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Autore: KatherineSwan    26/11/2014    6 recensioni
Colin e Jennifer. Jennifer e Colin. Due anime unite dal proibito. Due colleghi che pian piano scoprono l'importanza che l'uno ha per l'altro, e iniziano a chiedersi: e se la mia vita fosse sbagliata? e se potessi avere di più?
Jennifer e Colin che fanno colazione insieme. Jennifer e Colin che fanno l'amore. Jennifer e Colin che si tengono per mano. Jennifer e Colin che si amano.
E se tutto questo potesse far parte della loro vita?
Succederà? Vi basta leggere per scoprirlo.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: colin o'donoghue, Jennifer Morrison
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rieccomi con il nuovo capitolo. Ero partita in una direzione completamente diversa quando ho iniziato a scrivere ma mi sono lasciata prendere dalle emozioni e BOOM, è uscito fuori tutto ciò.
In questo momento sono emotivamente instabile perchè mi sto immaginando i Colifer in questa situazione, quindi che dire, buona lettura. <3

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« Stai bene? »
Jennifer domandò, sollevando un sopracciglio, mentre lo osservava concentrato a guidare l’auto.
Era strano, diverso, freddo.
Non era lo stesso Colin degli ultimi tempi, quello che la guardava in continuazione, quello che l’aveva baciata la sera prima, in quel modo dannatamente meraviglioso.
« Sto bene. Sono solo stanco. »
« Okay. – lo guardò con la coda dell’occhio e tornò a fissare la fila di macchine davanti a lei. – Stavo pensando che stasera potremmo cenare insieme, o andare a bere qualcosa se preferisci.. »
Non sapeva perché glielo stava dicendo, si sentiva tremendamente insicura in quel momento.
Aveva deciso di smettere di ragionare e provare a vedere cosa sarebbe successo, ma già si stava pentendo per aver preso quella decisione.
« Non posso. »
« Okay, facciamo un altro giorno magari. »
« Ho detto che non posso, Jen. »
Lei si arrese e sospirò pesantemente, contando i minuti che la separavano da Vancouver e dall’arrivo sul set, immergendosi in un silenzio assordante che mai aveva provato quando era insieme a lui.
Colin, dal canto suo, si sentiva tremendamente in colpa anche se non riusciva a capire il perché.
Tra lui e Jennifer c’erano stati solo del baci, e si sarebbero baciati altre volte per via del loro lavoro, eppure c’era qualcosa dentro che non riusciva a farlo calmare, un’inquietudine tale da non averlo fatto dormire per tutta la notte.
E lui lo sapeva, sapeva perché si stava comportando da coglione con lei, ma non aveva il coraggio di aprir bocca e dire qualcosa, mettere insieme una frase di senso compiuto gli sembrava un’impresa ardua al momento.
Arrivati finalmente sul set, parcheggiò l’auto e avvertì la mano di lei sfiorare la sua dolcemente.
Dio, perché doveva lasciarsi andare proprio ora?
« Te lo chiederò una volta sola. Sei sicuro di star bene? »
« Ti ho detto di si. »
Le aveva mentito, e lui non sapeva mentirle, non ci era mai riuscito.
Scese dall’auto per evitare di incrociare nuovamente il suo sguardo, controllando però che fosse dietro di lui mentre camminavano entrambi con occhi bassi, fingendo che tutto fosse normale.
« Jennifer! Oh, finalmente. »
Lei si fermò di scatto, sentendo il sangue raggelarsi nelle vene al solo pensiero di quella voce.
Alzò gli occhi e si ritrovò quella figura di donna davanti a lei, che l’aspettava a braccia aperte insieme a tutto il resto del cast, Adam ed Eddy compresi.
« Helen, tu-io non sapevo fossi qui. »
La sua voce era traumaticamente confusa, colpevole e imbarazzata allo stesso tempo, mentre Colin se ne stava a pochi passi da loro con un finto sorriso di circostanza sulle labbra.
« Sono arrivata ieri sera, volevo fare una sorpresa a quel testone di mio marito, e quindi.. »
« ..sorpresa!»
Jen ironizzò un po’ per darsi un atteggiamento normale, un po’ per evitare di fulminare lui con lo sguardo, cercando di non guardarlo neanche.
