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Autore: rossella0806    26/11/2014    1 recensioni
La signora Gina Belmonte, una mattina di novembre, sente dei rumori provenire dall'appartamento di fronte al suo, al primo piano di Piazza del Plebiscito n°6.
La donna, bigodini in testa e ciabatte di spugna verde, si appresta a cercare la causa di quel frastuono, ma c'è un problema a complicare ancora di più la vicenda: l'appartamento in questione è, infatti, disabitato da tre mesi, quindi qual è la causa di quei rumori? E soprattutto chi c'è all'interno dell'appartamento ormai sfitto?
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il commissario ritornò dall'anziana donna nel tardo pomeriggio, per terminare le domande di routine lasciate in sospeso poche ore prima.
Seduta al tavolo del salotto, la signora Gina rispose vagamente, perché non sapeva nemmeno lei che cosa dire: è sicura di non conoscere l’uomo? Sicurissima! Non lo aveva mai visto prima? No, mai. Non si ricorda qualche particolare accaduto la scorsa settimana? No, nessuno, a parte i rumori, ovviamente…
“Abbiamo rintracciato la signora Grandi, le abbiamo detto quello che è successo” disse il poliziotto, sperando di risvegliare dall’intorpidimento la donnina.
“Oh, grazie al Cielo! Non sapevo come dirglielo! Per fortuna ci ha pensato lei, commissario. E che cosa ha detto?”
“Siamo andati a casa della figlia, questa mattina, e le abbiamo fatto le solite domande che sto facendo anche a lei, ma non mi ha saputo dire molto. Ha confermato che l’appartamento è vuoto dalla scorsa estate e che l’ultima volta che è venuta qui è stato un mese fa, per farle visita”
La Gina scosse la testa:
“Povera Liliana, non riesco proprio a capire perché abbiano ucciso quell’uomo nella sua casa…”
“Questo purtroppo non lo sappiamo ancora. Comunque, prima di venire da lei, ho provato a citofonare agli inquilini del piano di sopra, ma non risponde nessuno…” disse Barbavara, il gesto abituale di rimboccarsi la stoffa dei pantaloni.
“No, a quest’ora è normale. Nella porta a sinistra abitano i Lorenzina, sono marito e moglie, hanno più o meno la mia età, mentre nell’appartamento di fronte c’è una giovane coppia che si è sposata da poco, un anno se non ricordo male… si chiamano Della Rovere. Gli ultimi due appartamenti del terzo piano, invece, sono ancora sfitti”
“E sia i Lorenzina che i Della Rovere lavorano?” si informò il poliziotto, continuando a scarabocchiare sullo stesso taccuino del mattino.
“I Lorenzina no, ovviamente, ma credo siano andati a curare i nipoti, dal figlio.”
“Ci vanno spesso?” domandò Barbavara
“Tre volte a settimana…”
“Torneranno questa sera, quindi?”
“Verso le sei, come sempre, come ogni volta vanno da loro”
“E i Della Rovere?”
“Sì, certo, anche loro saranno a casa tra qualche ora, verso le sette e mezza, all’incirca: lui è un medico, mentre lei è impiegata. Sono molto gentili…” la donna sorrise a conferma delle sue parole.
Il commissario annuì, grattandosi distrattamente il retro della nuca:
“Bene. Se non le dispiace, rimarrei qui fino a quando i suoi vicini torneranno… manca un’ora, se i suoi calcoli sono esatti, così almeno comincerò ad ascoltare i Lorenzina”
“Come vuole, commissario! Desidera del caffè?”
“Ehm…sì, grazie”
La signora Gina si alzò, prese il suo vecchio macinino, e iniziò a preparare la bevanda.
 
 
Il giorno successivo, il referto del medico legale confermò che l’uomo, Massimo Coletti, era morto per le ferite riportate durante una presunta colluttazione.
Dalle indagini condotte da Barbavara, risultò che la vittima –incensurato- viveva da solo in un monolocale dall’altra parte della città, era separato dalla moglie che si era trasferita all’estero da circa due anni, e lavorava come designer in una ditta di giocattoli.
Vita esemplare, dunque, niente eccessi, quindi nessuna pista valida da seguire.
