva ispirato il nome del suo interlocutore, spiccava come una fiamma ardente in mezzo alle luci di piccolissime lucciole in uno sterminato campo di grano.

- Perché a voi il nome della seconda stella e non della prima? – chiese, incuriosita.

Betel sorrise alla domanda che anche egli stesso si era posto nell’ingenuità di bambino e cui aveva dato una risposta solo divenuto adulto.

- Poiché, in questa vita, si può anche essere secondi di qualcuno, ciò che conta è rimanere comunque unici! – le rispose, rivolgendole lo sguardo prima e tutta la sua figura poi.

- Dunque, è per questo che avete aiutato il capitano nella fuga? Perché siete il suo secondo? – incalzò.

- E’ una delle spiegazioni! – replicò vago, ma con un bel sorriso. – Tornate dentro adesso, tra qualche ora sarà l’alba ed è bene che riposiate un poco prima di mettervi in marcia per ritornare in città. –

 

 

***************

 

 

Percorsero il sentiero sterrato che, risalendo il ruscello, giungeva fino alle campagne intorno alla città, in silenzio ed entrambi a piedi insieme con il mulo, carico di fascine.

Il cielo era ormai schiarito, l’aria del mattino irradiava il calore benefico del giorno sulla pelle e sugli arti provati dalla temperatura della notte. Nonostante il mantello e il cappuccio che le proteggeva il capo, Sabra aveva le mani intirizzite e la punta del naso gelato. L’estate, ormai, si stava consumando nei suoi ultimi bagliori; il sole sorgeva più tardo e più lontano assottigliando le giornate che terminavano in tramonti di luce infuocata e tiepida; il mare diveniva sempre più scuro e impetuoso a causa delle correnti fredde che venivano da nord e dei venti che soffiavano sulla costa, lisciando la superficie della spiaggia, come un ferro caldo stira un lenzuolo di lino grezzo.

- Perché il tuo capitano è finito in galera? – chiese di punto in bianco, come se si fosse appena ridestata dal sonno.

- Lo hanno accusato di contrabbando, ma è tutta una montatura! –

- In città si dice che dall’ultimo suo viaggio sia tornato con merce illegale e che gli abbia fruttato un bel po’ di quattrini. – riferì le voci che aveva sentito tra i banchi del mercato.

- E’ vero! – commentò, - Ma il carico per cui è stato arrestato è stato messo di proposito nella sua nave. - precisò.

- E perché mai? Di lui si dice anche che è un uomo piuttosto generoso: chi potrebbe, dunque, volere il suo male? –

- Io questo non lo so. Quello che so è che il capitano ha tanti nemici … alcuni dei quali sono ricchi e potenti. Di certo, sono loro i mandanti di questo tranello. –

- E … anche il suo compare è innocente? – chiese vaga, giocherellando con una foglia strappata ad un arbusto.

- Non credo esista un uomo più onesto di lui! – esclamò con enfasi, orgoglioso di poterlo considerare un amico. – Si è fatto arrestare di proposito, fingendosi ubriaco, lui che non berrebbe neanche un bicchiere di idromele*! Solo per aiutare il capitano. -

- Onesto e corretto, senza dubbio, ma anche un po’ stupido! – commentò, - Adesso sarà costretto a darsi alla macchia per la vita. -

- Quanto sei sciocca! Quando il dottor Elmisk avrà dimostrato l’innocenza del capitano, entrambi usciranno allo scoperto: per il reato di evasione, basterà pagare una cauzione e la fedina penale di entrambi sarà di nuovo limpida. – spiegò.

Sabra tacque. Le sembrava così inconsueto che un uomo sacrificasse la propria libertà per liberarne un altro, che mettesse addirittura a repentaglio la vita per salvarlo. Lo immaginò nella volta celeste, come il gigante raffigurato nella costellazione a cui apparteneva la stella che gli dava il nome, l'accento straniero e la voce pulita, come un suono limpido di vento tra i capelli.

Sorrise di sé stessa, dei pensieri vacui che aveva partorito la propria mente, uguali a quelli che tante volte aveva sentito fare dalle signorine di buona famiglia a cui serviva the e pasticcini.

Ratho la guardò stranito, mentre ella sorrideva e scuoteva la testa; aggrottò le sopracciglia chiare e arricciò il naso, tanto che le efelidi si ammassarono l'una all'altra come una manciata di lenticchie su un canovaccio bianco.

- Cos'hai da ridere? - indagò.

- Cose da donne! - lo liquidò e mentre il fratello, rassegnato, alzava gli occhi al cielo, sbuffando, entrambi si accorsero di essere ormai distanti pochi passi da una delle porte di ingresso alla città.

 

 

***************

 

 

 

Patnarak brulicava di soldati.

Dopo la fuga dei prigionieri dalla fortezza, il comandante aveva richiesto dalla città vicina l’intervento di altre guardie, perché coadiuvassero i suoi nelle ricerche tra le mura e nelle campagne circostanti.

Due guardie si davano il cambio, notte e giorno, davanti alla casa sulla spiaggia e altre due piantonavano lo studio e l’abitazione del dottor Elmisk. Chiunque ne uscisse o vi entrasse, veniva accuratamente controllato; persino gli approvvigionamenti di cibo venivano ispezionati, per assicurarsi che non contenessero messaggi dei fuggiaschi o qualunque altro indizio che permettesse loro di individuarne nascondiglio.

Dopo aver passato il primo posto di blocco, stanziato presso la porta di nord-est, giunsero alla casa sulla spiaggia.

