DOPO IL BALLO
( Tornando verso casa )
22/05/2011
Questo è un
vecchio racconto con cui ho un rapporto un po’ travagliato, forse perché è il
primo che ha visto la luce, quindi mi sono sempre sentita incerta sul suo
risultato. Così ho deciso di riprenderlo e modificarlo e lo propongo ora, nella
sua nuova veste. È stato limato qua e là, tagliato e smussato agli angoli e
ampliato in alcune parti. Da qualcuno è già stato letto; qualcun altro lo
leggerà, forse, per la prima volta.
Per tutti,
spero risulti una buona lettura.
*****
Il ballo è finito.
Alle mie spalle, le ampie vetrate si aprono come grandi
occhi luminosi contro la sagoma scura della reggia.
Non guardo indietro a ciò che ho lasciato dentro quel
salone.
Da qui, non sento più suono di violini, solo leggero sibilo
di vento che vibra nell’oscurità che ricopre tutto.
Come sembra fredda questa serata.
Sul bordo di questa fontana di Versailles si sciolgono in
lacrime tutti i sogni e le speranze che avevo iniziato a nutrire col tuo
ritorno dall’America.
Il vento m’investe, lo sento scivolarmi addosso come una
carezza gelida e invisibile; fantasma dispettoso, gonfia le pieghe dell’ampia
gonna fluttuante e sciupa la mia acconciatura complicata, frutto del lavoro
paziente della mia governante, che era più eccitata di me all’idea di vedermi
per la prima volta vestita da donna.
Quanto mi è costato osare tanto, quanti dubbi mi hanno
assalita, nessuno lo sa.
Ho dovuto fare appello a tutto il mio coraggio per vincere
il mio timore. Avrei avuto meno paura se avessi dovuto affrontare in un duello
all’ultimo sangue, un nemico temibile con la spada.
Eppure, dopo tutti i tentennamenti, le incertezze, i
rimorsi, sono riuscita a piegare il mio smisurato orgoglio a quella parte di me
ingovernabile, che aspettava soltanto il momento buono per liberarsi.
Pazza.
Sono stata una pazza, a pensare di poter cambiare la mia
vita.
L’amore è un privilegio per pochi e il mio destino mi fu
imposto per scopi diversi, evidentemente.
Lottare e combattere; altro non so fare, nient’altro ci si
aspetta da me.
Questa dama misteriosa è nata ed è morta stanotte.
Ora mi sento come se non fossi mai esistita. Forse, vorrei
non esistere.
Domani tornerò ad essere l'ufficiale che sono, che sarò
sempre; tornerà tutto come prima, mentre il dolore che sento ora, diventerà
solo un ricordo amaro da seppellire sotto la divisa.
Piango e mi sento stupida.
Stupida stupida stupida.
Dovrei smettere, e non ci riesco.
Allora, decido che non lo voglio nemmeno.
Tanto vale lasciarsi annegare in queste lacrime che domani
si seccheranno dietro i miei occhi.
Mi permetto di piangere finché nessuno mi vede.
Piango lungo questa strada buia che dalla reggia torna
verso il mio freddo palazzo.
Piango su questa carrozza anonima, cui ho fatto togliere
lo stemma del mio casato, perché nessuno potesse riconoscermi.
Il vento continua a ululare inquieto come il mio spirito
che si agita avvilito.
Tutto mi dà fastidio ora; questo corsetto è una gabbia che
mi stritola il cuore e non mi fa respirare, gli orecchini troppo pesanti e
questo diadema che m’incorona quasi fossi una regina, sono gioielli vani che mi
strappo dal corpo con furia.
Non sono una regina.
Non sono la sua regina, quella che lui ama.
E ora più che mai, dubito di essere una donna.
Mi sento ridicola adesso.
È stato tutto inutile e umiliante. Cosa speravo di ottenere?
Ho cercato di essere diversa da ciò che sono: una donna
allevata come un uomo, che non ha mai pensato di doversi comportare come una
donna, che non ha mai vissuto come una donna. Che forse, non ha mai voluto
esserlo davvero.
Ho voluto recitare una parte che non è mia e l’ho fatto
per te, Fersen.
Parole come femminilità, sensualità, per me sono sempre
state oscure, senza significato.
Non mi sono mai sentita così.
Non mi ero mai posta il problema di come potevo apparire
agli occhi degli uomini, di cosa potessi suscitare in loro. Poi, un maledetto
giorno, nella mia vita arrivi tu, con i tuoi occhi grigi troppo freddi che si
accendono di passione impossibile e gioia dolorosa per una giovane donna destinata
a sostenere il peso di una corona e l’infelicità che ne deriva.
Solo allora, mi sono ricordata di essere una donna e ho
cominciato a chiedermi cosa volesse dire.
Cosa si prova a essere desiderata da un uomo? Cosa si
sente nel corpo? Crampi allo stomaco?
Cos’è quel brivido di paura mista a eccitazione che corre
sulla pelle quando gli sguardi s’incontrano? Che felicità ci può essere in un
amore impossibile, che fa soffrire, eppure tanto forte da indurre a correre
rischi tremendi per viverlo?
Scandalo, vergogna, derisione.
Forse è il desiderio proibito di ciò che non potremmo
avere.
Una folle incoscienza dell’anima.
Ho lottato contro le mie emozioni, disperatamente.
E alla fine, ho voluto sfidare la sorte.
Ho voluto essere femminile, per te Fersen.
Volevo affascinarti, e per una sera soltanto, essere
guardata come una donna.
Volevo l’orgoglio sconosciuto di essere femmina.
Per una volta almeno, volevo smettere di disprezzare
questo corpo e la mia natura ambigua.
