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Autore: Monijoy1990    25/11/2014    1 recensioni
Questo racconto rappresenta il proseguimento di "Love story". Quindi invito chiunque non lo abbia letto a farlo prima di iniziare.
Roberto è un ragazzo arguto e intelligente con un futuro già scritto a lettere cubitali nel suo destino e un sogno in minuscole chiuso in un cassetto. Avvocato, dottore o ingegnere questo ciò che vorrebbero i suoi genitori per lui. Ma cosa vuole davvero Roberto? Diventare un cantante. Così il Giappone diventerà la sua strada e la Kings Record la sua meta. Durante il suo viaggio verso il successo il destino gli tenderà tante sorprese improvvise. Riuscirà grazie alla sua arguzia e al suo buon cuore a superare le sue insicurezze? Tra triangoli amorosi e amicizie inaspettate, sarà in grado di realizzare il suo sogno? Troverà la sua strada?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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CAPITOLO 10
L'ARRIVO DELLA TEMPESTA

 

Italia
 
Marika aveva appena varcato il cancello del liceo. Finalmente respirava aria di libertà. Anche l’ultima prova orale era finita. Guardò il suo orologio da polso. Le lancette segnavano le 12:30. Era veramente tardi. Se faceva di corsa forse riusciva a raggiungere Clara al negozio. Doveva assolutamente arrivare prima che chiudesse. In un messaggio l’amica le aveva accennato qualcosa riguardante un video molto importante.
Con la cartella ancora pesante sulle spalle, la ragazza dai lunghi capelli color del grano, si avviò verso la fermata dell’autobus.
 
Clara stringeva incredula il telefono tra le sue mani.
“Adesso si che sono fottuta. Maledizione Roby, potevi anche dirmelo che il tuo piano prevedeva un’esibizione pubblica di questo livello. Sicuramente entro ventiquattro ore papà sarà già informato di tutto. Cosa mi invento adesso?”
Proprio mentre rifletteva sulle conseguenze di quel piano, qualcuno entrò nel negozio ansimando e premendo sul petto con la mano destra nella speranza di decelerare i battiti del suo cuore. Era Marika. Senza dire nulla raggiunse l’amica dietro il bancone con il telefono tra le mani.
«Cosa volevi farmi vedere? Riguarda Roberto non è vero?» chiese preoccupata squadrando l’amica con i suoi grandi occhi verdi.
«Si, riguarda Roberto. Mi ha mandato solo un messaggio con questo link. Tieni, forse è meglio che gli dai un’occhiata. Quell’incosciente mi ha proprio messo nei casini. Cosa mi invento adesso per proteggerlo?» detto questo passò il telefono nelle mani dell’amica. Marika fece partire il video. Erano sei ragazzi che ballavano e cantavano in una parco, tra loro c’era anche Roberto.
«Cosa significa?» chiese preoccupata a Clara dopo averle restituito il cellulare.
«Credo abbiano voluto tentare il tutto per tutto con questa esibizione. Sicuramente contano di attirare l’attenzione di qualche casa discografica. Sai Marika, sono molto preoccupata. Spero che  questa situazione giochi solo a loro favore. Non vorrei si cacciassero nei guai».
Marika stava per rincuorare l’amica quando improvvisamente un conato di vomito la interrupe. Clara corse a mantenerle la fronte.
La ragazza però si riprese subito deglutendo vistosamente.
«Marika tutto bene?» le chiese Clara, tirandole indietro un ciuffo di capelli dal viso pallido.
«Credo di avere lo stomaco sottosopra a causa di questi dannati esami».
«Sei davvero pallidissima. Dovresti farti visitare da un medico» tentò di convincerla controllandole la temperatura. Marika allontanò dolcemente la mano dell’amica dalla sua fronte.
«Non dire sciocchezze, sto benissimo. Deve essere stata la corsa che ho fatto per venire qui. Non devi preoccuparti».
«Sei più magra del solito e la cosa non mi piace» proseguì puntando su di lei uno sguardo scettico.
«Fidati, non ho nulla. Adesso piuttosto, occupiamoci di trovare una scusa plausibile per proteggerti da tuo padre»,
«Non penso ce ne siano. Immagino che dovrò assumermi tutta la responsabilità» concluse Clara reclinando il capo. Una volta chiusa la cassa entrambe si avviarono verso la porta. Marika la seguiva tenendosi stretta lo stomaco.
“Diamine perché mi sento così debole?”
«Oddio, non ci voleva proprio!» esclamò Clara mentre chiudeva il negozio.
«Cosa c’è?»
«Marika non avresti un tu sai cosa…? » disse indicando con lo sguardo le parti basse.
«Un assorbente? »
«SH!!! Non gridarlo ad alta voce!» si avvicinò all’amica con fare circospetto.
«Certo, eccolo qui!» lo tirò fuori dalla borsa come farebbe un bravo spacciatore.
«Grazie mille, ti dispiace aspettarmi qui? vado in bagno e torno! Ci mancava anche questa adesso!» sbuffando superò l’amica entrando nei bagni pubblici.
Marika a capo chino e con il corpo appoggiato alla parete, rifletteva.
“L’ultima volta che ho avuto il ciclo è stato più di un mese fa. Doveva essermi già arrivato da un pezzo. Che sia colpa degli esami? Dicono che lo stress non aiuti molto. Forse per questo mi sento così scombussolata…”
«Eccomi qua! Possiamo andare» la raggiunse Clara.
«Si certo, andiamo pure» la rassicurò con un caldo sorriso.
 


