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Autore: _xharrysdimples    22/11/2014    2 recensioni
Louis è forte e so che un giorno mi alzerò e sarà davvero il giorno buono, e allora potremo avere la nostra vita indietro, e ridere e baciarci e cantare e ballare e fare l'amore come facevamo una volta.
E intanto aspetto, perché l'attesa incondizionata è l'unica scelta che ho.
Che poi potrei anche scegliere di andarmene se volessi, ma non si può scegliere di andarsene da Louis. Si può amarlo e basta, fino alla fine di ogni respiro.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I ringraziamenti per questa storia vanno sicuramente ad Ylenia,
che sopporta i miei deliri e mi incita a scrivere, dandomi la forza.
E ad Alessia, che silenziosamente mi aiuta in tutto.
Vi amo.





 
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Non credo che Louis abbia mai capito quanto valeva.
Non credo si sia mai reso conto di quanto i suoi sorrisi fossero in grado di guarire le persone, di quando la sua felicità fosse la mia.
Non credo abbia mai capito che non era il mondo a giudicarlo, ma era lui stesso a farlo, dannandosi continuamente per qualcosa di cui non aveva nemmeno colpa, se di colpa si può parlare.
Louis non ha mai capito che amare non è un peccato, che l'amore è giusto, che l'amore non va contrastato.
Così quando mi alzo quel mattino passandomi le mani sul viso stanco di chi è stato steso tutta la notte tra le coperte ma non è riuscito a chiudere occhio nemmeno per una decina di minuti, so che sarà un'altra di quelle giornate in cui dovrò sopportare il suo malumore e le sue ansie.
E lo faccio perché lo amo, lo faccio perché una brutta giornata assieme a Louis sarebbe migliore di qualsiasi bella giornata con qualcun altro.
Lo faccio perché lo amo e quando scendo e lo vedo raggomitolato sul divano e sembra ancora più piccolo di quanto sia, il cuore mi balza in petto.
Perché vorrei proteggerlo e strappare via dalla sua anima tutto quel nero che vi è entrato, ma non posso farlo.
E quando mi avvicino a lui e provo come ogni mattino a farlo alzare ma lui si volta dall'altra parte mandandomi al diavolo non sento neanche più male.
Non sento male neanche quando mi siedo accanto a lui dicendogli che magari oggi è il giorno buono e ce la farà, e lui mi risponde solamente con un sommesso “Vaffanculo Harry, tu e i tuoi giorni buoni”.
Ma va bene così, perché Louis non è pronto, Louis sta male, Louis ha qualcosa dentro di lui che se lo sta mangiando vivo e io non riesco a salvarlo.
Mi alzo e vado in cucina, trascinando i piedi a terra e scostandomi i capelli dal viso con frustrazione, mentre mi accingo a preparare la colazione per entrambi, una colazione che poi solo io mangerò, una colazione che finirà per metà nella pattumiera.
Ma non posso fare a meno di prepararla anche per lui, l'ho sempre fatto, che poi magari è davvero il giorno buono e si alza e ha fame e non trova niente, e io non voglio che il mio Louis pensi che io non mi prendo cura di lui.
Non mi stupisco quando torno in soggiorno a controllare e lo vedo ancora nella stessa posizione: non un braccio spostato, né una porzione di coperta un po' più stropicciata; tutto uguale, come se Louis non fosse altro che parte integrante del mobilio, lui e il suo addome che si alza e abbassa impercettibilmente, unico segno che lui è ancora vivo.
E non so se è il mondo che lo ha ridotto così o se è stata la paura che lui stesso aveva del mondo; ma io vorrei soltanto il mio Louis indietro.
Ogni mattino mi alzo e gli ripeto che forse è il giorno buono.
Ogni mattino mi manda a fanculo, a volte aggiungendo una vasta gamma di insulti che ingoio come un boccone amaro solo perché so che è la depressione a parlare e non lui.
Mi tengo in vita con il ricordo dei suoi tocchi leggeri sulla mia pelle, del suo profumo di pulito ogni mattino quando spuntava alle mie spalle e mi abbracciava da dietro mentre preparavo la colazione, dei suoi sorrisi sinceri e bellissimi.
E l'amore è questo, sopportare i giorni bui e il dolore con un sorriso, anche se solo accennato, sul volto; perché l'amore è amore, e non puoi fuggire quando devi restare.
