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Autore: Fujiko_Matsui97    25/11/2014    5 recensioni
[...] Forse quel visitatore anonimo era la sua soluzione di riscatto, forse una possibilità esisteva ancora per far sparire le bruciature, per far tornare vivida nei tratti del volto la sua ossessione, la fiamma che lo faceva sentire vivo.
-Io sono Kira.-
Beyond Birthday si rilassò dopo quella voce fredda proveniente da dietro le sue spalle, gli occhi sanguinei che si riaprivano spontaneamente per tuffarsi nel cielo invernale fuori la finestra a sbarre, macchiato di nero, un sorriso che si dipingeva di nuovo su quel volto scarno.
Davvero molto, molto divertente.
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Beyond Birthday è tornato. Ma stavolta Elle non è solo.
Genere: Erotico, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Beyond Birthday, Matt, Mello, Near, Un po' tutti | Coppie: L/Light
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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-Oui, miel, ça va, je suis juste un peu en retard!- il veloce rumore dei tacchi sulle assi di legno

[si, tesoro, è tutto apposto, sono solo un pò in ritardo!]*

invadeva la villa, mischiandosi non sgradevolmente all'intenso profumo di gelsomino che l'elegante signora indossava ogni mattina.

La ragazza, seduta sullo sgabello basso in una posa pudica, miscelava i colori sulla tavolozza, cercando la sfumatura perfetta con la punta del pennello scuro, lentamente come stesse assaporando una poesia.

-Linda, cher, sarò di ritorno questa sera, tu per favore fa' quello che ti ho chiesto, ce est bien?-

-Certo, signora.- sorrise mite l'interlocutrice bionda, i capelli lasciati sciolti solo vicino alla nuca e che arrivavano fino alla schiena conferivano a quest'ultima, fasciata dal maglioncino bianco, un aspetto romantico.

Lilian Duster non aveva mai confessato a nessuno il suo vero nome: da quando era uscita da quell'orfanotrofio un anno prima aveva lasciato che la sua sfacciataggine uscisse raramente, lasciando che una forma leggera di prudenza prendesse il suo posto.

Osservò quasi in trance come il blu avvolgeva il viola, raggiungendo dopo poco l'indaco desiderato: doveva saper riprodurre il vestito della piccola Marie alla perfezione.

Il successo come pittrice era arrivato contemporaneamente all'impiego in casa dei Monroe: la donna era un giudice inflessibile e dalle rigide abitudini, come tutti gli esponenti della giustizia, dopotutto.

Tuttavia, si era subito affezionata a lei e, una volta captata la sua bravura con i bambini, aveva deciso di assumerla a tempo pieno anche per i piccoli servizi quotidiani, oltre che come ritrattista di famiglia.

Si, ritrattista: Linda pensava fosse una pratica ormai abbandonata dal tempo dei nobili napoleonici, tuttavia molti ricconi ancora allora si divertivano a far sentire i figli come dei principini, talvolta.

Se non avesse saputo che brava donna fosse la signora Melinda, avrebbe senza dubbio provato un pizzico di pena e forse anche disprezzo per lei, ma così non era.

A distanza di anni, poteva dire di non rimpiangere quasi nulla della Wammy's House grazie al tepore di quella casa e dei suoi abitanti, con quelle tre pesti e la donna divorziata e che si ostinava a parlare in francese nonostante stessero a Londra, solo per dimostrarsi fiera delle sue origini.

Quasi nulla... perchè in realtà c'era una sola cosa che rimpiangeva, nonostante tutto.

Una volta adocchiato lo chignon bruno della donna uscire dalla porta d'ingresso, sospirò, riprendendo a ritrarre: -Andres, se non stai fermo non riuscirò mai a finire il dipinto!- riprese il bimbo che tentava di stropicciare il vestito dell'urlante sorella, invano.

-Lilly, ehi, Lilly!-

-Quante volte ti devo dire che mi chiamo Linda? Lilly sembra il nome di un cane...- mugugnò la ragazza, i cui biondi codini da sopra gli occhi nocciola erano stati sciolti da un pezzo per fare posto a dei lunghi e mossi capelli sciolti sulla schiena, legati solo nella loro parte superiore in un piccolo chignon: -Linda, penso che Andres voglia la torta che ci hai promesso.- ghignò Marie, lasciandole un'espressione perplessa sul volto: -Oh, e quand'è che vi avrei promesso una torta?-

Dinanzi agli sguardi imploranti dei tre, sospirò nascondendo un sorrisetto: -E va bene, se fate i bravi e mi fate finire il dipinto prometto che stasera ve la porto... ma non ditelo a vostra madre: se viene a sapere che avete mangiato fuori pasto come minimo mi ammazza!-

Le sue ultime parole furono coperte da urletti gioiosi, che non riuscirono a farle nascondere una risatina allegra.

Aveva passato tutto il pomeriggio restante a mettere d'ordine il salone e a preparare la cena per i ragazzi, la mente concentrata sui suoi impegni fino a sera, guardò l'orologio: erano già le 22:00!

-Ragazzi, esco un attimo a prendere la torta, ve la sentite di restare qui?-

I tre, lobotomizzati davanti ai cartoni animati, a stento risposero e Linda, avvolta con una sciarpa la pelle freddolosa, si apprestò ad uscire raccomandando loro di non muoversi.

Uscì dal cancello spedita, le mani nelle tasche osservando perplessa la strada semideserta: doveva far presto prima che chiudessero anche gli ultimi negozi...

