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Autore: Serpentina    24/11/2014    7 recensioni
Dopo quattro anni Faith Irving e Franz Weil hanno preso strade diverse, professionalmente. Il loro amore, al contrario, è più solido che mai, tanto che, sulla scia degli amici che hanno già messo su famiglia, o ci stanno provando, decidono di compiere un grande passo: sperimentare la convivenza. I due piccioncini sono convinti che l'esperienza rafforzerà ulteriormente il rapporto, che, invece, verrà messo a dura prova da un "terremoto" che rischierà di farlo naufragare definitivamente.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'United Kingdom of Faith'
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Pronte a tuffarvi ancora una volta nel pazzo mondo di F&F&Co? Forse non vi piacerà, ma ho inserito nel capitolo due personaggi che definire poco amati è un eufemismo. Scusate, servono anche loro, anzi, oserei dire che i personaggi “nati per essere odiati” sono quelli che danno più sapore a una storia. Siete d’accordo o no? Let me know! ;-)
Btw, prima di lasciarvi alla lettura, hugs ‘n kisses a chi mette “mi piace” alla storia, ad abracadabra, Bijouttina, Calliope Austen, elev, soulscript e sunburn1985, che hanno recensito, e a Frafry94 e LirielFB, che la seguono. :-*

 
At last
( Il fondente non perdona)

La vita è come il cioccolato: è l’amaro che fa apprezzare il dolce.
(Xavier Brébion)

–Dormo uno schifo da giorni, Nicky, eppure non ho ancora capito perché l’ha fatto- uggiolò Connie, passeggiando lungo Bond Street in compagnia dell’amica Monica Hawthorne. Il clima tipico di fine novembre minacciava di peggiorare, rendendo quel dicembre il più rigido degli ultimi vent’anni; questo, però, anche grazie all’assenza di precipitazioni, non dissuadeva la maggior parte dei londinesi dal godere dell’atmosfera di festa che si respirava per le vie della capitale.
–Pensaci, Ciambellina: per quale motivo un ragazzo che odia cucinare si metterebbe ai fornelli?- osservò Monica, per poi chiocciare paroline dolci al gatto sofferente chiuso nel trasportino. –Buono, Whiskers, buono, tra poco starai bene. Andrew si prenderà cura di te.
–Sinceramente? Credo che il bacio basti a intuire il motivo- sbuffò la bionda, occhieggiando con interesse una vetrina colma di borse eleganti. –Quello che mi lascia perplessa è: perché io? E perché adesso?
La Hawthorne per poco non soffocò: lo sconcerto le aveva fatto aspirare il chewing-gum che stava ruminando. Tossicchiando, sgranò gli occhi ed esalò –B-Bacio? Non mi avevi detto…
–Lo so, lo so, è che riesco a stento a crederci, dirtelo lo avrebbe reso… reale- pigolò l’altra, imporporandosi. –Mi sono scervellata invano: è contrario a ogni logica! Keith non aveva bevuto, non aveva battuto la testa, credo di non somigliare a Hailey, quindi…
–Non resta che una spiegazione logica: ha agito nel pieno possesso delle sue facoltà mentali. Gli interessi ancora, Ciambellina- asserì la rossa, raggiante.
–Non credo- ribatté Connie, scuotendo la testa, coperta da un cappellino a cloche rosa cipria. –Se gli interessassi, non mi avrebbe mollata. Gli interessa possedermi, ecco tutto. Sì, dev’essere così: più ci penso e più mi convinco che sospetta qualcosa, si finge gentile in modo nauseante soltanto per timore di perdere la sua bambolina. E’ semplicemente geloso, punto e basta. Accidenti, spero non abbia scoperto chi è: Kyle rischia il posto e io rischio di non poter più avere a mia disposizione quegli addominali da urlo!
–Cazzo di Buddha, Ciambellina, ti senti quando parli?- sbottò Monica, spaventando Whiskers III, che soffiò e si agitò nel trasportino. –Buono, Whisky, da bravo. Chi è il micio del mio cuore? Ehm, stavo dicendo… Keithino è la gentilezza fatta persona, la meschinità non è da lui. E’ più probabile che si sia reso conto di provare ancora qualcosa per te e voglia…
–Riconquistarmi? Sta fresco!- soffiò Connie. –Non credo affatto alla sua “redenzione”: secondo me è mera gelosia; se gli dessi una seconda possibilità, anzi, terza, la sprecherebbe, e in pochi mesi mi ritroverei sola come la palla di fieno che rotola nel deserto perché lui è corso dietro a qualcun’altra!
–Ha avuto paura!- lo difese Monica. –Non tutti riescono ad accettare di dipendere emotivamente da qualcuno!
–Tu ne sai qualcosa, eh, Nicky? Comunque, non avrà una seconda occasione: ha tradito la mia fiducia una volta, potrebbe rifarlo- asserì Connie, dura. –E poi, anche se volessi concedergli il beneficio del dubbio, ci sono troppi problemi da risolvere: Hailey non è che la punta dell’iceberg, se volessimo riprovarci, io e Keith dovremmo praticamente distruggerci e ricostruirci da capo, come coppia. Non me la sento.
Monica scoppiò a ridere e gettò il capo all’indietro con tale veemenza da far cadere il morbido basco in lana cotta che le proteggeva la testa dal freddo. Imprecando, affidò Whiskers III all’amica e si chinò a raccoglierlo. Accertatasi che fosse pulito, lo calcò nuovamente sulla testa, emettendo un verso di soddisfazione, infine disse –Allora preparati a un lungo assedio, ho l’impressione che non si arrenderà tanto facilmente.
–Nemmeno io. Mi rivuole? Dovrà meritarmi.

