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Autore: Ciuffettina    25/11/2014    7 recensioni
Un neonato di poche ore e un arcangelo inesperto, decisamente una brutta accoppiata
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gabriel, Metatron, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il dietro le quinte della Bibbia'
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Dopo essersi procurato varie strisce di lino, Gabriel ricomparve nella grotta, dove il marmocchio urlava a pieni polmoni. “Mi sa che il fattaccio è già successo!” Infatti…
«Ma come fa un cosino grazioso come te a produrre una sostanza così nauseabonda?» Stava per schioccare le dita per far sparire quella schifezza, quando si bloccò esitante: una delle prime cose che gli avevano inculcato fino alla noia era che gli umani erano fragili (bastava pensare che le normali pacche in mezzo alle ali, con le quali salutava i suoi fratelli, avrebbero potuto spezzare la spina dorsale a un umano) e Gabriel aveva il sospetto che i loro piccoli lo fossero ancora di più.
«Forse non è prudente usare i miei poteri su di te… Accidenti, che situazione!» Prese il piccolo e, mentre lo sosteneva con un braccio, con la mano libera schioccò le dita per far scomparire le tracce di quella porcheria dal cestino. Aveva visto fuori dalla grotta, poco lontano, una sorgente, afferrò le bende e il papiro e si rivolse ad Abram: «Pensa come sei fortunato! Non a tutti gli umani capita di farsi dare un passaggio da un arcangelo.»
Per fortuna il marmocchio aveva smesso di piangere e Gabriel si diresse volando verso l’uscita per atterrare poi vicino alla fonte. S’inginocchiò vicino alla riva, immerse una delle bende nell’acqua e, tenendo il neonato appoggiato sul braccio, la usò per ripulirlo.
Il piccolo ricominciò a strillare come un’aquila.
«Oh, per la miseria, neanche ti stessi scannando!» Lasciò cadere a terra lo straccio, schioccò le dita per farlo tornare nuovo, poi lo usò per asciugare il bambino che continuò a protestare. «Beh vediamo un po’ come vanno messi questi affari.» Depose Abram per terra e stava lì inginocchiato con una delle strisce in una mano e il papiro nell’altra, quando si ritrovò accecato da un liquido caldo e puzzolente. «Accidenti! Non potevi farla prima?» brontolò Gabriel, asciugandosi la faccia. Prese una delle strisce e cominciò a drappeggiarla intorno al bacino del pupo.
«Ecco qui!» esclamò dopo qualche minuto soddisfatto ma appena lo prese in braccio, tutto il suo lavoro scivolò a terra. “D’accordo Gabriel, sei un arcangelo, hai affrontato di peggio, puoi farcela.
Stavolta fece degli strappi alle estremità in modo da formare dei legacci e ci riprovò. «Ti sfido a sfilarti di nuovo… Beh, che ti prende adesso?» chiese ad Abram che aveva ripreso a urlare. «Per la miseria! Te l’ho legato troppo stretto!» Cercò freneticamente di sciogliere i lacci, mentre il pupo gli strepitava nelle orecchie, finalmente riuscì a liberarlo da quella trappola e lo prese in braccio, accarezzandolo sulla schiena. «Perdonami, piccolo! Non l’ho fatto apposta!» “Il mio primo protetto e riesco solo a farlo piangere… Metatron mi ucciderà… Ultimo tentativo.” Rimise giù Abram che gli sferrò un calcio sul naso. «Come sei permaloso! Ti ho già detto che non l’ho fatto apposta!»
Ricominciò a drappeggiare la stoffa intorno al bacino del marmocchio e glielo legò con più attenzione.
«Come te lo senti? È troppo stretto?» Visto che non aveva ricominciato a piangere, disse: «Lo prenderò per un no.» Lo prese in braccio e lo riportò alla grotta, depositandolo nel cestino. Per fortuna il piccolo dopo qualche minuto si riaddormentò e Gabriel poté andarsene non prima di aver messo una barriera di protezione all’entrata della grotta.

Ricomparve qualche ora dopo per la poppata, era verso sera e si accorse che l’aria si era rinfrescata, non sentiva freddo ma sapeva che c’era e con il passare delle ore sarebbe solo peggiorato. Mentre allattava Abram, esaminò la copertina in cui l’aveva avvolto sua madre: del tutto insufficiente.
Non posso far surgelare il mio protetto… Ma com’è complicato questo incarico! Mi è venuta un’idea! Tanto di notte non hanno mai bisogno di me in Paradiso.” Finita la poppata e dopo avergli fatto fare il ruttino, lo rimise nel cesto, poi si sdraiò bocconi accanto a lui e aprì l’ala sinistra più piccola per coprirlo.
Gli angeli non dormono, sicché Gabriel cominciò a fantasticare finché… “Ma si svegliano anche di notte ’sti cosi?
Uno dei molti vantaggi dell’essere un angelo era la visione notturna, perciò, nonostante avesse le ali spente, Gabriel vedeva chiaramente il suo protetto.
«Va bene, va bene, ora ti allatto… e ti cambio…» aggiunse dopo aver annusato meglio l’aria. E questo successe molte altre volte…

«Devo andare ora, ci sono le lodi mattutine» gli disse, dopo la poppata dell’alba, rimettendolo nel cestino e sfiorandogli con un dito il palmo della manina, subito Abram glielo afferrò, senza più mollarlo.
Cercando di sfilare il dito, gli chiese sorpreso: «Vuoi che rimanga?»
A quanto pareva sì.
«Sai piccolo? In fondo non sei male…» gli disse, prendendolo in braccio.
«BUARGH!»
«Come non detto… devo proprio andare, non vorrei che quelli dei Piani Alti mi inceneriscano, ci vediamo dopo!» Lo rimise nel cestino e sparì con un frullio di ali.

*****

Spero che si capisca che Gabriel è convinto che Abram, nonostante non sappia parlare, capisca tutto quello che lui gli dice.
   
 
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