Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N: Sono
consapevole che in generale lo slash è malvisto ma
"purtroppo" c'è anche
questo nella mia fanfic ^^. Spero solo che, anche se non appassionate
del genere, possiate trovare questa parte godibile. Il mio
proposito in fondo e' ipotizzare un percorso ed esperienze a
360°. della serie ..un pò per tutti.
Warning: se siete contrari a tematiche omosessuali fermatevi qui. Lettore avvisato... Sailing
The Waves of Past Navigando
le onde §
Capitolo
VII ~ ...Give in for my touch for my taste
( ...arrenditi per il mio tocco per il mio sapore) Ottobre
1989 Jared
entrò nella sua stanza al campus e, in punta di
piedi per non svegliare il compagno, si avvicinò al suo
letto. Si spogliò e si
infilò sotto le coperte. Posò il braccio sulla
sua fronte e sospirò, gli
sembrava di sentire ancora il respiro di Ben sulla sua pelle,il
percorso delle
sue mani lungo il suo corpo e il suo petto,il fruscio dei loro abiti,
le
parole sussurrate in un respiro. Le sue
labbra. I suoi baci. I baci di un
uomo. Dolci ma forti, delicati ma decisi,
c’era passione e dominio nel modo in cui reclamava le sue
labbra, nel modo in
cui lo aveva stretto a se. Si ritrovò a desiderare di nuovo
il suo tocco, il
poter sentire il calore irradiato dal corpo dell’uomo
avvolgerlo in un
abbraccio. Risentire la passione scorrere lungo le sue vene. Si
portò la mano alle labbra e arrossì per i suoi
pensieri. Ma nella sicurezza della sua mente non aveva paura di
affrontare
quello che non riusciva ad accettare e dire ad alta voce. Si
girò e guardò la
luce filtrare dalla finestra e rischiarare con i suoi deboli raggi la
stanza. Ben non aveva
preteso nulla, quando lo aveva bloccato perchè
si stava avventurando troppo in là , l’aveva
guardato e, sorridendo, gli aveva
fatto capire che a lui andava bene così. Che non aveva
fretta. Avevano
passato la serata a baciarsi e a parlare
di cose futili, senza importanza, nessuno dei due aveva accennato a
cosa erano.
Cosa significasse tutto ciò. Se
c’era un significato. Si
ricordò di essersi svegliato sul divano poco prima
dell’alba, confuso in un primo momento nel ritrovarsi in una
stanza sconosciuta.
Si era voltato ed era lì, addormentato accanto a lui con le
braccia che gli
cingevano la vita in una morsa affettuosa. Le domande
erano prepotentemente riaffiorate portandolo a
fuggire silenzioso dall’appartamento, approfittando delle
ombre del mattino per
mettere quanta più strada tra se e i suoi dubbi
nell’irreale silenzio che
avvolgeva Philadelphia. Si era
innamorato ? Ma soprattutto… cosa provava Ben per
lui? Si portò le mani al volto esausto, stava ancora cercando le risposte alle sue domande quando il sonno lo reclamò ,facendolo scivolare lentamente nel suo mondo. 31 ottobre/1
novembre 1989 Philadelphia
era famosa per i siti d’importanza storica, le
costruzioni centenarie, i cimiteri risalenti all’era
coloniale ma non solo, era
considerata anche una delle città più infestate
d’America. Non
c’era cittadino che non sapesse dello sfortunato
cameriere del City Tavern, la triste dama in abito rosa della
Germantown
Avenue, o delle presenze al cimitero della
St. Peter's Church.
I giorni erano trascorsi lentamente, le ore erano scivolate via tra lavoro e scuola e, più che risposte , aveva trovato solo altre domande. Attraversò la
strada e sorseggiò un po’ del suo Starbucks,
chiedendosi come fosse possibile
che Justin, il suo compagno di stanza al dormitorio, riuscisse sempre e
comunque
a fargli fare quello che voleva. Da quando era arrivato non aveva fatto
altro
che evitarlo ma l'altro sembrava avesse fatto del coinvolgerlo la sua
ragione di
vita. Passò davanti al
Museo delle Arti e schivò giusto in tempo un gruppo di
ragazzini che travestiti
, spintonandosi l’un l’altro, correvano
allegramente sul marciapiede. Sorrise
malinconicamente e ricordò
quando, da bambino, aspettava con ansia
questa magica notte da trascorrere con Shannon raccontandosi storie
dell’orrore.
