Anime & Manga > Lady Oscar
Ricorda la storia  |       
Autore: Ninfea Blu    30/10/2008    14 recensioni
Oscar torna a casa dopo aver ballato con Fersen. Mille pensieri e mille domande l'assillano, la delusione la opprime. André insonne, l'accoglie al suo rientro e qualcosa succede...
Questo racconto ha richiesto una lunga gestazione e molti ripensamenti.
Ringrazio chi mi ha suggerito come migliorarlo.
ATTENZIONE: RACCONTO REVISIONATO NEL 2012
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
dopo il ballo

DOPO IL BALLO

( Tornando verso casa )

 

22/05/2011

 

Questo è un vecchio racconto con cui ho un rapporto un po’ travagliato, forse perché è il primo che ha visto la luce, quindi mi sono sempre sentita incerta sul suo risultato. Così ho deciso di riprenderlo e modificarlo e lo propongo ora, nella sua nuova veste. È stato limato qua e là, tagliato e smussato agli angoli e ampliato in alcune parti. Da qualcuno è già stato letto; qualcun altro lo leggerà, forse, per la prima volta.

Per tutti, spero risulti una buona lettura.

 

*****

 

Il ballo è finito.

 

Alle mie spalle, le ampie vetrate si aprono come grandi occhi luminosi contro la sagoma scura della reggia.

Non guardo indietro a ciò che ho lasciato dentro quel salone.

Da qui, non sento più suono di violini, solo leggero sibilo di vento che vibra nell’oscurità che ricopre tutto.

Come sembra fredda questa serata.

 

Sul bordo di questa fontana di Versailles si sciolgono in lacrime tutti i sogni e le speranze che avevo iniziato a nutrire col tuo ritorno dall’America.

Il vento m’investe, lo sento scivolarmi addosso come una carezza gelida e invisibile; fantasma dispettoso, gonfia le pieghe dell’ampia gonna fluttuante e sciupa la mia acconciatura complicata, frutto del lavoro paziente della mia governante, che era più eccitata di me all’idea di vedermi per la prima volta vestita da donna.

Quanto mi è costato osare tanto, quanti dubbi mi hanno assalita, nessuno lo sa.

Ho dovuto fare appello a tutto il mio coraggio per vincere il mio timore. Avrei avuto meno paura se avessi dovuto affrontare in un duello all’ultimo sangue, un nemico temibile con la spada.

Eppure, dopo tutti i tentennamenti, le incertezze, i rimorsi, sono riuscita a piegare il mio smisurato orgoglio a quella parte di me ingovernabile, che aspettava soltanto il momento buono per liberarsi.

 

Pazza.

 

Sono stata una pazza, a pensare di poter cambiare la mia vita.

L’amore è un privilegio per pochi e il mio destino mi fu imposto per scopi diversi, evidentemente.

Lottare e combattere; altro non so fare, nient’altro ci si aspetta da me.

Questa dama misteriosa è nata ed è morta stanotte.

Ora mi sento come se non fossi mai esistita. Forse, vorrei non esistere.

Domani tornerò ad essere l'ufficiale che sono, che sarò sempre; tornerà tutto come prima, mentre il dolore che sento ora, diventerà solo un ricordo amaro da seppellire sotto la divisa.

 

Piango e mi sento stupida.

 

Stupida stupida stupida.

 

Dovrei smettere, e non ci riesco.

 

Allora, decido che non lo voglio nemmeno.

 

Tanto vale lasciarsi annegare in queste lacrime che domani si seccheranno dietro i miei occhi.

 

Mi permetto di piangere finché nessuno mi vede.

 

Piango lungo questa strada buia che dalla reggia torna verso il mio freddo palazzo.

Piango su questa carrozza anonima, cui ho fatto togliere lo stemma del mio casato, perché nessuno potesse riconoscermi.

Il vento continua a ululare inquieto come il mio spirito che si agita avvilito.

Tutto mi dà fastidio ora; questo corsetto è una gabbia che mi stritola il cuore e non mi fa respirare, gli orecchini troppo pesanti e questo diadema che m’incorona quasi fossi una regina, sono gioielli vani che mi strappo dal corpo con furia.

 

Non sono una regina.

Non sono la sua regina, quella che lui ama.

E ora più che mai, dubito di essere una donna.

 

Mi sento ridicola adesso.  È stato tutto inutile e umiliante. Cosa speravo di ottenere?

Ho cercato di essere diversa da ciò che sono: una donna allevata come un uomo, che non ha mai pensato di doversi comportare come una donna, che non ha mai vissuto come una donna. Che forse, non ha mai voluto esserlo davvero.

 

Ho voluto recitare una parte che non è mia e l’ho fatto per te, Fersen.

Parole come femminilità, sensualità, per me sono sempre state oscure, senza significato.

Non mi sono mai sentita così.

Non mi ero mai posta il problema di come potevo apparire agli occhi degli uomini, di cosa potessi suscitare in loro. Poi, un maledetto giorno, nella mia vita arrivi tu, con i tuoi occhi grigi troppo freddi che si accendono di passione impossibile e gioia dolorosa per una giovane donna destinata a sostenere il peso di una corona e l’infelicità che ne deriva. 

Solo allora, mi sono ricordata di essere una donna e ho cominciato a chiedermi cosa volesse dire.

Cosa si prova a essere desiderata da un uomo? Cosa si sente nel corpo? Crampi allo stomaco?

Cos’è quel brivido di paura mista a eccitazione che corre sulla pelle quando gli sguardi s’incontrano? Che felicità ci può essere in un amore impossibile, che fa soffrire, eppure tanto forte da indurre a correre rischi tremendi per viverlo?