Tokyo
 
I sei ragazzi erano nella sala d’attesa nell’imponente edificio della Music Station. Dopo un’attesa interminabile, una donna slanciata con un caschetto nero e degli improponibili occhiali rosa li invitò a seguirli. Uno ad uno e in fila indiana si incamminarono percorrendo un lungo corridoio che conduceva a un grande ascensore. Tutti avanzarono sicuri all’interno. In sette si stava davvero strettini. Finalmente il numero 8 sopra le loro teste, si illuminò. Erano arrivati. Le porte si spalancarono rapidamente. Da bravo gentiluomo Toshi fece avanzare la donna secca e rigida con il mento all’insù che li aveva scortati fino a quel punto.
Senza aggiungere nulla la stessa, lasciò i ragazzi ad attendere dietro una porta bianca e massiccia. Dopo qualche momento una voce maschile li invitò ad entrare.
Toshi, portandosi rapidamente avanti al gruppo e con un movimento deciso, spinse verso il basso la maniglia. Così gli Hope avanzarono all’interno di quella stanza.
Un ragazzo di neanche trent’anni sedeva dietro una scrivania di cristallo. I capelli neri meticolosamente tirati da un lato erano spartiti da una riga laterale estremamente artificiosa. Sul naso due occhialini tondi e ai lati del suo viso tondo e sbarbato due orecchie a sventola niente male completavano l’identikit di quel giovane atipico. Sembrava la versione adulta del detective Conan l’eroico personaggio nato dalla penna di uno dei più famosi mangaka giapponesi.
L’uomo fece segno ai sei ragazzi di accomodarsi. Infatti, a pochi metri dalla sua scrivania erano state predisposte sei sedie, chiaro segno che il loro arrivo non era dunque inatteso.
«Prego, accomodatevi pure». Tutti in silenzio presero posto. Al centro Toshi alla sua destra, in ordine, Roberto e Take alla sua sinistra Kei, Shin e Jona.
«Sono molto felice di fare la vostra conoscenza» esordì intrecciando le dita delle sue mani ossute e poggiandole su una pila di fogli accatastati sulla scrivania davanti a lui.
«Il piacere è nostro. Grazie per il vostro invito» completò Toshi rispondendo anche per gli altri.
«Immagino abbiate intuito chi sia la persona che vi sta parlando in questo momento…»
«Lei è il Direttore Mashimoto. Mio padre ci ha già presentati un paio di anni fa.» affermò Toshi sicuro di sé.
«Vedo che hai un’ottima memoria ragazzo» costatò divertito l’altro sorridendo furbamente.
«Sono abituato a ricordare solo le cose veramente importanti»
«Allora dovrei sentirmi onorato di essere rimasto così impresso nella tua memoria». Toshi gli sorrise complice.
«Bene, direi che a questo punto le presentazioni siano escludibili in quanto voi conoscete me e io già conosco tutti voi.» affermò squadrando ognuno dei sei ragazzi seduti al suo cospetto.