 
***

–Il gran giorno si avvicina, F… hai già qualche idea?
–Idee per cosa?
–Oh, tesoro, capisco che il piccolo ha catalizzato i tuoi pensieri, ma trent’anni si compiono una volta sola nella vita, bisogna festeggiare!- trillò Abigail, leggermente ansante per via della strenua sessione di esercizi alla quale si era sottoposta: la gravidanza l’aveva obbligata al riposo, doveva recuperare il tempo e la forma perduti. Le energie riacquistate le avrebbe impiegate per aiutare l’amica a organizzare una festa di compleanno splendida quasi quanto la sua.
–Oh, il mio compleanno!- esclamò Faith, che aveva scacciato il pensiero per evitare di rimuginare sull’inesorabile avanzata del tempo e l’approssimarsi della vecchiaia. –Ehm… non ho la più pallida idea di cosa fare. Forse una cena tranquilla in fa…
–Che sciocchezza!- la interruppe Bridget, pluridivorziata festaiola, anche lei stremata, ma determinata a mantenere un fisico statuario per agevolare la ricerca del marito numero quattro. –“Compleanno” e “tranquillo” non possono stare nella stessa frase, è un controsenso. Festeggerai alla grande, F, dovessimo legarti a una sedia e ballarti intorno stile totem indiano!
“Perché si sono fissate con quest’idea malsana? E’ così difficile da capire che non voglio celebrare il mio ingresso nella… ok, vecchiaia no… età matura?”
–Sentite, vi ringrazio della premura, però…
–Però niente. Ci occuperemo noi di tutto, è ovvio, date le tue condi… ehm, date la pancia, la stanchezza e… insomma: dovrai solamente presentarti, divertirti, scartare i regali e soffiare sulle candeline- asserì Abigail con cipiglio determinato. –Ho controllato il calendario, il tredici cade di venerdì, potremo passare una folle notte, devi solo scegliere un tema… oppure no; sei tu la festeggiata, sta a te decidere.
–E va bene: che festa sia- sospirò Faith, sollevando le mani in segno di resa. –Niente tema, però, non voglio creare disagio agli invitati.
–Che ti importa? E’ la tua festa, sono i tuoi invitati, sono tenuti a sottostare alle tue regole, perciò, se desideri una festa a tema, l’avrai. Prendi Brian: nonostante la mia disapprovazione sta organizzando una festa di fine anno in stile anni ’20!
–Che meraviglia, gli anni ’20! Il Charleston, le flapper girls, le Mary Jane… l’unico neo di quel periodo è che andava di moda un fisico lontano anni luce dal mio- commentò Faith. –Sapete che vi dico? Fate voi, mi sta bene tutto, tema o non tema, l’unica mia pretesa è la torta: o cioccolato fondente, o niente.
La replica delle altre due venne soppressa sul nascere dall’arrivo di un’automobile vistosa (per non dire pacchiana) sia per modello che per colore. Il guidatore era una loro vecchia conoscenza, tanto che, al vederlo, Faith curvò le labbra in un sorriso sollevato e lo salutò con la mano, mentre Abigail e Bridget rimasero impalate a fissarlo, le bocche spalancate come pesci rossi.
–C-Cosa ci fa lui qui?- sibilò Mrs. Cartridge, che non aveva mai visto di buon occhio il chirurgo plastico. –Hai ripreso a frequentare il tuo ex?
Faith, tesa come una corda di violino, avvertì che la felicità e il relax acquisiti con la lezione di yoga - che seguiva su suggerimento della dottoressa Meigs - stavano scemando, quindi sbuffò: maledizione a Marcus e al suo spiccato spirito d’iniziativa: gli aveva raccomandato di non venirla a prendere, e lui che faceva? Si presentava davanti alla palestra!
–Non capisco perché vi sconvolgete: non c’è niente di male nel recuperare un rapporto di amicizia…