Era ferita, era una povera ingenua a credere di poter abbassare la guardia.
Doveva dirglielo mentre erano in macchina, doveva dirle di sua moglie, del suo arrivo e lei doveva prepararsi mentalmente e cercare di fingere , per lo meno provarci.
« Scusatemi, ma devo andare a prepararmi ora. Helen sono davvero felice che tu sia qui. »
La donna le sorrise, osservandola mentre quasi scappava via dal resto del gruppo, per isolarsi nel suo camerino dove sarebbe stata libera di sfogare la sua rabbia e tirar fuori tutto quello che aveva dentro.
Si chiuse la porta alle spalle e si appoggiò contro di essa con la schiena, portando le mani tra i capelli.
« Stupida Jen, sei una stupida. Non avresti dovuto.. »
Sussurrò tra sé, scuotendo la testa lentamente, evitando con tutta se stessa che le lacrime le rigassero il viso perché non gli avrebbe dato quell’ennesima soddisfazione.
Non avrebbe pianto per lui e non si sarebbe mostrata più debole.
 
«Jen, apri la porta. Sono io, sono Colin. »
« Vattene. »
« Devo spiegarti, per favore apri.»
« Non ho voglia di parlarti. »
« Jen apri questa porta, dannazione, o la butto giù. »
Lei aprì e lui sembrò quasi buttarsi su di lei con timore e paura.
Aveva negli occhi lo sguardo di chi teme di aver perso una persona, lo sguardo pieno di terrore per aver fatto o detto qualcosa di sbagliato.
« Volevi parlare? Bene. Parliamo. »
« Avrei dovuto dirtelo, lo so. Sono stato un coglione prima, avrei dovuto parlartene, ma è arrivata all’improvviso. Ieri sera sono tornato a casa e me la sono ritrovata lì. Non sapevo cosa fare. »
« E’ per questo che ti sei comportato così stamattina? Avevi paura del giudizio di tua moglie. Dio, quanto sei stronzo. Usare questo per allontanarti, potevi dirlo chiaramente. »
« Cosa? Io non-non voglio allontanarti, ma cosa pretendi? Lei è qui e.. »
« ..e tu la ami. Dillo. Dimmi che la ami. »
« Si, la amo. Non l’avrei sposata se non fosse così, ma questo non vuol dire che non provo niente per te. Jen ascoltami. – istintivamente le prese la mano, la lei si irrigidì e si allontanò quasi subito. – Non allontanarti da me, ti prego, non farlo. »
« La verità è che avrei dovuto farlo dall’inizio. »
Jennifer replicò freddamente e a Colin non rimase altro che guardarla, con la consapevolezza che lei aveva ragione, non avrebbe mai potuto averla e questo lo stava uccidendo lentamente.
 
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Si risvegliò dopo un paio d’ore.
Il viaggio era stato tranquillo e ne aveva approfittato anche per riposarsi un po’ prima dell’atterraggio.
Amava Vienna, era una delle sue città preferite e la chiamata di una delle sue migliori amiche non aveva fatto altro che entusiasmarla e convincerla a partire prima di subito.
Adam ed Eddy le avevano dato un paio di giorni liberi, così avrebbe prolungato il week-end e si sarebbe fatta una bella vacanza lontano da tutti, lontano da Colin.
Non lo aveva chiamato, non lo aveva nemmeno avvisato della sua partenza, poco le importava visto che lui aveva passato una settimana intera con sua moglie senza nemmeno dirle che sarebbe arrivata in città.
Distolse la sua mente da quei pensieri mentre il taxi che la stava accompagnando in hotel sfrecciava tra le strade viennesi.
Il giorno seguente avrebbe incontrato le sue ragazze, le amiche di una vita, quelle che vedeva raramente ma che amava come sorelle.
Arrivata in albergo si era lasciata accompagnare in camera, per disfare i bagagli e magari fare un bagno caldo prima di andare a letto.
Erano ormai le 7.30 del pomeriggio e lei era già stanca e voleva solo sprofondare tra le lenzuola del suo letto e dormire fino al mattino seguente.
Si tolse quei fastidiosi tacchi che indossava, chiedendosi per quale motivo non aveva messo delle scarpe più basse per il viaggio, forse inconsciamente aveva persino dimenticato che era lì in vacanza e non per lavoro.