E questa sera ci sono riuscita; non soltanto tu, ma molti
altri uomini in quella sala, mi hanno guardata con rapita ammirazione, forse
con desiderio.
Mi sentivo una farfalla uscita dal bozzolo.
Nessuno di loro ha capito chi ero.
In realtà, nessuno doveva capire.
Neppure tu.
Ero decisa a mantenere l’ incognito.
Donna per una sera, e poi sarei scivolata nel buio della
notte e lì, sarei scomparsa, lasciando di me null’altro che un’ immagine
onirica.
Nemmeno tu, all’inizio mi hai riconosciuta: per un po’ mi
sono sentita sicura, il mio travestimento era impeccabile. Sono certa che sei
rimasto affascinato dalla misteriosa contessa straniera, ma come potevi pensare
che fossi io, se l’idea che ti eri fatto di me era assolutamente diversa?
È bastata la verità riflessa in poche parole, a far cadere
la maschera di fronte a te.
Non c’erano più panni maschili, né femminili; era come
essere nuda.
Indifesa.
Vergogna. Cocente umiliazione.
Perché Dio mi ha fatto nascere donna?
Questo ti chiedevi qualche settimana fa. Chissà se ora ti
sei risposto.
Non saprai mai, quanto tu mi abbia ferito con quella
frase, detta con tanta leggerezza; non ti sei accorto di quanto sia stata
indelicata. Con una punta d’orgoglio ferito, ho nascosto la mia delusione
dietro un sorriso rassegnato. In quelle tue parole vi era celato un pensiero
quasi blasfemo.
Un’idea perversa.
È così che tu mi vedi? Come uno sbaglio di natura? Dio ha
sbagliato con me?
Forse il Padre Celeste non ha finito la sua opera, oppure
è stato quello terreno che non ha saputo plasmare la mia anima? Dunque, perché
sono nata donna? Hai un’idea Fersen, delle volte che me lo sono chiesta
anch’io?
Forse non c’è una risposta, per quanto io la cerchi.
Solo per un breve attimo ho voluto cullarmi nell’illusione
che potessi essere tu.
Non lo so perché sono nata donna, né perché mi è stata
data questa vita.
O forse lo so.
Per soffrire, come adesso.
Se fossi stata davvero un uomo, quante sofferenze avrei
evitato.
O forse, no?
Sono il tuo migliore amico.
Con tutto quello che può implicare questa parola: la
stima, la lealtà, il rispetto, la fiducia.
Ma a me tutto questo non basta, per questo devo rinunciare
a tutto.
Solo la verità più semplice sa essere così spietata.
Tu non puoi amarmi e io non posso essere tua amica.
Tu non mi hai mai visto come una donna.
In me non vedi niente, di quello che è così manifesto
nelle altre donne.
Nessuna caratteristica fisica o morale. Nessun istinto
femminile.
Che bizzarria che devo apparire ai tuoi occhi.
Ora posso rinunciare a te, liberarmi della mia ossessione.
Posso smettere d’amare senza speranza.
Fin dall’inizio, anni fa, quella prima volta a Parigi, hai
creduto che fossi un uomo.
Anche dopo aver scoperto la mia vera identità, hai
continuato a pensare che lo fossi comunque nel profondo di me stessa.
Per questo stasera, sei rimasto così sorpreso, quando
improvvisamente hai capito chi avevi davanti.
Ho fatto crollare tutte le tue certezze.
Hai detto, “Non posso crederci… non è possibile…”.
Perché non dovrebbe essere possibile, Fersen?
Perché?
Cosa c’è d’impossibile? Non è possibile, che io possa
amare un uomo?
Un uomo come te?
Dentro questo corpo celato da panni maschili, non batte
forse un cuore di donna?
Vesto, vivo e qualche volta penso come un uomo, ma amo e
posso amare solo come una donna.
Tanto tempo fa, anche colei che ami, dubitò che io potessi
comprendere il cuore di una donna.
E allora, chi può capire il mio cuore? Chi può conoscerlo?
Non hai capito che posso amare anch’io, Fersen?
Che posso innamorarmi e desiderare di essere amata come qualsiasi
essere umano?
Uomo o donna, cosa importa?
Sono così ambigua da apparire ai tuoi occhi indecifrabile?
C’era già stata una serata triste, ma non come questa,
sette anni fa.
Anche allora, tornavo a casa per questa identica strada
con la voglia di piangere, ma trattenevo le lacrime.
Anche allora avevo danzato, avevo preso il tuo posto tra
le braccia della donna che amavi.
Per sette anni, ho sognato di essere al posto di lei.
Per sette anni ho sperato in silenzio che tu tornassi
vivo.
Stasera il risveglio è stato brusco e doloroso, più di
allora, quando sempre lungo l’argine di questo fiume, mi aspettasti per dirmi
che dovevi andartene.
Ironico.
C’è sempre qualcuno che fugge, e stasera sono io.
Probabilmente è una vita che lo faccio.
Sono quasi arrivata a Palazzo Jarjayes, sto per varcare il
cancello, c’è una luce accesa al piano inferiore.
Le stanze della servitù.
Sei tu, André? Sei sveglio ad aspettare il mio
ritorno, amico mio?
Ecco.
Lui può capire chi sono realmente; lui ha sempre capito,
anche se io tentavo di nascondermi.
Stasera, quando Andrè mi ha visto scendere dalle scale, ho
colto nei suoi occhi una luce strana, diversa; non l’avevo mai notata prima.
E mentre il suo sguardo insistente mi accompagnava, ho
provato una sensazione sconosciuta fino a quel momento; mi sono sentita bella.
