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Autore: Marina Bastiani    25/11/2014    0 recensioni
L'amore di una madre non si ferma mai, anche dopo la sua scomparsa.
L'amore di una madre può essere tanto forte da spingerla a lasciare un segno.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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Eravamo in macchina e stavamo litigando, come sempre in quest’ultimo periodo.
Il nostro matrimonio stava cadendo a pezzi, la nostra lunga storia d’amore si stava lentamente sgretolando.
“Facciamola finita qui, tanto ormai non vale più nulla continuare a stare insieme.” mi disse rabbioso.
Lo guardai stupefatta: “Ma nostro figlio? Non pensi a lui?”. Una lacrima si affacciò dalle palpebre.
Prima che potesse rispondere un fascio di luce attirò la nostra attenzione.
“Attento!” gridai. Un’auto ci stava venendo addosso.
Mio marito girò lo sterzo e  finimmo per schiantarci contro il guardrail che non trattenne la forte spinta della macchina, facendo finire il veicolo in un cantiere sulla strada di sotto.
I nostri corpi, schiacciati dai ferri, erano separati da una lamiera che nonostante tutto non impediva alle mani di avvicinarsi.
Afferrai la sua e la strinsi forte, consapevole che sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei toccata.
Girai faticosamente lo sguardo verso di lui.
Sorrisi tra gli spasmi che mi opprimevano il polmone, lentamente si stava riempiendo di sangue.
“Amore…” sospirai “sopravvivi e prenditi cura di nostro figlio, amalo come se l’amassi io, non lasciarlo mai solo, sostienilo nei momenti di bisogno e non pensare al male che ti farò in questo momento. Io vi ho amato, vi amo e vi amerò per sempre.”
Chiusi gli occhi e mi feci cullare dalla dolce pace donata dalla morte, quella pace che si può ricevere per grazia solo una volta nella vita.
Gridava e singhiozzava l’unico uomo che accanto a me avessi mai desiderato.
Ma ormai era troppo tardi, non potevo più sentire.
Sapevo che questo sarebbe stato il mio destino.
Così mi librai nel freddo gelo di quella funesta notte.
 
/////
 
Oggi è il suo anniversario.
Da ore guardava le foto che avevano scattato insieme, tutti quei bei ricordi con quella persona che nel giro di istanti gli riempiva la mente. Non lo faceva solo oggi, lo faceva tutti i giorni, in ogni momento che aveva disponibile. Era l’unica che avesse mai amato, abbandonò persino la sua più grande passione per non abbandonare quel poco che le rimaneva di lei.
Quella persona che purtroppo non era più qui e che io a malapena avevo conosciuto.
Morì quando avevo più o meno 5 anni.
All’inizio mi dissero che era andata via da casa per lavoro.
Più tardi mio padre mi raccontò la verità: un brutto incidente stradale, di cui non si è dato ancora pace.
Io non l’ho mai perdonato, perché in realtà non ce n’è bisogno.
Nonostante tutto è stato sempre molto distaccato da me, una presenza effimera, un controllo di poco affetto e tanta serietà.
A volte vorrei che mia madre fosse qui.
A volte lo dice anche lui.
 
