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Autore: comeseiqui    22/11/2014    0 recensioni
Ero la tua ragazza di New York. Passavo le notti più belle con te, con la mente annebbiata dall'alcol e gli occhi rossi per il fumo. C'erano quelle sere in cui mi mettevi un braccio sulle spalle e con la luce quasi spenta ascoltavamo la tua musica preferita con gli occhi chiusi. Vivevo per quei momenti, tutto sembrava infinito e noi anche. Dimenticavo tutte le porte sul retro degli alberghi da cui ero dovuta passare, dimenticavo i tuoi modi freddi, dimenticavo che ero solo la tua ragazza di New York.
Per quei cinque minuti ero qualcuno, non più qualcosa.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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La prima volta che ci siamo visti era dicembre. Me lo ricordo perchè il mio vestito era troppo corto e le mie gambe tremavano mentre mi stringevo nella giacca. Facevate tappa a New York quella sera, era l'ultimo concerto prima della fine del tour. L'ultimo concerto nella città che non dorme mai.
Sei uscito dallo stadio verso le undici e mezza e all'una stavi saltando la fila per entrare al Mansion. Io ero già dentro da un'ora. Quando sei arrivato ti ho riconosciuto subito. I ricci tirati indietro dalla bandana verde scuro, i pantaloni troppo stretti e la maglietta bucata a quel tempo erano la tua firma. Quando hai incrociato il mio sguardo ti sei morso il labbro e hai passato una mano fra i capelli. Io ho fatto un sorrisetto e ho cominciato a ballare. Ti stavo provocando e lo sapevi bene.
Se ci penso adesso vedo solo una diciottenne con troppo mascara e i capelli troppo biondi che gioca a fare la donna. Ma a te piaceva così e io lo sapevo. Ti sei avvicinato dopo poco e mi hai offerto da bere.
Ricordo quella sera come l'inizio della fine.
Eri Harry Styles, un traguardo da raggiungere, il trofeo più lucido sullo scaffale della mia vita.
Era bello all'inizio. Le tue chiamate quando eri in città, le mie magliette sempre più scollate e le tue mani che mi prendevano e mi stringevano i fianchi. Mi volevi e io mi sentivo speciale perchè tra tutte le ragazze col vestito rosso là fuori tu avevi scelto me. C'erano giorni in cui mi facevi rimanere con te, troppo fatto per mandarmi via e troppo stanco per continuare. Stavamo nel letto per ore e a volte parlavamo. Mi dicevi che cominciavi a stufarti, che questa vita ti stava stretta. Altre volte invece mi liquidavi in fretta, mi dicevi di andare con quel tono piatto e scocciato che mi faceva male allo stomaco. E io mi rivestivo velocemente e salivo sul taxi che mi avevi pagato con gli occhi che bruciavano. Piano piano, Harry, ho cominciato a sperare sempre più spesso nelle tue chiamate. Quando arrivavano però mi dicevi solo ''come stai?'' e poi il nome di un hotel e il numero della suite da chiamare. E io, come sempre, non dicevo mai di no. Smettevo di fare quello che stavo facendo e correvo in camera. Sceglievo il vestito più bello e mettevo il rossetto più rosso.
Ma alla fine, a cosa serviva?
Ero la tua ragazza di New York. Passavo le notti più belle con te, con la mente annebbiata dall'alcol e gli occhi rossi per il fumo. C'erano quelle sere in cui mi mettevi un braccio sulle spalle e con la luce quasi spenta ascoltavamo la tua musica preferita con gli occhi chiusi. Vivevo per quei momenti, tutto sembrava infinito e noi anche. Dimenticavo tutte le porte sul retro degli alberghi da cui ero dovuta passare, dimenticavo i tuoi modi freddi, dimenticavo che ero solo la tua ragazza di New York.
Per quei cinque minuti ero qualcuno, non più qualcosa.
Poi è arrivata lei.
Niente rossetto rosso, nessun vestito scollato e l'insicurezza di una bambina.
Eravate ovunque su i giornali e le tue chiamate sono diventate piano piano sempre meno numerose.