M’ è parso quanto mai strano, avvertire questo
compiacimento davanti a lui.
Eppure era così che mi sentivo. Concupiscente.
Mi sentivo bella, riflessa totalmente nei suoi occhi. Due
calamite posate su di me.
E non era solo questo.
André mi ha guardato come non ha mai fatto, in tanti anni
che ci conosciamo.
In passato, non l’ho mai visto restare tanto affascinato
da una donna.
Stasera, quella donna ero io.
Mi aspettavo qualche commento ironico da parte sua, invece
mi ha restituito solo un silenzio denso di quello che avrebbe voluto dire.
Parole trattenute, come un soffio imprigionato sulle
labbra.
Il suo sguardo troppo acceso mi dava il brivido di una
carezza conturbante che scende lenta lungo la pelle della schiena.
E qualcosa mi scivolava dentro l’anima e non sapevo cosa
fosse.
Lui che è sempre così composto, pacato, difficile da
sorprendere, sembrava abbagliato dalla farfalla uscita dal bozzolo.
Può bastare davvero un vestito e un po’ di trucco a
sconvolgere i sensi di un uomo?
Con Fersen non è servito.
Non quanto avrei voluto.
Ma la cosa assurda è che il turbamento provato di fronte
ad André, con Fersen non l’ho sentito.
Nessun brivido a scaldarmi l’anima, mentre danzavo con
l’uomo che ha occupato gran parte dei miei sogni per anni.
Il conte mi ha guardato con ammirazione, con stupore
genuino, alla fine, ma nello sguardo del mio amico c’era dell’altro, qualcosa
che non avrebbe dovuto esserci.
Possibile che io mi stia sbagliando?
Sì, probabilmente mi sto sbagliando; André era soltanto
molto sorpreso, tutto qui.
Anche ora, cerco di convincermi di questo, ma se ripenso
al suo sguardo, le mie certezze vacillano.
All’improvviso vorrei sapere come mi vede veramente. Vede
prima la donna o il soldato?
André ha sempre ironizzato sulla mia pretesa di essere un
uomo.
Forse stasera, ho confermato la sua opinione.
Spero di non incontrarti André, stanotte non voglio farti
leggere la mia anima.
Tutto inutile; appena varco la soglia di casa, mi appari
da una porta laterale con una candela in mano.
Perché vaghi per casa di notte e non dormi? Sembri
irrequieto, non eri tenuto ad aspettarmi.
Ti preoccupi sempre troppo per me, oppure c’è qualche
altra ragione?
Anche tu sei sconvolto dalla follia che ho voluto osare
questa sera?
Sei sorpreso; non mi aspettavi così presto? La serata non
è finita come avrei voluto, André.
Ma cosa avrei voluto, in realtà? Potresti rispondermi, tu
che pretendi di sapere sempre tutto ciò che mi passa per la testa?
Volevo rubare Fersen alla regina? Davvero?
Mi sento molto confusa adesso.
Mi chiedo cosa pensi in questo momento, ma ho timore di
scoprirlo davvero.
Per fortuna non fai domande cui ora non vorrei rispondere.
Adesso non ho il coraggio di tradurre in parole i miei pensieri.
Neppure tu parli, ma il tuo sguardo è lo stesso di poche
ore fa, quando ci siamo incontrati sulla scala di questo palazzo.
È solo un po’ più triste, perché ora leggi nei miei occhi
la delusione e l’amarezza che prima non c’erano.
Indugiamo ancora pochi attimi; forse, ora vorresti dirmi
qualcosa, ma io voglio evitare qualsiasi confronto e senza dir nulla, mi avvio
verso la mia stanza.
È quasi completamente buio, c’è solo la luce della tua
candela e io sono insicura sulle mie scarpette da ballo. Non ti chiederò aiuto.
Devo solo raggiungere il piccolo mobile col candeliere
posto sul ballatoio al termine della rampa. Nel silenzio, sento solo il fruscio
della mia gonna di seta.
Ho paura di inciampare e mentre salgo le scale, continuo a
sentire il tuo sguardo posato su di me. L’ansia mi assale in maniera
inspiegabile.
Ho il sospetto che non dormirò questa notte e spero che
non tenterai di parlarmi, ma il mio desiderio s’infrange al suono della tua
voce, che pronuncia il mio nome. L’effetto è tale che mi blocco a metà scala.
“ Oscar, aspetta…”
****
Non volevo credere a mia nonna, quando mi ha detto che
saresti andata ad un ballo di corte, vestita da donna.
Devi essere pazza Oscar, tanto pazza da osare
l’impensabile.
Per amore di Fersen.
Conosco anch’io la follia che ti ha preso.
Celo questo mio sentimento in fondo al cuore, per non
causare a te una sofferenza certa.
L’ unico modo in cui posso amarti, è proteggerti da tutto
quello che potrebbe ferirti, e il mio amore è una di queste cose.
Ma il dolore è venuto a cercarti ugualmente, e ha preso
forma nel tuo cuore, in un amore che non può essere ricambiato.
Ho sperato non accadesse mai, ma la mia pena ha contagiato
anche te.
Troppo simili i nostri dolori perché possano riconoscersi.
Com’eri bella stasera, amore mio.
Ed eri così per lui, che non ti capisce, non ti conosce,
non sospetta nulla.
Non immagina che lo hai atteso con angoscia, tutti questi
anni. Un’angoscia pari alla mia, che per te si è trasformata in sollievo e
gioia.
Per me è rimasta invariata; io convivo da sempre con la
paura di perderti, mentre ora ho perso anche l’ultima vaga speranza, che
iniziava a germogliare.
La speranza che tu riesca ad accorgerti di me.
