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Autore: Raya_Cap_Fee    24/11/2014    2 recensioni
Heike De Vries ritorna a Chicago dopo essersi laureata in giurisprudenza a Yale ed è finalmente pronta a prendere in mano le redini della propria vita. Heike ha sempre desiderato essere una donna forte, indipendente e soprattutto in carriera. Non ha mai permesso a niente e a nessuno di intralciarla o distrarla dai suoi studi e dalla carriera che ha sempre voluto. Questo fin quando non torna a casa. Questo fin quando non incontra Sebastian Jenkins.
**
Mi superava di buoni dieci centimetri, piuttosto magro e dalla carnagione chiara. La sua figura era illuminata dalla luce naturale delle vetrate e gli occhi grigi spiccavano sul viso dai lineamenti appuntiti. Prima che potessi studiarlo più approfonditamente il mio sguardo fu attirato da quello che aveva il mano.
-E’ disgustoso- protestai arricciando appena il naso. Una volta avevo visto mio fratello uscire dal bagno con un metro da sarto tra le mani e quando gli avevo chiesto a cosa gli fosse servito lui aveva riso e scrollato le spalle. Avevo undici anni. Lui dodici. Quando ci ero arrivata avevo sempre associato i metri a quell’episodio traumatico.
Il ragazzo inarcò appena un sopracciglio biondo e guardò il metro senza capire –Cos’è disgustoso?-
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Capitolo 3

 
Guardai Jackson sorridere di fronte a me e avvertii un muscolo della guancia avere un guizzo nervoso.

-Andiamo, Heike, togliti quell’espressione dalla faccia. Hai un becco al posto della bocca- ribattè lui in seguito alla mia occhiataccia. Intorno a noi in un bar del Loop, il centro di Chicago, c’era un fastidioso brusio di chiacchere e della pessima musica techno.  L’ambiente era minimalista, dalle luci stroboscopiche che facevano male agli occhi. Almeno ai miei.

-Mi hai caricata in spalla come un sacco di patate, Jackson- sbottai a voce abbastanza alta perché potesse sentirmi bene –Ti avevo detto che volevo restarmene in pace a casa-

Mio fratello invece aveva ignorato le mie proteste e, incurante del fatto che non fossi nè vestita e né truccata adeguatamente per uscire, mi aveva caricata nel suo Suv Toyota. Ero nel pieno centro di Chicago con dei jeans e una T-shirt di Yale blu e bianca di due taglie più grande, ancora non riuscivo a crederci. Jackson sorrise ancora una volta e si raddrizzò sullo sgabello di metallo al tavolino, portandosi tranquillamente alla bocca un bicchiere con un drink mai sentito.

-Ti andasse di traverso…- mugugnai sottovoce arrabbiata. Jackson tossicchiò –Cos’hai detto? Non ho capito-

-Niente-

Incrociai le braccia sul tavolino e con espressione torva cominciai a fissare il Martini che avevo davanti. Ero lì a perdere tempo, a poche ore dal mio colloquio con Ernest Lowell, invece di studiare un modo per fare colpo su di lui.
Ero pessima.

-Heike?- mi chiamò Jackson. Io non risposi, ostinandomi a fissare il mio drink intatto.

-Heike, per favore, puoi provare a divertirti solo un po’?-

La faceva sempre facile lui. Non aveva un obiettivo preciso nella vita, non si era impegnato con tutto se stesso nel sogno di sempre, non aveva speso ore e ore sui libri a studiare né a desiderare con tutto se stessi che tutti quei sacrifici sarebbero stati ripagati. Alzai lo sguardo su Jackson e incrociai i suoi occhi seri. Durante i miei anni a Yale l’avevo visto poche volte ma mi aveva telefonato quasi ogni giorno per chiedermi come stavo.

Sapevo che, anche il quel bar, lui sapesse esattamente ciò che stavo pensando.

-Voglio andare a casa- dissi convinta. Jackson mi guardò ancora e fu in quel momento che scorsi, alle sue spalle, l’ultimo che avrei voluto in quella serata. Inspirai profondamente l’aria pesante e chiusi per un attimo gli occhi –C’è Jenkins dietro di te- dissi a mio fratello. Ma Sebastian ci aveva già individuato e, con aria tranquilla, ci raggiunse al tavolino.