Fino a quando si ritrovavano ad andare nel lettone della mamma, troppo
impauriti per rimanere in una stanza da soli. Svoltò
l’angolo e guardò il cartello stradale : Fairmount
Avenue. Doveva essere sulla strada giusta. Si guardò intorno
e notò , a qualche
metro di distanza, altri ragazzi seduti su un muretto. James e
Melanie erano la classica coppia di eterni
fidanzatini. Si erano conosciuti al liceo, si erano innamorati ed erano
riusciti ad iscriversi alla stessa università. Facevano
tutto insieme, sapevano
cosa pensasse e finivano le frasi dell’altro. Rachel era
l’amica di Melanie, una ragazza con la quale
Jared aveva parlato un paio di volte per
caso alla fine di qualche lezione. Infine
c’era Justin. Un ragazzo con un carattere
complesso, pieno di sfaccettature. Ogni giorno Jared scopriva qualcosa
che
cambiava completamente la sua opinione su di lui. Gli unici punti fermi
erano il
suo fiuto per i guai e la cotta per Rachel. In quei pochi mesi era
stato
testimone di decine e decine di piani
per corteggiare la ragazza falliti miseramente. Il tour nel luogo più temuto e spaventoso di Philadelphia era la sua ultima trovata. “Ehi..”
disse Justin esalando il fumo della sigaretta
“..alla fine
sei venuto!” Jared annuì
distrattamente “questo
quindi è il famoso
Eastern State Penitentiary” disse girandosi per
osservare l’enorme costruzione
che si erigeva alle sue spalle. “a-ah… fico vero?”
rispose James
facendo un tiro alla sigaretta che
Justin gli aveva passato mentre Jared continuava a fissare
l’edificio. Le pareti
erano consumate dagli anni e annerite dal
traffico cittadino ma la costruzione aveva conservato la sua
austerità. Le
torri di guardia, ormai vuote da più di vent’anni
,svettavano verso il buio
cielo senza stelle. Un brivido scese lungo la sua schiena al pensiero
della
soggezione che sicuramente aveva suscitato in passato e agli orrori
perpetrati
al suo interno. L’architettura era simil-gotica e questo non
faceva che
incrementare il suo spaventoso fascino. “ma dobbiamo farlo per forza?”
disse Melanie stretta alla
vita di James rivolgendo uno sguardo implorante agli
altri. “Non c’è
assolutamente nulla di
cui aver paura” Justin la
rassicurò dirigendosi verso il punto delle mura che stava
cedendo e che avrebbe permesso loro l’accesso
“…vale
la pena di visitarlo.