«Il motivo per cui vi ho convocato in realtà non è propriamente dipeso da una mia decisione, seppure devo ammettere abbiate catturato il mio interesse. Nonostante questo, è stato qualcun’altro a chiedermi di seguirvi e prendervi sotto la mia ala. Si tratta di una persona molto importante per questa società. Non dirò il suo nome ma posso garantirvi che qualcuno nella alte sfere tiene molto al che diventiate famosi. Queste non sono fortune che capitano spesso. Spero ne siate consapevoli. Chiarito questo, parliamo invece del contratto. Ho provveduto a fare sei copie identiche una per ognuno di voi. Potete leggere e decidere di firmarle anche in questo momento se le condizioni vi aggradano. Per qualsiasi chiarimento potete chiedere a me».
detto questo consegnò a ognuno dei presenti una copia del contratto.
«Le dispiace darci qualche minuto per consultarci?» chiese Kei aprendo la bocca per la prima volta da quando avevano messo piede nell’edificio.
«Certo, fate pure. Io uscirò a fare il mio solito giro di controllo. Per il mio ritorno mi auguro sarete già in grado di darmi una risposta».
Detto questo il ragazzo si sollevò dalla sua imponente poltrona di pelle nera e raggiunta la porta l’aprì uscendo e richiudendosela nuovamente alle spalle.
«Cosa ne pensate?» chiese Toshi parlando a tutto il gruppo.
«A me questa storia non convince per niente» sottolineò ancora una volta Kei.
«Mi costa ammetterlo ma sono d’accordo con lui» proseguì Roberto mentre scorreva rapido le clausole del contratto.
«Cosa c’è che non vi convince? Per una volta non potrebbe essere che il vento si sia voltato a nostro favore? Perché dovete vedere sempre tutto nero?» tentò Take, disperato come un uomo perso nel deserto che intravede un’oasi dopo giorni e giorni di siccità. Toshi arrotolò il contratto tra le mani combattuto, comprendeva la frustrazione dell’amico. «Non fraintenderci Take, anche noi siamo felici che qualcuno ci abbia notato, ma allo stesso tempo anche io penso che dovremmo consultarci con qualche avvocato prima di decidere. Sai, mio padre mi ha sempre detto che in quest’ambito nessuno ti da niente per niente. Forse dovemmo prendere questa decisione con calma senza lasciarci trasportare dalla fretta…»
«Parlate bene voi, io non ho tutto questo tempo da perdere. Quanto ancora devo aspettare prima di vedere riconosciuto il mio talento? Non voglio diventare vecchio prima che accada».
«Take calmati. Non abbiamo detto di no, ma solo che ci serve qualche giorno in più per analizzare meglio le carte» provò a convincerlo Roberto al suo fianco. Il ragazzo con i lunghi capelli mossi non era ancora pienamente convinto.
«Take, hanno ragione loro. Prendiamo qualche giorno per rifletterci. Ne va del nostro futuro» aggiunse Shin.
«Ho capito, fate come volete. Continuiamo pure a perdere tempo inutilmente…» concluse grave il più grande del gruppo incrociando le braccia allo stomaco.
 