 

Scandalo, vergogna, derisione.

Forse è il desiderio proibito di ciò che non potremmo avere.

Una folle incoscienza dell’anima.

 

Ho lottato contro le mie emozioni, disperatamente.

E alla fine, ho voluto sfidare la sorte.

Ho voluto essere femminile, per te Fersen.

Volevo affascinarti, e per una sera soltanto, essere guardata come una donna.

Volevo l’orgoglio sconosciuto di essere femmina.

Per una volta almeno, volevo smettere di disprezzare questo corpo e la mia natura ambigua.

E questa sera ci sono riuscita; non soltanto tu, ma molti altri uomini in quella sala, mi hanno guardata con rapita ammirazione, forse con desiderio. 

Mi sentivo una farfalla uscita dal bozzolo.

 

Nessuno di loro ha capito chi ero.

In realtà, nessuno doveva capire.

Neppure tu.

 

Ero decisa a mantenere l’ incognito.

Donna per una sera, e poi sarei scivolata nel buio della notte e lì, sarei scomparsa, lasciando di me null’altro che un’ immagine onirica.

Nemmeno tu, all’inizio mi hai riconosciuta: per un po’ mi sono sentita sicura, il mio travestimento era impeccabile. Sono certa che sei rimasto affascinato dalla misteriosa contessa straniera, ma come potevi pensare che fossi io, se l’idea che ti eri fatto di me era assolutamente diversa?

È bastata la verità riflessa in poche parole, a far cadere la maschera di fronte a te.

Non c’erano più panni maschili, né femminili; era come essere nuda.

 

Indifesa.

 

Vergogna. Cocente umiliazione.

 

Perché Dio mi ha fatto nascere donna?

Questo ti chiedevi qualche settimana fa. Chissà se ora ti sei risposto.

Non saprai mai, quanto tu mi abbia ferito con quella frase, detta con tanta leggerezza; non ti sei accorto di quanto sia stata indelicata. Con una punta d’orgoglio ferito, ho nascosto la mia delusione dietro un sorriso rassegnato. In quelle tue parole vi era celato un pensiero quasi blasfemo.

Un’idea perversa. 

È così che tu mi vedi? Come uno sbaglio di natura? Dio ha sbagliato con me?

Forse il Padre Celeste non ha finito la sua opera, oppure è stato quello terreno che non ha saputo plasmare la mia anima? Dunque, perché sono nata donna? Hai un’idea Fersen, delle volte che me lo sono chiesta anch’io?

Forse non c’è una risposta, per quanto io la cerchi.

 

Solo per un breve attimo ho voluto cullarmi nell’illusione che potessi essere tu.

 

Non lo so perché sono nata donna, né perché mi è stata data questa vita.

 

O forse lo so.

 

Per soffrire, come adesso.

 

Se fossi stata davvero un uomo, quante sofferenze avrei evitato. 

O forse, no?

 

Sono il tuo migliore amico.

Con tutto quello che può implicare questa parola: la stima, la lealtà, il rispetto, la fiducia. 

Ma a me tutto questo non basta, per questo devo rinunciare a tutto.

Solo la verità più semplice sa essere così spietata.

Tu non puoi amarmi e io non posso essere tua amica.

 

Tu non mi hai mai visto come una donna.

In me non vedi niente, di quello che è così manifesto nelle altre donne.

Nessuna caratteristica fisica o morale. Nessun istinto femminile.

Che bizzarria che devo apparire ai tuoi occhi.

Ora posso rinunciare a te, liberarmi della mia ossessione. Posso smettere d’amare senza speranza.

 

Fin dall’inizio, anni fa, quella prima volta a Parigi, hai creduto che fossi un uomo.

Anche dopo aver scoperto la mia vera identità, hai continuato a pensare che lo fossi comunque nel profondo di me stessa.

Per questo stasera, sei rimasto così sorpreso, quando improvvisamente hai capito chi avevi davanti.  Ho fatto crollare tutte le tue certezze.

Hai detto, “Non posso crederci… non è possibile…”.

Perché non dovrebbe essere possibile, Fersen?

Perché?

Cosa c’è d’impossibile? Non è possibile, che io possa amare un uomo?

Un uomo come te?

Dentro questo corpo celato da panni maschili, non batte forse un cuore di donna?

Vesto, vivo e qualche volta penso come un uomo, ma amo e posso amare solo come una donna.

 

Tanto tempo fa, anche colei che ami, dubitò che io potessi comprendere il cuore di una donna.

E allora, chi può capire il mio cuore? Chi può conoscerlo?

Non hai capito che posso amare anch’io, Fersen?

Che posso innamorarmi e desiderare di essere amata come qualsiasi essere umano?

Uomo o donna, cosa importa?

Sono così ambigua da apparire ai tuoi occhi indecifrabile?

 

C’era già stata una serata triste, ma non come questa, sette anni fa.

Anche allora, tornavo a casa per questa identica strada con la voglia di piangere, ma trattenevo le lacrime.

Anche allora avevo danzato, avevo preso il tuo posto tra le braccia della donna che amavi.

Per sette anni, ho sognato di essere al posto di lei.

Per sette anni ho sperato in silenzio che tu tornassi vivo.

Stasera il risveglio è stato brusco e doloroso, più di allora, quando sempre lungo l’argine di questo fiume, mi aspettasti per dirmi che dovevi andartene.

 

Ironico.

 

C’è sempre qualcuno che fugge, e stasera sono io.

Probabilmente è una vita che lo faccio.

 

Sono quasi arrivata a Palazzo Jarjayes, sto per varcare il cancello, c’è una luce accesa al piano inferiore. 

 

Le stanze della servitù.