Specie in una serata come questa” sorrise e
cominciò a cercare di scavalcare il
muro “abbiamo
due ore di tempo prima che la guardia del quartiere faccia il suo
giro… dai fifoni il tour inizia!”. Gli altri
quattro si scambiarono un’occhiata preoccupata e
sospirando lo seguirono. Scavalcare la
recinzione si rivelò un’impresa più
ardua
del previsto ma, dopo un quarto d’ora, tutti e cinque i
ragazzi erano
all’interno. L’unico
segno dei vent’anni trascorsi era lo stato
d’abbandono del cortile, l’erba era alta e incolta
e, alcune macchine , che Jared non aveva mai visto in strada per quanto
fossero vecchie, erano
abbandonate negli angoli arrugginite dal tempo. Si avviarono
verso l’entrata. L’interno era completamente
buio. Inghiottendo e pulendosi le mani sudate sui jeans Justin accese
la
torcia. Il faro di luce illuminava fino a pochi metri di distanza,
rivelando
una stanza circolare dalle pareti che, una volta, dovevano esser state
bianche. Le
infiltrazioni d’acqua le
avevano macchiate e negli angoli la muffa come scure lacrime le
tingevano di
nero. Dei calcinacci erano a terra e la polvere aveva creato una sorta
di
spesso tappeto sul pavimento. Facendosi
coraggio i ragazzi entrarono. La stanza era
avvolta nel silenzio, c’era una scrivania ormai a pezzi e
alcune sedie che
sicuramente avevano visto tempi migliori, a terra c’erano
pezzi di alcuni quadri
il cui interno erano da tempo diventato polvere. Da questa
camera
partivano i 4 blocchi principali. Si avvicinarono ad uno degli archi e
lo
illuminarono. Il corridoio era largo poco più di un metro e
ad ogni lato la fila delle porte delle varie celle. Con passo
insicuro entrarono nel primo blocco. Le porte delle
celle erano basse e strette “era per prevenire gli attacchi
alle guardie” disse
James mentre ne apriva una. La cella era completamente vuota ad
eccezione di
una brandina in ferro e un materasso piegato e macchiato
dall’umidità. Justin alzò il raggio della torcia illuminando un buco nel soffitto della cella. L’unica finestra della stanzina “quello era l’occhio di Dio” disse attirando su di se gli occhi curiosi degli amici “il carcere era stato costruito secondo la credenza che l’isolamento era la punizione più adatta e curativa verso i delinquenti. Queste finestrine in alto rappresentavano Dio. Nel tentativo di ricordare ai poverini che il signore li osservava sempre”, poi aggiunse “non c’è da stupirsi che in molti abbiano perso la testa”. I ragazzi
osservarono la cella in silenzio, nessuno di
loro aveva il coraggio di aggiungere altro. L’atmosfera era
opprimente e
angosciante, Jared rabbrividì, non sapeva se fosse la
suggestione ma sembrava
che la costruzione avesse assorbito la sofferenza delle vittime. Un rumore in
lontananza li fece sobbalzare, Rachel si
strinse contro il braccio di Jared istintivamente. Justin ,voltandosi
di scatto,
fece rimbalzare il raggio di luce da un muro all’altro,
accecandoli per un
attimo “ cazzo
Justin!! mi hai beccato un occhio !”
urlò James indietreggiando
e colpendo la porta facendola richiudere. Lo stridio del
ferro ricoperto di legno echeggiò per tutta l’ala
fino a quando il sinistro
click della serratura fece gelare il sangue nelle vene ai cinque
giovani. Jared fu il
primo a muoversi e ad avvicinarsi alla porta.
Lentamente e con il cuore in gola posò la mano contro la
superficie, un fitta
gli colpì lo stomaco quando si accorse che
all’interno non c’era una maniglia
“oh ..merda..”
riuscì a dire mentre cercava di tirare la porta. “è tutta colpa tua
deficiente!” gridò James mentre
stringeva la ragazza a Justin, l’altro lo
guardò sorpreso e risentito ribattè “tecnicamente sei TU, caro mio,
che hai
fatto chiudere la porta!”. Dopo un
po’ di calci ci
riuscì, senza perdere un attimo si girò verso la
porta della cella e cominciò a
colpire la parte di fianco alla serratura. Come aveva ipotizzato il
tempo aveva
indebolito le mura e presto cominciarono a creparsi sotto i suoi colpi.