-Accidenti, troppo tardi!- sussurrò, il respiro condensato nel gelo, mentre notava abbattuta la sua pasticceria preferita chiusa. Ora le sarebbe toccato andare da Murphy's... bhe, avrebbe allungato un po', ma non era il caso di preoccuparsi.

Un po' affaticata dalla corsa finalmente arrivò, trovando il negozio aperto: pagò e ringraziò cordiale e uscì, il pacco di media grandezza stretto fra le mani.

-Chissà se il film è finito... spero non abbiano troppa fame, quelle pesti!- sorrise contenta, immaginando i loro occhi colmi di gioia dinanzi al dolce che avrebbe presentato una volta a casa.

Arrivata davanti alla villa, alzò perplessa il sopracciglio vedendo le luci esterne spente, l'abitazione immersa nel buio: -Forse Pottie ha ricominciato di nuovo ad abbaiare...- constatò, seccata da quel cane del vicinato fissato con le loro illuminazioni esterne, che ogni sera si piantava lì a seccarli, forse vedendoci qualche mostro riflesso sull'erba... chi può saperlo?

Si stupì del silenzio una volta raggiunta la porta d'ingresso, che aprì senza esitare.

La casa era immersa nel buio più totale, il vento gelido la trapassava da parte a parte, stordendola mentre con un rumore cigolante apriva la serratura di casa.

Linda vide la propria ombra proiettata stilizzata e poco nitida per la notte sull'ingresso, e un improvviso senso di sconcerto la avvolse.

I contatti spenti, la casa immersa nel silenzio obliquo della luna... Cosa diamine stava succedendo?

Sentiva il battito rimbombarle nelle orecchie mentre si sforzava di far passare la paura: senza dubbio i bambini erano già andati a letto per il suo ritardo, oppure forse un blackout..?

Non volle subito accendere la luce per evitare di svegliarli, se si fosse trovata davanti alla prima situazione: -Minnie? Marie, Andreas? Vi ho portato la torta!- annunciò allegra, ma la voce sottile per la paura tradiva il suo vero stato d'animo.

Dall'altra parte, nessun suono scosse l'aria, nemmeno un sospiro di fastidio per il sonno interrotto.

-Ragazzi..? Oh, andiamo, smettetela con questi stupidi scherzi, non attaccano, lo sapete!- Avvicinò le dita sull'interruttore ma, invece della fredda e dura plastica, interagì con un contatto molto più... umano.

Schizzò dalla paura lasciando cadere con un tonfo sordo la scatola, fiondandosi al centro della stanza, gli occhi sbarrati di fronte al contatto innaturale di quelle dita gelide: -CH-CHI C'È?!- urlò con la voce isterica, graffiata, mentre la pelle strideva a contatto col pavimento gelido.

Niente la beffò, nemmeno un'ombra.

-Vieni fuori, avanti! Oppure..!- mentre minacciava, con mani spasmodiche frugava nella borsa, tirando finalmente fuori quello che cercava.

La luce artificale e potente della torcia illuminò potente la stanza, e Linda pregò di morire seduta stante pur di non rivedere per un attimo ancora quella visione.

 

 

 

 

Quando Mello rientrò nel covo era ormai notte fonda, i passi che nemmeno in quel momento avvertivano il peso della stanchezza... o forse imploravano pietà ma il proprietario non li ascoltava, troppo preso dalla vendetta e dall'adrenalina di ogni giorno che combatteva furiosamente per un posto di prestigio nelle sue vene, sfiancando il corpo sottile ma robusto.

Richiusa la porta che dava sul sotterraneo, ignorò bellamente lo spettacolo che gli si prostrava davanti, con alcolici nei bicchieri pregiati e il divano a stampe animalier illuminato dall'aristocratica luce del lampadario in cristallo.

Cosciente di ogni sguardo si diresse senza una parola nelle sue stanze; le donne dei membri dell'LSK gli rivolsero un'occhiata ricca di bramosia prima di essere costrette a rivolgere l'attenzione ai loro partners, nuovamente.

Le chiacchiere e le risate continuarono sotto l'odore pungente del sigaro, e non si interruppero nemmeno quando Rodd Los scolò l'ultimo sorso di tequila battendo forte sul tavolo il bicchiere, alzandosi e allontanandosi dagli altri con aria seria.

 

 

Mello si strofinò forte le tempie con l'asciugamano, migliaia di goccioline che imperlavano la base del collo e una piccola parte dei pettorali che giaceva sotto la luce squallida del neon; dirigendosi ancora bagnato sulla testa nel salotto privato, si sedette pesantemente sul divano, accendendo il computer.

C'era qualcosa da quella mattina che non gli dava pace, che non gli faceva ammettere che avesse sbagliato tutto... ci doveva essere qualcosa, un qualsiasi collegamento: Beyond non poteva lasciare certi indizi per caso!

Con calma e sangue freddo, smontò l'arma fino a ridurla come la prima volta che aveva notato l'indizio: come sempre, la scritta rossa luccicava nella penombra della stanza.

-Cazzo...- sussurrò, gli occhi fiammeggianti nello sforzo di pensare;

Cosa farebbe Elle al mio posto?

LA00987...

Non poteva essere quel professore. Troppo stupido... troppo ubriacone per pensare qualcosa di decente in quella testa calva.

LA00987.

Forse era quel mafioso? Ma no, no, no! Era dell'ambiente, dannazione! Troppo esposto, troppo spaccone e troppo estroverso... troppo tutto.

LA00987!

Quel banchiere era impaurito, chi non lo sarebbe stato? Ma c'era qualcosa nei suoi occhi... consapevolezza? Di cosa: una morte certa o un segreto che poteva uscire allo scoperto?