 

Sei tu, André?  Sei sveglio ad aspettare il mio ritorno, amico mio?

 

Ecco.

 

Lui può capire chi sono realmente; lui ha sempre capito, anche se io tentavo di nascondermi.

Stasera, quando Andrè mi ha visto scendere dalle scale, ho colto nei suoi occhi una luce strana, diversa; non l’avevo mai notata prima.

E mentre il suo sguardo insistente mi accompagnava, ho provato una sensazione sconosciuta fino a quel momento; mi sono sentita bella.

M’ è parso quanto mai strano, avvertire questo compiacimento davanti a lui.

Eppure era così che mi sentivo. Concupiscente.

Mi sentivo bella, riflessa totalmente nei suoi occhi. Due calamite posate su di me.

E non era solo questo. 

 

André mi ha guardato come non ha mai fatto, in tanti anni che ci conosciamo.

In passato, non l’ho mai visto restare tanto affascinato da una donna.

Stasera, quella donna ero io.

Mi aspettavo qualche commento ironico da parte sua, invece mi ha restituito solo un silenzio denso di quello che avrebbe voluto dire.

Parole trattenute, come un soffio imprigionato sulle labbra.

Il suo sguardo troppo acceso mi dava il brivido di una carezza conturbante che scende lenta lungo la pelle della schiena.

E qualcosa mi scivolava dentro l’anima e non sapevo cosa fosse.

Lui che è sempre così composto, pacato, difficile da sorprendere, sembrava abbagliato dalla farfalla uscita dal bozzolo.

Può bastare davvero un vestito e un po’ di trucco a sconvolgere i sensi di un uomo?

 

Con Fersen non è servito.

Non quanto avrei voluto.

Ma la cosa assurda è che il turbamento provato di fronte ad André, con Fersen non l’ho sentito.

Nessun brivido a scaldarmi l’anima, mentre danzavo con l’uomo che ha occupato gran parte dei miei sogni per anni.

Il conte mi ha guardato con ammirazione, con stupore genuino, alla fine, ma nello sguardo del mio amico c’era dell’altro, qualcosa che non avrebbe dovuto esserci.

Possibile che io mi stia sbagliando?

 

Sì, probabilmente mi sto sbagliando; André era soltanto molto sorpreso, tutto qui.

Anche ora, cerco di convincermi di questo, ma se ripenso al suo sguardo, le mie certezze vacillano.

All’improvviso vorrei sapere come mi vede veramente. Vede prima la donna o il soldato?

André ha sempre ironizzato sulla mia pretesa di essere un uomo.

Forse stasera, ho confermato la sua opinione.

 

Spero di non incontrarti André, stanotte non voglio farti leggere la mia anima.

 

Tutto inutile; appena varco la soglia di casa, mi appari da una porta laterale con una candela in mano.

Perché vaghi per casa di notte e non dormi? Sembri irrequieto, non eri tenuto ad aspettarmi.

Ti preoccupi sempre troppo per me, oppure c’è qualche altra ragione?

Anche tu sei sconvolto dalla follia che ho voluto osare questa sera?

Sei sorpreso; non mi aspettavi così presto? La serata non è finita come avrei voluto, André.

Ma cosa avrei voluto, in realtà? Potresti rispondermi, tu che pretendi di sapere sempre tutto ciò che mi passa per la testa?

Volevo rubare Fersen alla regina? Davvero?

 

Mi sento molto confusa adesso.

 

Mi chiedo cosa pensi in questo momento, ma ho timore di scoprirlo davvero.

Per fortuna non fai domande cui ora non vorrei rispondere. Adesso non ho il coraggio di tradurre in parole i miei pensieri.

Neppure tu parli, ma il tuo sguardo è lo stesso di poche ore fa, quando ci siamo incontrati sulla scala di questo palazzo.

È solo un po’ più triste, perché ora leggi nei miei occhi la delusione e l’amarezza che prima non c’erano.

Indugiamo ancora pochi attimi; forse, ora vorresti dirmi qualcosa, ma io voglio evitare qualsiasi confronto e senza dir nulla, mi avvio verso la mia stanza.

È quasi completamente buio, c’è solo la luce della tua candela e io sono insicura sulle mie scarpette da ballo. Non ti chiederò aiuto.

Devo solo raggiungere il piccolo mobile col candeliere posto sul ballatoio al termine della rampa. Nel silenzio, sento solo il fruscio della mia gonna di seta.

Ho paura di inciampare e mentre salgo le scale, continuo a sentire il tuo sguardo posato su di me. L’ansia mi assale in maniera inspiegabile.

Ho il sospetto che non dormirò questa notte e spero che non tenterai di parlarmi, ma il mio desiderio s’infrange al suono della tua voce, che pronuncia il mio nome. L’effetto è tale che mi blocco a metà scala.

 

“ Oscar, aspetta…”

 

 

 

****

 

 

Non volevo credere a mia nonna, quando mi ha detto che saresti andata ad un ballo di corte, vestita da donna.

Devi essere pazza Oscar, tanto pazza da osare l’impensabile.

Per amore di Fersen.

 

Conosco anch’io la follia che ti ha preso.

Celo questo mio sentimento in fondo al cuore, per non causare a te una sofferenza certa.

L’ unico modo in cui posso amarti, è proteggerti da tutto quello che potrebbe ferirti, e il mio amore è una di queste cose.

Ma il dolore è venuto a cercarti ugualmente, e ha preso forma nel tuo cuore, in un amore che non può essere ricambiato.

Ho sperato non accadesse mai, ma la mia pena ha contagiato anche te.

Troppo simili i nostri dolori perché possano riconoscersi.

 

Com’eri bella stasera, amore mio.

