Capitolo XXXVI
Progetti
"Quindi?"
domandò Harmon
Rabb a sua moglie. Era in camera a preparare la sua borsa quando aveva
sentito
lo squillo del cellulare di Mac: Andy chiamava da sempre al cellulare
della
madre, anche se doveva parlare con lui, perché fin da bambino sapeva
che il
numero dell'Ammiraglio Harmon Rabb si doveva fare solo in caso di
emergenza.
L'abitudine gli era rimasta anche ora che il padre era in pensione.
"Andy ci
aspetterà al Charles de Gaulle
dopodomani, alle 19
ora di Parigi e poi ci accompagnerà in hotel. Abbiamo tutto il tempo
per fare
le cose con calma".
"Verrà con
lei?"
"No. La
conosceremo il giorno
successivo, almeno lo spero. Non ho ben capito il motivo, ma sembra che
Nicole
ancora non sappia chi sia in realtà nostro figlio".
"Mi stai
dicendo che si è
presentato sotto falso nome?"
"Al
contrario, col suo vero
nome. È solo che non sa che lui è anche lo scrittore Alex
Andrews".
"E perché mai
non glielo
avrebbe detto?"
"È una storia
un po’ complicata...
Pare che si fossero incontrati ben tre volte prima di scoprire che,
oltre ad
essere la fotografa che lo aveva ritratto per un servizio di moda,
fosse anche
l'esperta di storia che Ross gli aveva trovato a Parigi e la
proprietaria del
Castello dei conti d'Harmòn, nonché discendente del conte Andrè..."
"Aspetta,
aspetta. Un
servizio di moda? Andrew si è fatto fotografare?"
"Non solo
qualche scatto, ma
a quanto pare ha posato come modello per un intero servizio
fotografico"
rispose Mac divertita, senza riuscire a nascondere un moto d'orgoglio
all'idea
che il loro bellissimo figlio si fosse arreso anche alle sue doti
fisiche e non
solo a quelle intellettuali, dandole così ragione.
"L'idea ti
diverte,
vero?" chiese Harm con un sorriso.
"Assolutamente
sì. Sono anni
che insisto perché sfrutti, almeno in parte, anche la propria immagine
per
promuovere il suo lavoro".
"Ma Andy odia
la notorietà,
lo sai. La sua decisione, devi ammetterlo, gli ha consentito finora di
vivere
piuttosto tranquillo e non assediato da eventuali fan. Ora, però, se
quelle
foto diverranno pubbliche...".
"Non hai
sentito ciò che ho
detto? Nicole ancora non sa chi lui in realtà sia".
"Sì, ma
quando lui glielo dirà,
come reagirà lei? Una persona arrabbiata può fare qualunque cosa, anche
la più
stupida, senza riflettere sulle conseguenze".
Lei annuì,
dandogli ragione.
Sapeva che Harm si riferiva ad entrambi quando, trent'anni prima,
avevano
rischiato di commettere l'errore più grande della loro vita sposandosi,
lui con
Belinda e lei con Clayton, solo perché arrabbiati l'uno con l'altra.
Per un attimo
il pensiero di Harm
andò a Clayton Webb, della cui morte per malattia erano venuti a sapere
l'anno
prima: nonostante tutto, erano stati amici e sapeva che sua moglie gli
aveva
anche voluto bene. Avevano partecipato al suo funerale assieme ad
Harriet e Bud
e in quell'occasione avevano saputo che era morto solo, com'era
vissuto. Alla
cerimonia c'erano davvero poche persone: loro quattro e una decina di
ex-colleghi che avevano voluto rendergli omaggio nonostante non fossero
più in
contatto da anni. Lui, Mac e Bud erano stati, con molta probabilità,
gli unici
amici che Clay avesse mai avuto.
"Andrew è
innamorato di lei,
Harm" gli disse sua moglie dopo un attimo di silenzio ed egli non
riuscì
ad interpretare il tono con il quale pronunciò quella affermazione.
"Te lo ha
detto lui?"
"Sì, anche se
non ce ne
sarebbe stato bisogno: basta ascoltarlo parlare di lei... Non l'ho mai
sentito
tanto preso da una donna".
"Diciamo che
non lo hai mai
sentito parlare di una sua donna, prima d'ora" precisò con benevolenza
lui, rammentandole la reticenza del figlio a raccontare delle sue
avventure
sentimentali fin da quando era ragazzino e quanto questo riserbo la
infastidisse.
"Mi racconta di ogni cosa che gli passa per la
testa, ma mai di quello che
prova con la ragazza di turno" si lamentava Mac ogni volta
che capiva
che Andy aveva un appuntamento. Lui, paziente, le ricordava che
non doveva intromettersi nelle faccende sentimentali del figlio e che a
sua
volta non aveva mai detto nulla a Trish delle sue avventure.
"Io non mi voglio intromettere" replicava
lei "mi piacerebbe solo sapere se è innamorato".
Harm ogni
volta sorrideva a questa
affermazione tipicamente materna e chiudeva il discorso con la sua
solita
pragmatica: "Se non ti dice nulla è
perché non lo è. Quando sarà innamorato te lo dirà".
A quanto
sembrava quel momento era
arrivato.
"Su questo
hai ragione"
ammise lei, restia come sempre a concedergliela. Nonostante l'amore che
li
legava da anni, non avevano cambiato il loro modo di parlarsi e,
soprattutto,
di battibeccare, come facevano in ufficio quando ancora reprimevano i
loro
sentimenti. All'interno di questo codice di dialogo, ammettere che lui
aveva
ragione non rientrava tra le priorità di sua moglie e quando ciò
accadeva era
il segnale che la ferrea volontà di Sarah era fiaccata da qualcosa.