Ratho agitò la catenella e la piccola campana sospesa, suonò tintinnando. Alvita raggiunse il cancello, attraverso le cui volute di ferro battuto, si intravedevano la strada e i due soldati di piantone, mentre rovistavano nel tascapane del ragazzino dai capelli rossi e nel cestino di vimini al braccio della fanciulla.

- La legna da ardere che la signora ci ha ordinato … - spiegò Sabra, anticipando la sua domanda e indicando le fascine caricate sulla groppa del mulo, - … E i frutti di bosco. – aggiunse, avvicinandosi alla recinzione, mostrando il cestino ricolmo di lamponi, more e mirtilli, adagiati su di un letto di foglie smeraldine e felpate.

La cameriera aprì una delle ante del cancello e li fece entrare, indicando loro il luogo sul retro della casa in cui depositare il carico.

Ariela li raggiunse immediatamente; li invitò ad entrare in casa, dalle cucine, e ordinò che Alvita preparasse per loro qualcosa per ristorarsi del lungo tragitto.

Insieme raggiunsero il patio e, quando furono lontani da orecchie indiscrete, Ariela invitò i suoi ospiti ad accomodarsi. Ratho, dopo aver presentato la sorella, riferì alla padrona di casa della salute di suo marito. Le raccontò delle ferite che andavano rimarginandosi; della cura con la quale Betel gli cambiava le medicazioni, seguendo scrupolosamente le indicazioni di Elmisk; dell’appetito che, un poco alla volta, gli donava nuova vigoria e un colorito più sano in volto e infine dell'umore, ancora un po' uggioso per via della immobilità forzata e dell'assenza di lei.

Ariela non si lasciò sfuggire una sola parola, accogliendole ad una, ad una, talvolta con sospiri di sollievo, talvolta con piccoli sorrisi, con il volto rischiarato e sereno e, al contempo, con una punta della stessa malinconia del suo sposo, impotente davanti alla distanza che li separava.

- Invece … le prove per scagionarlo dalle accuse? – chiese il ragazzo, quando ebbe terminato il proprio resoconto puntuale.

- Il legale che il dottor Elmisk ha ingaggiato sembra fiducioso: sostiene che le casse di liquori usate per fabbricare le prove del reato, siano state sottratte dal magazzino in cui vengono depositate le merci oggetto di sequestro. L’avvocato ci ha riferito che, secondo la prassi, tutto il materiale viene contrassegnato con un codice, trascritto poi in un apposito registro. – gli spiegò.

- Dunque, se riuscissimo a dimostrare che le casse trovate nella stiva recano uno dei codici riportati nel registro, riusciremmo a far cadere le accuse! – esultò Sabra che, fino a quel momento, se n’era stata zitta ad ascoltare.

Ariela annuì e continuò: - Basterebbe che l’avvocato presentasse la richiesta per visionare i registri, ma … - cominciò a spiegare Ariela, interrompendosi quando la cameriera, giunse con il vassoio. - … il dottor Elmisk teme che il comandante Kuvee lo farebbe sparire o ne falsificherebbe i dati, per impedirci di dimostrare la nostra tesi e la connivenza propria e dei suoi uomini. – terminò, quando furono di nuovo soli.

- L’unica soluzione è sottrarglielo da sotto il naso! – suggerì Sabra, facendo tintinnare i cubetti di ghiaccio sulle pareti del bicchiere che conteneva la limonata.

- Giusto! – l’appoggiò il fratello, che a differenza di lei, aveva preferito cominciare con le fette di pane imburrate e la marmellata di more. – Questo registro … si trova negli uffici della fortezza, suppongo. – continuò, sbocconcellando, - Vi entrerò io, come ho fatto l’ultima volta. - si offrì, ripulendosi le labbra sporche di confettura.

- Nascondersi nel carro dei viveri, in mezzo a verze e patate, andava bene per sottrarre le chiavi delle celle all'ufficiale di piantone! - intervenne la sorella, allungando il collo per scovare tra le leccornie che si mostravano tra tovaglioli di lino ricamato, quelle più allettanti. - Per accedere agli archivi e recuperare il registro ci vuole ben altro. – aggiunse, scegliendo un biscotto al profumo di limone.

- Sta' al tuo posto, Sabra! - la bacchettò, stringendole la mano libera che ella teneva chiusa a pugno sulla coscia.

- Signora, ve ne prego ... – continuò, rivolgendosi direttamente ad Ariela e divincolandosi dalla presa del fratello, - Io so come fare. Abbiate fiducia in me e io vi porterò ciò che vi occorre per scagionare vostro marito. - incalzò.

- Sei una ragazzina e queste sono faccende da uomini. – la riprese nuovamente Ratho, ormai del tutto incapace di tenerla a bada.

- Signora, non sono una sprovveduta e, vi giuro, non danneggerei mai la mano che mi da il pane. – insistette per cercare di convincerla.

- E sia! Parlatene col dottor Elmisk e accordatevi. Ma ricordate: nelle vostre mani io affido il mio cuore. -

 

 

 

* Bevanda ottenuta dalla fermentazione del miele.

° Carlo Collodi, I racconti delle fate, 1875

°°Victor Hugo, Novantatre, 1874

 

 

*********************

 

 

Ben trovate.

In questi due ultimi capitoli, vi ho mostrato un nuovo personaggio: Sabra,

una ragazza tutto pepe che svolgerà un ruolo fondamentale per la continuazione della storia.

Il titolo, 7° 24' 25'', rappresenta la declinazione (una delle coordinate astrali di una stella) di Betelgeuse.

Perdonatemi, ma sono affascinata da questa stella e dalla costellazione cui appartiene!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e aspetto le vostre opinioni.

Come sempre, grazie a tutti quelli che leggono e, soprattutto,

a coloro che puntualmente lasciano la loro recensione!

Un bacio!

  
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