Ed eri così per lui, che non ti capisce, non ti conosce, non sospetta nulla.

Non immagina che lo hai atteso con angoscia, tutti questi anni. Un’angoscia pari alla mia, che per te si è trasformata in sollievo e gioia.

Per me è rimasta invariata; io convivo da sempre con la paura di perderti, mentre ora ho perso anche l’ultima vaga speranza, che iniziava a germogliare.

La speranza che tu riesca ad accorgerti di me.

 

Vivo le tue stesse illusioni.

 

Non sarei mai riuscito a immaginarti così, per quanto io sia fortemente consapevole della tua bellezza.

Che eri bella lo sapevo.

Oh, me ne sono sempre accorto.

 

Ma stasera…

Un sospiro pesante sostituisce le parole che non riesco a pronunciare.

 

Ho avvertito il fremito violento del mio cuore appena ti ho vista.

Mi hai fatto quasi paura. Paura che tu possa riuscire nel tuo intento.

Quale uomo sano di mente potrebbe resisterti?

Non sono riuscito a dirti niente; quando i nostri occhi si sono incrociati, la voce è morta in gola.

Eri superba, meravigliosa e femminile: una vera provocazione per i sensi.

Mi sentivo attratto irresistibilmente.

 

Maledizione!

 

Avrei desiderato afferrarti e stingerti tra le mie braccia, impedirti di andare via.

La mia mente gridava, non andare! Non correre da lui!

 

Questo ho pensato stasera, appena sei apparsa come una visione fantastica su quelle scale, ma ho dovuto trattenere dall’andare oltre i miei pensieri, altrimenti mi sarei tradito. Già il mio sguardo deve aver rivelato più di quello che è lecito. Tu stessa, ti sei accorta forse per la prima volta del mio turbamento. Non riuscivo a parlare e avrei dovuto, anche solo per allentare la tensione che c’era fra noi in quel momento.

Ti ho lasciato andare e morivo dalla voglia di seguirti.

Eri in ansia; forse una mia parola ti avrebbe dato maggior coraggio.

Nonostante tutto, so quanto ti è costato questo gesto; hai dovuto piegare il tuo orgoglio alle ragioni del cuore.

 

Perché in fondo, questa donna che ammalia non sei tu.

 

Credi che per essere amata, tu debba essere altro da te stessa, ma non è vero, Oscar.

Se riuscissi a capirlo, smetteresti di soffrire.

Forse, non mi ameresti comunque, ma saresti libera e sarei libero anch’io.

 

Posso immaginare lo scompiglio che creerà il tuo ingresso in sala questa sera; sguardi curiosi e sbigottiti saranno puntati su di te, mentre incedi elegante tra la folla di dame e gentiluomini. Tutti si chiederanno chi sei.

La domanda passerà di bocca in bocca, azzarderanno congetture, ma nessuno di loro potrebbe sospettare la verità. Nessuno saprebbe immaginarti così.

Quanti di loro s’innamoreranno di te a prima vista? Magari quegli stessi sciocchi, che non ti notano quando sei in uniforme.

Quanti vorranno provare l’emozione di una nuova e conturbante conquista?

 

Fersen non potrà restare indifferente di fronte a tanta grazia.

Mi chiedo se lui potrà riconoscerti. Forse solo lui potrebbe davvero indovinare, chi si nasconde dietro la bella dama misteriosa.

Adesso lo odio quasi, e lo invidio, perché potrà fare ciò che io mi permetto solo di sognare da una vita.

Ti terrà tra le braccia, stringendoti a sé nel giro di un minuetto e tu in quell’attimo, sarai felice e paga di quel contatto.

Potrà sfiorare la tua pelle, potrà ammirare compiaciuto le tue splendide forme di donna. 

Cosa ti dirà? Tenterà di fare quello che fa con tutte, tenterà di corteggiarti?

Proverà a sedurti col suo fascino? Poche frasi banali dette da lui, potrebbero davvero farti cedere? Tu che schernivi le tue sorelle per i medesimi turbamenti? Ti prego Oscar, non cedergli, non arrenderti a lui, non credere a quello che ti dirà.

È un’illusione, lui non è perfetto, è un uomo come gli altri, che avrà di fronte a sé una donna bellissima.

Sarà mosso solo dall’orgoglio maschile, e tu sarai per lui una splendida tentazione.

 

Solo immaginarvi insieme mi fa diventare pazzo; mi rigiro nel mio letto, non posso dormire.

Perché devo star male così? Perché dovevo vederti così?

Perché mi torturi, Oscar?

Ma tu non lo sai.

Davvero non lo sai, Oscar? Davvero non ti accorgi di nulla?

Quanto ancora potrò nascondere i miei sentimenti per te, dopo stasera?

Ho paura Oscar, di quello che potrebbe succedere, di come tu potresti reagire, se dovessi scoprire la verità.

Soprattutto ho paura di me stesso.

Sei consapevole di quanto tu sia bella e desiderabile stasera?

Lo sai davvero dove vuoi arrivare? Hai pensato alla regina? Sei pronta a rinunciare a tutto per lui? Alla tua vita, così come l’hai sempre vissuta?

Ti sei fermata a riflettere un attimo su questo?

 

Sei così per lui, che non lo merita.

Non lo merita il tuo amore Oscar, perché non ha mai fatto nulla per te, non ha mai sofferto per te, non ti è vissuto accanto tutti questi anni, come invece ho fatto io, condividendo tutto, ogni gioia e dolore, risata o pianto che fosse. Lui non saprebbe fare tutto questo per te.

 

Che cos’ha lui più di me? Un titolo, una posizione, ricchezza? Sì certo.

Un cuore nobile, generoso, pronto al sacrificio? Sentimenti lodevoli e apprezzabili.

