Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Mai Valentine    21/11/2014    2 recensioni
La cella era fredda e umida e Ymir passava il resto dei suoi giorni che le restava da vivere in quella gabbia senza vie d'uscita. Era il giocattolo di Hanji Zoe, la cavia perfetta, ma ai condannati a morte non si nega un'ultima richiesta e Ymir sa già cosa desidera: vedere Historia Reiss per un'ultima volta.
Ymir abbassò il capo, soffriva nell'ascoltare quelle parole, forse sarebbe stato meglio morire insieme. Historia afferrò il mento della donna tra il pollice e l'indice, ordinò.
«Guardami».
«Lo sto facendo».
«Dimmi cosa vedi perché io non so più chi sono».
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri | Personaggi: Christa Lenz, Ymir
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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  In un'altra vita
 
 
Le pareti della cella erano impregnate d'umidità. Gocce d'acqua che cadevano dal soffitto si addensavano ad altre raccolte in una piccola pozza all'angolo sinistro della prigione. Il vento freddo, notturno, soffiava dalle sbarre strette e spesse. Non ricordava più da quanti giorni, forse mesi, si trovasse in quel luogo. Il ploc prodotto dalle gocce era l'unico rumore che le teneva compagnia nelle ore solitarie. Le catene pesanti le stringevano i polsi e le caviglie, soffriva, ma non si lamentava. Era  distesa su una panca corta, sporca e legnosa, le sue gambe lunghe uscivano fuori. La ragazza si raggomitolò il più possibile, portando le ginocchia al petto e stringendo le braccia intorno alla vita, cercava conforto anche se pensava di non meritarselo. Era sola, abbandonata al suo destino, neanche più il respiro pesante di Annie le teneva compagnia. La ragazza era stata uccisa qualche giorno prima durante un esperimento: una manovra sbagliata, così dicevano. In realtà, Ymir, pensava che fosse morta per il dispiacere  quando aveva visto Reiner e Berthold giustiziati. Leonhardt non sembrava il genere di persona che badava ai sentimentalismi, eppure nel momento in cui i suoi compagni avevano perso la vita l'ultima speranza di uscire da quel buco era morta.  Hanji Zoe aveva provato a condurre degli esprimenti sul titano corazzato e sul titano colossale, ma erano stati definiti soggetti "non collaborativi e pericolosi"; in fondo, dopo aver sterminato tutti i titani e scoperto la causa della loro nascita, era inutile tenerli in vita, andavano uccisi. Lei era ancora viva in quanto definita "soggetto collaborativo e paziente". Era diventata la cavia di Hanji e Levi le aveva permesso di tenerla, già, proprio quelle parole aveva usato: tenerla, come se fosse un cucciolo di animale regalato da un padre a una bambina viziata. Ymir non era altro che un oggetto, aveva perso il diritto di essere chiamata persona. A volte  guardava il pugnale che aveva conservato tra le mattonelle e la panca, aveva pensato più e più volte di tagliarsi la gola e porre fine alle sue sofferenze, ma in realtà resisteva perché desiderava vedere un'ultima volta Christa, anzi Historia. Sapeva che era stata incoronata, sapeva che era stata costretta a sposare Eren e che a costringerli era stato Levi; tuttavia, era a conoscenza del fatto che Historia non sapeva che si trovasse in quel luogo, proprio sotto al palazzo reale.
         Ymir era anche convinta che prima o poi avrebbero ucciso anche lei. Aveva sentito dire da dei soldati, qualche giorno prima, che passavano di lì, che  stavano preparando il plotone d'esecuzione e chi si sarebbe incaricata di sopprimere l'ultimo titano rimasto sulla terra sarebbe stata la fedelissima del re Eren Jeger: Mikasa Ackherman.  Ymir non aveva paura. Voleva solo riabbracciare Historia, quello era il suo unico desiderio e ai condannati a morte non si nega nulla. Si addormentò con quei pensieri.   
        La lieve luce del sole batté sulle palpebre. La ragazza si svegliò borbottando. Una voce squillante e allegra la fece sobbalzare.
         «Buon giorno!» gridò Hanji avvicinandosi alle sbarre della gabbia.
         Ymir non rispose.
         «Di poche parole, come sempre. Avanti, avanti, grazie a te abbiamo fatto dei magnifici passi in avanti e ben presto tutto questo sarà finito» allargò le braccia con entusiasmo. Ymir sorrise, amaramente. Alzò lo sguardo verso l'altra, la fissava con occhi stanchi, sofferenti, ma vivi e combattivi. La studiosa fece un passo indietro, un brivido freddo le percorse la schiena.
         «Chi si occuperà della mia morte? Tu o Miaksa? — Prese fiato, le era difficile parlare a lungo e con un ghigno continuò —. Sapevo che Ackerman era un perfetto cane da caccia... Da quanti giorni non le date da mangiare?» cercò di ridere, di trovare se stessa, anche se il suo spirito era schiacciato dalle catene, non si arrendeva.
         «Chi ha parlato di morte? Nessuno qui l'ha fatto» sorrise Hanji nervosamente. Ymir alzò le spalle e soffiò dal volto una ciocca di capelli fastidiosa. La gabbia venne aperta. Era scalza.
         «Cominciamo, non ho voglia di aspettare ancora» disse come se fosse lei a trovarsi in una posizione di comando. Hanji era sempre più sorpresa dal carattere di quella persona. Le differenze tra lei ed Annie erano evidenti, la prima sopravviveva, Ymir viveva. Zoe precedette la cavia, dandole le spalle. Il titano rifletté un attimo, velocemente. Le si era presentata un occasione d'oro e non voleva perderla, doveva rischiare e fare quella richiesta che la ossessionava da mesi interi: poter rivedere Historia.
         La ragazza  allungò una mano sulla spalla del soldato, le puntarono le armi contro, sentì la lama fredda  di una spada accarezzarle la collottola.
       «Non mentirmi tra qualche giorno verrò uccisa, non è vero? Non servo più e quindi posso considerarmi carne da macello, ma ho un'unica richiesta e voglio che tu la esaudisca: prima di morire voglio vedere Historia». Infine venne trascinata in uno spiazzale aperto e lì iniziarono le torture.
