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Autore: Raya_Cap_Fee    22/11/2014    3 recensioni
Heike De Vries ritorna a Chicago dopo essersi laureata in giurisprudenza a Yale ed è finalmente pronta a prendere in mano le redini della propria vita. Heike ha sempre desiderato essere una donna forte, indipendente e soprattutto in carriera. Non ha mai permesso a niente e a nessuno di intralciarla o distrarla dai suoi studi e dalla carriera che ha sempre voluto. Questo fin quando non torna a casa. Questo fin quando non incontra Sebastian Jenkins.
**
Mi superava di buoni dieci centimetri, piuttosto magro e dalla carnagione chiara. La sua figura era illuminata dalla luce naturale delle vetrate e gli occhi grigi spiccavano sul viso dai lineamenti appuntiti. Prima che potessi studiarlo più approfonditamente il mio sguardo fu attirato da quello che aveva il mano.
-E’ disgustoso- protestai arricciando appena il naso. Una volta avevo visto mio fratello uscire dal bagno con un metro da sarto tra le mani e quando gli avevo chiesto a cosa gli fosse servito lui aveva riso e scrollato le spalle. Avevo undici anni. Lui dodici. Quando ci ero arrivata avevo sempre associato i metri a quell’episodio traumatico.
Il ragazzo inarcò appena un sopracciglio biondo e guardò il metro senza capire –Cos’è disgustoso?-
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Capitolo 2

 

Sebastian mi guardò appena sorpreso e le labbra gli si piegarono in un sorriso divertito –Pensavo che Jay scherzasse quando diceva che non ti piacciono le persone- disse accennando una breve risata. Ritrasse con nonchalance la mano e se la ficcò nella tasca dei jeans scuri, continuando a guardarmi.

Incrociai le braccia al petto, notando soltanto in quel momento che non era vestito per lavorare in giardino e, proprio a conferma di quell’ipotesi, il tagliaerba si accese guidato da un uomo dai capelli brizzolati e la barba lunga. Entrambi guardammo oltre la vetrata –Se non sei il giardiniere allora che ci fai qui?-

Da che ricordavo a occuparsi delle pulizie era Beth, una donna in carne, con la faccia sempre rossa e i capelli castano chiari sempre legati in una coda bassa.

Sebastian in risposta si voltò appena verso il bagno –Prendevo le misure per la nuova finestra. Jenna vuole cambiare modello- rispose semplicemente lanciando un’occhiata alla semplicissima finestra a due vetri del bagno.
Mi sentii in imbarazzo per il sospetto che avevo avuto sul suo conto. Maledetto Jackson.

-Oh…- non riuscii a fare a meno di dire. Sebastian sorrise ancora e si appoggiò con la schiena alla parete del salotto –Cosa pensavi stessi facendo, Yalies?- agitò il metro. Non avevo nessuna voglia di dirgli la verità.

-Pensavi stessi misurando determinate parti del mio corpo?-

Piegai appena la bocca in una smorfia, udendo le sue parole, e rilasciai le braccia lungo i fianchi –Disgustoso-

Lui rise di gusto e io mi ritrovai a fissarlo inebetita –Non ci trovo nulla da ridere, Jenkins. E ancora non ho capito chi sei esattamente e perché chiami Jackson con un imbarazzante nomignolo- cominciai a sentirmi piuttosto irritata dalla presenza di Sebastian che rideva dei miei traumi adolescenziali, tutti ovviamente causati da mio fratello.

-Sono un amico di Jackson- sottolineò riponendo il metro nella tasca posteriore dei jeans –E mi sono occupato della nuova disposizione della casa. Come avrai potuto notare- fece un gesto sbrigativo con la mano per indicare la stanza.

-Sei un arredatore? Un designer d’interni?-

-Sto studiando per diventarlo-

Annuii –Bene, hai fatto un buon lavoro-. D’altronde l’avevo pensato davvero e mi sembrava giusto farglielo notare. Sebastian incrociò il mio sguardo e poi accennò un sorriso che quasi mi parve timido.

Un sorriso che non era affatto male.

-Ho sentito parlare molto di te, in questi anni, Heike- disse. Ovviamente lui mi conosceva più di quanto io non conoscessi lui.

-Ne avrai senz’altro sentito parlare bene-

-A volte- ghignò lui –Jay inveisce spesso contro quella che definisce la tua stronzaggine-

-Solo perché abbiamo diverse opinioni su diverse questioni-

Lui fece spallucce e io guardai oltre la vetrata. Avevo fatto la sua conoscenza, ora potevo anche andarmene.

-Beh, allora io…- feci per dire ma Sebastian m'interruppe con tono divertito –L’ho fatto anche io-

-Cosa?- ribattei senza riflettere

-La cosa con il metro. Avevo tredici o forse quatt…- alzai una mano per interromperlo –Non voglio saperlo, davvero-

Lui soffocò una risata –Non sapevo fossi così pudica. E poi sei stata tu ad insinuare per prima, Yalies-

-Hai seri problemi- feci per andarmene ma mia madre comparì in salotto, aprendo la portafinestra.

-Sei già di partenza, Heike? Ah! Vedo che hai conosciuto Sebastian- fece un largo sorriso nel guardare il ragazzo.

-Sì, è adorabile mamma. Ora vado- nel voltarmi lanciai un’occhiataccia a Sebastian che invece sorrise.

-Ci vediamo- ribattè lui.

