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Autore: Experiment 513    27/11/2014    0 recensioni
Durante la seconda guerra mondiale una ricca famiglia tedesca fonda un laboratorio di ricerca e sperimentazione avanzata, facendo esperimenti per potenziare le capacità fisiche e psichiche degli esseri umani. Le cose si complicano quando il progetto ad esclusiva gestione familiare viene compromesso dall'assunzione di un famoso scienziato giapponese, il quale prende le redini e il controllo del laboratorio, alterando il programma iniziale e stravolgendo l'intero lavoro svolto dagli altri membri. Da quel momento in poi il laboratorio viene caratterizzato da morti, esperimenti illegali, tradimenti e assunzioni di personale non gradito da parte degli scienziati e medici tedeschi, e proprio quando la situazione sta degenerando fino a raggiungere un punto di non ritorno giungono Albrecht e Saito, nipoti dei fondatori, a ripristinare l'efficienza e la meraviglia di quell'edificio, dando anima e corpo per rendere perfetto il loro lavoro. Finalmente si raggiunge un equilibrio stabile e tutti i colleghi sono accomunati dallo stesso scopo: migliorare la razza umana.
Tutto procede tranquillamente per anni, finché Syans - terzo figlio di Albrecht - non diviene vittima di un terribile incidente.
Genere: Introspettivo, Mistero, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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── Per il bene della Scienza ──

 

“Un male necessario”

───────────────────

 

 

 

 

“L'uomo ha scoperto la bomba atomica,

però nessun topo al mondo

costruirebbe una trappola per topi.”

Albert Einstein

 

 

Cella n. 01

Paziente: Q.

Sesso: M

Condizioni fisiche: Buone

Condizioni mentali: Stabili

Comportamento: Collaborativo

Categoria: Studio della genetica

Esperimento no. 462

 

[Laboratorio di Ricerca e Sperimentazione Avanzata]

 

 

 

 

I passi si facevano sempre più vicini. Sentiva perfino il rumore metallico delle catene, così fastidiosamente familiare da fargli venire il voltastomaco.

    Il giovane, colto da un attacco di panico, si guardò intorno alla ricerca di un posto dove nascondersi; gattonò silenziosamente verso l’angolo più buio della stanza, rannicchiandosi su sé stesso nella speranza che questo bastasse a fuorviare il medico. Sapeva che non sarebbe servito a nulla.

    L’ombra di una figura alta, maschile, si stanziava al di là della parete di vetro; l’uomo aprì la cella e per un attimo Q. vide le luci del corridoio riflettersi sulle lenti dei suoi occhiali. Lo stava guardando. Si accorse subito della sua presenza, come se qualcuno lo avesse avvisato preventivamente che il giovane avrebbe cercato di sfuggirgli accovacciandosi in quel preciso angolo della camera. Gli si avvicinò lentamente, facendo ondeggiare la catena e il camice in contemporanea, quindi gli bendò gli occhi e gli legò le mani, stringendogli una corda intorno ai polsi. Q. non oppose la benché minima resistenza, nonostante fosse in preda al panico. Desiderava solo fuggire – come tutti gli ospiti di quel tetro edificio, d’altro canto –, ma quel posto era talmente grande da impedirgli di conoscere (o solamente ipotizzare) dove fossero collocate le uscite, né quante stanze ci fossero in totale. Non aveva mai messo piede fuori di lì, eppure, dopo tutti quegli anni, non aveva avuto la possibilità di esplorare quell’immenso laboratorio che sarebbe stata la sua dimora e la sua tomba. Era nato in cella e sarebbe morto lì, dietro quelle stesse sbarre: questa era la triste e crudele realtà, l’amara consapevolezza che avvelenava i suoi giorni.

    L’uomo in camice prese un'estremità della catena e l’attaccò al collare di metallo che Q. indossava dalla nascita, per poi incamminarsi verso le scale che collegavano le celle al piano inferiore. Il giovane era scalzo e gli sanguinavano i piedi, così lasciò una scia che segnava tutti i suoi spostamenti, come Hänsel e Gretel con le molliche di pane, ma molto più sicuro: nessun uccellino avrebbe potuto divorare le macchie di sangue sul linoleum grigio. Per evitare che sporcasse le rampe di scale, l’uomo in camice fece la saggia scelta di utilizzare un ascensore per raggiungere il terzo piano. Dopo aver attraversato un corridoio interminabile, giunsero in una stanza immensa e piena di luci. Una dozzina di medici e scienziati provenienti da tutto il mondo, e con le mani perfettamente sterilizzate, attendeva il loro arrivo.

 

   
 
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