Una cosa interessante saltò fuori ugualmente, proprio in seguito alle domande che il commissario rivolse ai colleghi di lavoro del defunto: negli ultimi tempi, il Coletti, veniva cercato da un uomo,  un giovane sui trent’ anni, magro, occhi e capelli scuri, che gli telefonava in ufficio o lo aspettava fuori, dopo l’orario di lavoro.
Non era mai successo nulla di particolare, in verità, come una lite o qualcosa del genere, ma tutti i soci del morto concordarono nel dire che queste visite misteriose erano troppo assidue perché dietro non ci fosse nulla.
“Non vi ha mai detto il nome di quest’uomo?” chiese il commissario, seduto sulla sedia nell’ufficio del presidente della ditta di giocattoli, due giorni dopo la scoperta del cadavere.
“No” rispose il datore di lavoro, occhiali sul naso e leggermente stempiato, nonostante i capelli ancora neri “Massimo era aperto e disponibile con tutti, ma del ragazzo non ci ha mai detto nulla”
“Ogni quanto tempo veniva?”
“Non saprei. C’è stato un periodo, qualche settimana fa, che un giorno sì e uno no era sempre qui, poi ultimamente gli telefonava solamente, almeno è quello che diceva Giancarlo, l’altro designer della ditta…”
“Sì, me lo ha detto prima, quando l’ho interrogato … come fate ad essere sicuri che era proprio lui la stessa persona che gli telefonava e che veniva ad aspettarlo dopo l’orario d’ufficio?”
“Massimo era piuttosto contrariato” l’uomo si sistemò sulla poltrona girevole, la mano destra a fare un gesto come a dire ma è ovvio - gli diceva di non venire più, che tanto non sarebbe cambiato nulla, però, per quelle poche volte che li ho visti anch’io, non hanno mai alzato la voce”
Barbavara era molto interessato agli sviluppi che stavano prendendo forma da quell’indagine:
“Siete sicuri che il signor Coletti non vi abbia mai detto il nome dell’uomo?”
“No, commissario… a me personalmente mai, e nemmeno agli altri dipendenti, credo. Però, adesso che ci penso, quel ragazzo aveva un’utilitaria blu…”
“Ne è sicuro?”
“Sì, arrivava sempre con quella macchina”
 “Va bene, grazie per la collaborazione. Se le viene in mente qualche particolare, non esiti a contattarmi… arrivederci”
 
 
Quel caso sembrava ruotare attorno a un punto morto.
Lo stesso pomeriggio, dopo essere tornato dalla ditta di giocattoli, Barbavara decise di fare ancora una capatina in Piazza del Plebiscito n°6.
L’interrogatorio con i coniugi Della Rovere, avvenuto la sera stessa della scoperta del cadavere –quindi due giorni avanti- ed esattamente come  quello della signora Gina e della signora Grandi, risultò alquanto vano.
I primi non furono praticamente di nessun aiuto: erano fuori tutto il giorno, si erano trasferiti da poco in quella casa, e avevano visto la signora Liliana un paio di volte, poche settimane prima del trasloco definitivo dalla figlia, quindi il poliziotto decise di non insistere né con loro né con la vecchietta dirimpettaia dell’appartamento in cui avevano rinvenuto il Coletti.
Chi invece suscitò l’interesse del commissario, furono gli anziani coniugi Lorenzina.
“Quindi non conoscevate l’uomo assassinato al piano di sotto?” il poliziotto aveva iniziato da una manciata di minuti la conversazione con la coppia di anziani:
“No, non lo conoscevamo. Ci ha già fatto questa domanda l’altro giorno…” la donna sembrava spaventata, ma anche molto stanca.
“Ne è sicura, signora? Dalla sua faccia sembra che ci sia qualcosa che la turba”  domandò Barbavara.
“Assolutamente…è solo che questa storia mi ha molto scossa…alla nostra età non è semplice sopportare tutto questo” prese un fazzoletto di stoffa, sapientemente nascosto nella manica della camicetta rosa antico.
“Bè, certo, capisco. Il giorno dell’omicidio, dieci giorni fa, eravate in casa?”
“N-on mi ricordo, commissario” disse il marito “il martedì, il mercoledì e qualche volta il venerdì pomeriggio, andiamo a casa di nostro figlio a curare i bambini”
“Quindi anche mercoledì scorso ci siete andati?”
“Sì,certo…se è successo di mercoledì, allora sì”
“Abita lontano da qui?”