Rio, Daisuke e Andrea erano appena giunti nell’edificio della Music Station.
Il più alto dei tre con la sua andatura impostata avanzò diretto alla reception.
«Devo parlare immediatamente con il Direttore Mashimoto» affermò in tono autoritario rivolgendosi alla donna con il caschetto nero che poco prima aveva accompagnato i sei ragazzi all'ottavo piano.
«Mi dispiace ma al momento il direttore non può ricevere nessuno» affermò aggiustandosi le lenti sul naso e tornando alle sue mansioni ignorandoli con strafottenza.
«Forse non ci siamo capiti. Non era una richiesta, ma un’imposizione. Lei non ha capito con chi sta parlando».
Una voce giovane alle spalle dei tre uomini si intromise improvvisamente.
«Naoki, cosa sta succedendo qui?» le domandò stupito.
Subito la donna si sollevò dalla sua sedia irrigidendosi come uno stoccafisso.
«Salve direttore, pensavo fosse in riunione con i ragazzi per questo io…»
«Non è il modo questo di accogliere degli ospiti. Prego seguitemi» fece segno ai tre di accomodarsi in una stanzetta situata poco dopo la sala d’attesa. I tre uomini lo seguirono. Una volta dentro, si accomodarono intorno a un insolito tavolo ovale.
«Volevate parlare con me?» gli chiese il ragazzo appena trentenne con la capigliatura tirata e artificiosa.
«Direttore Mashimoto siamo venuti qui per parlare dei ragazzi che lei ha convocato presso la sua casa discografica.»
«Ma guarda come volano le notizie. Cosa volete esattamente?»
«Vogliamo che rinunci a loro.»
L’uomo sogghignò, «diamoci anche del tu. Ormai è parecchio che ci conosciamo noi due. Rio, sai benissimo che in questo campo non esistono favori. Se vuoi che rinunci a loro devi darmi qualcosa di altrettanto allettante. Altrimenti non se ne fa niente»
Rio si strofinò il mento pensando a cosa fare. Per quanto ne sapeva quei sei potevano aver già firmato il contratto. Bastava che anche solo uno di loro avesse firmato per costringere gli altri a seguirlo. Anche se Jona e Shin non erano maggiorenni il fatto che gli altri avessero firmato li avrebbe costretti a entrare nella casa discografica perché parte di un gruppo dichiarato.
«Stavo per far debuttare una giovane cantante molto promettente. Si chiama Yukino. Ti do lei in cambio di sei ragazzi inesperti, ancora da formare e poco preparati allo show-business.»
«Non saprei, questa Yukino neanche la conosco. Potrebbe non convincermi del tutto»
Rio sostenendo con autorità il tono di quella conversazione tirò fuori da una ventiquattrore una cartellina nera. Poggiata sul tavolo con una spinta decisa la fece scivolare fino a raggiungere il giovane direttore della Music Station all’estremità opposta. Lo stesso l’aprì tirandone fuori un fascicolo e un cd.
Con un sorriso divertito il ragazzo si avvicinò a uno stereo e inserì il CD. Fece partire la traccia audio mentre scorreva le pagine del fascicolo. In prima pagina una bellissima ragazza dai capelli ì biondi e artificiosi con un rossetto rosso e sfrontato sulle labbra carnose. Improvvisamente il telefono nella sua tasca vibrò. Spento lo stereo si accinse a rispondere.
«Pronto. Si signora, capisco. Provvedo immediatamente». Chiusa quella conversazione tornò a sedersi al tavolo.
«Va bene. Prenderò questa ragazza al posto degli Hope.» Concluse abbandonando il suo sorriso insolente e tornando serio e autoritario.
«Qui ho una copia del contratto» aggiunse Rio facendola scivolare come aveva fato pocanzi con la cartellina nera. Il giovane direttore Mashimoto serio in viso firmò seguito da Rio. Dopo una stretta di mano i quattro si congedarono uscendo dalla stanza. Proprio in quel momento Rio, Daisuke e Andrea incrociarono i sei ragazzi nei corridoi avanzare verso l’uscita.
Il direttore Mashimoto si avvicinò loro con aria vincente.
«Immagino abbiate molto di cui parlare in questo momento.» affermò squadrato Toshi e poi Rio, prima di superare il gruppo. Ma poco prima di allontanarsi dai sei ragazzi si avvicinò a Take, prendendolo per un braccio e avvicinandosi al suo orecchio sinistro sussurrandogli poche parole, sorridendo malizioso.
«Per te questa porta sarà sempre aperta. Se qualcosa non dovesse andare vieni pure da noi. Noi non sottovalutiamo i nostri artisti per uno stupido cavillo come l’età» detto questo gli lasciò un bigliettino da visita. Ovviamente nessuno dei presenti si accorse di nulla, in quanto ormai presi sottotorchio dalle ramanzine di Rio e degli altri due. L’unico ad accorgersi del movimento fu Roberto che era al fianco dell’amico.
«Adesso seguitemi. Andremo alla Kings Record!» li richiamò Rio squadrando i sei ragazzi dall’alto della sua posizione. Era arrivato appena in tempo.
 
