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Autore: WingsOfButterfly    27/11/2014    0 recensioni
[...]Silvia tentò ancora una volta di rimproverare Nina, ma quest’ultima non le lasciò finire la frase. Le prese il viso tra le mani e la baciò, con forza e prepotenza. Le infilò la lingua tra le labbra senza attendere che fosse lei ad aprirle e con quel bacio le tolse il fiato. [...]
[...]Silvia rimase seduta dov’era, lasciando che lo sguardo di Nina vagasse su di lei. Le piaceva sentirsi i suoi occhi addosso, veder crescere in lei la voglia di prenderla e possederla. [...]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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CAPITOLO 2



Il giorno successivo sul cantiere il sole era accecante. Nina se ne stava seduta su un masso con un gomito sul ginocchio e il mento sprofondato su di esso. Gli occhiali da sole le coprivano gli occhi e, nonostante questo, la sua fronte era corrucciata per il fastidio della luce.
«Se hai messo su gli occhiali per poter dormire senza che nessuno ti veda, sappi che io ti conosco troppo bene per cascarci».
«Sono sveglia».
Roberto sedette accanto alla ragazza ed insieme osservarono dall’alto le squadre che lavoravano.
«Perché si è trasferita qui?» la voce di Nina era roca e stanca.
«Eh» Roberto si voltò a guardarla con aria interrogativa «Di che parli?».
«La ragazza, la più grande … Silvia».
«Che t’importa?».
«Nulla, solo curiosità».
«Chiedilo a lei allora».
«Se avessi voluto chiederlo a lei, l’avrei fatto, non credi?! Invece lo sto chiedendo a te».
Il tono burbero di Nina non fece perdere a Roberto nemmeno un briciolo della sua tranquillità. Con calma avvicinò una mano al suo viso e le alzò gli occhiali da sole sulla fronte, quel tanto che bastava per vedere i suoi occhi. Nina lo lasciò fare, inarcando un sopracciglio incuriosita. Roberto ispezionò le sue occhiaie scure, poi lasciò andare gli occhiali.
«Il turno di chi è stato ieri sera?» domandò pacato, mentre si alzava e infilava le mani in tasca.
«Carla».
«State insieme?».
«No!».
«Scopate e basta?».
«Ovviamente».
«Dovresti evitare di fare tardi durante la settimana, Nina».
Roberto la rimproverò bonariamente, ben sapendo che comunque non avrebbe ottenuto nulla, perché lei avrebbe continuato a fare di testa propria.
Quella sera, infatti, dopo cena Nina sparì in camera sua, ne uscì qualche minuto dopo con il giubbotto e le chiavi dell’auto in mano infilando di corsa il portone ed uscendo.
Il venerdì mattina tutti i ragazzi erano piuttosto stanchi e fiacchi. La stanchezza della prima settimana di lavoro cominciava a farsi sentire.
Come al solito controcorrente, invece, Nina sembrava rivitalizzata in vista del fine settimana, e camminava tranquilla tra i vari saggi per controllare i gruppi di lavoro. Di tanto in tanto si fermava a chiacchierare con i capi saggio, scambiando con loro opinioni, mettendo a punto le future strategie di scavo.
Arrivata al saggio affidato a Luigi, un ragazzotto un po’ tarchiato, con capelli castani a spazzola e una lunga barba ispida, si fermò ad osservare la situazione del terreno che le parve significativamente interessante.
«E’ venuto fuori un nuovo strato, Luigi?».
«Sì, Nina. Abbiamo appena finito di pulirlo e fare le foto».
Il ragazzo le si affiancò, osservando soddisfatto il lavoro suo e della sua squadra.
In un angolo del saggio, Silvia stava rimuovendo freccia e metrino che erano appena serviti per le foto di documentazione. Alzò lo sguardo sentendo la voce di Nina poco distante. Discuteva con Luigi. La osservò meglio, l’aveva osservata spesso in quei giorni. Pareva così scostante eppure così attenta.
«Adesso disegno lo strato, poi rimuoviamo il tutto. Intanto pensavo di mettere Silvia e Lorena a pulire il muro lì».
 Luigi gesticolava, indicando a Nina il suo piano, ma la ragazza lo interruppe con tono deciso ma tranquillo.