Il mio cuore non è diverso dal suo e contiene in sé un sentimento ancora più grande e sofferto.

 

Vorrei smettere.

Dio! Come vorrei smettere.

Vorrei poter spegnere i nostri dolori, ma non so come fare.

Forse è impossibile.

 

Il cuore fa ciò che vuole, e la nostra volontà non è abbastanza forte per resistergli.

Perché mi ostino a nutrire questo amore che mi porta solo pena? Perché non riesco a rinunciare? Che cosa spero ancora?

Scavo in me stesso e non trovo ragioni valide, a parte il fatto che a volte mi sento prigioniero di questo legame radicato talmente in profondità, che non riesco più a liberarmi. E per assurdo, sta proprio nella mia ossessione la mia unica ragione di felicità.

 

In fondo, non sono meno pazzo di te.

 

Non posso restare oltre nel mio letto così, perseguitato dalla tua immagine.

 

Mi alzo e con una candela in mano, mi avvio verso le cucine per bere; eppure, so che il vino non mi darà la pace.

Sto attraversando l’ampio salone dell’ingresso, quando sento il rumore di una chiave girare nel chiavistello; stai per rientrare in casa. Sono così sorpreso che resto bloccato sulla porta.

Non sono pronto ad incontrarti ora, ma perché sei già tornata?

Che cosa può essere accaduto, che ti ha fatto scappare a casa prima del consueto?

Temo di incontrare i tuoi occhi e di leggervi la tua vittoria e la mia definitiva disfatta, ma improvvisamente avverto il vago sospetto, che vi troverò ben altro che questo. Lo capirò appena ti vedrò… ed infatti, accade esattamente questo.

 

Prima ancora del tuo sguardo, sono stati i capelli in disordine a rivelarmi la verità. Sei sconvolta, non certo a causa dei troppi giri di danza.

Devi aver pianto, lo vedo bene.

I nostri sguardi s’incontrano e la tristezza comune, lascia poco spazio allo stupore.

Non ti aspettavi di trovarmi alzato, probabilmente speravi di non incontrarmi. Mi dispiace Oscar.

Immagino che Fersen abbia deluso totalmente le tue aspettative, anche se non so in quale modo.

Cos’è successo fra voi? Cosa ti ha detto da straziarti così?

Se lo ha fatto, come può averti respinto, quando io sono ancora completamente soggiogato dal tuo fascino?

Ti giuro Oscar, avrei preferito che per una sera soltanto, ti avesse resa felice.

Vorrei maledire Fersen, ma a che servirebbe?

Se almeno tutto ciò servisse a farti ritrovare un po’ di serenità, accetterei tutto quel che il cielo mi manda.

Il sogno d’amore è finito, Oscar… come vorrei potesse iniziarne un altro.

 

Un sogno che comprenda solo noi e chiuda fuori ogni altra cosa.

 

Adesso vorrei poterti consolare, ti terrei stretta accarezzandoti i capelli e tu appoggeresti il viso sulla mia spalla. Ti cullerei fino a far cessare il pianto.

Dimmi cosa vuoi che faccia Oscar, cosa posso fare per sollevarti dal tuo dolore.

Aspetto una tua parola, che però non arriva. I nostri dolori non s’incontrano in questa notte di veglie.

Comprendo improvvisamente che non vuoi affrontarmi.

Vorresti andartene, senza dire nulla al tuo amico di sempre, e mentre ti allontani non posso smettere di guardarti.

Stai troppo male, non posso lasciarti andare così; tu conti più di tutto il dolore che puoi darmi.

Devo risollevarti per quanto mi è possibile, impedirti di autodistruggerti, di credere a qualunque bugia possa aver elaborato su te stessa.

Allora nascondo il mio turbamento e ritrovo la voce: quando ti chiamo, ti blocchi di colpo, come paralizzata.

Esiti un attimo, poi ti giri un po’ rigida e mi rispondi, fredda e composta.

 

 

“Cosa c’è André? Sono stanca e vorrei andare a dormire.”

“Ti accompagno, non puoi salire di sopra al buio e non ci sono candele sul ballatoio; la cameriera ha dimenticato di sostituire quelle consumate.”

Una scusa. Ti raggiungo sulla scala con la candela in mano. Tu prosegui con me al fianco.

Posso quasi sfiorarti, ma non oso tanto.

“Hai danzato con Fersen, vero?” Trasali solo un attimo prima di rispondermi.

“Sì, André…”

“Non è stata una bella serata. Hai l’aria sconvolta: cos’ è successo?”

“Niente. Ti prego, André…”

“Niente? Io non direi.”

Tu non sembri avere voglia di rispondere alle mie domande, ma non ho intenzione di arrendermi davanti al tuo silenzio ostinato; se voglio, posso essere più cocciuto di te.

“Ti prego parla con me, non tenerti tutto dentro; sono tuo amico, voglio cercare di aiutarti.”

Abbiamo raggiunto la tua stanza, accendo le candele che trovo all’interno. L’ambiente si illumina un poco, ti siedi sulla poltrona, senza toglierti il mantello che ti ricopre le spalle. Sembri esausta.

“Non vedo come potresti aiutarmi, André…”

“Lasciami provare. Fersen ti ha riconosciuta, forse?”

“No, non subito almeno.”

“Cosa vuol dire?”

“Non volevo che mi riconoscesse, ma a un certo punto ha intuito la verità; -  io ascolto col fiato sospeso  -  ho commesso un errore e lui ha capito tutto.”

Non riesco a evitare di cogliere l’ironia; trattengo un sorriso al pensiero del conte che comprende qualcosa.

“Per questa ragione sei così sconvolta?”