-Tu lo conosci?- mi chiese Jackson, sorpreso. Annuii soltanto e poi guardai Sebastian –Ho conosciuto Heike stamattina- esordì lui con un mezzo sorriso, prendendo posto al mio fianco. Indossava un paio di jeans neri e una camicia azzurra che gli stava proprio bene.

-Non me lo hai detto- ribattè Jackson quasi offeso, guardandomi. Inarcai un sopracciglio e lo guardai male per l’ennesima volta –E quando avrei dovuto dirtelo? Quando dormivi? O magari mentre mi trascinavi in garage e avevo la faccia contro il tuo sedere?-

Sebastian ci guardò entrambi e poi sorrise –Ah, ora sì che mi sembrate fratelli. Comunque ho incontrato la tua sorellina mentre prendevo le misure in bagno per la finestra di Jenna…-

“Fa che non spiattelli tutto per favore” pregai tra me e me.

-…Heike ha pensato che fossi il giardiniere e che stessi lì, in bagno, a misurarmi il coso come un tredicenne- ridacchiò. Anche mio fratello rise. E anche due ragazzi fermi ad un passo dal tavolo che, sentendo le parole di Sebastian sorrisero divertiti nel guardarmi. Per la prima volta nella mia vita mi sentii ardere dalla vergogna e riuscii perfino a sentirmi in fiamme le orecchie e l’intera faccia.

Maledetto Jenkins.

-Credo che sia colpa mia, sai?- fece Jackson al suo amico –Una volta mi ha beccato che uscivo dal bagno con il metro da sarto e…- mi guardò -…nonostante non le abbia mai detto cosa stessi facendo credo lo abbia intuito- e fece un ampio sorriso –Dovrei chiamarti maliziosa invece di stronzetta-.

Evitai con tutta me stessa gli sguardi che mi venivano rivolti e decisi di concentrare la mia attenzione sul mio drink che finalmente fu svuotato. In un lungo sorso.

“Calma, Heike. Jackson ama metterti in imbarazzo e la miglior contromossa è quella di non mostrarsi turbata. Prendi le redini”  mi feci coraggio. Avvertii lo sguardo lo sguardo di Sebastian sul  mio profilo ma lo ignorai per rivolgermi a mio fratello – Se hai finito,  Jack Pannolone, vorrei cambiare aria- sorrisi a mia volta. Era il mio primo sorriso della serata.

Jack Pannolone era il soprannome più imbarazzante che avessero mai dato a mio fratello, altro che Jay o Jake. Il nonno Wilhelm aveva cominciato a chiamarlo così fin quando aveva cominciato a sgambettare qua e là per la casa con il sedere che sembrava una mongolfiera. Ed era la prima volta che lo tiravo fuori in pubblico.

Jackson assottigliò gli occhi neri su di me e sentii Sebastian prenderlo in giro.

-Sorella cara, non hai idea di ciò che hai scatenato. Hai idea di quanti dettagli imbarazzanti della tua vita potrei spiattellare qui davanti a tutti?-

Alzai il mento in segno di sfida –Non m’importa-

Oh, m’importava eccome ma confidavo nel buonsenso di mio fratello. Non mi avrebbe mai messo così in ridicolo.

-Già, raccontaci di più su questo bocconcino- sentii dire da uno dei due ragazzi sconosciuti. Jackson lo guardò mentre io facevo una smorfia, disgustata da quei termini adolescenziali e volgari.

-Sparisci, prima che ti riduca la faccia in un capolavoro d'astrattismo- sbottò mio fratello rivolto al ragazzo. A quanto pareva, Jackson non voleva davvero spiattellare i miei segreti in quel locale.

Il ragazzo guardò con astio mio fratello ma il suo compare lo trascinò via tra la folla.