Il giovane Direttore della casa discografica raggiunse il suo studio dove ad attenderlo c’era una donna il cui viso pieno di rughe non lasciava trasparire incertezze sulla sua vera età.
«Signora, perché mi avete chiesto di rinunciare ai ragazzi?»
«Non abbiamo rinunciato, semplicemente ho pensato che sarebbe stato molto più divertente distruggere non solo il futuro degli HOPE ma anche la credibilità della Kings Record. Penso che questa ragazzina potrà esserci molto utile. Potrà servirci per corrompere uno di loro. Immagina che scoop sarebbe se uno degli Hope abbandonasse il gruppo per una carriera da solista nella nostra casa discografica? Ho un paio di carte che voglio utilizzare... farò un favore a entrambi in questo modo… tu eliminerai la concorrenza e io avrò la mia vendetta».
«Signora Aoki…»
«Non usare più quel nome. Da oggi sono la Signora Yoshida» lo rimproverò.
«Mi scusi Signora Yoshida. Non capiterà più».
«Me lo auguro».
 
 
 
Italia
 
In Giappone erano le 22:30 mentre in Italia erano appena le 6:00 del mattino. Eichi era pronto per iniziare un’altra delle sue giornate lavorative. Presa la sua cartellina e bevuta la sua solita tazzina di caffè, aprì la porta di Villa Rosa e uscì. Raggiunta la sua vettura, vi entrò. Stava per mettere in moto e partire quando il suo telefono squillò improvvisamente. Sorpreso lo tirò fuori dalla sua ventiquattrore. Quel numero lo conosceva bene.
“Yuki?”
L’ultima volta che aveva ricevuto una chiamata da quel numero telefonico era stata la notte della morte di Akiko. Un sesto senso gli suggeriva silenzioso che anche questa volta il motivo non sarebbe stato dei più belli. Il pensiero istintivamente corse a sua madre. Che le fosse successo qualcosa? Mettendo da parte i dissapori, rispose.
«Pronto?»
«Eichi…» dall’altra parte della cornetta la voce incerta di suo fratello non suggeriva nulla di buono.
«Cosa è successo?» si apprestò a chiedergli in ansia.
«Roberto, è qui» gli rivelò tutto di botto.
Per un attimo Eichi scosse il cappo interdetto.
«Roberto cosa?»
«Hai capito bene. Tuo figlio è qui in Giappone»
Eichi si abbandonò sul sedile dell’auto portando una mano tra i capelli brizzolati.
«È impossibile. In questi giorni si stava preparando per gli esami a casa di un suo compagno di classe. Non può essere che…»
«Eichi, credimi, Roberto è proprio qui. Se puoi, raggiungimi qui immediatamente. Per il momento si sta occupando di tutto Rio, ma credo tu debba chiarire un po’ di cose con tuo figlio prima che inizino il tirocinio».
«Il tirocinio?»
«Ti spiegherò tutto appena sarai qui»
«Capisco. Vedrò si arrivare il prima possibile…»
«…»
Per pochi secondi tra loro calò un silenzio carico di parole non dette e scuse celate dietro uno spesso muro di orgoglio.
«Yuki…»
«Si…?»
«Graz…» si fermò appena in tempo.
«Cosa?»
«Niente..»
«Ci vediamo in aeroporto. Ti vengo a prendere io. Avvisami appena sarai arrivato».
«D’accordo». Detto questo la conversazione fu chiusa.
 