“Non solo per questo; ha detto che sono il suo migliore amico. Capisci? Mi ha definita al maschile, e solo un momento prima, ballava con me, sembrava affascinato dal mio aspetto.”

La tua voce è venata di rabbia mista a pianto.

Improvvisamente, ti alzi con un moto nervoso, ti slacci il mantello che lasci cadere sulla poltrona dietro di te, ti avvicini a me. Avverto l’impulso fortissimo di prenderti fra le braccia, e non riesco a dominare me stesso. Mi guardi negli occhi in un modo strano, quasi incerto. Mi basta per credere che forse, anche tu cerchi un abbraccio. Con un moto subitaneo, ti afferro per la vita e ti stringo vicina al mio corpo e le mie mani si chiudono sulla tua schiena; sento sotto le dita la seta della stoffa e quella della tua pelle.

Il tuo respiro si è fermato; un sospiro trattenuto in gola è l’unico segno dell’emozione che ti ha colto di sorpresa. Non muovi un muscolo, non reagisci; non tenti di scioglierti dall’abbraccio. Anch’io resto immobile, mentre percepisco le tue mani esitanti appoggiate contro di me. Nessuno riesce a rompere il silenzio per lunghi minuti. Poi sono io che lo faccio, bisbiglio sulla tua spalla una bugia.

“Scusa Oscar, non so perché l’ho fatto…”

La tua voce lieve e incerta mi chiama.

“An… Andrè…?”

Allora, forse il momento, forse il mio gesto inaspettato, mi fai una domanda che in passato mai ti eri sognata di pormi e che non mi aspetto, anche se capisco la confusione che l’ha generata.

“André, tu normalmente come mi vedi? Ti prego, rispondimi sinceramente; pensi che io abbia una natura ambigua? Una natura che respinge e può spaventare un uomo?”

Resto davvero spiazzato, tanto che non ti rispondo subito.

“Per me non sei ambigua, Oscar, ma immagino che agli occhi di molta gente, potresti apparire tale. Io non ho mai avuto dubbi sul fatto che sei una donna e stasera…”

Esito solo un attimo, incerto su quello che posso dirti, ma tu mi incalzi; cerchi delle conferme, che solo io, ora posso darti.

“Stasera?”

“Stasera hai superato ogni mia aspettativa.”

“Insomma, André, stai parlando per enigmi. Voglio sapere se agli occhi di un uomo, io posso essere una donna attraente.”

Eccola, la domanda che più temevo. Dipende tutto dalla mia risposta.

Solo se le dico la verità, potrò aiutarla a ritrovare un po’ di fiducia in se stessa, e forse a non far soccombere per sempre quella parte di sé che da anni tenta di soffocare.

No, non lo posso permettere, ma cerco di non dare un peso eccessivo alle mie parole.

“Oscar, non dovresti avere dubbi su questo.”

“Ma non in panni maschili.”

“Ti sbagli.”

“Quando sono vestita da uomo, tu normalmente, non mi abbracci.”

“È vero, ma se vuoi essere abbracciata più spesso, non devi fare altro che dirmelo.”

Mi nascondo dietro la mia ironia; riesco a strapparti un sorriso, per quanto amaro. Ci riesco sempre, anche nei momenti più impensati.

Anche in un momento come questo.

“Su Fersen, non mi sbaglio. - Un sospiro pesante. - Lui non mi vede come una donna; mi ha conosciuta come un uomo e in me non vede altro. Ora, per favore, vattene e lasciami in pace.”

Il tuo tono è leggermente sfinito, mentre porti la mano alla tempia, con un gesto stanco.

Forse non ti ho del tutto convinto. Vorresti congedarmi definitivamente, tenti di allontanarti, ma ti trattengo per le spalle.

“No, non posso andarmene e lasciarti così.”

“André!”

“Cosa farai per dimenticarlo? Intendi soffocare te stessa, negando di aver provato un sentimento comune a tutti gli esseri umani?”

“Sono stata debole. Mi passerà, vedrai. Dimenticherò tutto.”

“Non funziona così, Oscar…”

“Che ne sai, André? - Ora sembri sorpresa. – Avanti, rispondi.”

“Non sarà facile dimenticare; non sempre è possibile.”

“Sono decisa e ci riuscirò. Tornerò alla mia vita di sempre Andrè, l’unica che conosco. L’amore fa soltanto soffrire, ma se tornerà tutto come prima, allora io starò meglio di come mi sento adesso.”

“E ti negherai ogni possibilità di essere felice.”

“Al contrario; eviterò di essere infelice, nella stupida speranza che qualcuno possa amarmi per ciò che sono.”

Neppure ti rendi conto di quello che hai appena detto.

La tua voce è venata d’amarezza, mentre ammetti per la prima volta, di aver bisogno d’amore.

Sei davvero convinta che non ci sia amore per te? Non posso, non devo lasciartelo credere.

Non vedi che è per amor tuo che sono qui stasera, che tento di consolarti, di alleviare la tua pena?

Ora basterebbe dirti che ti stai sbagliando; guarda Oscar, io sono qui, e ti amo.

 

Che tentazione enorme.

 

Per fortuna, ragiono; gridarti in faccia la verità servirebbe solo ad aggiungere altro dolore a quello che già stai provando.

Non posso essere così diretto, ma devo essere sincero, perché tu capisca.

“Se Fersen non ti vede come donna, è solo perché non ha capito chi sei. Al di là del fatto che ama la regina, si è fermato solo alla superficie, ma tu sei molto più di un bel vestito e un viso imbellettato. È proprio la tua personalità, che ti rende affascinante agli occhi di chiunque.”

Lascio scorrere le mani, lungo le tue braccia nude.