L’intento
era quello di svellere la porta che, se un tempo era invalicabile per i
poveri
detenuti, i vent’anni trascorsi senza essere usata la
rendevano molto più vulnerabile. Formato un foro tra la
parete e la porta infilò
il pezzo di ferro e cominciò a fare pressione. Justin e
James lo aiutarono e
,con la loro forza ,riuscirono a scardinare la porta e ad aprirla
completamente. Una volta
usciti dal corridoio rimasero immobili, aveva cominciato a tirare vento
e qualcosa rotolava in
fondo al buio corridoio, poi una serie di tonfi sempre più
vicini. I ragazzi si
guardarono un secondo prima di iniziare a correre a perdifiato, nessuno
di loro
aveva intenzione di andare a controllare cosa fosse. Raggiunsero di
nuovo la
stanza circolare e si fermarono per un attimo, indecisi sulla direzione
da
prendere, Rachel fu la prima a ricordare da quale corridoio venivano e la seguirono. Arrivati in
cortile con loro terrore si accorsero di un
enorme cane da guardia. L’animale era dalla parte opposta a loro e,
ringhiando, li
stava puntando. Nella corsa Rachel cadde a terra, Jared se ne accorse
e, mentre Justin e James aiutavano Melanie a scavalcare il muro,
tornò indietro e l’aiutò ad alzarsi. Fu
l’ultimo a saltare la recinzione, e per
un pelo il cane lo
mancò andandosi a
schiantare a gran velocità contro le mura. L’unico
rumore al di là dei loro respiri affannati erano le risate
da qualche parte in fondo alla strada e le foglie che smosse dal vento
rotolavano in strada. “Non c’è
nulla di cui avere paura vero?” disse Rachel
mentre zoppicando si appoggiava alla spalla di Jared “se non era per Jared io
ades- “ si fermò per trattenere le
lacrime, ancora incredula di essere scampata
al pericolo. Jared la strinse per darle conforto e guardò
gli altri ragazzi.
Nessuno di loro sarebbe mai più entrato in un luogo
abbandonato, questo era
sicuro. “Non sapevo del cane..” Justin si scusò e le offrì, inutilmente, la mano per aiutarla a camminare visto che nella caduta si era ferita ad un ginocchio. “Sono certo che tra qualche tempo ci rideremo sopra” disse Jared cercando di risollevare un po’ il morale, James annuì e sghignazzò “stavo giusto ricordando la faccia di Justin quando si è chiusa la porta, era da fotografare!”. Presto si ritrovarono a ridere tutti insieme e prendendosi in giro a vicenda, nel tentativo di archiviare il terrore provato come una semplice brutta avventura. Più tardi e qualche birra dopo Jared e Rachel si ritrovarono davanti alla camera della ragazza al campus. Rachel aveva insistito affinchè l'accompagnasse e Jared non aveva potuto rifiutare nonostante fosse consapevole che Justin gliel'avrebbe fatta pagare. La ragazza lo guardò intensamente, “pensi che li ci sia davvero qualcosa?” le lampade lungo il corridoio le illuminavano il volto e Jared capì perché Justin fosse completamente perso di lei ”mi piace pensare di si.. aggiunge un po’ di magia alla vita non credi?” le sorrise e si accorse che la ragazza era diventata seria. Timidamente Rachel avvicinò il suo volto a quello del ragazzo e, facendo appello a tutto il suo coraggio, posò le sue labbra contro le sue. Jared per un attimo ricambiò il bacio poi indietreggiò di colpo, “i-..io non posso” Rachel lo guardò confusa “non puoi?” Jared rimase a guardarla “non posso?” la ragazza ridacchiò nervosa “l’hai detto tu che non puoi!” “a---h si ecco..è complicato da spiegare” la ragazza lo guardò perplessa “c’è un’altra?” Jared rimase in silenzio per un attimo poi annuì “si. un’altra persona”. Rachel si portò la
mano alla fronte e scosse la
testa imbarazzata “scusami…
non pensavo …” Jared le prese le mani
e cercò di
rassicurarla “
non devi scusarti” , la ragazza si
limitò ad auguragli una buonanotte ed entrò nella
sua stanza. novembre
1989 Ben
uscì dall’ascensore e fischiettando
cercò nelle sue
tasche le chiavi dell'appartamento, svoltò
l’angolo e lo vide. Era seduto con la schiena contro
la porta, gli occhi chiusi e i capelli castani che si
muovevano leggeri seguendo
il ritmo dei
movimenti della sua
testa. Avvicinandosi
notò che il ragazzo
