Titolo: "Cos'è un'ossessione?"
Genere: Introspettivo, Triste
Rating: Verde
Fandom: No.6
Avvertimenti: //
Breve introduzione: "Desiderava con tutta se stessa abbracciare suo figlio, stringerlo forte contro il suo petto, come se ciò bastasse a difenderlo da ogni cosa brutta che li circondava, e sussurrargli che andava tutto bene, ma non poteva, come non aveva la possibilità fare nient'altro.
Era impotente, obbligata a essere spettatrice quando avrebbe desiderato essere attrice "
Eventuali note:
So di aver inizialmente detto che mi sarei rivenuta a fatti avvenuti
nella novel, ma questa è la quinta (sì, la
quinta) ristesura della storia e, mi dispiace doverlo dire, ma i piano
sono cambiati non poco.
Forse, più che
altro, la caratterizzazione alla quale ho cercato di attenermi
è più quella della novel, soprattutto avendo
scelto come personaggio Karan, che nell'anime è delineata
poco -almeno rispetto alla versione "cartacea"-.
L'unico dettaglio veramente
"tangibile" è che gli occhi di Shion cono lilla e che da qui
derivi il suo nome (Shion significa Aster, un fiore , appunto, lilla),
come nella storia originale.
Spero di essere riuscita a
rendere bene il personaggio; so benissimo quanto sia forte quella
donna, e lo dimostra più volte, ma è comunque un
essere umano obbligato a portare un pesante fardello e ho pensato
potesse avere diritto a momenti di sconforto.
-Mamma,
cos'è un'ossessione?-
Karan
sollevò stupita la testa, distogliendo lo sguardo dal forno
dove aveva appena
messo la crostata e spostandolo sul figlio. Shion era seduto sul
divano, il palmare
sul quale stava leggendo fino a poco prima poggiato sulle ginocchia
In
No.6 era raro che un bambino, un elite, chiedesse a un genitore
spiegazioni su
qualcosa che non sapeva o non comprendeva, non con tutti i mezzi
tecnologici
che aveva a sua disposizione. Qualsiasi conoscenza era alla sua portata
e la
madre e il padre non partecipavano in alcuno modo alla sua istruzione.
Per
questo quella semplice domanda la colse così impreparata.
Superata
la confusione iniziale, però, la donna non poté
fare a meno di sorridere: Shion
era speciale. Ogni genitore si vantava di quanto il proprio figlio
fosse
speciale, ma alla fine non si rivelava quasi mai vero: nel suo caso lo
era.
Non
sapeva definire esattamente cosa ci fosse in lui che lo portava a
essere in
quel modo, ma aveva un candore, una purezza quasi ingenui che mai aveva
e mai
avrebbe visto in un elite.
-Un'ossessione...-
ripeté Karan, cercando le parole migliori per rispondergli.
-É un pensiero
fisso, qualcosa che hai sempre nella tua mente.-
Shion rimase qualche secondo in silenzio, riflettendo sulla definizione
ricevuta. Alla fine annuì sorridendo.
-Grazie
mamma!- esclamò, e tornò a leggere
tranquillamente.
"Shion"
Quel
nome martellava nella testa di Karan.
Non
aveva più né fame né sete, quella
parola aveva come assorbito ogni cosa.
I
suoni le giungevano ovattati, le sembrava quasi di osservarsi
dall'esterno; lavorava
l'impasto senza sentirlo sotto le dita, osservava le fiamme nel forno
senza
avvertirne il calore, era estranea agli odori e ai sapori della sua
panetteria.
"Shion"
Se
l'era ripetuto tante di quelle volte da consumarne il senso, portandolo
a
essere solo mere lettere che continuavano a cozzarle nella mente.
Le
amava, le odiava.
La
tormentavano senza pietà, ma erano l'unica cosa cui potesse
aggrapparsi dal
giorno in cui loro o meglio, lei, No.6, gliel'aveva portato via.
Desiderava
con tutta se stessa abbracciare suo figlio, stringerlo forte contro il
suo
petto, come se ciò bastasse a difenderlo da ogni cosa brutta
che intorno a loro,
e sussurrargli che andava tutto bene, ma non poteva, come non aveva la
possibilità fare nient'altro.
Era
impotente, obbligata a essere spettatrice quando avrebbe desiderato
essere
attrice.
Una
sera, chiusa la panetteria, si era dovuta allontanare per comprare
alcuni
ingredienti che aveva esaurito. Camminava meccanicamente, lo sguardo
perso nel
vuoto, eppure notò, per caso, una pianta di aster esposto
nella vetrina di un
piccolo fioraio all'angolo.