Sospirò sfilandosi poi i vestiti e lasciandosi cullare dall’acqua calda della doccia.
Era stanca persino per fare il bagno, quindi optò per la cosa più rapida.
Sperava che l’acqua facesse scivolare via tutti quei pensieri che aveva, ma in realtà non stava facendo altro che pensare a lui, a Colin insieme a sua moglie, a Colin che la baciava, che dormiva con lei, che faceva l’amore con lei mentre Jennifer, lei era incastrata in un purgatorio di sentimenti  da cui non riusciva più ad uscire.
Si avvolse in un asciugamano e si diede qualche colpo di phon per asciugare i capelli bagnati che le ricadevano sulle spalle nude.
Inspiegabilmente sentì qualcuno bussare alla porta, anche se lei non aspettava visite, ne tanto meno aveva ordinato nulla da mangiare, non ancora.
« Chi è? »
« Servizio in camera. »
Strano – pensò tra sé – forse era un modo per dare il benvenuto agli ospiti, offrendogli qualcosa per cena.
Si diede una sistemata e andò ad aprire, ritrovandosi uno dei ragazzi che lavoravano nell’albergo di fronte a lei, con in mano un bigliettino.
« Mi hanno chiesto di consegnarvelo, signorina. E di assicurarmi che voi lo leggiate.»
Jen sorrise, un po’ sorpresa e un po’ curiosa da quella strana situazione, ma aprì il bigliettino come richiesto e notò subito la calligrafia.
« Parti senza dirmi niente? Credevi che ti avrei lasciata andare così? »
Il pezzo di carta diceva solo questo, ma lei aveva riconosciuto la scrittura di Colin e, per un momento, si era sentita in colpa per non avergli detto nulla.
Il ragazzo di fronte a lei si spostò di qualche passo per poi incamminarsi verso le scale e dietro di lui spuntò la sagoma perfetta di Colin, che sfoderava uno dei suoi sorrisi più belli.
Per un momento lei si sentì in imbarazzo, era praticamente mezza nuda e lui era lì, era andato a Vienna per lei, dopo tutto quello che era successo nei giorni precedenti.
« Che-che cosa ci fai qui? »
« Te ne sei andata senza dirmi niente. L’ho saputo stamattina da Ginnifer. »
« E quindi? Non devo darti spiegazioni. »
« Dannazione ma ti senti quando parli?»
« Mi sento perfettamente quando parlo. Sei tu quello confuso, Colin. Che cosa vuoi da me? Perché non mi lasci in pace, eh? Perchè sei qui? »
Lui non sapeva cosa rispondere, non sapeva nemmeno perché aveva preso un aereo ed era volato dall’altra parte del mondo per lei.
O forse lo sapeva, solo che la sua testa rifiutava ancora quell’idea.
Di scatto la spinse nella stanza, facendo aderire la sua schiena contro il muro per poi baciarla, in un modo completamente diverso dal solito, in un modo che non era il modo di Emma e Hook e non era nemmeno il modo di Colin e Jennifer, almeno non fino a quel momento.
Le catturò le labbra in maniera famelica, mordendole e poi rituffandosi dentro di esse, lasciando che le loro lingue si incontrassero in quella strana danza della passione, che non aveva niente a che vedere con i loro soliti baci, quelli dolci, quelli tristi e pieni di dolore.
No, quello era un bacio vivo, era un bacio che era quasi riuscito a togliere il respiro a Jennifer, che dovette staccarsi da lui per riprendere fiato e non rischiare l’auto-combustione.
« Sono venuto qui per fare questo. »
Glielo sussurrò sulle labbra, prima di incamerare aria per poi riprendere quella dolce tortura e spegnere il cervello, cancellando qualsiasi altra cosa e lasciando nei suoi pensieri solo lei, lei e quella stanza d’albergo a Vienna, lei e quel loro strano mondo indefinito.
Jennifer aveva ormai completamente perso il conto di quanti baci si erano scambiati, di quanto strano potesse sembrare all’apparenza quel suo lasciarsi andare in quel modo.
Non lo stava facendo per lui, lo stava facendo per lei.
Si stava concedendo un’occasione per essere felice, e per una volta in tutta la sua vita voleva essere egoista, voleva pensare a se stessa e a nessun altro, voleva agire d’istinto e non pensare alle conseguenze.