Louis è forte e so che un giorno mi alzerò e sarà davvero il giorno buono, e allora potremo avere la nostra vita indietro, e ridere e baciarci e cantare e ballare e fare l'amore come facevamo una volta.
E intanto aspetto, perché l'attesa incondizionata è l'unica scelta che ho.
Che poi potrei anche scegliere di andarmene se volessi, ma non si può scegliere di andarsene da Louis.
Si può amarlo e basta, fino alla fine di ogni respiro.
Ma questo, questo non era decisamente il giorno buono.
Torno in cucina, apro il cestino e vi butto la sua colazione, che si deposita sul fondo con un tonfo sordo.
Mi lavo le mani e torno nuovamente in soggiorno, perché non posso lasciarlo solo, non è ciò che gli ho promesso.
Mi avvicino a lui e mi siedo al suo fianco, poi lo faccio spostare e lo faccio posizionare con la testa sulle mie gambe, tanto lui si lascia trattare come un burattino, come non fosse altro che un guscio vuoto di ciò che è stato, che una confezione vuota dopo che la vita si è presa tutto ciò che aveva dentro.
Gli faccio posare la testa sulle mie ginocchia e inizio ad accarezzargli i capelli, ho lo sguardo fisso nel vuoto, verso la parete davanti a me, dove vi è appesa una foto di me e Louis che ci abbracciamo, con degli enormi sorrisi sui nostri volti più giovani e sicuramente molto più felici e ingenui.
E ogni giorno sto lì, e gli accarezzo i capelli e fisso quella foto per ore aspettando solo un segno di vita, anche se debole o stanco, dal ragazzo che reggo tra le braccia.
Il dottore ha detto di aspettare. Che ce la farà. Di dargli le sue medicine in modo costante, ma è dura, quando Louis non vuole nemmeno saperne di aprire la bocca e ingoiare delle pillole.
Poi ha detto che se non riesco a gestirlo posso farlo ricoverare.
Che loro si prenderanno cura di lui in modo adeguato, che mi solleveranno da questo peso.
Ma Louis non è un peso, Louis non sarà mai un peso; resta la cosa più bella della mia vita anche così, mentre annega nel dolore e si aggrappa debolmente alla stoffa dei miei pantaloni quasi volesse ringraziarmi di essere lì.
Non potrei mai lasciarlo a loro, sono la sua famiglia, e mi prendo cura di lui come è giusto che sia. I suoi bellissimi occhi color del cielo non possono vedere le pareti bianche e asettiche di quei freddi ospedali, non possono, non sarebbe altro che il colpo di grazia per lui.
E se c'è ancora qualcosa da salvare, io lo salverò.


Ogni giornata passa così, nel silenzio e nell'angoscia, nel mio sguardo fisso alla parete e nel suo che di tanto in tanto vaga per la stanza, come fosse riuscito a catturare qualcosa; ma poi svanisce di nuovo e si perde in qualcosa che io non posso sicuramente vedere, in un qualcosa che vorrei così tanto neanche lui vedesse.
Quel giorno Louis si muove appena, si stringe un po' più forte contro di me, sembra quasi abbia paura che me ne vada.
Dopo poco alza lo sguardo perso e vuoto su di me, non riconosco più il suo sguardo ma i suoi occhi sono sempre gli stessi, sono loro e mi confortano e mi dicono di non mollare, perché la vera battaglia la sta combattendo lui, dietro quegli occhi.
E mi guardano tristi e stanchi e io ricordo i nostri milioni di sguardi guardando quegli occhi, e allora gli sorrido sperando che basti, perché non saprei proprio cosa dire.
Lui continua a guardarmi, poi geme appena quasi provasse dolore, sospira, cerca i miei occhi disperatamente, come qualcuno che sta annegando cerca un salvagente.
E io glielo offro quel salvagente, gliene offro un milione, se ne ha bisogno.
Trova i miei occhi e vi si aggrappa, lui e quelle occhiaie quasi violacee sotto i suoi occhi.
Non so quanto dorma, non so se ci riesce mai davvero. Credo abbia paura di dormire, paura dei suoi sogni, o forse paura che quando si risveglia potrebbe non trovarmi.