Le
sembrò quasi che
i fiori la chiamassero.
Come
strinse quel piccolo vaso tra le dita, sentì qualcosa di
nuovo nascerle dentro:
per un istante, le sembrò di avere tra le mani il suo
bambino quando, appena
nato, era vulnerabile e dipendeva in tutto da lei. Durò un
battito di ciglia,
se non meno, ma la stretta allo stomaco che provò non
l'abbandono più.
In
quel lilla rivedeva i suoi occhi.
Quei
fiori erano diventati il primo pensiero la mattina e l'ultimo la sera.
Ne
carezzava le foglie e i petali con amore materno, si assicurava di
annaffiarli
regolarmente e quando iniziò a parlarci quel poco della sua
mente ancora
razionale le urlò che era impazzita, ma non
l'ascoltò.
L'aster
stava bene, Shion stava bene.
Aveva
senso il suo ragionamento? Assolutamente no, e lo sapeva.
Eppure
più la pianta cresceva florida e rigogliosa, più
la sua angoscia sembrava
placarsi. Allo stesso tempo, però, ne era diventata
dipendente: doveva starle
vicino in ogni minuto, come le si allontanava diveniva inquieta, quella
distanza la opprimeva a livello quasi fisico; le mani le tremavano, il
cuore le
martellava nel petto, il respiro le si faceva affannato.
Doveva
vedere quei fiori.
Doveva
assicurarsi che stessero bene.
-Signora,
cos'è un'ossessione?-
Karan
distolse lo sguardo dai quei petali lilla, fulcro intorno al quale
ruotavano le
sue giornate, incontrando gli occhioni nocciola della piccola Lili.
-Un'ossessione?-
ripete, intontita. Un fortissimo senso di deja-vu la colse alla
sprovvista: aveva
già vissuto quella scena, tanto tempo prima da sembrarle
un'altra vita.
La
stanza prese a ruotare vorticosamente, dandole la nausea e lei si
poggiò al
bancone per non cadere. L'unico punto a rimanere fermo fu la bambina.
Nella
mente di Karan, quegli occhi nocciola si tinsero di lilla.
-Mamma,
cos'è
un'ossessione?-
Una
frase che la raggiunse come un'eco lontano, distorto e sovrapposto alla
voce della
piccola.
La
donna perse la cognizione del tempo al punto di non accorgersi di
quanto si
stesse protraendo quel silenzio. Evidentemente fu a lungo, tanto che
Lili
aggiunse, quasi come scusante: -Ho sentito una donna dirlo mentre
venivo qui.-
-
É un pensiero fisso, qualcosa che hai sempre nella tua
mente- le sue labbra si
mossero meccanicamente. Si sentiva come se stesse recitando un vecchio
copione,
già portato in scena. Mentre la prima dello spettacolo aveva
ricevuto applausi,
ora gli spettatori annoiati sbadigliavano.
Un
pensiero
fisso.
Lo
sguardo degli Aster, per la prima volta, le mise i brividi.
Quei
fiori maligni avevano allungato i propri artigli su di lei, serrandoli
intorno
al suo cuore e facendo a brandelli il suo raziocinio.
La
cosa più grave, ciò che era imperdonabile, era
che lei l'avesse permesso.
Si
era consentita di diventare lo spettro di sé stessa.
Il
suo volto riflesso nella vetrina le fece paura: lo sguardo vacuo, il
volto
pallido e smunto segnato da profonde occhiaie.
-Allora
io sono ossessionata dai suoi muffin!-
Quella
vocina squillante la riportò alla realtà.
Sentì
l'odore della crostata alle ciliege, la farina sulle proprie dita, il
calore
irradiato dal forno alle sue spalle.
Karan
sorrise di cuore per la prima volta da mesi, lasciando una carezza
amorevole
sulla testa della bimba.
-Sì,
ma non esagerare: troppi ti faranno male!- la riproverò
giocosamente, il suo
cuore che si scaldò all'espressione delusa dell'altra.
Non
le era consentito di lasciarsi ossessionare da dei semplici fiori: cosa
potevano mai avere a che fare con suo figlio? Lui stava andando avanti
con le
proprie forze e, per quanto fosse dura ammetterlo e, soprattutto,
accettarlo,
lei era completamente impotente.
Il
muffin che mangiò insieme a Lili fu il più buono
che avesse mai saggiato.
Non
annaffiò più gli aster.