Vivo le tue stesse illusioni.
Non sarei mai riuscito a immaginarti così, per quanto io
sia fortemente consapevole della tua bellezza.
Che eri bella lo sapevo.
Oh, me ne sono sempre accorto.
Ma stasera…
Un sospiro pesante sostituisce le parole che non riesco a
pronunciare.
Ho avvertito il fremito violento del mio cuore appena ti
ho vista.
Mi hai fatto quasi paura. Paura che tu possa riuscire nel
tuo intento.
Quale uomo sano di mente potrebbe resisterti?
Non sono riuscito a dirti niente; quando i nostri occhi si
sono incrociati, la voce è morta in gola.
Eri superba, meravigliosa e femminile: una vera
provocazione per i sensi.
Mi sentivo attratto irresistibilmente.
Maledizione!
Avrei desiderato afferrarti e stingerti tra le mie
braccia, impedirti di andare via.
La mia mente gridava, non andare! Non correre da lui!
Questo ho pensato stasera, appena sei apparsa come una
visione fantastica su quelle scale, ma ho dovuto trattenere dall’andare oltre i
miei pensieri, altrimenti mi sarei tradito. Già il mio sguardo deve aver
rivelato più di quello che è lecito. Tu stessa, ti sei accorta forse per la
prima volta del mio turbamento. Non riuscivo a parlare e avrei dovuto, anche
solo per allentare la tensione che c’era fra noi in quel momento.
Ti ho lasciato andare e morivo dalla voglia di seguirti.
Eri in ansia; forse una mia parola ti avrebbe dato maggior
coraggio.
Nonostante tutto, so quanto ti è costato questo gesto; hai
dovuto piegare il tuo orgoglio alle ragioni del cuore.
Perché in fondo, questa donna che ammalia non sei tu.
Credi che per essere amata, tu debba essere altro da te
stessa, ma non è vero, Oscar.
Se riuscissi a capirlo, smetteresti di soffrire.
Forse, non mi ameresti comunque, ma saresti libera e sarei
libero anch’io.
Posso immaginare lo scompiglio che creerà il tuo ingresso
in sala questa sera; sguardi curiosi e sbigottiti saranno puntati su di te,
mentre incedi elegante tra la folla di dame e gentiluomini. Tutti si
chiederanno chi sei.
La domanda passerà di bocca in bocca, azzarderanno
congetture, ma nessuno di loro potrebbe sospettare la verità. Nessuno saprebbe
immaginarti così.
Quanti di loro s’innamoreranno di te a prima vista? Magari
quegli stessi sciocchi, che non ti notano quando sei in uniforme.
Quanti vorranno provare l’emozione di una nuova e
conturbante conquista?
Fersen non potrà restare indifferente di fronte a tanta
grazia.
Mi chiedo se lui potrà riconoscerti. Forse solo lui
potrebbe davvero indovinare, chi si nasconde dietro la bella dama misteriosa.
Adesso lo odio quasi, e lo invidio, perché potrà fare ciò
che io mi permetto solo di sognare da una vita.
Ti terrà tra le braccia, stringendoti a sé nel giro di un
minuetto e tu in quell’attimo, sarai felice e paga di quel contatto.
Potrà sfiorare la tua pelle, potrà ammirare compiaciuto le
tue splendide forme di donna.
Cosa ti dirà? Tenterà di fare quello che fa con tutte,
tenterà di corteggiarti?
Proverà a sedurti col suo fascino? Poche frasi banali
dette da lui, potrebbero davvero farti cedere? Tu che schernivi le tue sorelle
per i medesimi turbamenti? Ti prego Oscar, non cedergli, non arrenderti a lui,
non credere a quello che ti dirà.
È un’illusione, lui non è perfetto, è un uomo come gli
altri, che avrà di fronte a sé una donna bellissima.
Sarà mosso solo dall’orgoglio maschile, e tu sarai per lui
una splendida tentazione.
Solo immaginarvi insieme mi fa diventare pazzo; mi rigiro
nel mio letto, non posso dormire.
Perché devo star male così? Perché dovevo vederti così?
Perché mi torturi, Oscar?
Ma tu non lo sai.
Davvero non lo sai, Oscar? Davvero non ti accorgi di nulla?
Quanto ancora potrò nascondere i miei sentimenti per te,
dopo stasera?
Ho paura Oscar, di quello che potrebbe succedere, di come
tu potresti reagire, se dovessi scoprire la verità.
Soprattutto ho paura di me stesso.
Sei consapevole di quanto tu sia bella e desiderabile
stasera?
Lo sai davvero dove vuoi arrivare? Hai pensato alla
regina? Sei pronta a rinunciare a tutto per lui? Alla tua vita, così come l’hai
sempre vissuta?
Ti sei fermata a riflettere un attimo su questo?
Sei così per lui, che non lo merita.
Non lo merita il tuo amore Oscar, perché non ha mai fatto
nulla per te, non ha mai sofferto per te, non ti è vissuto accanto tutti questi
anni, come invece ho fatto io, condividendo tutto, ogni gioia e dolore, risata
o pianto che fosse. Lui non saprebbe fare tutto questo per te.
Che cos’ha lui più di me? Un titolo, una posizione,
ricchezza? Sì certo.
Un cuore nobile, generoso, pronto al sacrificio?
Sentimenti lodevoli e apprezzabili.
Il mio cuore non è diverso dal suo e contiene in sé un
sentimento ancora più grande e sofferto.
Vorrei smettere.
Dio! Come vorrei smettere.
Vorrei poter spegnere i nostri dolori, ma non so come
fare.
Forse è impossibile.
Il cuore fa ciò che vuole, e la nostra volontà non è
abbastanza forte per resistergli.