Mello scattò in piedi, i fogli che teneva in grembo con le notizie degli indiziati scivolati a terra con un folle fruscio, lo sguardo allucinato: e se il codice non volesse significare necessariamente un indirizzo?

Banchiere, banchiere... soldi, o qualcosa di più nascosto?

Una cassaforte.

Quando il lampo inquieto si dissolse nelle iridi cerulee di Mello, il suo volto si distese in un ghigno bramoso.

Fanculo, Near.

Avrebbe scommesso la sua anima dannata che l'albino stesse ancora vivendo nel panico di quell'assassino senza ribellarsi, mentre lui si sentiva più vivo che mai, pronto a recuperarlo e a prendere il trono di Elle per sempre.

-Mello.-

Il tono non fu troppo solenne, eppure bastò a farlo voltare di scatto, facendogli reprimere il sorriso vittorioso quanto più che potè: sapeva che ormai stringeva nelle dita le redini dell'intera organizzazione, ma non era il caso che Los notasse troppo che non contava nulla più lì dentro da quando Mello era arrivato.

Era necessario, ora che aveva in mano la chiave della risoluzione del caso, che se ne stesse buono e si sentisse importante, in modo da evitare da parte sua qualsiasi seccatura:

-Ehi Rodd...- sorrise incurante, sfilandosi l'asciugamano da sotto la nuca, liberando una scarica di goccioline dalle ciocche bagnate: -...a che devo questa visita?-

-Mi sembravi seccato oggi, e anche quando sei tornato poco fa.- il boss muscoloso si allontanò dallo stipite della porta, richiudendola lentamente mentre osservava con desiderio il biondo muoversi per la stanza, le curve fasciate dalla pelle nera mentre afferrava una delle tante tavolette da sgranocchiare:

-Sicuro che vada tutto bene?-

Il biondo lo invitò a sedersi sul sofà nero, accomodandosi di fronte a lui sul grosso comò in mogano, le gambe rilassate che sfioravano il pavimento: -Quell'idiota.-

-Chi dei tanti?-

-John Miller.- borbottò con disprezzo il biondo, come se il solo nome di quel collaboratore lo disgustasse profondamente: -Non mi ha fornito abbastanza informazioni, ho dovuto scoprire altre notizie da solo.-

Quel tipo era uno degli ultimi, se non proprio l'ultimo, membri dell'LSK che ancora dubitavano di lui e gli mettevano i bastoni fra le ruote, tentando di tutto per metterlo in cattiva luce di fronte a Rodd. Non che ci riuscissero, ovviamente, data la loro scarsa intelligenza, ma la loro insistenza nell'essere noiosi dava a Mello parecchio fastidio, intralciando il suo lavoro.

-Capisco...- sussurrò il boss, accendendo un sigaro per distogliere l'attenzione dalle sue pulsazioni quasi del tutto evidenti. La punta rossa della cenere bruciata si riflettè nell'azzurro degli occhi del ragazzo.

-Lascialo perdere, sai che cerca di fare il possibile.- cercò di coinciliare e calmare la sete di sangue del biondo che, però, non demordeva.

-Se lo dici tu.- Mello tornò freddo di nuovo e, sceso dal mobile, si voltò per nascondere all'uomo un sorrisetto soddisfatto: non aveva vinto, ma sapeva che il potere l'avrebbe ottenuto dopo poco, bastava solo saper toccare le corde giuste e avere... pazienza, alle volte.

Si stupì di quell'insegnamento appreso da Near.

Iniziò ad armeggiare con i documenti sulla scrivania, riponendo questi e la pistola nei cassetti con studiata calma: non era il caso di appurarsi di quell'indagine davanti a Rodd, domani sarebbe uscito presto e avrebbe risolto tutto da solo.

Per quanto riguardava il capo dell'LSK, non potè fare a meno di espirare nervoso davanti alla reazione capricciosa del biondo, che aveva distolto lo sguardo da lui con freddezza, mettendo a dura prova il suo autocontrollo: aveva un debole per Mello, e anche grosso, ma cosa poteva fare per vederlo soddisfatto? Cacciare anche il più fidato dei suoi collaboratori, sebbene potesse essere un idiota?

Forse era ora che quel ragazzo capisse che non poteva avere tutto ciò che voleva quando lo voleva...

-Mello, ascolta.- lo richiamò con tono duro, forse era il caso che imparasse la lezione e che si decidesse ad essere più... razionale...

Boccheggiò quando Mello si era voltato, scorrendo le dita sulla lampo del corsetto per tirarla giù lentamente, trattenendo un sorriso vittorioso: come un feroce predatore aveva atteso, invogliato dall'odore del sangue e del premio tanto ardito, e la sua pazienza stava per essere ripagata, lasciandogli godere del sapore inebriante dell'appagamento più grande.

Il corpo di Rodd..?

Certo che no. Ma il sentirsi consegnare ciò che voleva ammettendo ancora una volta la sua supremazia, oh, quello sì!

-Cosa, Rodd? Dimmi, che poi vorrei riposare... sono un po' stanco.- ammise con finta innocenza, godendosi l'espressione lasciva del boss mentre lo spogliava con gli occhi, deglutendo rumorosamente. Quando sfilò lento e fatale anche i lacci che chiudevano la patta, non si aspettava che lo scatto sarebbe stato tanto imminente.

Rodd Los lo afferrò senza grazia fra le sue braccia, spingendogli la lingua in gola, facendolo a stento trattenere dal ridere eccitato mentre si spostava da lui, agile come un felino, sorbendosi lo sguardo ormai privo di ogni lucidità dell'uomo:

-Rodd, dai... a Miller potrebbero dare fastidio certe avances, non sai che ti ammira tanto?- lo berciò imbronciato mentre il boss ansimava forte, la sua virilità che pulsava disperata come ogni volta che si trovava a che fare con lui.