 
Tokyo
 
I sei ragazzi erano riuniti nella studio di Rio. Erano ormai le undici passate.
L’uomo con la montatura nera sul naso, con occhi severi e autoritari, li osservava in silenzio cercando il modo migliore per iniziare il suo discorso.
«Avete la più pallida idea di quanto mi sia costato questo vostro scherzetto?»
Toshi stava per aprir bocca ma Rio lo anticipò congelandolo con uno sguardo iracondo.
«Non occorre che rispondiate, vi basti sapere che auspico sarete in grado di restituirmi la somma persa. Per salvarvi il culo ho dovuto perdere una delle tirocinanti più promettenti che avevo, Yukino era già pronta al debutto mentre adesso mi tocca preparare sei ragazzi ribelli testardi e inaffidabili come voi. Continuo ancora a chiedermi se ho fatto davvero la cosa giusta. Forse dovevo solo lasciarvi affogare nella vostra stessa melma. Comunque ormai siamo qui e non mi restate che voi: un investimento incerto, sul quale non faccio il ben che minimo affidamento».
Detto questo porse sulla scrivania una pila di fascicoli. In ognuno di essi era contenuto un contratto nominale per ciascuno dei ragazzi.
«Avanti, che aspettate? Non accetterò un no come risposta».
I sei ragazzi messi con le spalle al muro firmarono. Dopotutto cos’altro potevano fare? Daisuke e Andrea recuperarono quei fascicoli dalle loro mani consegnandoli all’amico dietro la scrivania.
«Adesso prenderò questi contratti come garanzia del risarcimento che mi dovete. Una volte che avrete fatto rientrare le perdite ricadute per colpa della vostra incoscienza sulla casa discografica allora sarete liberi di andarvene, ma per il momento avete un conto aperto con il sottoscritto. Ma come vi è venuto in mente di usare quella traccia? Quel brano non sarebbe mai dovuto uscire prima della data prestabilita. Per recuperare il copyright sulla canzone ho dovuto pagare profumatamente il compositore. Potevate essere accusarti di plagio. Potevate finire nei guai se non fossi intervenuto io. Ma vi rendete conto che stavate rischiando grosso?».
I sei ragazzi si scambiarono degli sguardi amareggiati.
«Papà io…» tentò Toshi.
«Nessun papà, da oggi tu non sei il figlio di nessuno, ma solo un altro tra i tanti tirocinanti di questa casa discografica. Scordatevi trattamenti di favore perché non ce ne saranno. Da oggi inizierà il vostro inferno. Dimenticate la vita che facevate prima perché da oggi non sarà più la stessa. Adesso recuperate le vostre cose e andate al dormitorio. Domani inizierà la vostra formazione. Abbiamo davvero pochissimo tempo. Grazie alla vostra trovata il pubblico non farà che torturarci in ansia per il vostro debutto. Farli aspettare troppo rischierebbe di congelare l’entusiasmo del momento, per questo concentrerete anni e anni di addestramento in soli cinque mesi. Domani organizzerò una conferenza stampa in cui annunceremo il vostro ingresso nel mondo musicale sotto il nome della Kings Record. Adesso andate, nei prossimi giorni chiariremo meglio gli ultimi dettagli. Daisuke vi accompagnerà al vostro nuovo appartamento, mentre Andrea da domani si occuperà dei vostri impegni: sarà la vostra ombra e il vostro contatto più diretto con gli sponsor e con chiunque voglia organizzare eventi con voi. In altre parole sarà il vostro manager. Adesso andate».
Concluso il suo discorso Rio invitò con un movimento della mano i sei ragazzi ad uscire dalla stanza scortati dall’uomo con una leggera cresta sul capo mentre lui riprendeva i suoi doveri d’ufficio.
Toshi, prima di uscire superando Daisuke che teneva aperta la porta, si voltò un’ultima volta verso suo padre che continuava a ignorarlo compilando scartoffie varie. Daisuke con una leggera spinta sulla sua spalla lo invitò a rinunciare a quel contatto visivo che non sarebbe mai stato ricambiato. A capo chino il più alto degli Hope uscì seguito dal loro nuovo tutor.
 