stava ascoltando della musica con il walkman, si accovacciò
e sorridendo gli
posò una mano sulla spalla. Jared aprì gli occhi
di scatto,erano belli come li
ricordava. Talmente luminosi da sembrar attirare in loro tutta la luce
della stanza. Il ragazzo si alzò e si tolse le cuffie, lasciandole ricadere sulle spalle “Ciao..” disse visibilmente imbarazzato “mi hanno detto che eri tornato e.. non sapevo…” Ben lo interruppe abbracciandolo “pensavo che questa volta non saresti più tornato ..“ gli sussurrò contro il collo, incapace di nascondere le sue emozioni “non ho avuto il tempo di avvertiti e non mi sembrava il caso di lasciarti un messaggio tramite Murray”. Aprì la porta e lo invitò ad entrare, Jared sentì come se un’ombra che gli aveva oscurato il cuore, e che non sapeva di avere, se ne fosse andata, rivelando le risposte che aveva celato. Sorridendo varcò la soglia. --- "la puoi spegnere?" disse Jared girandosi di lato “la luce?" chiese Ben "questa!" rispose spazientito Jared togliendogli la sigaretta dalle labbra "ci tengo ai miei polmoni". Ben rise e
l'abbracciò "ok
sei un non fumatore.. cos’altro devo
sapere?", Jared aggiustandosi il cuscino tra le braccia ci pensò
su per un attimo ed iniziò la
lista " perfezionista,
logorroico,scrivo musica,amo l’arte in ogni sua
forma, sono vegetariano..." l'uomo cominciò a
massaggiargli la schiena e
continuò per lui " sfacciato,
distratto, carino.." Jared sorrise timidamente
e alzando il volto accolse le labbra dell'altro poi ,sorridendo, chiese
"…carino?"
l'altro ridendo si corresse " giusto..
dimenticavo.. vanitoso!" Jared
finse di essersi offeso e fece per allontanarsi ma l'altro strinse la
prese e
lo attirò a se . Shannon percepiva che c'era qualcosa di diverso e che suo fratello era cambiato. Lo sentiva più distante ma la lontananza gli rendeva impossibile capire. Non potendolo guardare negli occhi non poteva leggere quello che il fratello gli teneva nascosto. "mi stai evitando?"
chiese Shannon irritato. dicembre 2007 Shannon si
svegliò di soprassalto. La luce sul comodino
era ancora accesa e il libro che stava leggendo era caduto a terra. Si
sporse
dal letto e lo raccolse. Si era addormentato di colpo,
lanciò un’occhiata
all’orologio , erano le 2.00am . La sensazione
che l’aveva fatto svegliare non l’aveva
ancora abbandonato. Jared?
chiese al silenzio sentendo la paura attanagliargli
le viscere. Scese dal letto e si avvicinò alla sedia sulla
quale aveva gettato
i vestiti qualche ora prima e prese il suo cellulare. Lo accese e
selezionò il
numero del fratello. Uno squillo..
due squilli…tr- “Shan..?”
Jared rispose, la sua voce carica di emozioni.Shannon
chiuse gli occhi e sospirò. A/N:
i. Jared dopo il diploma alla Emerson Preparatory School nel 1989 si è iscritto alla University of the Arts di philadelphia. ii. philadelphia e' una delle città più infestate d'america, non a caso scelta come sfondo ad un film come 'il sesto senso' . l' Eastern State Penitentiary chiuso nel 1971 oltre ad essere scenario di film e documentari ospita, durante il periodo di ottobre ,l'attrazione "Terror Behind The Walls". ovviamente sarebbe stato impossibile entrare come hanno fatto i ragazzi, ma questa è una fic quindi tutto è possibile xD --------------------------------------------------------------------------------------------------
grazie per i complimenti, è sempre un piacere sapere che la
fic è di vostro gradimento ^^monica _ eheheh la mente da psicolabile è una delle caratteristiche che rende Jared... Jared! XD è bello impazzire cercando di trovare un senso ai suoi messaggi... maddi, il reale. Poichè sono restia a diffondere voci di cui non ho la certezza al 100% mi limito a dirti in sintesi che Brent è uno dei pochi che gli è stato vicino sempre. Che l'ha supportato anche quando era più facile voltargli le spalle. In pratica un secondo Shannon :) Non è un caso che lui stesso sul suo myspace chiama Jared "mio fratello" e "la mia famiglia"... se lo può permettere ;) Ari92, anche io sarei scappata xD ,ma J mi dà l'impressione di uno che affronta le situazioni, per quanto scomode siano. :) |