         Venne gettata in carcere semicosciente. Sanguinava in diversi punti, aveva una spalla lussata, un braccio con frattura scomposta e le caviglie ustionate. Il volto pieno di graffi ed escoriazioni. Sputò sangue, saliva e diversi denti. Si addormentò. Altre tre ore dopo le servirono la cena: pane raffermo, muffoso e invecchiato da diversi giorni e dall'acqua putrida e salata. Bevve e mangiò tutto raccogliendo il magro pasto da terra. Pulì il pane con la mano destra dai ragni e dalla polvere, lo divorò. Le guardie la schernivano e ridevano, ma non importava e spesso si domanda chi fossero davvero i mostri: lei o loro. Sognò Historia, in un'altra vita, in un altro mondo.
         Le ore e  le settimane passarono, ancora e ancora, sempre senza ricevere una visita  dalla regina. Era disperata. Hanji non aveva esaudito la sua richiesta e tra due giorni sarebbe stata giustiziata.
         Era notte fonda, la schiena appoggiata alla parete sporca, il capo basso, i capelli le coprivano la fronte e gli occhi, si guardava le mani sanguinanti e ricoperte di schegge di vetro, provava dolore e adesso non era più convinta di meritarselo.  Il suo udito fine percepì dei passi, erano diversi da quelli di Hanji e di quelle guardie che la tenevano sotto controllo, erano rumorosi, veloci, avevano fretta. "Ackerman sei venuta prima del tempo? Sei davvero un cane del re" pensò Ymir ridendo tra sé e sé. Le sbarre della prigione vennero aperte, il ferro cigolò sulle mattonelle ruvide.
       «Sono pronta a morire — alzò le mani —. Ottimo lavoro, Ackerman, sai sei fastidiosa come un acaro della polvere che si mette sulla punta del naso e non va più via».
         Invece della lama sul collo sentì una mano delicata e gentile schiaffeggiarla. Ymir alzò lo sguardo e vide la persona che aveva sperato di riabbracciare per quei lunghi nove mesi, Historia Reiss. Il cuore del titano perse un battito fece per alzarsi ma cadde in ginocchio, non aveva le forze. La ragazza bionda la guardava dall'alto in basso, poi le si avvicinò, inginocchiandosi a sua volta. Si guardarono negli occhi in un lasso di tempo che sembrò infinito. Historia era diventata ancora più bella agli occhi di Ymir. Il titano allungò una mano, le accarezzò il viso, era caldo. Dalla piccola finestra dalle sbarre strette e spesse posta in alto soffiò un vento gelido che scosse le membra stanche della donna dalla pelle scura.  Ymir tremò.  Cercò conforto nella sua dea, anche se lei non l'aveva mai chiamata così... Historia sciolse il nodo del mantello  stretto  intorno al collo e avvolse con quella calda lana il corpo del titano.
«Non dovresti preoccuparti per me» disse Ymir superbamente.
«No, non dovrei. Tu mi hai abbandonata» rispose con freddezza e tristezza. Le sue parole, seppur brevi, erano cariche di risentimento e dolore. Dolore per aver perso e per essere stata abbandonata dalla persona che avrebbe seguito anche al di là delle mura, qualunque fosse stato il suo obbiettivo.
       «Finalmente esce la vera Historia. Sono contenta, non devi più vivere in una bugia» un ghigno beffardo si disegnò sulle labbra sottile della ragazza più grande. Reiss abbassò lo sguardo, puntò le mani in terra e si alzò dando le spalle alla prigioniera. Ymir, prima che la regina si allontanasse, l'afferrò per un polso.
       «Ti ho abbandonato è vero, ma avevo le mie ragioni. Desideravo salvarti». Ymir era sincera e Historia lo sapeva; aveva imparato a conoscere in quei tre anni di duro allenamento ogni mutamento dei muscoli del volto, ogni cambiamento di tono di voce e lo sbattere continuo dei denti della sua non più compagna. Tornò a guardare la prigioniera, questa volta con rabbia. I suoi occhi chiari erano tizzoni ardenti, dai quali sgorgavano le prime gocce calde, che bruciavano le guancie.
       «Desideravi salvarmi? Ecco, non vedi cosa sono diventata? Una regina — lanciò in terra la corona — messa sul un trono come sostituta di un re fantoccio e sai non l'ho scelto io, ma Levi Rivaille e la sua allegra compagnia!»
         Ymir abbassò il capo, soffriva nell'ascoltare quelle parole, forse sarebbe stato meglio morire insieme. Historia afferrò il mento della donna tra il pollice e l'indice, ordinò.
         «Guardami».
         «Lo sto facendo».
         «Dimmi cosa vedi perché io non so più chi sono». Erano  parole cariche di sofferenza e dolore.
         «Perdonami» sussurrò lievemente la prigioniera spaventata dalle sue stesse parole. Historia versò lacrime amare, si inginocchiò, ancora una volta, doveva guardare Ymir in volto e sputarle veleno, ferirla, doveva annientarla, eppure ogni cattiva parola si fermò sulla punta delle lingua e ciò che riuscì a fare fu piangere e gettare le braccia intorno al collo del titano. Ymir ne fu sorpresa e al tempo stesso impaurita.
       «E ora?» chiese con un filo di voce accarezzando i lunghi capelli setosi della regina. Historia non rispose, impresse le sue labbra morbide su quelle ruvide e screpolate dal freddo della prigioniera.
       «E ora portami all'inferno con te». Non era una richiesta, né una domanda, ma un ordine preciso.
       Le mani di Ymir tremarono, così come il suo corpo. Vedere Historia, la regina, spogliarsi innanzi ai suoi occhi, in quella cella umida e fredda,  posizionarsi sulle suo ventre le fece bollire il sangue nelle vene in un istante. Desiderava da tempo il corpo della giovane, ma non era mai stata capace di spingersi al di là di un bacio fugace. Purtroppo si rese conto che non poteva fare nulla, le sue mani e i suoi piedi erano legati.
         «Ho queste» disse mostrando  i ferri che la tenevano prigioniera. La dea rovistò tra i vestiti, allungando semplicemente una mano trovò la chiave che sciolse Ymir dalle catene.
         «E io questa».
          Il titano scosse il capo e sorrise.
         «É proprio cresciuta la mia Christa».
Si abbandonarono ai piaceri della carne, scaldando i loro cuori feriti per le poche ore rimaste della notte prima che l'alba illuminasse il mondo e anche quella piccola e gelida cella.
 