All'improvviso capì dove Mello volesse andare a parare.

Tuttavia, quel briciolo di intelligenza si dissolse all'istante per far spazio ad un'illusione più felice: l'aveva fatto per ottenere quello che voleva... o perchè voleva che Rodd fosse solo suo?

Grugnì esasperato, Mello agiva sempre in modo tanto sottile e subdolo che una risposta non l'avrebbe mai trovata.

Non aveva scelta, pensò quando il corpetto scivolò a terra in un fruscio e lui spingeva quest'ultimo sul divano sotto il suo pesante corpo, gemendo mentre questi gli leccava la giugulare: -Rodd..?- cantilenò Mello fingendo passione, e l'altro sospirò estasiato sulla sua pelle morbida: -Domani sarà eliminato.-

Mello ghignò soddisfatto, allacciando le gambe attorno ai suoi fianchi e iniziando a sbottonargli la chiusura dei pantaloni stretti sul suo sesso.

Aveva vinto. Ancora...

Sentiva la pelle liscia del biondo sotto le dita, il torace caldo a contatto con i suoi muscoli e quando lo sentì gemere roco non era certo per la passione che stava mettendo nell'appagarlo, contro ogni previsione del boss, bensì per l'eccitante conclusione del suo piano!

Era un'ipocrisia di respiri e pulsazioni, di mani che si toccavano fugaci e prive di sentimento.

Accecato dalla libidine, non realizzò l'improvviso pietrificamento di Mello quando, fra gli ansiti, Rodd aveva gettato sul tavolo accanto anche i boxer che, scivolando a terra, avevano trasportato con sé anche qualcos'altro.

Sentendo un fruscio strano, si era interrotto un attimo, mentre il sangue si gelava nelle vene del biondo: -Uh? Ma cos'è caduto, è un documento forse?-

Nel mentre dello sporgersi interessato Mello, allarmato, aveva allungato il braccio con un gesto che sembrasse casuale, spedendo la foto ora a terra e prima nascosta fra i documenti, sotto il sofà, rendendola irraggiungibile dalle sue manacce:

-Eh? Ah, si, solo dei contatti rivali... nulla di importante! Li recupererò dopo.- sorridette spensierato, allacciando le dita alle spalle del boss per tirarlo a sé e distrarlo da quell'inconveniente: -Dove eravamo rimasti..?- sussurrò sensualmente e, come si aspettava dopo una simile provocazione, avvertì, improvvisa, l'erezione dell'uomo che entrava decisa in lui, lasciandogli sfuggire un ansito di dolore che mascherò ad uno di piacere: -Mi fai impazzire quando fai così...- grugnì barbaro l'uomo, mordendo la pelle del collo mentre iniziava a spingere in lui senza invito, e Mello lo strinse a sé perchè non vedesse il suo volto che si adombrava, una morsa dolorosa che gli stritolava lo stomaco.

Poco più sotto i loro corpi, ancora un po' più giù rispetto alla pelle comoda del divano, sul lucido pavimento giaceva un pezzo regolare di carta.

In un sorriso che pareva illuminasse da solo quel buio, un ragazzino biondo stringeva per le spalle uno dalla rossa chioma, davanti al cancello dai tratti severi della Wammy's House.

 

 

 

 

 

 

 

Near.”

Un passo distratto e fu nel vuoto, una risata crudele che faceva sfondo alla sua caduta.

Perchè non mi aiuti?, si rialzò, sporco di fango fino alle ossa, la camicia improvvisamente pesante.

Perchè è divertente vederti in difficoltà.”

Un'altra risata, un'altra chioma bionda che veniva smossa dal vento tiepido; gli facevano male gli occhi, a vedere tutta quella luce.

Dove sono tutti? Perchè siamo soli?

Ma non sai proprio niente, tu.” borbottò l'altra figura che, seduta su un alto muretto, la osservò seccato, prima di ghignare e lasciarsi andare addosso a lui: “Elle ci aspetta dentro, e non pensarci nemmeno, ad arrivare prima di me!”

Quando la pesantezza dei piedi scalzi lo colpì con forza sul torace, non chiuse gli occhi una volta circondato dall'acqua del laghetto che entrava prepotente nelle narici.

Privo di ossigeno e di forze, nell'ultima vista scorse l'immagine confusa di dita delicate e sconosciute che lo afferravano, tentando di farlo risalire cordiali.

 

Quando inspirò a pieni polmoni e rumorosamente, era scattato a sedere sul letto, lo sguardo smarrito, boccheggiante.

I colori divenivano meno confusi, i profili maggiormente tracciati, uno squarcio che da luce estrema diveniva penombra della spoglia stanza... e le braccia di Misa che si erano gettate a ghermire le sue spalle.

-Sei vivo..!- la sua voce era poco più di un sibilo interrotto dai singhiozzi, con grande stupore di Near; il suo profumo delicato di shampoo gli invadeva le narici al posto dell'acqua:

-Dove sono?- rispose atono, avendo difficoltà nell'alzare la suddetta mano fino alle sue ciocche bianche, forse più per capire se fosse tutto a posto nel suo corpo.