Le sue mani scivolavano lente sulla camicia di lui, sbottonando maliziosamente i bottoni con calma, una calma che nella testa di Colin risuonava più come una tortura.
Arrivata fino in fondo, lasciò che l’indumento cadesse ai loro piedi, osservando il torace dell’uomo di fronte a lei, perfettamente scolpito.
Non lo aveva mai visto nudo  e lui non aveva mai visto lei, in quel momento però non sembrava essere imbarazzante, al contrario, sembrava la cosa più naturale del mondo.
Lui la liberò dall’asciugamano, lasciandolo cadere via e prendendosi qualche secondo per ammirare quel corpo che fino ad allora gli era sembrato intoccabile, ogni sua forma perfettamente delineata come una venere dipinta su di una tela.
Le circondò la vita con le braccia e la sollevò da terra, lasciandola poi sdraiare sul letto, tuffandosi nuovamente sulle sue labbra quasi come se ne fosse in astinenza.
Ed era così, era vero. Non riusciva a pensare, non riusciva più a respirare quando gli mancavano le sue labbra, quel contatto, quel sapore dolce che avevano i suoi baci, la morbidezza della sua pelle, e adesso era lì, distesa tra le lenzuola ed era completamente vulnerabile, completamente sua.
La sua Jennifer.
Lo avrebbe urlato al mondo intero se solo si fosse ricordato di dare fiato alla bocca e distaccarsi da lei, ma lui non voleva farlo, non voleva farlo per nessun motivo.
« Colin.. »
Sussurrò il suo nome con quella vocina flebile che lui amava così tanto, la rendeva più umana e decisamente meno vicina alla perfezione, come invece lui era solito vederla.
« Dimmi solo una parola e me ne andrò via e non ti cercherò più. »
Jennifer voleva con tutte le sue forze che lui se ne andasse, ma il suo sguardo, le sue braccia che lo stringevano, le gambe avvolte attorno ai suoi fianchi, ogni fibra del suo corpo le urlava di non farlo.
Sospirò impercettibilmente sulle labbra di Colin, mentre lui le sfiorava la guancia con la punta delle dita, beandosi di quel loro piccolo momento di perdizione.
« Resta. »
Lui non ebbe bisogno di sentire altro, non erano necessarie ulteriori parole.
Sorrise e la baciò nuovamente, avventurandosi con le labbra sul suo collo e successivamente tra l’incavo del suo seno, procedendo in quella nuova danza della passione che accompagnava i loro corpi fino a quando non si unirono del tutto.
« Voglio che tu sia mia. Voglio che tu sia mia e di nessun altro, e se mai ci sarà qualcun altro voglio che tu possa ricordarti questo momento, sapendo che nessuno mai ti toccherà come faccio io. Voglio che tu sia solo mia, Jen. Non-non hai idea di quanto lo vorrei.  »
Colin cercò di non sembrare egoista dopo quell’affermazione, detta in un momento di totale sincerità e accettazione, mentre era dentro di lei e sentiva di appartenere solo a quella donna e a nessun’altra, nemmeno ad Helen.
Si era sfilato la fede appena arrivato in hotel perché lì non esisteva niente e nessuno se non la sua Jennifer.
Lei non riuscì ad evitare che le emozioni prendessero il sopravvento, non controllando le lacrime che le rigavano il viso, lasciando l’uomo confuso e allo stesso tempo preoccupato.
Poi gli sorrise, gli sorrise piangendo e allora lui capì.
« Io sono già tua. »
Jen mormorò appena, prima di catturare nuovamente le labbra di lui in un bacio salato.
Fecero l’amore in un modo che nemmeno loro riuscivano a spiegarsi, fecero l’amore concedendo un pezzo della loro anima l’uno all’altra, senza rimorsi e senza riserve, così come succede una sola volta nella vita.
Era inspiegabile il modo in cui era successo, ed entrambi sapevano che tutto quello che sarebbe successo in quella stanza d’albergo molto probabilmente sarebbe rimasto sepolto in quella stanza d’albergo, ma adesso erano troppo preoccupati a rendersi felici a vicenda per pensare a cosa avrebbero fatto il giorno seguente.
  
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