Poi vedo le sue labbra schiudersi, ed è da un po' che non lo fanno se non per mandarmi al diavolo, allora mi preparo e trattengo il fiato, ma lui geme di nuovo, prima di sussurrare “Ci sto provando”.
E quella frase mi lascia spiazzato, perché la maggior parte delle volte Louis non è in sé, non sa quel che dice; ma in quel momento è talmente lucido da far paura, e io ho paura per lui, perché un dolore del genere non lo puoi affrontare mentre sei lucido, rischi di spezzarti come un ramoscello sotto la scarpa incurante della vita.
Socchiudo gli occhi e annuisco, chinandomi su di lui e lasciandogli un piccolo bacio sulla fronte, mentre mi ricordo che è da una vita che non lo bacio, decisamente, ma so che devo aspettare il momento giusto.
“Lo so.” sussurro rassicurandolo, e lui torna a nascondere il volto contro le mie gambe, in silenzio.
Ce la farà.


I giorni passano lenti e inesorabili con il loro scorrere placido e monotono, e nulla cambia tra le mura di casa, nulla cambia se non - seppur sporadicamente - la posizione di Louis sul divano, quando si rigira continuamente in cerca di un po' di pace, che sembra però non essergli concessa.
Una cosa che cambia però c'è: Louis ha smesso di mandarmi al diavolo, quando gli parlo e non mi vuole ascoltare si volta semplicemente, chiudendo gli occhi e mettendo fine al mio soliloquio.
Ma non c'è più nessuno “Vaffanculo Harry”, e ciò mi fa pensare che abbia riacquisito un pizzico della sua lucidità, e spero che pian piano riesca a trovare la forza di reagire.
Mi siedo ogni mattino accanto a lui, e ora è lui stesso a spostarsi e farsi vicino non appena lo raggiungo, non sono più io a doverlo spostare.
E se da una parte sono felice di questo perché può essere un salto avanti, dall'altra mi da l'idea che forse sto fraintendendo tutto ed è invece una ricaduta, perché Louis ora si aggrappa a me come se stesse cadendo, e a volte si mette a tremare e mi spavento, e trema per ore, mentre io gli ripeto che ce la fa, che ce la fa per forza, e lui stringe forte la mia maglia e piange contro di me come fosse un bimbo.
E anche se non è in grado di dirmi quanto sta soffrendo io lo so, perché Louis non è solo la persona che amo ma è anche l'altra parte della mia anima, e il suo dolore arriva anche a me, e io lo ammiro perché ha una forza disumana nel sopportarlo.
Ora ogni tanto mi parla, ci riesce, mi dice che ha paura, che vede sempre una cosa nera avvolgerlo, e quando piange è perché ha tanta paura, di quel nero, e che io me ne vada.
Ma io gli dico che non me ne vado, che sono lì e che non c'è nessuna voragine nera, e che nel momento in cui si sentirà cadere io sarò lì ad afferrarlo al volo.
Allora a volte si calma, nonostante io senta le sue lacrime calde inzupparmi la maglia, e non dico niente, gli accarezzo i capelli morbidi e ormai troppo lunghi, mentre alzo la testa verso il soffitto con il naso che pizzica, e cerco in tutti i modi di non piangere.
Ma poi finisce sempre che le lacrime mi inzuppano le guance senza sosta, e io mi maledico, perché non sono in grado di afferrare Louis e riportarlo accanto a me, lontano dalla voragine buia che lui vede.


Quando si trascina al mio fianco e si stringe a me con una forza che non sospettato neppure avesse so che qualcosa non va, che è un altro di quei momenti in cui si sente precipitare nel vuoto e gli sembra di stare morendo.
Così lo circondo forte con le braccia e lui preme il volto contro il mio petto, le mani spasmodicamente chiuse a pugno sulla mia maglia, i singhiozzi che gli scuotono violentemente il corpo minuto e ora troppo magro, attraverso il quale sento la forma delle sue costole contro le mie mani, e ho tanta paura anche io, Dio mio se ho paura.
“Non ce la faccio più Harry, non ci riesco, basta, fermalo.” singhiozza contro il mio petto, contro di me che continuo a stringerlo restando immobile come un codardo, perché non so cosa fare, non lo so.
Gli prendo il viso tra le mani e lo costringo a guardarmi negli occhi, lo costringo a guardarmi con quelle due voragini di terrore che ora sono bagnate di lacrime come due oceani, e lo tengo fermo, lo costringo a non distogliere gli occhi dai miei.
