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Autore: benzodiazepunk    25/11/2014    4 recensioni
13 racconti per 13 anni, 13 piccole immagini di momenti di vita quotidiana.
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«Dobbiamo decidere cosa fare del nostro futuro» affermo.
«Come possiamo saperlo? Siamo solo dei bambini» sbotta lui alzando gli occhi al cielo.
«Io voglio diventare famoso» decreto, senza nemmeno ascoltarlo. «E tu diventerai famoso insieme a me»
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«Questo è il nostro sogno. Non è sbagliato inseguire i propri sogni» affermo con un tono sicuro che mi fa quasi sobbalzare perché è quello che usa Bill quando la questione “è così punto e basta”.
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Mi devo operare, e questo già di per sé è una cosa orribile.
Mi devo operare alle corde vocali, e nessuno che non sia un cantante può davvero capire cosa significhi.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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18 Settembre 2005 – Tom
 

Nel buio sento mio fratello che finalmente si infila nel letto; penserà che io stia dormendo a quest’ora. E invece me ne sto qui a fissare il soffitto nero della stanza d’albergo che condivido con lui, chiedendomi cosa diavolo fa nella hall fino all’una di notte e sognando e immaginando il giorno di domani, la prima data del nostro nuovo tour.
Ammetto che ho paura.
Bill non lo nasconde, ogni volta che facciamo un live è teso come una corda di violino e nelle ore precedenti l’esibizione diventa intrattabile; poi inizia a girare di qua e di là incapace di stare fermo e tutti capiamo che è entrato in modalità panico pre-spettacolo.
Io sono quello che cerca di tranquillizzarlo perché, modestamente, sono l’unico che ha un minimo di ascendente su di lui in quei momenti; non entro mai nel panico, non mi preoccupo mai e questo è in parte vero. Non mi preoccupo perché la mia musica l’ho scritta in buona parte io, non mi preoccupo perché Gustav e Georg saranno lì con me a darmi il tempo, a guardarmi e a comunicare con me con il nostro alfabeto di sguardi, non mi preoccupo perché so che Bill non sbaglierà, come invece lui teme.
«Billy» lo chiamo nel buio, e sento che lui si volta nella mia direzione.
«Sei ancora sveglio?»
«Disse quello che torna in camera all’una di notte» gli rispondo.
«Stavo giù a chiacchierare»
«Con chi?» mi sfugge anche se forse non sono affari miei.
«Con il barman. Mi ha chiesto se è vero che siamo qui per un tour e abbiamo parlato un po’. Sono preoccupato per domani»
«Anche io» affermo asciutto.
Sento che Bill si alza appoggiandosi su un gomito. «Veramente?» mi chiede, una nota quasi incredula nella voce. Poi ridacchia nervosamente. «Era ora, mi sembrava di essere sempre solo io il cretino che ha paura del palco»
«Non sei solo tu, è solo che sei talmente agitato, ogni volta, che non ci sembra il caso di farti sapere che anche noi siamo in ansia. Bastano e avanzano i tuoi, di scleri, sai»
«Oh. Mi dispiace di fare questo effetto, siate pure terrorizzati anche voi quanto volete almeno non mi sentirò solo» Il suo sorriso a trentadue denti brilla nel buio e io sorrido involontariamente.
«Allora te lo dico fin da subito. Me la sto facendo addosso in vista di domani, ho una paura stramaledetta»
«Fa niente Tom, fa parte del gioco» afferma rimettendosi sdraiato e facendosi un po’ più vicino a me. «Arrivare su quel palco carichi di adrenalina, anche dovuta alla paura, è uno dei fattori indispensabili per un concerto. Siamo noi che ci siamo ficcati in questo casino dell’essere cantanti, ora ci dobbiamo beccare tutte le pastiglie»
«Ma non è poi così male» borbotto, pensando che definire la paura del palco addirittura pastiglie amare sia un poco esagerato.
Bill ride silenziosamente. 
«Vedi che allora facciamo il lavoro giusto?»
«Non potremmo fare nient’altro» gli rispondo. Lui mi si avvicina ancora, arrivando a sfiorarmi sotto le coperte.
«È quello il nostro posto, ed è il posto giusto. Ogni tanto mi domando se siamo pazzi o cosa, con tutta quella gente che ci attacca su internet e ci manda lettere, a insistere a fare la nostra musica; mi chiedo se forse non hanno ragione. Siamo solo ragazzini, forse è vero che vogliamo fare i grandi a tutti i costi e che ci stiamo infilando a forza in un mondo che non ci appartiene, ma poi vedo voi, Georg, Gustav, anche David che a volte è più entusiasta di noi, ma soprattutto tu, sai, e me ne accorgo benissimo che è la cosa giusta, tutto mi torna chiaro in un lampo»
«Questo è il nostro sogno. Non è sbagliato inseguire i propri sogni» affermo con un tono sicuro che mi fa quasi sobbalzare perché è quello che usa Bill quando la questione “è così punto e basta”.
«No» sorride nel buio. «Non è sbagliato cercare di essere felici»
Si piega un po’ da un lato e appoggia delicatamente la testa alla mia spalla.
«Poi mi dovrai spiegare perché ci hanno dato una matrimoniale e non una doppia» borbotto, ma intanto anche io piego la testa e la appoggio alla sua.
«Forse lo sapevano che avremmo avuto paura, questa notte» sussurra. Non faccio tempo a rispondere nulla, perché mio fratello, al sicuro accanto a me, già dorme.

  
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