«Facciamo disegnare Silvia» posò gli occhi sulla ragazza, inarcando un sopracciglio scetticamente, quando la vide restare lì  in disparte ferma senza dire nulla «Sai disegnare, vero?».
«Veramente no» un leggero rossore le colorò le guance, mentre finalmente si avvicinava agli altri due «Negli altri cantieri in cui ho scavato erano sempre i responsabili ad occuparsi della documentazione».
«Beh, questo è un cantiere didattico, quindi tutti fanno tutto».
Nina si scorciò le maniche della felpa e si sedette su un tronco divelto al margine dell’area di scavo, dove era posata una cartellina di plastica con tutto l’occorrente per il disegno.
«Vieni, ti insegno io. Luigi, tu e Lorena potete occuparvi del muro mentre noi finiamo qui. Bada di non togliere troppa terra solo da un lato o rischi di farlo cadere».
Il capo saggio annuì solerte e raggiunse una ragazza magra, con gli occhiali e lunghi capelli neri, cominciando a spiegarle come agire.
Silvia, invece, andò a sedersi accanto a Nina. Osservò i suoi movimenti fluidi e precisi, mentre preparava tutto l’occorrente. Lo sguardo quasi ipnotizzato da quelle mani bianche piene di graffi dai contorni lividi.
«Cosa hai fatto con queste mani?» come al solito guidata dall’istinto, Silvia diede voce ai suoi pensieri ancor prima di rendersene conto. Alzò gli occhi sul viso di Nina, immaginando di trovare un’espressione dura. Invece si scontrò con un paio di occhi grigi che sorridevano divertiti.
«Cosa non ho fatto con queste mani» la corresse ironica «Ho avuto un alterco con il gatto di una mia … amica, ieri sera. Odio i gatti».
Senza aspettare che Silvia potesse ribattere nulla, le posò sulle ginocchia una tavoletta di legno compensato con sopra attaccato un foglio di carta millimetrata e un foglio di carta lucida.
Impiegarono più di un ora a finire il disegno. La tecnica era semplice, ma la forma dello strato in questione veramente difficile da riprodurre e creò qualche problema di troppo a Silvia. Ma Nina fu disponibile e paziente.
«Ora scrivi qui tutta l’intestazione e hai finito» Nina si sporse verso Silvia per indicarle l’angolo più lontano del foglio e le sfiorò una mano con la propria.
Silvia obbedì ancora una volta, ma un pensiero le frullava in testa da tempo e gli diede voce tutto d’un fiato, prima che il suo buon senso le facesse cambiare idea.
«Non capisco se non mi sopporti oppure no».
Nina si girò a guardarla con un’espressione sorpresa, divertita e scettica.
«Non dobbiamo diventare amiche. Tu sei qui per imparare, a me fa piacere insegnarti» fissò i suoi occhi marroni. Si era mai accorta che illuminati dal sole l’iride assumeva un alone dorato? Forse no, ma lo stava notando in quel momento e la cosa l’affascinò «Se è per la questione dei cavi elettrici … è un incidente archiviato ormai».
«Ok» il tono di Silvia risultò incerto, imbarazzata com’era da quello sguardo intenso che l’altra le aveva rivolto.
«Perché ti sei trasferita qui da Pisa?».
La domanda di Nina la colse completamente impreparata. Sbarrò gli occhi e cominciò a torcersi le dita, spostando freneticamente lo sguardo dal volto di Nina, accigliato e in attesa, al terreno.
«Perché lo chiedi?».
«Curiosità. A Pisa c’è un’ottima università, e immagino che tu avessi già degli agganci lì, avendo fatto la triennale. Non ci hai guadagnato nulla a venire qui».
«Avevo bisogno di cambiare aria. Il disegno è finito, vado a metterlo a posto insieme agli altri in baracca».
Silvia si alzò e si allontanò senza dare il tempo a Nina di obiettare nulla. Quest’ultima la osservò andar via, consapevole che la sua domanda l’aveva infastidita. Non aveva mai visto Silvia così brusca, di solito era una ragazza abbastanza aperta e molto dolce. L’aveva osservata interagire con gli altri in quei giorni, era divertente, spigliata e affettuosa con tutti. Tranne che con lei, con la quale manteneva una certa distanza e una certa freddezza. L’idea che potesse essere il suo pessimo carattere a incuterle soggezione non l’attraversò nemmeno.