 
Se c’era una cosa, o meglio, qualcuno che avevo sempre tenuto alla larga da me erano i ragazzi che mi mettevano in situazioni imbarazzanti, perché ero tremendamente abituata a mio fratello e per niente al mondo avrei voluto a che fare con un suo clone. Sebastian Jenkins avrebbe vissuto molto alla larga da me. Per mio fratello non potevo fare granchè, era pur sempre sangue del mio sangue.
 
La prima tappa del mio tour di preparazione ai colloqui era lo studio legale di Ernest Lowell. La larga scalinata di pietra che conduceva in questi uffici, al centro esatto di Chicago, era il mio sogno fin da bambina. Qualunque neo-laureato si sarebbe tagliato un braccio pur di essere ascoltato per un minuto da Ernest.

Io non avevo intenzione di tagliarmi niente e sapevo che Ernest mi avrebbe ascoltato anche per due minuti. Non avevo nessuna intenzione di uscire altrimenti. Ero ferma ai piedi delle scale con un leggero venticello a scompigliarmi i capelli rossi, lunghi a sfiorarmi appena le spalle.

“Heike De Vries, avvocato dello studio legale Lowell. Pupilla dello squalo di Chicago”

Diamine se non suonava bene. Un sorriso mi increspò le labbra e guardai ancora il palazzo piuttosto antico come una bambina guarda la sua casa delle bambole.
 
 
Quando rientrai in casa, nel primo pomeriggio, l’unico pensiero che aleggiava nella mia mentre era quello di Ernest Lowell. Non c’era nient’altro che valesse il mio tempo a parte la mia famiglia. Bussai forte alla porta di Jackson –Svegliati! Jackson! Jackson!- cercai di trattenermi dal ridere quando lui urlò qualcosa di irripetibile a quel risveglio.

-Dammi il benvenuto che mi merito, Jackson De Vries, oppure te ne farò pentire amaramente!- gridai più forte continuando a bussare sul legno. D’un tratto la porta venne a mancare sotto la mia mano e, sulla soglia della sua camera, con un paio di boxer e una maglietta sgualcita apparve mio fratello. Sorrisi –Ciao, Jackson-

Mi somigliava per molti versi con quei capelli rossi, che teneva corti e scompigliati, ma aveva gli occhi neri della mamma. Più belli però. Occhi che mi fissavano con astio.

-Tu hai un grosso disturbo mentale, Heike. Uno di quelli seri-

Se c’era una cosa che mio fratello odiava era quello di essere svegliato. Non mi sentii offesa e invece lo guardai severa incrociando le braccia al petto. Ci guardammo in silenzio per qualche secondo poi, con un sospiro, Jackson mosse qualche passo verso di me –Bentornata a casa, stronzetta- mi abbracciò stretta serrandomi le braccia intorno al corpo.
Meno male che dopo la festa si era almeno fatto una doccia.

-Sei sempre così genuino-

-Stai zitta- mormorò lui con la guancia poggiata contro la mia testa. Avvertii chiaramente quando quell’abbraccio divenne sincero. Jackson trovava il modo di imbarazzarmi, di insultarmi, di litigare con me come nessun altro. Eppure, nessuno mi voleva bene più di lui. Lo sapevo.

Sorrisi –Ora lasciami. Va bene così. Ho avuto il mio abbraccio sincero-

-Meriteresti anche una sberla per il fatto di essere tornata a casa soltanto dopo Yale-

Jackson si fece indietro di un passo guardandomi –Sei dimagrita ancora-

-Ho avuto una dieta a base di libri, questo mese. Pensi di alzarti? Vorrei passare un po’ di tempo con mio fratello-

Lui mi guardò aggrottando la fronte –Sei a casa ora, no? Mi vedrai per un sacco di tempo-

-Conto nel fatto che presto avrò un lavoro e un posto tutto mio-

Jackson assottigliò appena gli occhi –Hai già pianificato tutto come tuo solito eh?-

Io sorrisi apertamente e mi lasciai andare ad un sospiro teatrale –Esatto. Ora torna presentabile. Non ho voglia di parlare con te quando sei ancora in mutande-.

Fu come se non avessi nemmeno parlato. Jackson si appoggiò allo stipite della porta e continuò a guardarmi.

Sbuffai –Che c’è?-

-Perché non ti rilassi un po’?-

Lo guardai male –Non ho tempo per rilassarmi, Jackson. Né mi piace farlo-

Mio fratello era sempre stato dell’avviso che vivevo troppo poco la mia età. Alle volte mi ero quasi sentita d’accordo con lui, quando vedevo le mie compagne di università uscire con i ragazzi, partecipare alle feste, saltare qualche lezione. Ma erano stati momenti di debolezza. Perché io volevo da Yale tutto ciò che poteva offrirmi riguardo al mio futuro e non distrazioni.

-Stasera, dopo cena, esci con me-

-No. Domani ho dei colloqui e…-

-Non era una domanda, Heike. Esci con me-

-No, Jackson- ribattei arricciando le labbra –Non voglio litigare-

-Odio ripetermi perciò ci vediamo a cena. Ora io me torno a dormire. A dopo, stronzetta- disse prima di sparire oltre la soglia, chiudendo la porta a chiave dietro di sé.
 
Ecco, era in momenti come quelli che io odiavo con tutta me stessa mio fratello.

Angolo Autrice
Non abituatevi ad aggiornamenti giornalieri ma oggi ero ancora ispirata e così è venuto fuori il nuovo capitolo <3 Spero che vi sia piaciuto e ringrazio di cuore chi ha già inserito la storia tra le preferite e seguite. Siete sempre così gentili ç___ç

I prestavolto dei miei personaggi sono Jessica Stam per Heike e Roby Schinasi per Sebastian.
Enjoy it.


 
Raya_Cap_Fee
 
   
 
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