Perché mi ostino a nutrire questo amore che mi porta solo
pena? Perché non riesco a rinunciare? Che cosa spero ancora?
Scavo in me stesso e non trovo ragioni valide, a parte il
fatto che a volte mi sento prigioniero di questo legame radicato talmente in
profondità, che non riesco più a liberarmi. E per assurdo, sta proprio nella
mia ossessione la mia unica ragione di felicità.
In fondo, non sono meno pazzo di te.
Non posso restare oltre nel mio letto così, perseguitato
dalla tua immagine.
Mi alzo e con una candela in mano, mi avvio verso le
cucine per bere; eppure, so che il vino non mi darà la pace.
Sto attraversando l’ampio salone dell’ingresso, quando
sento il rumore di una chiave girare nel chiavistello; stai per rientrare in
casa. Sono così sorpreso che resto bloccato sulla porta.
Non sono pronto ad incontrarti ora, ma perché sei già
tornata?
Che cosa può essere accaduto, che ti ha fatto scappare a
casa prima del consueto?
Temo di incontrare i tuoi occhi e di leggervi la tua
vittoria e la mia definitiva disfatta, ma improvvisamente avverto il vago
sospetto, che vi troverò ben altro che questo. Lo capirò appena ti vedrò… ed
infatti, accade esattamente questo.
Prima ancora del tuo sguardo, sono stati i capelli in
disordine a rivelarmi la verità. Sei sconvolta, non certo a causa dei troppi
giri di danza.
Devi aver pianto, lo vedo bene.
I nostri sguardi s’incontrano e la tristezza comune,
lascia poco spazio allo stupore.
Non ti aspettavi di trovarmi alzato, probabilmente speravi
di non incontrarmi. Mi dispiace Oscar.
Immagino che Fersen abbia deluso totalmente le tue
aspettative, anche se non so in quale modo.
Cos’è successo fra voi? Cosa ti ha detto da straziarti
così?
Se lo ha fatto, come può averti respinto, quando io sono
ancora completamente soggiogato dal tuo fascino?
Ti giuro Oscar, avrei preferito che per una sera soltanto,
ti avesse resa felice.
Vorrei maledire Fersen, ma a che servirebbe?
Se almeno tutto ciò servisse a farti ritrovare un po’ di
serenità, accetterei tutto quel che il cielo mi manda.
Il sogno d’amore è finito, Oscar… come vorrei potesse
iniziarne un altro.
Un sogno che comprenda solo noi e chiuda fuori ogni altra
cosa.
Adesso vorrei poterti consolare, ti terrei stretta
accarezzandoti i capelli e tu appoggeresti il viso sulla mia spalla. Ti
cullerei fino a far cessare il pianto.
Dimmi cosa vuoi che faccia Oscar, cosa posso fare per
sollevarti dal tuo dolore.
Aspetto una tua parola, che però non arriva. I nostri
dolori non s’incontrano in questa notte di veglie.
Comprendo improvvisamente che non vuoi affrontarmi.
Vorresti andartene, senza dire nulla al tuo amico di
sempre, e mentre ti allontani non posso smettere di guardarti.
Stai troppo male, non posso lasciarti andare così; tu
conti più di tutto il dolore che puoi darmi.
Devo risollevarti per quanto mi è possibile, impedirti di
autodistruggerti, di credere a qualunque bugia possa aver elaborato su te
stessa.
Allora nascondo il mio turbamento e ritrovo la voce:
quando ti chiamo, ti blocchi di colpo, come paralizzata.
Esiti un attimo, poi ti giri un po’ rigida e mi rispondi,
fredda e composta.
“Cosa c’è André? Sono stanca e vorrei andare a dormire.”
“Ti accompagno, non puoi salire di sopra al buio e non ci
sono candele sul ballatoio; la cameriera ha dimenticato di sostituire quelle
consumate.”
Una scusa. Ti raggiungo sulla scala con la candela in
mano. Tu prosegui con me al fianco.
Posso quasi sfiorarti, ma non oso tanto.
“Hai danzato con Fersen, vero?” Trasali solo un attimo
prima di rispondermi.
“Sì, André…”
“Non è stata una bella serata. Hai l’aria sconvolta: cos’
è successo?”
“Niente. Ti prego, André…”
“Niente? Io non direi.”
Tu non sembri avere voglia di rispondere alle mie domande,
ma non ho intenzione di arrendermi davanti al tuo silenzio ostinato; se voglio,
posso essere più cocciuto di te.
“Ti prego parla con me, non tenerti tutto dentro; sono tuo
amico, voglio cercare di aiutarti.”
Abbiamo raggiunto la tua stanza, accendo le candele che
trovo all’interno. L’ambiente si illumina un poco, ti siedi sulla poltrona,
senza toglierti il mantello che ti ricopre le spalle. Sembri esausta.
“Non vedo come potresti aiutarmi, André…”
“Lasciami provare. Fersen ti ha riconosciuta, forse?”
“No, non subito almeno.”
“Cosa vuol dire?”
“Non volevo che mi riconoscesse, ma a un certo punto ha
intuito la verità; - io ascolto col
fiato sospeso - ho commesso un errore e lui ha capito
tutto.”
Non riesco a evitare di cogliere l’ironia; trattengo un
sorriso al pensiero del conte che comprende qualcosa.
“Per questa ragione sei così sconvolta?”
“Non solo per questo; ha detto che sono il suo migliore
amico. Capisci? Mi ha definita al maschile, e solo un momento prima, ballava
con me, sembrava affascinato dal mio aspetto.”
La tua voce è venata di rabbia mista a pianto.