***
        
         Due giorni dopo Ymir si trovava inginocchiata sul palco di legno, la testa china e il suo boia con la lama della spada ben in vista, aspettava solo un cenno del re. La prigioniera alzò lo sguardo verso tutta quella gente che l'additava come criminale, assassina, mangiatrice di uomini... Forse era vero, forse no. Non ricordava chi era stata prima di diventare un cadetto, ma sapeva cosa aveva fatto dopo e le sue scelte per quanto sbagliate erano state fatte per salvare la donna, che in quel preciso istante, sedeva sul trono e abbassava il capo, triste. Historia non poteva cancellare la condanna di Ymir, Levi era la sua spina nel fianco. Ironico, una regina comandata da un soldato. Ironico e insensato.  Alcune lacrime le bagnarono le guance rosee, toccando la fede nuziale. La condannata si voltò verso Historia e non provava alcun rammarico, aveva avuto ciò che aveva desiderato e anche di più, eppure non era soddisfatta. La ragazza che aveva provato a proteggere era diventata una donna infelice. Sentiva un nodo stingerle la gola nel vedere, per l'ultima volta, quegli occhi chiari come il cielo sporchi di lacrime, per colpa sua. Non ebbe più tempo per pensare, Mikasa le abbassò il collo, sentì le dita fredde del soldato toccarle la collottola e poi la lama...
       «Arrivederci, Historia».
La regina chiuse gli occhi e come se avesse potuto udire le parole di Ymir sussurrò a sua volta
        «Arrivederci in un'altra vita, Ymir».
 
 
Angolo Autrice:
Non so perché ho scritto questa storia così drammatica, forse è a causa di alcune canzoni tristi e del mio umore. Non ne ho la più pallida idea di come Ysaiama intenderà sviluppare questo bellissimo manga e quindi questa è solo una mia idea =). Spero che comunque vi piaccia e che se vi va fatemi sapere cosa ne pensate in un commento. A presto. Mai Valentine.
 
   
 
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