“Venti minuti a piedi”
“E siete usciti di casa già al mattino?” domandò il poliziotto, rivolto alla donna, che ora stava stropicciando insistentemente il fazzoletto ricamato.
“No, o meglio dai nostri nipoti ci siamo andati, ma solo nel primo pomeriggio, verso le tre.
Al mattino, invece, siamo andati in posta e al mercato, quello rionale che fanno ogni settimana qui sotto … ”
“Uhm. Avete solo un figlio?”
“Sì, cioè no…Andrea è sposato, è il più grande, mentre Matteo vive ancora con noi…” continuò lei
“Lavora?”
“Sì, è un disegnatore…”
Il commissario mostrò molta attenzione a quest’ultimo particolare:
“E dove?”
I due coniugi si guardarono:
“Ha un contratto fisso presso una ditta che produce giocattoli” rispose l’uomo, annuendo inspiegabilmente.
“Quale?”
“Non lo so, qui in città…”
Barbavara sospirò:
“Senta, vostro figlio quanti anni ha?”
“Trenta tra due mesi” disse la moglie, continuando a torturare l’innocente fazzoletto di stoffa.
“E’ moro con gli occhi scuri?”
“S-ì… perché lo vuole sapere?” domandò l’uomo, cominciando ad innervosirsi anche lui.
“Ha un’utilitaria blu?”
I due non risposero:
“Signori Lorenzina, siete sicuri che anche vostro figlio non conoscesse la vittima?”
La donna si mise le mani sul volto, il fazzoletto di stoffa caduto sul freddo pavimento in marmo:
“Non lo so, non lo so! Matteo ultimamente torna a casa dal lavoro sempre di cattivo umore, è stanco, insofferente. Un paio di volte ha chiamato a casa un certo Massimo, ma mio figlio si è arrabbiato e gli ha detto che si sarebbero visti il  giorno successivo… di più non sappiamo!”
“L’ultima telefonata quando è stata? La scorsa settimana?”
L’uomo mise un braccio attorno alle spalle della moglie, che disse:
“Sì, credo di sì, ma non ricordo con esattezza”
“Crede o ne è certa?”
L’anziana signora cominciò a piangere:
“Senta, commissario, ci lasci in pace” disse il marito “nostro figlio non ha fatto niente, perché c’è l’ha su con lui?”
“L’uomo ucciso nell’appartamento di sotto si chiamava Massimo, lavorava presso una ditta di giocattoli e negli ultimi tempi era infastidito da un giovane che corrisponde alla descrizione di vostro figlio: che cosa dovrei pensare?”
“Non mi importa niente di quello che lei pensa! Io so che mio figlio non ha fatto nulla!” gridò il signor Lorenzina, alzandosi di scatto dalla sedia.
“D’accordo, si calmi. Magari è tutto un equivoco, una coincidenza, però mi dovete dire dove posso trovare vostro figlio… dove lo posso trovare adesso!”
La donna continua a singhiozzare, mentre l’uomo si passa una mano sulla testa canuta: nessuno dei due replicò.
“Se non mi volete dire niente, aspetterò fin quando vi deciderete a dirmi qualcosa…”
Barbavara si rimboccò la stoffa dei pantaloni, preparandosi ad una attesa che sperava fosse la meno lunga possibile.
L’unica cosa che in quella conversazione non lo convinceva ancora, era per quale motivo –sempre che la ditta di giocattoli a cui si stavano riferendo i due anziani coniugi fosse la stessa presso cui lavorava la vittima- nessuno dei colleghi del Coletti, né tantomeno il dirigente della fabbrica, avesse menzionato il nome di questo Matteo Lorenzina: nessuno di essi, infatti, gli aveva anche solo accennato che mancasse qualche dipendente in quei giorni e, nell’elenco degli impiegati che il poliziotto aveva chiesto di visionare, il figlio dei due signori di fronte a lui, non c’era nemmeno a pagarlo d’oro.
Che fosse tutta un’ inspiegabile- almeno per il momento- coincidenza tra il vero assassino del Coletti Massimo, e il giovanotto di cui il commissario non aveva ancora fatto la conoscenza?
Barbavara guardò per l’ennesima volta l’uomo e la donna seduti davanti a lui, e cominciò a contare, con la non troppo celata prospettiva, di ricevere delucidazioni in merito all’omicidio del designer di giocattoli.
L’orologio a pendolo appeso in corridoio suonò le sei e mezza.
 
   
 
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