-Non tirare più fuori Jack Pannolone o la prossima volta ti lascio con un tizio del genere- disse e io sorrisi. No, non l’avrebbe mai fatto. L’aria di sfida tuttavia era stata smorzata, insieme a parte del mio imbarazzo. Sebastian non sembrò deluso dalla tregua e si voltò a parlarmi come se non fosse stato la causa di tutto.

-Allora, Yalies, come vanno le cose fuori dal grande campus?-

Incrociai i suoi occhi grigi che per via delle luci sembrarono molto più chiari e feci spallucce. Potevo perdonare mio fratello, ma non lui.


-Senti, Jackson, io me ne torno a casa. Sono stanca. Chiamerò un taxi, tu resta pure a divertirti- annunciai dieci minuti dopo quanto lui e Sebastian erano intenti a discutere su un film d’azione in uscita al cinema.

Entrambi mi guardarono sorpresi –Proprio non ce la fai, eh, Heike?- disse Jackson. Scossi la testa e allungai una mano nella sua direzione –Ora mollami dei contanti per il taxi, visto che qualcuno non mi ha permesso di prendere il portafogli-

Jackson mi allungò un paio di banconote –Stai attenta-

-L’unico di cui devo aver paura sei tu, Jackson. Ci vediamo domani- mi voltai verso Sebastian e feci un cenno di saluto silenzioso.
 
Uscire da quel locale fu un vero e proprio sollievo per le mie orecchie. Inspirai l’aria fresca all’aperto mentre un folto gruppo di ragazze schiamazzanti entravano da dove io ero scappata. Mi spostai di qualche metro dalla ressa all’ingresso per adocchiare qualche taxi in transito.

-Heike?-

Mi voltai più in fretta di quanto avessi  voluto e adocchiai Sebastian che mi affiancava sul marciapiede. –Cosa c’è?- ribattei guardandolo. Forse, se non avessi avuto la mente così occupata dal mio futuro, avrei potuto dire che era almeno un bel ragazzo. Lui sorrise. Di nuovo quel sorriso che sapeva di timidezza anche se, di timido, quello lì non sembrava avere niente –Non devi andartene per quello che è successo. Voglio dire, non potevo sapere che la storia del metro ti avrebbe messa così tanto in imbarazzo-

“Nega anche l’evidenza”

-Non mi hai messa in imbarazzo. Voglio andarmene perché domani ho un paio di incontri importanti qui in città e voglio essere concentrata e riposata- ribattei. Ero in parte sincera.

-Jay mi ha detto che quando menti ti trema l’angolo destro della bocca. E’ vero-

Sempre colpa di Jackson.

Tornai a guardare la strada e alzai una mano per fermare un taxi in arrivo.

-Non tirerò più fuori la questione del metro in pubblico-

Come se ne potessimo parlare in privato.

-Va bene- lo liquidai muovendo qualche passo verso il taxi che si era fermato, guidato da un uomo nero di mezz’età –Ma sappi che mio fratello ci ricamerà sopra ancora per un po’, perciò…non disturbarti tanto, Sebastian. Mi rende già la vita un inferno senza il tuo intervento- ribattei poi. Mi voltai appena a guardarlo, lo sportello del taxi già mezzo aperto.

Sebastian stava sorridendo –In bocca al lupo, Yalies-

Per quanto strano mi sembrasse mi ritrovai ad accennare a mia volta un sorriso –Non ho bisogno di nessun lupo, Jenkins, ma grazie lo stesso- dissi per poi accomodarmi nel taxi che mi avrebbe riportata a casa.


Angolo Autrice
Ringraziate Madame Ispirazione per questo terzo capitolo già così di fretta xD Era da tempo che non scrivevo così tanto ahahah <3 Comunque, ciance alle bando, vi ringrazio davvero per l'accoglienza di "Thinking about you". Perciò ringrazio giordip15 GrazieMR aver inserito la storia tra le preferite e Rinie, prettyvitto, irtam, pepapig, _maryan_, Chantalbrunenghi, CristinaSun, maya tabitha, Moon236 e Drachen per aver inserito la storia tra le seguite. Inoltre e ovviamente chi ha deciso di recensire <3 se lasciate la vostra opinione fa sempre piacere, davvero *.*


 
Raya_Cap_Fee
 
   
 
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