Improvvisamente, ti alzi con un moto nervoso, ti slacci il
mantello che lasci cadere sulla poltrona dietro di te, ti avvicini a me.
Avverto l’impulso fortissimo di prenderti fra le braccia, e non riesco a
dominare me stesso. Mi guardi negli occhi in un modo strano, quasi incerto. Mi
basta per credere che forse, anche tu cerchi un abbraccio. Con un moto
subitaneo, ti afferro per la vita e ti stringo vicina al mio corpo e le mie
mani si chiudono sulla tua schiena; sento sotto le dita la seta della stoffa e
quella della tua pelle.
Il tuo respiro si è fermato; un sospiro trattenuto in gola
è l’unico segno dell’emozione che ti ha colto di sorpresa. Non muovi un
muscolo, non reagisci; non tenti di scioglierti dall’abbraccio. Anch’io resto
immobile, mentre percepisco le tue mani esitanti appoggiate contro di me.
Nessuno riesce a rompere il silenzio per lunghi minuti. Poi sono io che lo
faccio, bisbiglio sulla tua spalla una bugia.
“Scusa Oscar, non so perché l’ho fatto…”
La tua voce lieve e incerta mi chiama.
“An… Andrè…?”
Allora, forse il momento, forse il mio gesto inaspettato,
mi fai una domanda che in passato mai ti eri sognata di pormi e che non mi
aspetto, anche se capisco la confusione che l’ha generata.
“André, tu normalmente come mi vedi? Ti prego, rispondimi
sinceramente; pensi che io abbia una natura ambigua? Una natura che respinge e
può spaventare un uomo?”
Resto davvero spiazzato, tanto che non ti rispondo subito.
“Per me non sei ambigua, Oscar, ma immagino che agli occhi
di molta gente, potresti apparire tale. Io non ho mai avuto dubbi sul fatto che
sei una donna e stasera…”
Esito solo un attimo, incerto su quello che posso dirti,
ma tu mi incalzi; cerchi delle conferme, che solo io, ora posso darti.
“Stasera?”
“Stasera hai superato ogni mia aspettativa.”
“Insomma, André, stai parlando per enigmi. Voglio sapere
se agli occhi di un uomo, io posso essere una donna attraente.”
Eccola, la domanda che più temevo. Dipende tutto dalla mia
risposta.
Solo se le dico la verità, potrò aiutarla a ritrovare un
po’ di fiducia in se stessa, e forse a non far soccombere per sempre quella
parte di sé che da anni tenta di soffocare.
No, non lo posso permettere, ma cerco di non dare un peso
eccessivo alle mie parole.
“Oscar, non dovresti avere dubbi su questo.”
“Ma non in panni maschili.”
“Ti sbagli.”
“Quando sono vestita da uomo, tu normalmente, non mi
abbracci.”
“È vero, ma se vuoi essere abbracciata più spesso, non
devi fare altro che dirmelo.”
Mi nascondo dietro la mia ironia; riesco a strapparti un
sorriso, per quanto amaro. Ci riesco sempre, anche nei momenti più impensati.
Anche in un momento come questo.
“Su Fersen, non mi sbaglio. - Un sospiro pesante. - Lui
non mi vede come una donna; mi ha conosciuta come un uomo e in me non vede
altro. Ora, per favore, vattene e lasciami in pace.”
Il tuo tono è leggermente sfinito, mentre porti la mano
alla tempia, con un gesto stanco.
Forse non ti ho del tutto convinto. Vorresti congedarmi
definitivamente, tenti di allontanarti, ma ti trattengo per le spalle.
“No, non posso andarmene e lasciarti così.”
“André!”
“Cosa farai per dimenticarlo? Intendi soffocare te stessa,
negando di aver provato un sentimento comune a tutti gli esseri umani?”
“Sono stata debole. Mi passerà, vedrai. Dimenticherò
tutto.”
“Non funziona così, Oscar…”
“Che ne sai, André? - Ora sembri sorpresa. – Avanti,
rispondi.”
“Non sarà facile dimenticare; non sempre è possibile.”
“Sono decisa e ci riuscirò. Tornerò alla mia vita di
sempre Andrè, l’unica che conosco. L’amore fa soltanto soffrire, ma se tornerà
tutto come prima, allora io starò meglio di come mi sento adesso.”
“E ti negherai ogni possibilità di essere felice.”
“Al contrario; eviterò di essere infelice, nella stupida
speranza che qualcuno possa amarmi per ciò che sono.”
Neppure ti rendi conto di quello che hai appena detto.
La tua voce è venata d’amarezza, mentre ammetti per la
prima volta, di aver bisogno d’amore.
Sei davvero convinta che non ci sia amore per te? Non
posso, non devo lasciartelo credere.
Non vedi che è per amor tuo che sono qui stasera, che
tento di consolarti, di alleviare la tua pena?
Ora basterebbe dirti che ti stai sbagliando; guarda Oscar,
io sono qui, e ti amo.
Che tentazione enorme.
Per fortuna, ragiono; gridarti in faccia la verità
servirebbe solo ad aggiungere altro dolore a quello che già stai provando.
Non posso essere così diretto, ma devo essere sincero,
perché tu capisca.
“Se Fersen non ti vede come donna, è solo perché non ha
capito chi sei. Al di là del fatto che ama la regina, si è fermato solo alla
superficie, ma tu sei molto più di un bel vestito e un viso imbellettato. È
proprio la tua personalità, che ti rende affascinante agli occhi di chiunque.”
Lascio scorrere le mani, lungo le tue braccia nude.
