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Autore: Melian    31/10/2008    6 recensioni
«Jack era come pietrificato e la Lanterna quasi gli cascò di mano quando, con uno scatto, si ritrasse e sbatté contro una croce di pietra, inclinandola. Aveva gli occhi accessi di una folle paura.»
[Storia partecipante alla Seconda Minidisfida del sito Criticoni]
Genere: Commedia, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IO NON HO PAURA

 

-Insomma, Marlene, muoversi! – sbottò Jack, affacciandosi nella camera da letto.
Marlene non rispose subito: era piuttosto occupata a rimirarsi allo specchio e restò lì impalata fino a quando non fu soddisfatta del risultato: vivaci occhi di un intenso viola, capelli neri e ricci e labbra rese più piene da un rossetto di un rosso acceso.
-Pronta! – si degnò di rispondere alla fine.
Sollevò la falda del cappello da strega con un colpetto dell’indice destro e si voltò, macinando le distanze che la separavano da Jack col suo passo lungo ed elegante.

Jack, un uomo alto e dai capelli scuri, il mento sottolineato da un pizzetto meticolosamente disegnato, storse le labbra e rilasciò un sospiro spazientito.
-La solita vanesia. – commentò, attraversando il lungo corridoio immerso nella penombra. – Siamo in ritardo. – aggiunse, gettando un’occhiata alla pendola in un angolo.
I suoi passi sul pavimento coperto da una moquette ormai consunta erano scanditi dal ticchettare del suo bastone da passeggio.
Si fermò davanti all’ingresso e indossò i guanti di pelle, in perfetta sintonia col completo grigio da gentiluomo di fine Ottocento.
-Non dimenticare nulla, perché indietro non torniamo. – precisò ancora Jack con la sua voce bassa e lasciva, una carezza carnale: riusciva a rendere le frasi più banali pregnee di malizia. Afferrò la sua Lanterna e aprì la porta.
-Mi domando perché, ogni anno, il Capo debba appiopparmi te. – mugugnò Marlene di malavoglia, uscendo subito Jack. – Scarrozzarti in giro sta diventando fastidioso.
Il buio era imperante, ma la Lanterna di Jack permetteva di vedere perfettamente il sentiero che conduceva al bosco. Alle soglie della secolare boscaglia, i due si fermarono.
Marlene fece un solo passo avanti verso quello che sembrava un punto preciso del terreno, segnato da un piccolo cerchio di sassi; estrasse con un movimento fluido la sua bacchetta magica e ricamò in aria linee invisibili, pronunciando un incantesimo a voce sommessa che Jack non riuscì ad udire.
Tuttavia, una scintilla improvvisa sbocciò dalla punta del catalizzatore stregato e l’aria si contorse, vorticò e poi si strappò di netto: in quel mondo oscuro e sotterraneo che era la loro casa, si aprì una finestra che Marlene e Jack oltrepassarono, ritrovandosi – pochi attimi dopo – a calpestare l’asfalto bagnato di una strada poco trafficata.