Tornai a casa dopo una lunga giornata di scuola.
Insieme a me entrò in casa una bellissima ragazza: magra, bionda e occhi azzurri, lo stereotipo della classica “ragazzina della porta accanto” di cui nessuno avrebbe mai sospettato un presente fatto di sesso, alcol e maria.
Mosse i capelli con una mano, con quella mossa sicura e sinuosa che tanto mi piaceva.
Solo io potevo dirlo con certezza che quella era la mia ragazza.
La guardai intensamente e altrettanto la baciai.
Le cinsi i fianchi e la portai in camera mia dove la buttai sul letto, cominciando a baciarle spasmodicamente il collo con desiderio. Mi piaceva sentirla ansimare; ma di più amavo sentirla godere tra le mie braccia.
Durante, urtai col piede il comodino e feci cadere qualcosa dalla mensola.
Mi girai per vedere cos’era: la cornice che conteneva una foto di me e la mia mamma al mare si era aperta e da essa usciva un fogliettino bianco.
Rimasi a fissarlo per un momento poi una voce mi destò: “Che succede?”
“Aspetta un attimo.” le dissi.
So che mi prenderete per uno scemo ma sentivo che era una cosa importante.
Così mi chinai e raccolsi il foglietto, lo apri e delle parole in lingua antica si delinearono sulla carta:
“Guarda la X, so che l’hai sempre vista. Adesso girala.”
Mi voltai verso la parete della mia stanza, ricordandomi che in uno dei massi del muro c’era realmente incisa una X, uno di quei massi che quando sei malato e ti annoi ti metti a fissare; sempre se abiti in una vecchia casa come la mia.
La ragazza seduta sul letto mi guardava sempre più perplessa, cercando di seguire i miei movimenti.
Alla fine, in uno dei tanti ciottoli del muro, trovai il fantomatico indizio. Lo girai come diceva il biglietto, prima da una parte e poi dall’altra, finché non si dischiuse.
Una busta da lettere di colore giallo sbucava da quel piccolo nascondiglio per nidi di ragni.
L’estrassi e strappai il bordo per ricavarne il contenuto. Un foglio bianco sbiadito dal tempo era lì che aspettava di essere letto.
Una grafia confusa si stagliava davanti ai miei occhi:
“Ciao Amore, sono tua mamma.
Quando leggerai questa lettera sarò andata via da molto tempo e tu sarai abbastanza grande per capire le prossime righe.
Mi dispiace averti abbandonato e ancor di più mi dispiace non averti visto crescere.
Ti sarai sentito molto solo ma spero che papà ti abbia seguito bene, sono sicura che è stato un uomo fantastico. Mi fido di lui ma per favore non dirgli niente riguardo a questa lettera, non vorrei che se la prendesse a male perché non gli ho lasciato nulla.
Lui è stato il grande amore della mia vita e tu sei stato la conferma di ciò che fra noi due è realmente esistito.
Sei stato il miglior regalo che lui mi abbia mai potuto fare.
Piccolo mio, in realtà sapevo già che il mio momento sarebbe arrivato presto e mi ero preparata a lasciarti un ultimo ricordo “vivo” di me.
Non voglio mancarti per sempre, non voglio scomparire dalla tua vita, non ho potuto esserci ma avrei tanto voluto.
E ricordati anche che ci sarò sempre, in qualunque momento.
Pensami, e io sarò lì accanto a te anche se non potrai vedermi.
Pensami, e io sarò viva tra i tuoi ricordi.
Purtroppo lo spazio sta finendo e il mio tempo sta per scadere, non rimarrò qui a scrivere ancora per molto, il piccolo “te” mi sta chiamando.
Con tanto amore,
quello che solo una madre può dare.”
 
/////
 
Tornai a casa dopo una lunga giornata di lavoro.
Insieme a me entrò una ventata gelida di Novembre.
Poi dei suoni anomali provenienti dalla camera di mio figlio attrassero la mia attenzione.
Mi levai il giacchetto e lo posai ordinatamente su una delle poche sedie della cucina e mi avvicinai alla porta della sua stanza.
Sbirciai all’interno e vidi mio figlio piangere su un foglio e una ragazza, quella che doveva essere la sua fidanzatina, abbracciarlo amorevolmente.
Quel momento mi riportò alla mente la mia adolescenza e i momenti passati con sua madre, quando lei piangeva sulla mia spalla in cerca di conforto.
Anche lei aveva avuto un’infanzia piena di dolore e di vuoto lasciato dalla perdita del padre.
Loro due erano uguali, il ragazzo era l’ultima cosa che mi era rimasto di quella bellissima donna che avevo amato e che avevo perso.
Mai avrei permesso che anche lui se ne andasse tanto dolorosamente, a costo di soffocarlo con le mie preoccupazioni e i miei metodi severi.
Allo stesso tempo però me ne allontanavo, era identico a sua madre e vederlo ogni giorno mi riportava alla mente lei, e mi faceva soffrire.
E io avevo paura di soffrire.
Ma guardandolo piangere non trattenni il mio cuore e andai da lui, allungai le braccia e cinsi entrambi, stringendoli a me in una morsa protettiva di cui una madre sarebbe stata fiera.
   
 
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