La ragazza lo rilasciò di scatto intuendo il suo disagio, le mani a cacciare via le lacrime che le avevano arrossato gli occhi: -Scusami!- un sorriso si dipinse sul volto stanco e sciupato -Sei ancora in camera tua. Ho solo messo a posto... c'era una situazione poco gradevole.-

Improvvisamente, notando l'enorme strato di bende che ricopriva il suo torace, si ricordò dell'ultimo avvenimento di cui aveva memoria:

-Oh.- si limitò ad esporre, stringendo le labbra al ricordo di quella sensazione innaturale e fredda della lama che affondava sotto l'epidermide, il cuore che montava rabbia fino a quando non venne interrotto dal flusso dei suoi pensieri per cause di forza maggiore.

-Near, ascolta.- lo chiamò Misa in un flebile suono: -Voglio che tu sappia che non ho mai approvato questo rapimento...-

-Bhe, grazie.- commentò con freddo sarcasmo il ragazzo, infastidito: di certo il pentimento di Misa non stava a significare nulla per lui, tantomeno una soluzione.

-Dovresti scappare.- concluse lei in fretta, intuendo l'avviata poco piacevole della situazione, spiazzandolo.

Near rimase in silenzio, osservandola imperscrutabile.

I capelli biondi sembravano spenti e cadenti in ciocche scomposte attorno al collo sottile, le labbra colorate e rosse di salute ora erano secche e fin troppo chiare... i suoi occhi di un azzurro limpido erano contornati da pelle grigiastra e avevano perso il loro naturale bagliore.

L'albino tuffò, finalmente, le dita fra i ricci, il polso stanco per quel leggero sforzo:

-Cos'è, una trappola forse?-

Per la prima volta da quando si erano parlati, la ragazza sembrò immensamente ferita, oltre che sorpresa: -Cos..? No, certo che no!- si affrettò a difendersi, il volto imbronciato nella sua tipica espressione infantile. Si avvicinò di più al corpo seduto del ragazzo, sussurrando per non farsi sentire da esterni: -Ascolta, Misa adesso ha capito tante cose.- posò la testa abbandonata sulla sua spalla, il capo rivolto verso il basso -Pensavo che B mi aiutasse, che avremmo vinto insieme e recuperato Light-kun: ma adesso mi rendo conto che non vuole collaboratori, solo pedine da gettare via quando non serviranno più.-

Near era pietrificato per quel contatto poco gradito, lo distraeva dal filo del discorso, ma decise comunque di continuare a fissare ostile il muro davanti a sé e lasciarla finire:

-Misa ama Light-kun, ma non può permettere che un innocente muoia per un suo capriccio... ora mi capisci..?- concluse in un sibilo tremante, e l'altro ebbe l'impressione che stesse cercando di soffocare un singhiozzo.

Sollevò il capo improvvisamente, il sorriso di sempre che nascondeva gli occhi rossi di pianto:

-Sono sicura che hai già capito tutto: Beyond sta cercando il Death Note, e se lo recupera sarà la fine... quindi devi andare... Near, devi trovare Elle ed avvertirlo del pericolo che corre, mi hai capito?-

L'albino strinse le labbra agitato e affranto da quella notizia: si sentiva sconfitto ancora prima di iniziare, un'ombra piccola e impotente.

Fuggire in quel momento gli sembrava assurdo, inconcepibile!

Con la ferita profonda che gli doleva... bisognoso di cure e riposo... lui non era incline all'azione come Mello, assomigliava ad Elle più di quanto pensasse, come avrebbe potuto fare?

-Lo farò.- asserì dopo secondi interminabili di silenzio, trovando la forza di guardare Misa negli occhi, che subito saltò felice ad abbracciarlo: -Allora ti fidi di me, grazie..! Misa ti promette che non te ne pentirai.-

La sfiorò appena in un tacito ringraziamento, prima che la ragazza si discostasse e iniziasse a bagnare dei panni per pulire la ferita dal sangue rappreso: -Ascolta bene, so che potrei morire per questo, però... sento che è la cosa giusta! Non c'è una sola uscita in questo posto, sono sicura che passeggiando per la casa noterai un modo per fuggire, ma non posso dirti quale, o B mi ucciderà all'istante!-

-D'accordo.- la zittì l'albino per impedire che si mettesse in pericolo con le sue parole: -Ora vado un attimo a cambiarmi.- le rivolse un'occhiata in tralice perchè capisse che invece andava a girovagare, e lei sorrise con convinzione.

Una volta in corridoio, Near, un po' piegato in avanti per lo sforzo di rimanere dritto dopo l'accoltellamento, inziò a guardarsi intorno con nonchalance; fingendo di appoggiarsi per il dolore, sfiorava casualmente i quadri per capire se sotto nascondessero qualche sistema di sicurezza, le pareti per trovare dislivelli sospetti.

Quasi gioì per aver notato una piastrella scricchiolante sotto i piedi, ma dopo aver tentato di scalzarla capì che era tutto inutile.

Salito ormai al secondo piano, avvertiva l'angoscia salire: niente dava cenni di cedimento, niente era lasciato al caso, tutto lo confondeva...

 

Cos'è più importante in un investigatore?” la voce allegra di Sally riecheggiò nella sala in penombra, diretta verso la grande L che giaceva come sfondo luminoso del computer sul tavolo.

Tutti gli alunni della Wammy's erano riuniti con stupore attorno a quella scena, pendendo dalle labbra del detective.

Mello era appoggiato al muro sgranocchiando cioccolata e tentando di trattenere i fremiti di eccitazione mentre Matt controllava che tutti i cavi fossero al loro posto;

Near, lo sguardo basso, incastrava rilassato i tasselli del suo puzzle giornaliero.