La luce della Lanterna ondeggiò, inquadrando lo stralcio di una villetta a schiera. Il giardino, che di solito doveva essere ben curato, agli occhi dei due aveva un aspetto grottesco: una grossa zucca intagliata troneggiava tra una lapide di cartone e un finto fantasma appeso alla veranda.
-Mpf, e dovrebbero tenere lontani gli Spiriti così? – Jack sollevò un sopracciglio. – Spero sia uno scherzo. – chiosò bruscamente, voltandosi: i suoi passi lo conducevano obbligatoriamente altrove.
Marlene, al suo fianco, non poteva non sorridere ai suoi borbottii.
-Se ti sentisse il Capo, direbbe che brontoli come un vecchio e che è ora di mandarti in pensione. – lo canzonò, con finta voce amabile.
Il bastone di Jack cozzava con forza contro l’asfalto, quasi un metronomo che segnasse i suoi passi svelti e un po’ nervosi.
-Devo ricordarti che il “Capo”, senza di me, dovrebbe scomodare i suoi Generali e Traghettatori e che, in realtà, non ne ha nessuna voglia? – replicò allora lui, guardandola con quei suoi occhi penetranti e investendola con la luce della Lanterna di proposito. – Ama lasciarmi il lavoro noioso.
-Sì, sì… - Marlene liquidò in fretta la questione, facendo un cenno con la mano destra, noncurante – Ehi, abbassa quella cosa! – protestò, abbagliata. – Altrimenti a fare il Cacciatore d’Anime ci resti da solo e tanti saluti! – fece una pausa che si colorò di malizia non appena aggiunse: – O hai paura?
Jack spostò lentamente la Lanterna sulla strada scivolosa, svoltando a sinistra ad un incrocio e fermandosi solo per guardare le indicazioni stradali. -Per di qua. – disse atono. – Io non ho paura di niente, bambina. – pareva serio e il suo tono era lugubre, ma forse era solo l'impressione di Marlene, perché la direzione scelta era quella per il Cimitero.
Le ombre s’allungavano nel rettangolo di luce creato dalla Lanterna, fino ad infrangersi contro la cancellata del Cimitero.
I due studiarono le statue d’angeli e le cime dei cipressi che frusciavano nel vento autunnale, come il triste canto di un vecchio organo. Eppure, ad un certo punto, udirono un clangore secco: il cancello cigolava, s’apriva e poi sbatteva improvviso più e più volte. Doveva essere stato forzato.
-Ma oliarlo no, eh? – commentò Marlene, seguendo la scia di luce che Jack seminava standole un passo avanti – Troppa fatica? Mah.
Marlene e Jack si scambiarono un’occhiata interrogativa, poi si decisero ad entrare nel camposanto e percorsero il sentiero costeggiato da un mare di lapidi. Una nebbia sottile strisciava come una serpe velenosa tra le loro gambe. S’addentrarono in quel labirinto fatto di tombe, diretti alla parte più antica del Cimitero, verso cripte vetuste e polverose: un luogo di ritrovo per Anime inquiete che Jack avrebbe dovuto guidare fin nel Regno degli Spiriti, attraverso varchi magici che solo Marlene sarebbe stata in grado di creare.
Ad un certo punto, però,Jack si fermò di colpo, aggrottando le sopracciglia. Marlene andò a sbattergli contro.
-Ehi, accidenti, avvisa prima di fermarti! – esclamò risentita la Strega, rischiando di perdere l’equilibrio.
-Zitta! – sibilò Jack, coi sensi all’erta.
Indicò un punto davanti a loro, oltre una collinetta orlata di croci: un guizzo rossastro si stagliava contro il cielo oscuro, spandendo fili grigiastri di fumo nell'aria. Si udivano voci, schiamazzi, come se ci fossero tante, troppe, presenze.
Si avvicinarono, mentre Jack occultava la luce della Lanterna che acquisì un colorito verdastro, come fosse un fuoco fatuo. Man mano che scendevano lungo il fianco della collinetta, i due scorsero figure mostruose che danzavano, si dimenavano, urlavano attorno ad un falò e si rincorrevano, mentre mantelli e bende di lino sporche fluttuavano nell’aria.  Quei volti deformati in ghigni contorti, quei sorrisi spezzati da lunghe zanne incrostate di sangue erano inquietanti. Le voci che si mescolavano, cozzando l’una contro l’altra in una sorta di cacofonia terribili, terminavano in assordanti risa.
-Oh Lucifero… - sussurrò Marlene, sgranando gli occhi e torcendosi le dita. Indietreggiò, boccheggiando, ma non riusciva a staccare lo sguardo da quello spettacolo. -Quello è tutto ciò che fa male al nostro lavoro e ai nostri affari, tutto ciò che avrei sempre voluto evitare nella mia onesta carriera!
Jack era come pietrificato e la Lanterna quasi gli cascò di mano quando, con uno scatto, si ritrasse e sbatté contro una croce di pietra, inclinandola. Aveva gli occhi accessi di una folle paura.

-Via… - la voce dell’uomo era un sussurro roco. – Via da qui! – esclamò Jack, afferrando Marlene per un braccio e trascinandosela dietro.
Erano entrambi terrorizzati mentre spalancavano il cancello del Cimitero con una spinta e si riversavano in strada, col fiatone.
- “Io non ho paura", eh?Bugiardo! – esclamò una Marlene ansimante.
Jack non rispose, ma le lanciò un'occhiata colma di collera.
L’unica cosa a cui riuscivano a pensare, però, era di correre il più lontano possibile da quel nauseante odore di caramelle e mela candita e da quegli orribili mostriciattoli in costume che, facendosi beffe di loro, ridevano e ballavano davanti a quel falò nella tetra notte di Ogni Santi.

   
 
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