Ero gelosa, ho passato giorni a cercare notizie su di lei. Cosa aveva lei che io non avevo?
L'ho capito troppo tardi, Harry.
Mi hai chiamato alle tre di notte di un mercoledì, eri a New York per registrare il nuovo album.
Era una di quelle volte. Avevi la voce tremante di rabbia e non ti ho detto di no. Sapevo che c'era qualcosa che non andava ma ho scelto ancora una volta il rossetto più rosso e il vestito più bello. Ho preso un taxi e sono entrata nell'hotel. Mi hai aperto la porta subito e mi hai sbattuta contro il muro.
Eri arrabbiato. Ma le tue mani erano su i miei fianchi e le tue labbra cercavano le mie e tutto sembrava bello. Poi il tuo telefono ha squillato e io sono come sparita per te.
Ti sei alzato, mi hai lasciata fra le lenzuola e ti sei chiuso in bagno. Ti ho sentito urlare e poi sei uscito, mi hai guardata e con tono sprezzante mi hai detto ''vestiti''. Io ho chiuso gli occhi e con le lacrime che mi rigavano il volto ho raccolto le mie cose. Ho preso i cinque dollari che mi avevi lasciato per il taxi e sono uscita dalla tua camera. Quella è stata l'ultima volta che ci siamo visti e forse un po' ti ringrazio.
Quando le porte dell'ascensore si sono aperte davanti a me, in jeans e converse blu, c'era lei. La ragazza di cui tutti parlavano e che ti aveva fatto perdere la testa. Ho chiuso gli occhi, in quel momento era tutto chiaro e ho sentito che da qualche parte qualcosa si spezzava.
Era la mia sicurezza e forse anche l'ultimo barlume di speranza che mi era rimasta. Ho traballato su i miei tacchi ma prima di cadere ho sentito una mano stringere il mio braccio. Lei aveva le occhiaie, forse più scure delle tue, e mi guardava come si guardano le cose buttate via, quelle scartate da tempo ma ancora in piedi. -Va tutto bene?-mi ha chiesto.
E' lì che ho capito, Harry. Lei non si metteva il vestito più bello o il rossetto più rosso nemmeno per te.
Le ho sorriso e mi sono asciugata le lacrime. -Si, si grazie-ho risposto. Lei mi ha scrutata ancora e forse ha capito ma non ha detto niente. Ha raccolto la mia borsa e me l'ha sistemata su una spalla, sorridendo appena.
Con le gambe che tremavano, seduta sul taxi che mi avevi pagato, ho cominciato a piangere.
Il tassista si è voltato e mi ha chiesto se andava tutto bene. Io ho sorriso, non mi avevi chiesto neanche quello Harry.
Ma alla fine tu non domandavi mai niente, prendevi e basta.
Lì, seduta su quel taxi, mi sono ricordata di quella sera di maggio di quasi un anno prima. Ero nel backstage di uno stadio troppo grande nel bel mezzo della Grande Mela. Tua madre e tua sorella erano lì con me, mi avevi presentata come una tua amica. Io il loro sguardo ancora lo ricordo, Harry. Era di compassione, e non per me. Per te e per ciò che eri diventato.
Quando sei salito sul palco tua sorella mi ha sorriso, cordiale. Prima di uscire parlava con tua madre ed entrambe mi hanno guardato come mi ha guardato lei. E mi sono sentita stupida, da buttare.
A distanza di anni, quando vedo le tue foto, le tue foto con lei, mi rendo conto che non mi avresti mai guardata con quegli occhi. Ma va bene, e forse ti ho capito. Quindi ti scuso Harry, perchè l'amore fa male e rialzarsi non è facile.
Col senno di poi, ti ringrazio, Harry.
Anche se mi hai presa e buttata via, anche se ero solo la tua ragazza di New York, anche se con te ho perso troppo tempo e troppi sogni. Anche se non ti importava e anche se non ero niente.
Grazie Harry per avermi buttato giù, grazie per il dolore e per i pianti, perchè senza di te, senza questo, non avrei mai trovato la forza di rialzarmi e forse, non avrei trovato nemmeno me stessa.

  
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