Questa è una domanda lecita, Sally, ma permettimi di andare oltre il necessario.” la voce, nonostante fosse contraffatta, era così calma che pareva sorridesse, anche se nessuno di loro poteva vedere il suo aspetto:

Ti dirò, invece di cosa è giusto fare, dato che ognuno di noi può trovare il metodo investigativo che più lo caratterizza, qual è l'errore comune di ogni investigatore.”

Near si era interrotto un istante, il tassello a mezz'aria, in attesa.

Nessuno pressò per sapere quale fosse, sapevano che Elle l'avrebbe rivelato con i suoi tempi, giusti o meno che fossero.

Guardare sempre in basso quando si potrebbe puntare in alto.”

 

L'albino rimase immobile, gli occhi sgranati e il respiro lieve per non far rumore, i palmi lisci lungo il corpo.

Lentamente sollevò lo sguardo, quasi accecato dalla luce artificiale, e finalmente lo vide, una volta ristabilite le sue cornee; sorrise vittorioso.

 

 

 

 

 

 

 

I timpani erano feriti dallo scandire lento e irregolare delle gocce dense di sangue che dipingevano, come una tela perfetta, il marmo del pavimento, insidiandosi fin sotto terra.

Linda aveva la bocca aperta, i denti che stridevano dolorosamente fra loro, le lacrime che pressavano per uscire dai suoi occhi mentre il suo cervello pregava per scoppiare e riversarsi in una splendida pioggia nella notte, pur di non recepire ancora quelle immagini.

La torcia che giaceva ormai a terra dallo shock illuminava solo le caviglie voltate in una posa innaturale della donna, i tacchi rossi che fluidi sfioravano il suolo.

Le caviglie sembravano risplendere innocenti alla luce della luna, il busto ciondolante e dai vestiti strappati con forza, la chioma castana e mossa abbandonata verso il basso, mestamente, in balia del vento freddo.

Un paio di iridi color sangue svettavano sul viso di Linda, le pupille talmente dilatate da sembrare quasi inesistenti sul volto nella penombra, un ringhio quasi quieto nella sua follia che accompagnava le dita scarnificate a reggere come artigli di aquila la chioma della sua ex datrice di lavoro.

Ex, perchè quella donna era inequivocabilmente, spaventosamente e inspiegabilmente morta;

i fili elettrici, dal muro scardinati, che aveva avvolti ripetutamente attorno alla pelle eburnea del collo ne erano la prova.

Poi, una voce, sottile e tagliente, fendette l'aria e le tempie della pittrice come mille coltelli.

-Dov'è il Quaderno?-

Uscì dall'ombra, il colorito diafano e grigiastro che lasciava intravedere, all'altezza dell'inizio del busto, la pelle viva e ancora marcata avidamente dal fuoco.

Linda rimase paralizzata, soffocando nei singhiozzi quando riuscì a scorgere, dietro la sua figura che si avvicinava pericolosamente, il profilo del piccolo Andres, gli occhi dilatati e il viso contratto in un urlo ormai muto, la gola che premeva in bilico fra i ganci dorati dell'appendicappotti.

Arretrò spasmodicamente quando il fiato dell'uomo s'infranse sulla sua pelle, suscitando in lei brividi di terrore che credeva di non poter provare.

Gridò fra le lacrime quando, nel retrocedere col corpo arreso, aveva tastato il morbido stomaco di Marie, il fiocco azzurro fra i capelli che liberava, grondante sulla punta afflosciata, le gocce di sangue sul pavimento chiaro.

Plic, plac... plic.

Minnie, la maggiore, la distanziava di pochi centimetri, il braccio teso violentemente verso la sorellina, le lenti tonde degli occhiali rotte,gli occhi spenti e colmi di asciutte lacrime rivolti proprio verso Linda, in una sfocata implorazione.

-Allora..?- sibilò impaziente l'uomo dai capelli neri, e Linda poteva vedere bene, adesso, le labbra contratte in un ghigno furioso, il respiro stranamente gelido.

Ancora in quel momento, la ragazza stessa non seppe cosa la spinse a quell'azione: forse la paura era troppa persino per renderla paralizzata, forse i brividi e gli spasmi erano troppi per controllarli... forse era la visione brutale di quei corpicini innocenti martoriati.

Afferrò in uno scatto il vetro degli occhiali rotti, svettandolo sulla pelle troppo vicina dell'assassino;

egli retrocesse di poco in un impulso che non riuscì a giostrare, un ringhio rauco di dolore e Linda ne approfittò per scansarsi e scappare, la sua schiena correva convulsamente verso le scale, salendole con gambe malferme.

Si toccò dolorante sotto le ciglia, il sangue che iniziava a uscire dalla pelle delle occhiaie per quel graffio improvviso.

-Maledizione..!- soffiò fuori Beyond Birthday con disprezzo, il coltello stretto fra le dita livide mentre si malediva per quella reazione così... umana.

L'occhio destro si aprì, incurante del dolore sottostante, rivelando vividi capillari che si rincorrevano opachi nella retina, mentre si avvicinava con studiata lentezza alle scale, iniziando a salirle.

 

Linda si maledisse, per quelle lacrime che le socuravano la vista, impedendole oltre al terrore di compiere gesti precisi.

Sapeva che poteva morire, allora perchè non era uscita dalla maledettissima porta? Quell'uomo non aveva una pistola, sarebbe potuta salvarsi la pelle e basta!

È perchè lei sapeva, dannazione, sapeva di quel Quaderno della Morte.

E ricordava il viso intelligente di Near, pelle lattea che le suscitava ricordi non scomodi, l'erede di Elle e la sua indifferenza, gentile nonostante tutto, mentre in sala mensa lei lo tempestava di domande su cosa ne pensasse del caso Kira... domande a cui l'albino dava rispose secche e precise, se ne dava.