–Col proprio ex? Stai veramente dando i numeri!- sbottò Bridget. –Dai retta a me, che sono tua amica, un’ottima conoscitrice del Pianeta Uomo e un’accanita lettrice di preziose dispensatrici di verità: mai, mai dare corda a un ex, qualunque cosa abbia in mente di sicuro non è esserti amico.
–Oltretutto Best, nonostante il cognome, non è esattamente un modello di virtù. Sbaglio, o usciva a cena con le sue pazienti a tua insaputa?- le rammentò Abigail, scoccando al lupus in fabula un sorrisino tirato. Era chiaro come il sole che desiderava sparisse all’istante, possibilmente al Polo Sud.
–Allora non ci intendiamo- sospirò Faith, roteando gli occhi, esasperata. Gli chiese di aspettarla con un cenno e proseguì, abbassando il tono della voce affinché le sue amiche fossero le uniche a udirla –Siamo amici, non abbiamo intenzione di tornare insieme, data la mia… “incintezza” e i miei sentimenti per Franz. Sì, avete sentito bene, sono innamorata di Franz nonostante tutto. E’ questo il problema: mi manca da morire! Non che Marcus sia un sostitut… oh, a chi voglio darla a bere? Sì che lo è! Dopo quanto dirò, quasi certamente le femministe vecchia scuola e la mia omonima ava suffragetta si rivolteranno nella tomba, ma devo confessare: ho bisogno di un uomo. Disperatamente. Non per il sesso - anche se con tutti questi ormoni in circolo ho parecchia voglia - né per avere qualcuno nel letto; sento il bisogno di condividere questa avventura, ricevere gli aiuti necessari… non avete idea di quanto sia piacevole discutere del futuro, immaginare come sarà il bambino, avere un secondo parere quando compro cose per lui o lei, sentirmi dare consigli, per esempio su che musica ascoltare, quando iniziare a leggergli passi dei libri che amo… in questo Marcus si sta rivelando eccezionale, anche se darei qualsiasi cosa per riavere Franz al mio fianco. So che è stupido, ma continuo a illudermi che, presto o tardi, si renderà conto del suo errore… certo, questo non gli risparmierà la mia vendetta, visto quanto mi ha fatta soffrire, però lo riprenderei in casa.
–Detto in questi termini sembra che parli di un tenero animale domestico- scherzò Abigail. –Ehm… pensando a Franz, togli “tenero” e “domestico”.
Faith non si scompose, anzi, ridacchiò della battuta, prima di replicare –Per apprezzarlo bisogna comprenderlo. Non è dolce nel senso convenzionale della parola: non dice “ti amo” a raffica, non fa complimenti su vestiti, accessori e taglio di capelli, non ti chiama con nomignoli melensi se non per schernirti e non ti abbraccia mentre dormite perché ha paura che gli vada in gangrena l’avambraccio; però ti dimostra quanto ti ama con i fatti, a volte persino con inattesi gesti romantici che, proprio perché rari, sono ancora più preziosi.  
“Stavano cambiandosi in silenzio nel filtro, lei furibonda, lui stranamente compiaciuto, quando, improvvisamente, parlò.
–Congratulazioni, Faith.
–C-Cosa?
–Ho detto: congratulazioni, Faith- ripeté, ridacchiando. –Hai fatto un’ottima impressione a Noyce, che, come tutti i patologi forensi, almeno quelli di un certo livello, si basa essenzialmente sul proprio istinto.
Faith si voltò dall’altra parte per non tradire con lo sguardo l’amarezza che provava.
–Sai che me ne faccio della sua stima: non posso frequentare il suo corso estivo!
–Ah, sì? Io, invece, ho la sensazione che ci andrai, ti farai valere e, una volta specializzata, abbandonerai il nido per unirti alla sua squadra. Non nego che mi mancherai: guardarti mentre ti cambi, specie quando ti chini per riporre le scarpe nell’armadietto, è uno spettacolo inimitabile!
–Mi prendi in giro?- sbraitò la Irving, punta sul vivo. –Sai benissimo che non posso permettermi i suoi seminari! Cos’è? Mi pungoli perché sei geloso che la proffa gli abbia segnalato te, ma poi ha preferito me?