Rio una volta chiusa la porta sollevò lo sguardo dalla scrivania.
“Mi dispiace Toshi, ma non riesco ancora a trovare il coraggio di perdonarti”.
 
 
I ragazzi erano finalmente arrivati al loro dormitorio. Un appartamento con tre stanze da letto, una cucina e un bagno. Nulla di troppo grandioso. I sei ragazzi avanzarono incerti in quell’ambiente impolverato e poco accogliente. Mentre gli altri curiosavano intorno, Daisuke e Andrea trattennero Roberto e Take fuori da esso.
«Voi due, venite un attimo con noi» li richiamò il nuovo manager del gruppo. I due tornarono nel corridoio esterno insieme con i loro zii.
«Si può sapere cosa vi è saltato in testa? Roberto, ma ti rendi conto di cosa combinerà tuo padre una volta che lo verrà a sapere?»
«Che diritto hai di dirmi queste cose zio? Per tutti questi anni mi avete raccontato solo menzogne. Perché nessuno ha avuto il coraggio di dirmi che anche mio padre era un cantante? Avevate paura che una volta saputo non avreste avuto più scuse per fermarmi? Alla fine siete solo degli ipocriti. Se siamo arrivati a questo punto è solo colpa vostra.»
«Ehi ragazzino, non dovresti giudicarci così duramente. Non ti passa per la testa che possiamo averlo fatto per il vostro bene? » si intromise Daisuke.
«Per il nostro bene? Ma non essere ridicolo zio! Per colpa vostra abbiamo sprecato solo tanto tempo utile. Per tutto questo tempo ci avete illuso e preso in giro. Siete solo degli egoisti! Hiro e Misako hanno trascurato Jona, tu zio mi hai solo illuso accendendo e spegnendo a tuo piacimento ogni mio entusiasmo, Toshi non è mai stato libero di scegliere della sua vita e una volta che riesce a farlo glielo si viene fatto pesare. Tutti volete decidere il nostro destino. Perché è così difficile lasciarci vivere la nostra vita, quella che abbiamo sempre sognato? Cosa c’è di così sbagliato in tutto questo?» gli rispose Take reggendo furioso lo sguardo di rimprovero di suo zio .
«Non c’è nulla di sbagliato» lo interruppe JJ raggiungendo il gruppo fermo vicino la porta dell’appartamento.
«Zio…» esclamò Roberto impreparato al suo arrivo. I suoi occhi era spenti e rassegnati alla vita, non vi era più nulla del carattere combattivo e vivace che Roberto ricordava.
«La verità è che noi genitori abbiamo sempre troppa paura che i nostri figli finiscano con il compiere i nostri stessi errori.»
I due ragazzi ingoiarono le ultime parole di rimprovero reclinando il capo, abbattuti dall’onestà di quelle parole che lasciavano aperte troppe possibilità inesplorate. Forse JJ non aveva tutti i torti.
«Kei e Shin sono dentro?» chiese infine rivolgendosi ai suoi due vecchi amici.
«Si, sono dentro» lo rassicurò Andrea.
«Allora vado a parlare con loro». Detto questo superò i due ragazzi entrando e raggiungendo i suoi due figli.
 