"Non mi
sembri felice,
tesoro. Credevo non aspettassi altro che vedere il nostro ragazzo
finalmente
innamorato!" la prese in giro, per indagare.
Quando
arrivava al punto di concedergli
l'ultima parola su una questione, significava che era pronta a parlare
di sé e
non aspettava che un cenno da parte sua. Cenno che lui era più che
pronto a
fornirle perché aveva imparato che Mac aveva bisogno di lui per
parlare, per
tirar fuori ciò che l'angustiava. In nessun altro campo poteva
arrischiarsi di
aiutarla, perché lei di rado gliene concedeva la possibilità: dal punto
di
vista pratico era sempre stata la donna più indipendente che avesse mai
conosciuto. Sul piano emotivo, invece, le cose erano un po’ diverse, a
causa
del suo passato, tuttavia era sempre stato difficile raggiungerla. Da
quando
avevano iniziato a vivere insieme si era posto l'obiettivo di scoprire
la
strada migliore per esserle accanto e quando infine era riuscito a
trovarla non
aveva mai smesso di percorrerla ogni volta che si rendeva conto che lei
aveva
bisogno di lui. Del resto ci voleva così poco, era sufficiente cogliere
il
momento e dire la frase giusta, col tono giusto: niente domande o,
peggio
ancora, affermazioni dirette mirate a farle intendere che lui aveva già
capito
cosa la tormentava, perché in quel caso alzava di nuovo le barriere e
non c'era
più verso di raggiungerla e quindi di aiutarla. No, da tempo aveva
capito che
il modo migliore era prenderla in giro, senza esagerare però. A volte
era più
complicato che pilotare un tomcat,
ma
se riusciva nell'intento, era altrettanto gratificante.
"Lo so, hai
ragione..."
disse lei in tono mesto.
Se gli stava
dando ragione per la
seconda volta in pochi minuti, il timore che Andrew si trasferisse a
vivere in
Europa doveva essere una faccenda davvero seria per sua moglie.
"Ma...?"
domandò,
fingendo di non aver ancora capito cosa l'angustiava tanto.
"Andy
potrebbe restare in
Europa per sempre..." ammise.
"È solo
questo che ti preoccupa?"
"Cosa
intendi?"
"Nessun
dubbio che lei possa
essere la donna giusta per lui?"
"E come
faccio a saperlo? Non
la conosciamo neppure. Ma ho fiducia nella capacità di giudizio di
nostro
figlio... Se si è innamorato di lei, deve essere una ragazza speciale".
"Hai ragione"
disse.
Ogni tanto non guastava concedergliela, soprattutto lasciarle pensare
di essere
giunta prima di lui ad una conclusione logica.
"Nessuna
forma di gelosia
materna? In fondo ti porterebbe via il tuo bambino"
chiese lui ancora.
"Nulla di più
di quanto non
avessi già messo in conto. E poi, in cambio, potremmo avere dei
nipotini"
rispose lei, iniziando a rilassarsi.
Harm si disse
che era un buon
segno, pertanto decise che era giunto il momento per affrontare il
nocciolo
della questione, senza tergiversare oltre.
"Mi sembra di
capire, quindi,
che il problema sarebbe solo la lontananza, se decidessero di vivere in
Europa.
Ebbene, nessuno ci vieta di trasferirci vicino ai ragazzi, se il
problema è
solo questo".
"Ma Harm,
questa è la casa di
tua madre... Credevo volessi tenerla, che desiderassi vivere qui".
"Sì, ma non
per forza.
Possiamo venirci per le vacanze, anche tutti insieme se lo vorranno,
tanto il
posto c'è".
"Ma se non
vendiamo questa
casa..."
"Dimentichi
il denaro: mia
madre e Frank ne guadagnavano parecchio, più
di quanto siano riusciti a spenderne nella
loro vita".
"Pensavo che
Trish lo avesse
usato per regalare il loft a Andrew quando è andato a New York".
"Credo ve ne
sia rimasto
anche per una casetta europea per noi due!" disse lui, con un sorriso,
mettendo fine alle sue obiezioni.
"Se le cose
stanno così,
allora...".
"Sei più
tranquilla,
adesso?"
Lei annuì, in
silenzio. Per un
momento rimase ferma ad osservarlo mentre chiudeva il borsone che,
durante la
loro chiacchierata, aveva terminato di preparare. Poi gli si avvicinò e
lo baciò
sulle labbra, suscitando in lui lo stesso fremito che accompagnava ogni
suo
bacio da trent'anni a quella parte.
"Avevi già
capito cosa mi
tormentava, vero? Prima ancora che te lo dicessi... Come sempre lo
avevi già
intuito".
Lui non
rispose, si limitò ad
abbracciarla. Se a vent'anni gli avessero detto che a settanta sarebbe
stato
innamorato della propria moglie come la prima volta in cui aveva fatto
l'amore
con lei, si sarebbe fatto una bella risata. Invece le cose stavano
proprio così.
"E, come
sempre, mi hai fatto
sfogare e mi hai rassicurato" aggiunse lei, come semplice osservazione,
rifugiandosi nel suo abbraccio.
Dopo un
attimo, però sollevò lo
sguardo verso di lui e, con aria birichina, gli disse:
"Non ti ho
ancora detto, però,
che fino a ieri sera Nicole non lo ha ancora voluto...".
Lui alzò gli
occhi al cielo, con
fare esageratamente esasperato. Poi, divertendosi a sua volta, replicò:
"Beh, in
questo caso ci siamo
già portati avanti col lavoro!"