E ora era lì, nella camera da letto della signora Monroe, uccisa barbaramente, mentre singhiozzando pregava perchè la cassaforte si aprisse, pigiando sui numeri spasmodicamente mentre avvertiva i passi cadenzati dell'uomo salire le scale.

Pochi secondi, solo una manciata, e l'avrebbe raggiunta.

-Ti prego...- sussurrò disperata, un groppo in gola mentre non riusciva ad impedire che il buio le invadesse la mente, investendola di potenti ricordi e immagini che mai avrebbe voluto rivivere... non in quel momento.

Finalmente, dopo qualche esitazione la lucina della cassaforte divenne da rossa a verde, rivelandone con uno scatto il contenuto: Linda quasi baciò la tessera che ne prelevò, correndo alla finestra aperta e facendo scivolare una gamba fuori.

Rabbrividì alla vista dell'umida erba: solo un paio di piani... nulla di più, niente di peggiore di un coltello conficcato nella gola.

Non seppe come trovò il coraggio di saltare, ma lo fece, atterrando con gambe molli e instabili e, prendendo a correre goffa più che potè, sparì nel buio delle strade di Londra.

Beyond Birthday, ormai affacciato troppo tardi da quelle tende scostate e troppo candide, ghignò frustrato, stringendo maggiormente la lama mentre si allontanava da quella visione, il volto nuovamente abbracciato alle tenebre.

Dopo tutto il percorso compiuto... non avrebbe permesso a quella mocciosa di mandare a monte i suoi piani.

 

 

 

 

 

-Sarah, hai visto le carte del signor Halem? Devo firmarle per domani.-

Le dita abbronzate per le numerose lampade scorrevano fugaci sui fogli che impilavano la, nonostante tutto, ordinata scrivania in mogano, illuminata dalla luce artificiale della lampada da tavolo.

-No, signor Carter.- rispose la donna, sistemandosi gli occhiali sul naso sottile: -Ma vado subito a vedere in archivio.- si congedò, dopo che l'uomo l'ebbe ringraziata tacitamente con un sorriso.

Paul Carter si appoggiò sfinito con i gomiti al legno, prendendosi la testa fra le mani e massaggiandosela: era tutto il giorno che sgobbava su quei dannati documenti, senza nemmeno una minima pausa, e adesso ne perdeva anche uno?

Si chiese sconsolato chi gliel'avesse fatto fare, di laurearsi in economia.

Assaporò quei rari momenti di silenzio interrotti solo dal canto discreto degli spettacoli notturni di Los Angeles, quando qualcosa lo fece sobbalzare.

-Bella serata, non è vero?-

L'uomo sentì una morsa al cuore dinanzi a quella voce profonda e beffarda, scattando sulla sedia girevole: seduto sul davanzale della finestra, le sue gambe ciondolavano nel vuoto sottostante, le dita guantate a stringere una pistola.

Riusciva ad intravedere solo parte del profilo a causa della ragnatela di capelli biondi che giocavano sul suo viso, ma quello gli bastò e avanzò per capire subito di chi si trattasse:

-C-che ci fai qui..?- mormorò, impaurito, serrando convulsamente le dita attorno ai braccioli, come se potessero sfuggirgli dalle mani.

Il ragazzo si voltò lentamente verso di lui con sguardo quasi annoiato, piantando in mezzo alla fronte le sue iridi di ghiaccio bollente: sorrise obliquo nell'ombra mentre entrava del tutto e si avvicinava, sovrastandolo con la sua figura;

-Ho notato con dispiacere che hai mal di testa... forse questo ti potrebbe aiutare a far sparire il dolore.- la fredda canna della pistola premette decisa sulla sua fronte, lasciandolo boccheggiante.

Click.

Nessuna sicura. Tremó visibilmente.

-Attento, però: potrebbe avere effetti collaterali.- Mello ghignò beffardo davanti alla goccia di sudore freddo che aveva attraversato la tempia dell'uomo che, sconfitto, abbassò mesto il capo:

-Cosa vuoi..?-

Si godette, terrorizzato, l'espressione del ragazzo che, da sorridente, diveniva furibonda e lacerante, un ghigno di profondo disprezzo che gli deturpava gli angelici lineamenti:

-Quello che non mi hai detto l'altro giorno... la verità.-

L'uomo strinse le labbra di fronte a quell'ordine che non ammetteva repliche o scusanti, distogliendo lo sguardo da quello fiammeggiante del mafioso.

Era passato del tempo... troppo tempo, ma evidentemente quella fatalità del passato non era stata abbastanza, come condanna.

-D'accordo... ti dirò ogni cosa.-

 

 

 

 

 

Matt, la chioma rossa illuminata dalle prime luci dell'alba, osservò il foglietto un po' sgualcito fra le dita guantate di scuro, il cellulare in anonimo vicino all'orecchio mentre, apparentemente calmo, aspettava che gli squilli cadenzati smettessero.

Dopo alcuni tentativi a vuoto, quel nome americano gli era balzato sotto gli occhi: ormai esaurita la lista di nomi giapponesi che avevano frequentato la Wammy's nella classe di Elle, non rimaneva altro che esaminare i nomi restanti.

Ne aveva già testati quattro o forse cinque, ma nulla che realmente potesse valere come collegamento.

-Pronto?- finalmente, una voce femminile interruppe il flusso degli squilli.

Ci mise un paio di secondi a rispondere, rimasto accigliato da quella voce professionale e femminile: Paul Carter, citava il foglio, senza dubbio un uomo.

Segretaria?