Non c’è mai stato un tale contatto tra noi, ne siamo turbati entrambi; è la prima volta che ti accarezzo così, mentre i nostri sguardi si scrutano. La sensazione è quasi sconvolgente, non so come riesco a mascherare la mia eccitazione. Tu resti ferma di fronte a me, apparentemente non manifesti alcuna emozione, eppure mi pare di cogliere un fremito nei tuoi occhi, mentre ascolti le mie parole.

“Tu sei una donna fuori dal comune Oscar, sei speciale proprio per questo; lo sei al di là del vestito che indossi. Sei donna in tutto e per tutto. Credo che stasera, tutti lo abbiano notato, anche se nessuno sapeva chi eri in realtà.”

“È un modo un po’ contorto di dirmi che sono bella, André?”

Il tono che hai usato era leggermente ironico, ma io non uso l’ironia per risponderti.

“Tu sei bellissima, anche quando indossi la tua uniforme e io non ho mai dubitato di questo. Stasera, quando ti ho vista scendere dalle scale… eri meravigliosa, ma sono sicuro che un uomo davvero innamorato, saprebbe amarti per quella che sei.”

Non potrei aggiungere un’altra parola, senza farmi tradire dall’emozione.

Anche tu sei rimasta in silenzio a fissarmi; le mie parole forse ti hanno colpito.

Forse ti stai chiedendo quale sia il loro reale significato.

Sono io quell’uomo, Oscar.

Ma questo è un segreto che non posso confessarti.

Non ho timore di scoprire me stesso; un’altra donna forse capirebbe che sto parlando da innamorato, ma tu non oseresti neppure pensarlo. Poi abbassi lo sguardo.

“Ho capito cosa vuoi dire André, ti ringrazio: sei davvero un amico. Ora però andiamo a dormire.”

No, non hai davvero capito.

O forse, fingi soltanto, chissà.

Sfioro ancora le tue braccia un’ultima volta, mentre soffoco un sospiro e mi allontano definitivamente.

Ti dò la buonanotte, prima di richiudere la tua porta alle mie spalle.

 

 

**********

 

 

Stamani hai deciso di non andare a Versailles.

Hai detto che non ne hai voglia.

In circostanze normali, non asseconderesti mai la tua pigrizia: una scusa qualsiasi andrà bene per giustificare la tua assenza. Ma non è pigrizia.

Questa mattina hai indugiato troppo a lungo nella tua stanza, sembrava quasi non volessi uscirne, come un animale che non vuole lasciare la tana.

Chissà se stanotte hai rimuginato sul nostro colloquio.

Apparentemente sembri tranquilla, ma so che non è così.

Me ne accorgo anche adesso, durante il nostro consueto allenamento di scherma: non sei concentrata al massimo e te lo faccio notare. Allora, riprendi con maggior decisione: mi assali, scatti in avanti e la lama della tua spada passa a pochi centimetri dalla mia pelle.

Sembri arrabbiata mentre duelliamo; faccio quasi fatica a contrastare i tuoi affondi, tanta è la foga che ci metti.

Non sono io il nemico Oscar.

Non è con me che stai duellando, ma con Fersen.

È a lui che vorresti fare del male? Perché?

Lo odi adesso, perché non ha saputo capire, quello che avevi nel cuore? Ti ha deluso?

Io dovrei disprezzarti, perché non vedi il mio amore per te?

Non è una buona ragione, Oscar.

Io ti amo, nonostante tutto, nonostante la tua cecità.

Il mio amore per te è perfetto, o lo sarebbe se non ci fosse questa lotta silenziosa col desiderio che brucia le vene, ma forse il tuo per lui, non lo è.

Forse amavi un’idea che ti eri fatta di lui, ma ieri hai scoperto quanto fosse irreale.

Basta per farmi sperare, per farmi credere, che in fondo, forse non lo ami davvero come credi.

Nonostante questo, non sono disposto a fare le sue veci per nulla al mondo.

Nemmeno per te, che nell’impeto di un assalto, mi ferisci una mano e solo allora ti blocchi.

La misura è colma, non riesco più a tacere e far finta di nulla.

“Ma che ti prende? Se la serata di ieri si è conclusa male, non puoi prendertela con me!”

Capisco di aver osato troppo; mi aspetto la tua reazione rabbiosa, che arriva puntuale.

“Non ti permettere di giudicarmi, Andrè! Non mi piacciono le tue allusioni!”

“Non ti sto giudicando e non sto alludendo a nulla. Devi calmarti Oscar, la tua rabbia non ti porterà da nessuna parte, solo a stare peggio.”

“Rabbia? Quale rabbia! Stiamo solo duellando, mi pare.”

“Di solito, per quanto tu sia minacciosa, non mi ferisci in duello.”

“Quante storie! È solo un graffio!”

“Scusa, ma non ho voglia di fare da bersaglio.” Esclamo, allargando le braccia teatralmente.

Capisco che è inutile proseguire nella discussione e sto per andarmene; meglio lasciarti sola a sbollire l’irritazione. Ma non faccio che pochi passi.

“Aspetta, André…”

A questo punto, mi guardi più sorpresa che arrabbiata. Sembri più calma. Ti avvicini per controllare la mia mano ferita, che prendi tra le tue.

Basta questo tuo gesto a dissolvere il mio risentimento.

“Scusami, ho esagerato. Non volevo aggredirti così. Ho rischiato di farti male davvero. Ti prego scusami, non so che mi è preso.”

Una nota d’ansia nella tua voce.

“Calmati Oscar, non è nulla, mi hai preso solo di striscio.”

Ti rassicuro e sembri per un attimo più serena. Ma subito dopo riveli tutto il tuo imbarazzo.