–Un po’, ma mi è passata quasi subito: a differenza tua, sono un topo di laboratorio. Tu, invece, sei… beh, perfetta per quel lavoro.
–Basta, Franz, ti prego- piagnucolò. –E’ già abbastanza umiliante senza che ficchi il dito nella piaga. Ah, e piantala di guardarmi il culo mentre siamo in ospedale!
–Spiacente, non posso. Non posso non dare un’occhiata al tuo stupendo lato B perché lo trovo meravigliosamente eccitante, e non posso smettere di ripeterti quanto meriti di frequentare quel corso estivo perché, beh… sei stata ammessa!
Faith artigliò il foglio che le porgeva e lo lesse rapidamente, con incredulità crescente a ogni rigo.
–Sorvolerò sulla violazione della mia corrispondenza- esalò, alla fine. –Ehi, qui dice: “Costo di iscrizione e spese di soggiorno pagate”, ma io non ho pagato un bel nie... Franz! Cosa hai fatto?
–Ti ho, uhm, dato una lettera?
–Sii serio, cazzarola!- sbottò, sventolandogliela davanti agli occhi. –Hai pagato tu, vero?
–Sì- rispose lui, impassibile, come se gli fosse stato chiesto se era prevista pioggia per il giorno seguente.
–Ok, è ufficiale: hai perso qualche rotella. Sai quanto hai speso? Sai che non potrò renderteli subito? Sai che vivrò sentendomi in debito, ammazzandomi di straordinari finché non ti avrò ripagato? Perché agisci senza riflettere, cazzarola?
–E tu perché apri bocca senza riflettere? So che non puoi restituirmi subito i soldi, ti assicuro che non è un problema. Ti dirò di più: se me li restituissi, mi offenderei. Consideralo un regalo… posso fare dei regali alla mia donna?
–Questo non è un regalo, è..
–Un regalo- la contraddisse Franz. –Un omaggio al contenuto della tua adorabile testolina, se preferisci. Scusa, eh, se ti avessi dato un libro, un gioiello, un vestito, avresti pensato di rimborsarmi la spesa? No! Allora perché stai facendo tante storie? Sei il genere di donna che non ha bisogno di oggetti costosi per sentirsi importante, quindi ho deciso di investire in qualcosa di utile e fruttuoso… il tuo futuro.
–Guarda che a un bel vestito non direi di no.
–Lo so, ma considerati il tuo spirito d’indipendenza e la mia scarsa conoscenza di moda, è meglio se te li compri da sola- la zittì, prima posando l’indice sulle sue labbra, poi con un bacio. –Mi ricompenserai rendendomi orgoglioso di te, come hai sempre fatto. Adesso andiamo, c’è ‘Truman Capote: A Sangue Freddo’ su BBC 1, non voglio perdermelo!”
–Non abbatterti- mormorò Bridget, scoccando un’occhiataccia a Marcus, che stava mostrando il suo disappunto suonando il clacson a intervalli regolari. –Tu e il bel patologo dagli occhi di ghiaccio siete legati a filo doppio, e quel filo non si è spezzato: sono convinta che si è già pentito della stronzata che ha fatto, sta soltanto cercando il coraggio di chiederti perdono.
–Arrivo, eh, dammi un altro minuto!- gridò, rivolta all’uomo palesemente annoiato seduto al posto di guida, per poi aggiungere, piccata –La speranza è l’ultima a morire, ma non è immortale. Prima o poi la corda si spezzerà… spero che Franz torni sui suoi passi prima che sia troppo tardi.
–E su questa nota drammatica…- ironizzò Abigail per stemperare la tensione. –Tanta saggezza da parte tua è sorprendente, B. Di cos’è il merito, Vanity Fair?
–Cosmopolitan- rispose lei con sussiego.
Le altre due risero, poi Faith raggiunse Marcus, che si lagnò dell’attesa, inducendola a pensare: “Marc sembra migliorato, eppure continua ad avere un difetto insormontabile… non è Franz. E’ inutile mentire a me stessa: nessuno potrà mai sostituirlo.”