-Buongiorno, sono Brown...Luke.-

Luke? Sul serio, che nome di merda. Ma era talmente concentrato su quello che avrebbe dovuto dirle che il nome, onestamente, non aveva importanza: -...mi chiedevo se potessi parlare con il signor Carter riguardo la mia assicurazione, ho davvero bisogno dell'aiuto... di un esperto.-

Lidner, seduta sul divano di fronte a lui con le braccia conserte, sollevò le sopracciglia, perplessa: quale idiota sarebbe cascato in una trappola così banale? E c'era anche l'atteggiamento ruffiano..!

Ma, evidentemente, la segretaria in questione non aveva molta esperienza nel campo, oppure semplicemente si era infatuata della voce roca e sexy di 'Luke', dato il sorrisone che Matt le rivolse per far tacere le sue insinuazioni.

-Mi dispiace signor Brown, ma il signor Carter non c'è al momento. È al lavoro.-

-Oh...- finse Matt, ostentando dispiacere e nonchalance: -Ma... è sicura? Sono passato alla sua banca poco fa, ma non era in servizio.-In realtà, gli era bastato semplicemente hackerare il sistema di sicurezza della banca per vedere che non si era recato a lavoro. Tanto, con l'anonimo la segretaria non avrebbe mai scoperto che Matt si trovava in Giappone.

Non voleva calcare troppo la mano e insospettirla, motivo per cui si limitò ad assumere un tono vagamente preoccupato e disinteressato: -Ha ragione, ma vede... il signor Carter è stato mandato in Giappone per fotografare una chiesa in ristrutturazione, la cattedrale di San Sebastiano.-

-Una chiesa?- Matt rimase enormemente stupito: ma non era forse un banchiere? Che diamine stava succedendo? Ignorò bellamente le occhiate preoccupate che Halle gli stava rivolgendo per essere scattato all'inpiedi, volgendo altrove lo sguardo.

-Si, spesso come secondo lavoro il signor Carter è ingaggiato come fotografo in occasione di alcune ricorrenze... ha questa passione fin da bambino ma, ormai, la vede quasi come un'altra fra le tante responsabilità!- la donna represse un sospiro esasperato, e Matt si sforzò di farle percepire una vaga seppur ipocrita risata:

-Lei è stata molto cortese, signorina. Richiamerò io fra qualche tempo, non si preoccupi di disturbare il signor Carter.-

-Oh, ma ne è sicuro? Posso farla richiamare e...-

Click.

Il ragazzo, fremente, ripose in tasca il telefonino dalla comunicazione interrotta e si infilò il giubbotto, perentorio.

-Matt, mi vuoi spiegare?- esclamò al limite dell'isteria l'agente, affrettandosi a infilare la giacca per non rimanere indietro: -Non c'è tempo adesso, fidati di me!-

-Va bene, ma...- la donna balbettò, perplessa dal suo atteggiamento, solitamente così calmo e bonario, e dalla sua improvvisa fretta di uscire, ma il sorriso carico che il ragazzo le rivolse la spiazzò completamente.

-La scheda di Carter mentiva! Potrebbe essere lui il nostro uomo... Ma adesso andiamo, ti spiegherò tutto in macchina!-

Halle rimase per qualche istante pietrificata dalla luce entusiasta che, come un bagliore, aveva rischiarato le iridi smeraldo di Matt, precedendo il suo fiondarsi per le scale del palazzo, rumorosamente.

L'agente corse nella speranza di raggiungerlo, chiudendosi la porta alle spalle mentre scendeva gli scalini a due a due, il cuore in gola.

Il microfono per Elle ormai disattivato nella tasca grigia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice

 

PRR:

Kleveland: Questa recensione in cui mi commenti gli eventi me gusta proprio! :P Ti ringrazio di seguire questa storia con interesse, e per il capitolo figo... evvai!

P.S.: ho visto che hai messo Starstruck fra le preferite... ma quanto posso essere felice? :'')

 

RainXSmile: Sto per piangere per tutti i complimenti immeritati che mi fai :'') Sei dolcissima Rain... posso chiamarti così? Mi ricorda un nome alla detective Conan! ...Ah no, quella era Ran^^''

Va bhe sto fusa, lascia perdere xD Mi piace come commenti gli avvenimenti, e sono ancora più felice del fatto che stia caratterizzando B come si deve... gli psicopatici sono sempre un mistero, non c'è nulla da fare! o.o

 

AlexSickness: Un giorno ti farò amare più Matt di BB, magari proprio con questa storia... sul serio u.u Che poi vorrei sapere, adesso è anche uscito un altro rivale: Ryuk! Mannaggiaaa, non c'è pace, non c'è pace! XD Spero di essere riuscita a scrivere un po' più su Mello, dato che mi hai detto che a causa del rossino lo stavo un po' trascurando! (MAW---> no, non Leo, ma: Mello All the Way xD)

[Sto male^^]

 

Amaya12: Si, Matt è un maniaco, pensavo lo sapessi! :'')

Maya, non c'è pace per il piccolo Near! Ti ha inquietato con BB, dici? Si, hai ragione, ma la mia parte Yaoi doveva essere soddisfatta in qualche modo ** (quella ufficiale arriverà... oh, eccome se arriverà... ah ah ah -pervert mode-) Dire che scrivo come un film è qualcosa di assurdo!! Grazie mille, sto spargendo petali di rosa everywhere... uhm, no... calendula. (??!!)

 

 

Questo capitolo è stato come due ore di palestra... mio Deo che fatica. o.o''

Non penso di avere altro da aggiungere, per il momento... A voi la parola!

 

 

 

 

 

 

 

 

-FM.

 

 

 

 

   
 
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