«Per il momento potete andare. Domani arriveranno Hiro e Eichi e metteremo in chiaro questa situazione» concluso il discorso i due ragazzi senza aggiungere nulla raggiunsero i loro compagni nell’appartamento. Jona e Toshi erano seduti al tavolo della cucina raccolti in un silenzio riflessivo.
Notati i due ragazzi avanzare nella loro direzione Toshi indicò loro, con un movimento della testa, l’unica camera con la porta chiusa dell’intero appartamento.
«JJ è con Kei e Shin…» chiarì Jona con una mano che affondava nei suoi capelli biondi mentre con il gomito sul tavolo sorreggeva il peso della sua testa. «Domani, credo toccherà a me…»
Roberto e Take presero posto intorno a quel tavolo rettangolare.
 
JJ era seduto su uno dei due letti della stanza, sull’altro l’uno accanto all’altro sedevano i suoi due figli. Con un grosso respiro aprì il suo discorso
«è questo quello che volete?»
«Papà non prendertela con Kei, lui non centra nulla. Sono stato io a spingerlo a…»l’uomo su quel letto sorrise inaspettatamente, creando spaesamento tra i due ragazzi.  
«Che ironia, avevo promesso a Rio che vi avrei fatto una bella ramanzina, ma a dire la verità non vedo proprio nulla per cui rimproverarvi. Io conosco bene il desiderio di esprimere se stessi con la musica, so cosa sentite, perché prima di voi anche io ho provato questa sensazione. Sono venuto per dirvi che vi sosterrò. Dopotutto immagino che vostra madre mi avrebbe chiesto di farlo. Non posso negare che avrei preferito un futuro diverso per voi, ma se questo è ciò che volete fare allora io non mi sento di negarvelo. Vi voglio solo dare un avvertimento. Tenetelo bene a mente. Le persone sanno essere meschine bugiarde e infami, arriverà il momento in cui dovrete scegliere tra l’essere chi siete in realtà o fingere di essere una persona diversa da quella che siete. Falsi sorrisi, frasi e atteggiamenti programmati saranno routine, ma tra di voi dovete sempre essere onesti. Non dovete mai e poi mai dimenticarvi di essere fratelli. Proteggetevi l’un l’altro come avete sempre fatto. Non abbiate paura di chiedere scusa quando sbaglierete e non dimenticatevi di ringraziarvi per ogni singolo giorno che trascorrerete insieme. Ricordate, solo voi conoscerete la vera natura del vostro cuore e se sarete fortunati una parte di quello che siete riuscirà a raggiungere il vostro pubblico. Non arrendetevi mai e lottate per quello che credete, ci saranno momenti in cui il successo proverà a corrompere il vostro animo in quel momento ricordatevi di questo momento e delle persone che siete oggi. Bene, quello che dovevo dirvi l’ho detto. Adesso uscirò e voi metterete un broncio di quelli mai visti. Ufficialmente vi ho appena fatto una ramanzina. Che rimanga un segreto tra noi però» dopo un occhiolino complice si sollevò dal materasso. Shin andò verso suo padre e lo strinse forte tra le sue braccia.
«Grazie papà…»con la mano destra JJ sfiorò i capelli scuri di suo figlio. Con l’altra richiamò a sé Kei ancora seduto sul letto a una piazza. Lo stesso trascinandosi a capo chino raggiunse, JJ che lo strinse forte a se. Così uniti avrebbero potuto sfidare il mondo intero.
Una persona preziosa nei loro cuori, sorrideva  nel cielo splendente, fiera di loro, della meravigliosa famigliare che erano diventati. 

NOTA:
Grazie a tutti voi per la fiducia che mi date continuando a seguire questa storia. Ammetto di non essere una grande scrittrice e quindi mi scuso in anticipo per la forma non sempre perfetta, inoltre vi ringrazio per la costanza con la quale leggete i miei capitoli. Ok, adesso la finisco. Un saluto e al prossimo capitolo.
   
 
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