 
***

Robert aveva completamente rimosso quell’insulso regalo falso che i suoi amici (idioti) gli avevano dato il giorno del suo compleanno - prima del vero regalo, beninteso - per ridere a sue spese, finché non se l’era ritrovato per caso nella tasca di uno dei pantaloni che più detestava ( ma che, per chissà quali motivi, Harper adorava) mentre si rivestiva dopo una gloriosa scopata con la Meigs.
Ancora non riusciva a credere di averla fatta franca: da ormai tre mesi si divideva tra la dottoressa Meigs - sua collega e amante del primario, il dottor Brenner - e la sua ex storica - nonché sorella di uno dei suoi migliori amici, Harry James - Harper. Nessuna delle due sospettava alcunché ( a volte si trovava a pensare che era un vero peccato, un ménage a trois con entrambe gli sarebbe piaciuto immensamente), per sua fortuna: se la storia fosse venuta alla luce non avrebbe rischiato solamente lo scalpo, ma anche il posto.
“Non accadrà mai, sono troppo sicure di loro stesse per poter anche soltanto sospettare di non avere l’esclusiva! Ah, sono un genio!”, pensava ogni volta che si specchiava, ossia di frequente. Narciso Patterson sarebbe stato un nome più calzante.
Spinto dal tedio tipico di una sera vuota - sia Vanessa che Harper erano impegnate, in una cenetta romantica con l’amante ufficiale la prima, a fare da babysitter ai figli di suo fratello Harry la seconda - aveva deciso di usare quel buono: una lezione di ikebana non lo avrebbe certo ucciso… al massimo gli avrebbe fatto cascare le palle dalla noia, ma era preparato a questa evenienza: essendo medico non gli sarebbe risultato difficile fingere un malore e svignarsela.
Varcò la soglia della Scuola di Arti e Cultura Nipponiche con atteggiamento di sfida - “A noi due, fiorellini!” - rivolse il più smagliante dei sorrisi a una ragazza in kimono, la quale, molto gentilmente, dopo un inchino controllò che il buono non fosse scaduto e gli indicò l’aula di Ikebana.
Con suo enorme disappunto le uniche presenti che rientravano nei suoi standard di bellezza erano sedute vicine e parevano seriamente interessate al corso, non a lui.
“Idiote, non sanno che si perdono!”, pensò, stizzito, dopodiché occupò un posto in ultima fila, felice di avere una sedia libera alla sua destra quando entrarono, di seguito all’insegnante (anche lei in kimono) due donne: una biondina con le treccine - che, se non fosse stato per l’abbigliamento sportivo, avrebbe potuto benissimo interpretare Dorothy nel musical de ‘Il Mago di Oz’ - e una vera bellezza da copertina, appariscente e altrettanto poco vestita. Ringalluzzito, sorrise ammiccante alla bellona, che ricambiò con una strizzata d’occhio… prima di sedersi dal lato opposto della stanza.
–Ma porca…
–Ciao!- cinguettò l’anonima biondina, poggiò le natiche sull’unica sedia ancora libera. –Prima volta?
–Prima… volta?
–Sì, insomma… prima lezione- gli spiegò, arricciando le labbra nell’espressione tipica della maestra infastidita dal dover rispiegare un concetto che considera semplice.
–Oh, intendevi… sì, sì, prima volta… qui- pigolò Robert, vergognandosi della figura che aveva fatto; se voleva passare per stupido, ci era riuscito. –I miei, uhm, amici mi hanno regalato un buono per una lezione.
–Strano- commentò la sconosciuta. –In genere non giudico dalle apparenze, ma non sembri un amante dei fiori.
–Non lo sono- ammise lui. –Quei deficienti mi hanno fatto uno scherzo: prima un regalo che sapevano avrei detestato, poi, dopo che mi ero reso ridicolo fingendo che mi piacesse, hanno tirato fuori quello vero.
Inaspettatamente, la sua interlocutrice si coprì la bocca per non scoppiare a ridere.
–Che divertente! I tuoi amici sono un vero spasso! I miei, invece, sono così noiosi… colpa mia, naturalmente: gli amici, a differenza dei parenti, si scelgono, e io li ho scelti male. Prendi lei, per esempio- indicò la femme fatale che Patterson sperava di rimorchiare –Non capisco come mai abbia accettato di accompagnarmi, si vede lontano mille miglia che non mi sopporta!
–Ecco, a proposito della tua, ehm, amica…
–No, sì e ancora no- sbuffò la bionda, quindi spiegò –No, non è impegnata, sì, sei il suo tipo, e no, non ti aiuterò a rimorchiarla… non ne hai bisogno.
–D-Di rimorchiarla?- domandò, perplesso: conosceva quella donna da pochi minuti, e già era stufo di lei e del modo in cui lo faceva sentire un perfetto imbecille.
–Del mio aiuto- ridacchiò lei, scosse la testa e si volse a osservare l’insegnante, intenta ad acculturarli sui segreti dell’arte di disporre armonicamente i fiori. Al termine della lezione, accortasi dell’espressione da pesce lesso che stava riservando alla sua amica, sbottò –Santo cielo, ci sei o ci fai?
–Onestamente… non saprei- esalò Robert, allibito. –Di solito non sono… così. So cosa voglio e, se non fa la prima mossa, so come prendermelo.
–Si chiama “Madeleinite”, non sei il primo a soffrirne, oserei dire che nessuno dotato di genitali maschili ne è immune. Ne ha sofferto perfino il mio ragazzo, pensa un po’! Naturalmente quando l’ho scoperto è diventato ex, ma questa è un’altra storia.
–Che non mi interessa, specialmente perché posso capirlo: guardati, e guarda lei… non puoi reggere il confronto! Porca di una miseriaccia infame, non poteva sedersi… Madeleine al tuo posto?
–Apprezzo la sincerità, anche se brutale- replicò lei, flemmatica. –Oltre a sapere che mi reputi una schifezza, potrei sapere come ti chiami? Non mi piace farmi offendere dagli sconosciuti, tranne che in metropolitana o alla fermata dell’autobus.
–Guarda che non ti ho offesa!- sbottò. –Sei tu che mi hai provocato con la tua… parlantina criptica, le mezze frasi… bah, lasciamo perdere. Scusa se ho insinuato che sei una schifezza, non è vero… non del tutto, almeno: hai soltanto bisogno del giusto estimatore. Sei… un prodotto di nicchia, ecco!
–Oh, grazie!- celiò l’interessata, infondendo in quel ringraziamento tutto il sarcasmo possibile.
–Prego. Sono Robert, comunque. Patterson.
“Santo cielo, non sa cos’è l’ironia?”, pensò l’altra, prima di rispondere, imitando James Bond –Dispiaciuta di conoscerti, Robert Patterson. Il mio nome è Calder. Elise Calder.