Non c’è mai stato un tale contatto tra noi, ne siamo
turbati entrambi; è la prima volta che ti accarezzo così, mentre i nostri
sguardi si scrutano. La sensazione è quasi sconvolgente, non so come riesco a
mascherare la mia eccitazione. Tu resti ferma di fronte a me, apparentemente
non manifesti alcuna emozione, eppure mi pare di cogliere un fremito nei tuoi
occhi, mentre ascolti le mie parole.
“Tu sei una donna fuori dal comune Oscar, sei speciale
proprio per questo; lo sei al di là del vestito che indossi. Sei donna in tutto
e per tutto. Credo che stasera, tutti lo abbiano notato, anche se nessuno
sapeva chi eri in realtà.”
“È un modo un po’ contorto di dirmi che sono bella,
André?”
Il tono che hai usato era leggermente ironico, ma io non
uso l’ironia per risponderti.
“Tu sei bellissima, anche quando indossi la tua uniforme e
io non ho mai dubitato di questo. Stasera, quando ti ho vista scendere dalle
scale… eri meravigliosa, ma sono sicuro che un uomo davvero innamorato,
saprebbe amarti per quella che sei.”
Non potrei aggiungere un’altra parola, senza farmi tradire
dall’emozione.
Anche tu sei rimasta in silenzio a fissarmi; le mie parole
forse ti hanno colpito.
Forse ti stai chiedendo quale sia il loro reale
significato.
Sono io quell’uomo, Oscar.
Ma questo è un segreto che non posso confessarti.
Non ho timore di scoprire me stesso; un’altra donna forse
capirebbe che sto parlando da innamorato, ma tu non oseresti neppure pensarlo.
Poi abbassi lo sguardo.
“Ho capito cosa vuoi dire André, ti ringrazio: sei davvero
un amico. Ora però andiamo a dormire.”
No, non hai davvero capito.
O forse, fingi soltanto, chissà.
Sfioro ancora le tue braccia un’ultima volta, mentre
soffoco un sospiro e mi allontano definitivamente.
Ti dò la buonanotte, prima di richiudere la tua porta alle
mie spalle.
**********
Stamani hai deciso di non andare a Versailles.
Hai detto che non ne hai voglia.
In circostanze normali, non asseconderesti mai la tua
pigrizia: una scusa qualsiasi andrà bene per giustificare la tua assenza. Ma
non è pigrizia.
Questa mattina hai indugiato troppo a lungo nella tua
stanza, sembrava quasi non volessi uscirne, come un animale che non vuole
lasciare la tana.
Chissà se stanotte hai rimuginato sul nostro colloquio.
Apparentemente sembri tranquilla, ma so che non è così.
Me ne accorgo anche adesso, durante il nostro consueto allenamento
di scherma: non sei concentrata al massimo e te lo faccio notare. Allora,
riprendi con maggior decisione: mi assali, scatti in avanti e la lama della tua
spada passa a pochi centimetri dalla mia pelle.
Sembri arrabbiata mentre duelliamo; faccio quasi fatica a
contrastare i tuoi affondi, tanta è la foga che ci metti.
Non sono io il nemico Oscar.
Non è con me che stai duellando, ma con Fersen.
È a lui che vorresti fare del male? Perché?
Lo odi adesso, perché non ha saputo capire, quello che
avevi nel cuore? Ti ha deluso?
Io dovrei disprezzarti, perché non vedi il mio amore per
te?
Non è una buona ragione, Oscar.
Io ti amo, nonostante tutto, nonostante la tua cecità.
Il mio amore per te è perfetto, o lo sarebbe se non ci
fosse questa lotta silenziosa col desiderio che brucia le vene, ma forse il tuo
per lui, non lo è.
Forse amavi un’idea che ti eri fatta di lui, ma ieri hai
scoperto quanto fosse irreale.
Basta per farmi sperare, per farmi credere, che in fondo,
forse non lo ami davvero come credi.
Nonostante questo, non sono disposto a fare le sue veci
per nulla al mondo.
Nemmeno per te, che nell’impeto di un assalto, mi ferisci
una mano e solo allora ti blocchi.
La misura è colma, non riesco più a tacere e far finta di
nulla.
“Ma che ti prende? Se la serata di ieri si è conclusa
male, non puoi prendertela con me!”
Capisco di aver osato troppo; mi aspetto la tua reazione
rabbiosa, che arriva puntuale.
“Non ti permettere di giudicarmi, Andrè! Non mi piacciono
le tue allusioni!”
“Non ti sto giudicando e non sto alludendo a nulla. Devi
calmarti Oscar, la tua rabbia non ti porterà da nessuna parte, solo a stare
peggio.”
“Rabbia? Quale rabbia! Stiamo solo duellando, mi pare.”
“Di solito, per quanto tu sia minacciosa, non mi ferisci
in duello.”
“Quante storie! È solo un graffio!”
“Scusa, ma non ho voglia di fare da bersaglio.” Esclamo,
allargando le braccia teatralmente.
Capisco che è inutile proseguire nella discussione e sto
per andarmene; meglio lasciarti sola a sbollire l’irritazione. Ma non faccio
che pochi passi.
“Aspetta, André…”
A questo punto, mi guardi più sorpresa che arrabbiata.
Sembri più calma. Ti avvicini per controllare la mia mano ferita, che prendi
tra le tue.
Basta questo tuo gesto a dissolvere il mio risentimento.
“Scusami, ho esagerato. Non volevo aggredirti così. Ho
rischiato di farti male davvero. Ti prego scusami, non so che mi è preso.”
Una nota d’ansia nella tua voce.
“Calmati Oscar, non è nulla, mi hai preso solo di
striscio.”
Ti rassicuro e sembri per un attimo più serena. Ma subito
dopo riveli tutto il tuo imbarazzo.