Quella sera dopo cena Nina aveva ancora del lavoro da finire, quindi si rintanò in sala computer. Non c’era nessuno, tutti gli altri erano usciti a godersi la libertà del venerdì sera, un preludio del prossimo week all’insegna del relax. Il silenzio l’aiutò a concentrarsi.
«Posso?».
Una voce sottile, familiare, la distrasse dalla relazione di scavo giornaliera. Alzò gli occhi ed incontrò il volto squadrato ma dolce di Silvia. Reggeva un portatile in mano e le indicava con lo sguardo la sedia accanto alla sua.
«La batteria del mio portatile è fusa, quindi devo tenerlo per forza in corrente e l’unica presa più vicina è proprio dietro di te».
«Certo».
Nina si riscosse, come se fosse appena ritornata in se dopo uno shock. Cos’era che l’aveva distratta? Il sorriso gentile ed incerto che le aveva rivolto Silvia? Le sue labbra, rosse e arcuate? Gli occhi, più scuri senza il riverbero della luce solare?
«Ti aiuto» scattò in piedi dalla sedia, un po’ troppo frettolosamente, ansiosa di avere qualcosa da fare per interrompere quel flusso di pensieri.
Prese la spina del portatile che Silvia le porse e si accovacciò dietro una scrivania, sporgendo il braccio in avanti il più possibile per attaccarla alla presa.
«E’ venerdì sera e tu sei ancora qui a lavorare. Ti prendi mai una pausa?».
Silvia si sedette accanto a lei e accese il computer, mentre aspettava che il sistema si avviasse si voltò verso Nina. La guardò, per la prima volta forse più incuriosita che intimorita.
«Mi piace essere puntuale nel mio lavoro» replicò Nina molto pragmaticamente «e poi potrei dire lo stesso di te, sei anche tu qui».
«Devo solo controllare delle mail, mentre aspetto che Paolo, Lorena e Giulio finiscano di prepararsi».
Nina non riuscì a trovare niente di intelligente da rispondere, quindi preferì annuire e tornare a concentrarsi sul suo lavoro, ma qualcosa catturò la sua attenzione. Silvia aveva inserito la password e si era aperta la schermata principale del suo pc. Nina rimase un attimo interdetta a guardare la foto che campeggiava sul desktop, con un misto di incredulità e scetticismo. Bandiere arcobaleno, un tir strapieno di gente che ballava, palloncini ovunque e drag queen.
«Che significa?» domandò muovendosi appena sulla sedia, quasi in ansia di conoscere la risposta.
«Cosa?» Silvia la guardò stralunata, non capendo il perché di quella domanda. Poi seguì lo sguardo di Nina e capì «oh, ero con dei miei amici al gay pride di Bologna».
«Gay pride? Sei lesbica?».
«Sì».
Nina rimase a guardare Silvia in silenzio per qualche secondo. E quest’ultima sostenne con fermezza il suo sguardo. Non c’era astio, solo una sottile attesa tra di loro, una leggera provocazione a chi delle due avrebbe ceduto per prima.
«Mi piacerebbe che restasse tra di noi» proruppe Silvia, non sopportando più quel silenzio ambiguo «come vedi non ho problemi a parlarne, ma mi irriterebbe se la cosa diventasse un pettegolezzo che salta di bocca in bocca».
«Certo, assolutamente. Sì. Nessun problema. Terrò la bocca chiusa».
La lingua di Nina incespicò nelle parole ricorrendole a perdifiato. Un segno di nervosismo, si chiese Silvia. Ma non ebbe il tempo di chiederlo alla diretta interessata, né di indagare poiché Nina si alzò di scatto.
«Devo andare. Buona serata. Ciao».
Silvia restò sorpresa da quella reazione, si sporse oltre la porta per osservarla andar via. La vide prendere il cellulare dalla tasca dei jeans e portarlo all’orecchio, poi scomparire lungo le scale, verso l’uscita.

  
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