 
***

Adam Cartridge, forse soprattutto grazie alla passione (mania, secondo alcuni) per i cruciverba, aveva un vocabolario ampio; eppure, in quel momento, stava fissando un nervoso Keith Allen senza riuscire a proferire parola.
–Io… io… sono senza parole- ammise, infine.
–Prova con le parolacce- ironizzò l’amico. –Insomma, Adam, di’ qualcosa! E giuro che se rispondi “qualcosa” ti spezzo le ossa una ad una!
–Scusa, non voglio mancarti di rispetto, ma… non posso crederci: hai provato a baciarla?
–Le intenzioni erano ben altre, ma sì, ci ho provato.
–Oh, Keith! Ti avevo consigliato di lasciar perdere!- sbottò Adam.
–Perché? Ogni lasciata è persa, ogni tentativo non tentato è un’occasione che do a chiunque altro di portarmela via!- replicò Keith, infervorandosi. –So come la pensi, che dovrei darle tempo per riflettere e capire che dovremmo riprovarci perché stavolta funzionerebbe, ma la verità è che non ho tempo: lei nega, ma l’ho capito… ha un altro.
–Questo l’avevo capito anch’io, veramente- asserì Adam con aria di superiorità. –Senza offesa, ma era piuttosto ovvio: Connie è troppo cambiata per non destare sospetti. Conosci il detto: “Se un uomo porta un regalo alla sua donna senza motivo, un motivo c’è”? Ecco, anni di convivenza sotto lo stesso tetto di Brian ne hanno prodotto uno simile: “Se la tua donna cambia guardaroba e taglio di capelli senza motivo, un motivo c’è”. La domanda, ora, è: chi è lui?
–No- obiettò Keith. –La domanda è: come lo metto fuori gioco?
–Non ti interessa scoprire di chi si tratta?
–No. Mi interessa solo Connie.
“A me interessa, però! Uffa! Vabbè, vediamo se riesco a smuoverlo un altro po’.”
–Perdona l’indiscrezione, ma… se ti interessa tanto, perché l’hai lasciata?- chiese Adam, rivelando di possedere almeno un tratto caratteriale in comune col cugino Ben: la tendenza a ficcanasare.
–Perché… non lo so! Adesso mi sento un completo idiota per averlo fatto, allora mi sembrava la cosa giusta. Mi sentivo in trappola: avevamo un rapporto troppo stretto per due ventunenni, secondo me, e il fatto che avessi avuto solamente un’altra ragazza oltre lei mi riempiva di dubbi; inoltre, ciliegina sulla torta, ero terrorizzato da quello che provavo: non mi piaceva l’idea che la mia felicità dipendesse dalla sua, che il suo umore potesse condizionare le mie giornate, che la sua assenza le rendesse vuote…
“In pratica, eri terrorizzato all’idea di esserti innamorato di lei. Complimenti, coglione!”, pensò Adam. Le parole che pronunciò, però, furono diverse.
–Questa l’ho già sentita… non è che tu e Nicky avete un cervello in due?- arricciò il naso quando Keith rispose con un gestaccio –Non ti scaldare, la mia era una domanda innocente. Ad ogni modo, se sei votato al martirio, perché di martirio si tratta, ti suggerirei di… svecchiarti un pochettino: sei troppo buono e gentile, sembri uscito da una pubblicità, non va bene!
–Cosa dovrei fare, secondo te, ammanettarla al letto, come in uno di quei libretti di serie Z che vanno per la maggiore?
–Se lei è consenziente… ok, ok, niente manette… per ora- sibilò Adam, fregandosi le mani. –Non ho l’esperienza di Brian, però una cosa la so: devi guardarla con occhi diversi. Dici di essere cambiato? Beh, pure lei, perciò piantala con questo atteggiamento da Principe Azzurro! L’hai sempre trattata come una bambina cresciutella, è questo il tuo sbaglio. Entra nell’ottica che hai a che fare con una donna, fatta di carne e ossa, non di porcellana, perciò non si romperà in mille pezzi se farai qualcosa di impulsivo e trasgressivo, ergo, buttati… naturalmente senza forzarla: è la tua ragazza, non una bambola gonfiabile.  
–Mai usate bambole gonfiabili- ridacchiò Keith.
–Neppure io! Era così, tanto per dire…
–Sicuro? Con me puoi confidarti, lo sai.
–Cos…? Keith!- sbraitò Adam, accalorandosi. –Non pensarci neanche! Non mi piace come comincia a lavorare quella tua testolina malfidata…
L’altro scoppiò a ridere.
–Tranquillo, amico, era così, tanto per dire.