“Louis tu ce la fai cazzo, ce la fai. Non vedo nessuna voragine buia, vedo solo due enormi oceani che hanno dimenticato che il colore del mare è azzurro e non nero.”
soffio contro le sue labbra e poi lo bacio. Lo bacio perché è una vita che non lo faccio, perché ho visto gli occhi del mio Louis, quello che non ha paura di niente e che sa far ridere tutti, e allora devo baciarlo, che così magari riesco a riportarlo da me.
E le sue lacrime si mischiano alle mie, e lui è stato lontano per troppo tempo; ma le sue labbra sono sempre le sue labbra, i suoi occhi sono sempre i suoi occhi, e so che dietro a quella parvenza di aver perso tutto per sempre Louis è ancora lì, e io so che posso portarlo indietro, perché non c'è niente che Louis non possa fare, o che non possiamo fare insieme.
E magari l'amore sarà anche sopravvalutato e il romanticismo sarà solo merda; ma il vero amore è restare, restare nel dolore, soffrire e rialzarsi e non mollare mai, e magari poi alla fine affogare, ma farlo assieme.
E non è l'amore che si vede nei film, è l'amore che conosci solo se l'hai provato, quello che se ci cadi non torni indietro; ed e quella la vera ed unica voragine.
E Louis combatte, combatte ogni giorno, perché non sa cosa voglia dire arrendersi. E Harry lo stringe forte, e quando ha paura riprende ad accarezzargli i capelli mentre gli ricorda che non è solo, che i giorni brutti passano sempre e il mondo ha bisogno del suo sorriso per essere un luogo migliore.
Ed è con questa frase che Harry, dopo un tempo che era parso protrarsi per una vita intera, riesce a strappargli il primo sorriso.
E nel vedere quelle labbra arricciarsi e quegli occhi illuminarsi un po' dopo tanto dolore, sente il cuore balzare in gola, incredulo.
E Harry ormai lo ha capito, Louis deve essere amato, deve essere amato forte.
Deve essere amato in ogni respiro e in ogni sguardo, in ogni carezza e ogni battito cardiaco.
Louis deve essere amato e basta, se vuole sopravvivere in questo mondo.
E Harry lo ama, riflesso incondizionato dell'amore stesso che Louis prova verso di lui, un amore che parte da entrambi e poi si confonde, e non si capisce più dove inizia e dove finisce.
Ed è l'amore, probabilmente, l'unica cosa che alla fine salva Louis.
Louis che ora ogni tanto si presenta a tavola al mattino, sedendosi silenzioso davanti al piatto con la sua colazione, e mangiandola lentamente.
Louis che a volte la sera si alza dal divano e segue Harry in camera da letto, stendendosi accanto a lui e tenendolo abbracciato stretto fino al mattino.
Louis ancora non sta bene, ma sa che può stare meglio.
Sa che Harry c'è, e che deve lottare per lui, e lo fa.
E ci sono ancora giorni bui, giorni in cui tutto sembra perduto e il mondo gli da l'impressione di volergli cadere addosso, ma Louis li affronta perché sa che nel caso il mondo stesse cadendo, Harry lo terrebbe su per lui.
Quando Louis ritrova finalmente la forza di uscire lo fa tenendo Harry per mano, ringraziandolo, e scoppiando a piangere subito dopo.
Piange mentre lo ringrazia per non essersene andato, per aver sopportato il suo cattivo umore e quei giorni che sembravano non voler finire mai, tanto bui quanto insopportabili.
Lo ringrazia perché è grazie ad Harry che Louis ha capito che vale la pena vivere, perché perdersi i suoi magnifici sorrisi sarebbe da stupidi.
A volte per salvare qualcuno, basta un sorriso.








Angolo autrice.
Non dirò nulla se non che è il primo delirio che pubblico da qualcosa come un anno e mezzo a questa parte. Amo i Larry alla follia e sono tornata a scrivere non appena ho un attimo libero, perchè mi danno sicuramente la forza che io non ho.
Beh che dire, se vi è piaciuto ciò che ho scritto (o se non vi è piaciuto, ovviamente, cosa molto probabile) fatemelo sapere, sono qui apposta, non mangio e non mordo tranquille :)
Vi voglio bene, a presto, 
Gio.
  
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