“Vorrei poter cancellare quello che è successo ieri sera; mi sento così stupida, André.”

“Non c’è nulla di stupido nel voler ascoltare il proprio cuore; tu hai fatto solo questo, Oscar.”

“Sarà meglio medicare subito la mano. André, per favore: non voglio parlare di ieri sera, non accennare mai più alla cosa. Voglio solo dimenticare tutto.”

Mi guardi ancora negli occhi come se cercassi comprensione.

Non avere dubbi, la troverai sempre, Oscar. Solo così posso aiutarti a far guarire la ferita.

Senza aggiungere altro, rientri in casa, lasciandomi solo nel parco della tua dimora, con l’unica consolazione di averti regalato un po’ di sollievo.

 

 

*******

 

 

Questa mattina mi sono svegliata con la sensazione consolante che la mia vita sia quella di sempre.

Il ricordo di ieri sera potrebbe essere quello che resta di un sogno fumoso composto da vaghe immagini nella mia testa: una sala gremita di gente, occhi, i suoi, che mi scrutano, il contatto delle sue mani col mio corpo. Per un attimo mi domando se ho vissuto tutto questo, ma basta la veste di seta ricamata, abbandonata sulla poltrona di fronte al mio letto, a riportarmi impietosamente alla realtà.

 

È successo davvero.

 

Non andrò a Versailles, almeno per qualche giorno.

Sarò vigliacca, ma non posso rischiare di incontrare Fersen, ora. Non saprei neppure come affrontarlo.

Sento che questo dolore si sta trasformando in rabbia. Verso Fersen, o me stessa?

 

Ai suoi occhi freddi, si sovrappone uno sguardo verde quasi sconosciuto.

 

Andrè.

 

Le tue parole di ieri sera; non mi avevi mai parlato così.

Da dove ti sono venute? Dal cuore, certo.

Mi hai sorpreso, ma non posso negare di aver provato uno strano, piacevole turbamento, mentre ti ascoltavo. Non è strano che sia proprio tu a farmi sentire così?

Forse dipende proprio da questo, dal fatto che sei tu: l’amico che mi conosce da sempre.

Quando sono ferita, sai sempre cosa fare e cosa dire. 

 

Vorrei che fosse tutto uguale a sempre, ma non è così.

Sono venuta a cercarti, perché ho voglia di misurarmi con te; sono svogliata, nervosa, non riesco a nascondere la mia ansia e te ne accorgi. Allora, per nascondere il mio malessere, mi butto nell’allenamento, con accanimento ed energia eccessivi. Ma senza attenzione.

 

Penso a tutto tranne a quello che sto facendo.

 

Penso a ieri sera, al significato delle tue parole, così diverse e insolite; le paragono a quelle che mi ha detto il conte. E qualcosa non mi torna; io sono un amico per Fersen, ma sono anche amica tua.

Allora perché tu hai capito e lui no? Che cosa vedi, che lui non vede?

La mia irritazione aumenta.

Tu ne fai le spese.

Mentre combatto con te, André, io immagino che al tuo posto ci sia Fersen.

Fersen, a cui adesso vorrei far del male, come se avesse qualche colpa.

Un pensiero falso, perché non si può avere del risentimento  verso chi non ricambia i nostri sentimenti.

Dopo l’ennesimo affondo, mi blocco quasi spaventata, perché ti ho ferito senza volerlo.

La tua naturale reazione di rabbia è giustificata: hai ragione André, non posso prendermela con te e usarti come bersaglio per la mia frustrazione. La verità è che ce l’ho con me stessa e con la mia debolezza, che mi ha fatto trovare disarmata e vulnerabile, io che credevo di avere una tempra più dura.

Anche il nostro piccolo alterco l’ho provocato io.

Ma non era quello che volevo, non volevo litigare.

È stato ciò che hai detto, che mi ha irritato, come se tu avessi toccato un nervo scoperto.

 

Io mi sento patetica, nonostante le tue belle parole.

 

La verità è che tu mi capisci meglio di chiunque, mi leggi come un libro aperto e ieri notte me lo hai dimostrato, per l’ennesima volta.

Sei l’unico, che davvero riesce a farlo.

Non dovrebbe, eppure, mi sorprende sempre questa tua capacità.

Mi spaventa anche un po’, perché più di altri potresti ferirmi; non lo hai mai fatto.

È più facile, che sia accaduto il contrario tra noi.

 

Come ora.

 

Davvero, tu sei l’unica persona, che non vorrei mai ferire. In nessun modo.

Perdonami, André.

Soprattutto per il male che nascondi: l’ho percepito nel tuo abbraccio di poche ore fa.

So che a volte, non lo merito il tuo perdono, ma tu me lo concedi sempre, qualunque cosa faccia.

Ti sono grata, per essere sempre stato l’unico punto fermo della mia vita.

Ti ringrazio anche per la tua onestà, io l’apprezzo sempre, anche se a volte è un po’ dura.

Anche ora, nonostante tutto, solo nei tuoi occhi io ritrovo un po’ di pace.

Dimenticherò questi attimi di debolezza che ho avuto, soffocherò questi sentimenti, nati non so come, né quando, e tornerò quella di prima.

 

Ma tu, André, non cambiare mai, resta l’amico che sei, ti prego…

 

Potrei essermi sbagliata… ma nello sguardo strano che mi hai rivolto ieri notte… ho colto un lampo, che mi ha trafitto l’anima.

Nelle tue parole, sincere e sicure, forse troppo intense per essere di un amico…

ho avuto paura di leggere altro…

 

e io altro non posso darti, André.

 

 

Continua… 

 

 

   
 
Leggi le 14 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Ninfea Blu