 
***

Brian aveva deciso, dopo una litigata tremenda, di cucirsi la bocca: che Franz si rovinasse la vita assecondando i piani sconclusionati del suo fratello sciroccato, non erano affari suoi!
Esasperato da quella presenza costante, Weil sbottò –Avanti, su, fammi la predica, sennò non sei contento!
–Niente predica. Sei un uomo adulto, non ne hai bisogno, senza contare che non mi riguarda se vai con altre donne: hai lasciato Faith, tecnicamente sei libero.
–Ben detto- rispose l’altro, concentrato sui polsini della camicia. –Comunque, tecnicamente non vado con altre donne, ci esco e basta.
–Ti ripeto: non me ne frega- sbuffò Brian, tradito da una lieve nota ostile nella voce. –Se disapprovassi, stai pur certo che ti avrei già sbattuto fuori da casa mia. La vita è tua, vivila come meglio credi; se questo meglio è cercare di ingelosire la tua ex- sottolineò accuratamente “ex” –Compagna solamente perché un collega ti ha riferito di averla vista in compagnia del “gonfia-tette” col quale era stata per qualche mese quando tu ti ostinavi a snobbarla, allora va bene. Oh, dimenticavo: bella camicia!
Franz, che l’aveva scelta guidato dall’istinto, si accorse soltanto in quel momento quale fosse; furioso con se stesso e col mondo, Brian in primis, la tolse quasi con violenza e la scagliò contro il muro.
–Bastardo!- ruggì, mentre estraeva un’altra camicia dall’armadio. –Sai benissimo che era un regalo di Faith!
–Davvero?- celiò Brian, ostentando un’innocenza che non gli apparteneva, poi, sogghignando, augurò a Franz buona serata.
Weil raggiunse il ristorante ansioso e scettico: la cucina molecolare non lo attirava minimamente, e sperava che reminiscenze di Faith non mandassero a monte anche questo appuntamento, sua madre e suo fratello stavano perdendo la pazienza.
–Sei tu Franz?- annuì, inespressivo. –Oh, meno male: temevo di fare l’ennesima figuraccia!
Impiegò un paio di minuti ad esaminarla da capo a piedi: non era brutta, però non era il suo tipo; troppo muscolosa, troppo scolpita. Sebbene apprezzasse ordine e simmetria in ogni aspetto della propria vita, le donne gli piacevano… donne: curve voluttuose, forme generose, labbra carnose in cui perdersi, in un turbinio di godimento. Citando il suo amico Rafael Jimenez: “Los huesos se dejan a los perros” ( le ossa si danno ai cani).
Maledicendosi per non aver impedito ai suoi pensieri di deviare in “zona Faith”, rispose –Nessuna figuraccia, sono io. Allora, uhm, vogliamo accomodarci?
Vennero condotti, da un maître molto simile a un pinguino, attraverso una sala completamente bianca, asettica, al loro tavolo, apparecchiato per due e abbellito (si fa per dire) da due bulbi elettrici che emettevano un’inquietante luce aranciata, diversissima da quella delle candele. I timori di Franz si avverarono quando, stordito dalle chiacchiere della sua accompagnatrice, consultò il menu: non era un mangione, però amava la buona cucina, senza preclusioni di sorta…. ma c’è un limite a tutto, persino all’apertura mentale.
–S-Spuma di gusci d’uovo in cestino di alghe nere?- esalò, scioccato. –F-Frittata destrutturata? Noccioli di pesca all’olio di cocco?
–Ottima scelta, signore. Per la signora, invece?
–Eh? Ehi! Un momento, io non…
Fu tutto inutile: il cameriere prese le ordinazioni e fuggì, sordo alle proteste di un contrariato Franz, che ammise –Scusa, non vorrei apparire scortese, ma…
–Non sei abituato a questo genere di cucina. Tranquillo, tutti i neofiti partono prevenuti. Vedrai che, una volta assaggiati i piatti, ti convertirai alla cucina molecolare.
–Lo spero- concesse, sorridendo tentativamente. –Dopo, però, permettimi di offrirti un vero dolce: conosco una pasticceria dove preparano la miglior torta al triplo cioccolato del Paese, forse perfino del mondo!
La donna, di nome Celia, sbiancò, fissandolo come se indossasse la camicia di forza, e balbettò –C-Cioccolato? I-Intendi quel cibo insalubre grondante grasso?
–Intendo quel cibo paradisiaco che nasce dall’unione di cacao, burro di cacao, zucchero e latte. Se non ti piace troppo dolce, potresti provare il fondente…
Non l’avrebbe mai creduto possibile, ma quella semplice parola scatenò un putiferio nel suo cervello, riportandogli alla memoria uno dei momenti più magici della sua storia con Faith.
“–Ti piace il cioccolato?
–Da morire!
–Ti piace tutto allo stesso modo, oppure hai delle preferenze?
–Detesto il cioccolato bianco - privo di cacao, che razza di cioccolato è? - tollero a fatica quello al latte, adoro il fondente.
–Perciò, se dovessi metterti davanti una tavoletta di cioccolato bianco, al latte e fondente, mangeresti soltanto la terza?
–Sì- rispose Faith, perplessa: dove voleva andare a parare il suo fidanzato?
–Non ti stancheresti mai di mangiarlo?
–Mai. A volte un’intera tavoletta, altre un quadratino solo, ma non posso farne a meno. C’è qualcosa che mi attira verso il fondente e mi fa disdegnare il resto; forse il retrogusto amarognolo, forse la sensazione voluttuosa di quando si scioglie sulla lingua…
Franz ridacchiò e la interruppe, prima che gli venisse di nuovo fame.
–E’ così che mi sento con te: sei il mio personale cioccolatino fondente. C’è qualcosa che mi attira irrimediabilmente verso di te e mi fa disdegnare le altre; forse l’organo che hai tra le orecchie, forse la tua linguaccia, forse, ehm, le “gemelle”. Certo, mi guardo intorno, ma non vedo, perché so cosa perderei se uscissi dalla mia vita.”