“Vorrei poter cancellare quello che è successo ieri sera;
mi sento così stupida, André.”
“Non c’è nulla di stupido nel voler ascoltare il proprio
cuore; tu hai fatto solo questo, Oscar.”
“Sarà meglio medicare subito la mano. André, per favore:
non voglio parlare di ieri sera, non accennare mai più alla cosa. Voglio solo
dimenticare tutto.”
Mi guardi ancora negli occhi come se cercassi
comprensione.
Non avere dubbi, la troverai sempre, Oscar. Solo così
posso aiutarti a far guarire la ferita.
Senza aggiungere altro, rientri in casa, lasciandomi solo
nel parco della tua dimora, con l’unica consolazione di averti regalato un po’
di sollievo.
*******
Questa mattina mi sono svegliata con la sensazione
consolante che la mia vita sia quella di sempre.
Il ricordo di ieri sera potrebbe essere quello che resta
di un sogno fumoso composto da vaghe immagini nella mia testa: una sala gremita
di gente, occhi, i suoi, che mi scrutano, il contatto delle sue mani col mio
corpo. Per un attimo mi domando se ho vissuto tutto questo, ma basta la veste
di seta ricamata, abbandonata sulla poltrona di fronte al mio letto, a
riportarmi impietosamente alla realtà.
È successo davvero.
Non andrò a Versailles, almeno per qualche giorno.
Sarò vigliacca, ma non posso rischiare di incontrare
Fersen, ora. Non saprei neppure come affrontarlo.
Sento che questo dolore si sta trasformando in rabbia.
Verso Fersen, o me stessa?
Ai suoi occhi freddi, si sovrappone uno sguardo verde
quasi sconosciuto.
Andrè.
Le tue parole di ieri sera; non mi avevi mai parlato così.
Da dove ti sono venute? Dal cuore, certo.
Mi hai sorpreso, ma non posso negare di aver provato uno
strano, piacevole turbamento, mentre ti ascoltavo. Non è strano che sia proprio
tu a farmi sentire così?
Forse dipende proprio da questo, dal fatto che sei tu:
l’amico che mi conosce da sempre.
Quando sono ferita, sai sempre cosa fare e cosa dire.
Vorrei che fosse tutto uguale a sempre, ma non è così.
Sono venuta a cercarti, perché ho voglia di misurarmi con
te; sono svogliata, nervosa, non riesco a nascondere la mia ansia e te ne
accorgi. Allora, per nascondere il mio malessere, mi butto nell’allenamento,
con accanimento ed energia eccessivi. Ma senza attenzione.
Penso a tutto tranne a quello che sto facendo.
Penso a ieri sera, al significato delle tue parole, così
diverse e insolite; le paragono a quelle che mi ha detto il conte. E qualcosa
non mi torna; io sono un amico per Fersen, ma sono anche amica tua.
Allora perché tu hai capito e lui no? Che cosa vedi, che
lui non vede?
La mia irritazione aumenta.
Tu ne fai le spese.
Mentre combatto con te, André, io immagino che al tuo
posto ci sia Fersen.
Fersen, a cui adesso vorrei far del male, come se avesse
qualche colpa.
Un pensiero falso, perché non si può avere del
risentimento verso chi non ricambia i
nostri sentimenti.
Dopo l’ennesimo affondo, mi blocco quasi spaventata,
perché ti ho ferito senza volerlo.
La tua naturale reazione di rabbia è giustificata: hai
ragione André, non posso prendermela con te e usarti come bersaglio per la mia
frustrazione. La verità è che ce l’ho con me stessa e con la mia debolezza, che
mi ha fatto trovare disarmata e vulnerabile, io che credevo di avere una tempra
più dura.
Anche il nostro piccolo alterco l’ho provocato io.
Ma non era quello che volevo, non volevo litigare.
È stato ciò che hai detto, che mi ha irritato, come se tu
avessi toccato un nervo scoperto.
Io mi sento patetica, nonostante le tue belle parole.
La verità è che tu mi capisci meglio di chiunque, mi leggi
come un libro aperto e ieri notte me lo hai dimostrato, per l’ennesima volta.
Sei l’unico, che davvero riesce a farlo.
Non dovrebbe, eppure, mi sorprende sempre questa tua
capacità.
Mi spaventa anche un po’, perché più di altri potresti
ferirmi; non lo hai mai fatto.
È più facile, che sia accaduto il contrario tra noi.
Come ora.
Davvero, tu sei l’unica persona, che non vorrei mai
ferire. In nessun modo.
Perdonami, André.
Soprattutto per il male che nascondi: l’ho percepito nel
tuo abbraccio di poche ore fa.
So che a volte, non lo merito il tuo perdono, ma tu me lo
concedi sempre, qualunque cosa faccia.
Ti sono grata, per essere sempre stato l’unico punto fermo
della mia vita.
Ti ringrazio anche per la tua onestà, io l’apprezzo
sempre, anche se a volte è un po’ dura.
Anche ora, nonostante tutto, solo nei tuoi occhi io
ritrovo un po’ di pace.
Dimenticherò questi attimi di debolezza che ho avuto,
soffocherò questi sentimenti, nati non so come, né quando, e tornerò quella di
prima.
Ma tu, André, non cambiare mai,
resta l’amico che sei, ti prego…
Potrei essermi sbagliata… ma nello sguardo strano che mi
hai rivolto ieri notte… ho colto un lampo, che mi ha trafitto l’anima.
Nelle tue parole, sincere e sicure, forse troppo intense
per essere di un amico…
ho avuto paura di leggere altro…
e io altro non posso darti, André.
Continua…