–Ti senti bene?- domandò Celia. –Hai una faccia…
–Io… no, non sto bene- sospirò, bramoso di tornare a casa. –E’, ehm, meglio che vada. Goditi la frittata decomposta e i noccioli di pesca. Buonanotte- uscì dal locale e chiamò suo fratello. Senza dargli tempo di rispondere, esclamò –Chiedi scusa a Serle da parte mia, però non poteva funzionare: se ami alla follia il fondente purissimo non puoi apprezzare il cioccolato al latte!
–Eh? Hai la febbre, per caso?
–Certo che no!- sbuffò. –Stavo semplicemente ripensando a una conversazione avuta con Faith. Perdonami, Xandi, ti ringrazio per l’impegno, ma ho appena compreso di essere stato cieco finora: la mia Faith è unica e irripetibile, voglio stare con lei e nessun’altra, e se questo significa accogliere un moccioso urlante nella mia vita… pazienza!
Contro ogni sua previsione, Alexander non cercò di dissuaderlo, né pronunciò una delle sue solite battute fuori luogo, si limitò a un sentito –Evvai! Ci sei arrivato, finalmente!
–Sì.
“Finalmente.”

Note dell’autrice:
Il capitolo è un po’ più lungo del solito, spero non vi abbia creato problemi. Mi dispiaceva dividerlo, sono convinta (ma siete liberissime di contraddirmi) che questi eventi andassero raccontati insieme.
Cominciamo dalla fine: Franz ha aperto gli occhi… finalmente! W il cioccolato fondente, che gli ha mostrato la retta via. Peccato lo aspettino prove durissime: Faith non gliela farà passare liscia.
Anche per lei un “finalmente” ci sta tutto: ha capito che è inutile crogiolarsi nel passato, bisogna pensare al futuro, e il suo futuro sono Franz e il futuro moccioso urlante. 
Vi erano mancate Abby e Bridge? A me tantissimo, sono stata felicissima di poterle inserire, insieme a Faith formano un trio scoppiettante! Ora c’è da vedere cosa succederà alla famigerata festa… forse la Irving non avrebbe dovuto lasciare l’organizzazione in mano a loro. XD
Pure Connie e Keith, con l’aiuto dei loro angeli custodi, ehm, migliori amici, stanno imboccando la giusta direzione… forse. Con questi testoni non si sa mai!
E Robert? In che guaio andrà a cacciarsi? Il bel ginecologo non sa stare senza incasinarsi la vita, ma è anche per questo che lo amiamo/odiamo! ;-)
Comunicazioni di servizio: il primo flashback è inedito, il secondo è tratto dall’epilogo (capitolo 29) di “Dr. Irving, M.D.”, mentre i piatti della cucina molecolare li ho inventati io: cercavo qualcosa di disgustoso, e la mia mente ha partorito questi piatti. Chissà, potrebbero pure essere buoni… ma ne dubito…
Au revoir!
Serpentina
 
   
 
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