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Autore: Ever Dream    31/10/2008    4 recensioni
“Cosa sono le fotografie se non frammenti di passato ,attimi rubati al tempo e alla storia della nostra vita?”
- un viaggio nel passato di Jared dall'infanzia ai giorni nostri.
Rating : verde (fino a cap. 5)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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7
Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N: Sono consapevole che in generale lo slash è malvisto ma "purtroppo" c'è anche questo nella mia fanfic ^^. Spero solo che, anche se non appassionate del genere, possiate trovare questa parte  godibile. Il mio proposito in fondo e' ipotizzare un percorso ed esperienze a 360°. della serie ..un pò per tutti.

Warning: se siete contrari a tematiche omosessuali fermatevi qui. Lettore avvisato...

Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§

Capitolo VII ~  ...Give in for my touch for my taste
( ...arrenditi per il mio tocco per il mio sapore)


Ottobre 1989

Jared entrò nella sua stanza al campus e, in punta di piedi per non svegliare il compagno, si avvicinò al suo letto. Si spogliò e si infilò sotto le coperte. Posò il braccio sulla sua fronte e sospirò, gli sembrava di sentire ancora il respiro di Ben sulla sua pelle,il percorso delle sue mani lungo il suo corpo e il suo petto,il fruscio dei loro abiti, le parole sussurrate in un respiro.

Le sue labbra. I suoi baci.

I baci di un uomo. Dolci ma forti, delicati ma decisi, c’era passione e dominio nel modo in cui reclamava le sue labbra, nel modo in cui lo aveva stretto a se. Si ritrovò a desiderare di nuovo il suo tocco, il poter sentire il calore irradiato dal corpo dell’uomo avvolgerlo in un abbraccio. Risentire la passione scorrere lungo le sue vene.

Si portò la mano alle labbra e arrossì per i suoi pensieri. Ma nella sicurezza della sua mente non aveva paura di affrontare quello che non riusciva ad accettare e dire ad alta voce. Si girò e guardò la luce filtrare dalla finestra e rischiarare con i suoi deboli raggi la stanza.

Ben non aveva preteso nulla, quando lo aveva bloccato perchè si stava avventurando troppo in là , l’aveva guardato e, sorridendo, gli aveva fatto capire che a lui andava bene così. Che non aveva fretta.  Avevano passato la serata a baciarsi e a parlare di cose futili, senza importanza, nessuno dei due aveva accennato a cosa erano. Cosa significasse tutto ciò.

Se c’era un significato.

Si ricordò di essersi svegliato sul divano poco prima dell’alba, confuso in un primo momento nel ritrovarsi in una stanza sconosciuta. Si era voltato ed era lì, addormentato accanto a lui con le braccia che gli cingevano la vita in una morsa affettuosa.

Le domande erano prepotentemente riaffiorate portandolo a fuggire silenzioso dall’appartamento, approfittando delle ombre del mattino per mettere quanta più strada tra se e i suoi dubbi nell’irreale silenzio che avvolgeva Philadelphia.

Si era innamorato ? Ma soprattutto… cosa provava Ben per lui?

Si portò le mani al volto esausto, stava ancora cercando le risposte alle sue domande quando il sonno lo reclamò ,facendolo scivolare lentamente nel suo mondo.

31 ottobre/1 novembre 1989

Philadelphia era famosa per i siti d’importanza storica, le costruzioni centenarie, i cimiteri risalenti all’era coloniale ma non solo, era considerata anche una delle città più infestate d’America.

Non c’era cittadino che non sapesse dello sfortunato cameriere del City Tavern, la triste dama in abito rosa della Germantown Avenue, o delle presenze al cimitero della  St. Peter's Church. Durante il periodo di Halloween la città sembrava risvegliare queste presenze, dimenticate nelle frenetiche giornate lavorative dell’anno e nella noiosa routine giornaliera. 


Era passata un’intera settimana dall’ultima volta che Jared aveva visto Ben. La sera dopo il loro incontro aveva saputo per caso da un’altra inquilina che l’uomo era partito per affari e sarebbe rimasto fuori città per almeno 6-7 giorni. Lì per lì  non riuscì a capire se era più forte  il sollievo di avere del tempo per pensare, e fare chiarezza sui suoi dubb, o il  sentirsi offeso per non essere stato informato dall’uomo. E questo non faceva altro che rinforzare la paura di esser solo stato preso in giro.

I giorni erano trascorsi lentamente, le ore erano scivolate via tra lavoro e scuola e, più che risposte , aveva trovato solo altre domande. 

Attraversò  la strada e sorseggiò un po’ del suo Starbucks, chiedendosi come fosse possibile che Justin, il suo compagno di stanza al dormitorio, riuscisse sempre e comunque a fargli fare quello che voleva. Da quando era arrivato non aveva fatto altro che evitarlo ma l'altro sembrava avesse fatto del coinvolgerlo la sua ragione di vita.

Passò davanti al Museo delle Arti e schivò giusto in tempo un gruppo di ragazzini che travestiti , spintonandosi l’un l’altro, correvano allegramente sul marciapiede.

Sorrise malinconicamente e ricordò  quando, da bambino, aspettava con ansia questa magica notte da trascorrere con Shannon raccontandosi storie dell’orrore. Fino a quando si ritrovavano ad andare nel lettone della mamma, troppo impauriti per rimanere in una stanza da soli.

Svoltò l’angolo e guardò il cartello stradale : Fairmount Avenue. Doveva essere sulla strada giusta. Si guardò intorno e notò , a qualche metro di distanza, altri ragazzi seduti su un muretto.La piccola fiamma di un accendino illuminò il volto di uno di loro, era Justin. Mentre si avvicinava gli occhi si abituarono all’oscurità e riuscì a distinguere anche gli altri ragazzi con l’amico: James, Melanie e Rachel. Tutti ragazzi del loro corso.

James e Melanie erano la classica coppia di eterni fidanzatini. Si erano conosciuti al liceo, si erano innamorati ed erano riusciti ad iscriversi alla stessa università. Facevano tutto insieme, sapevano cosa pensasse e finivano le frasi dell’altro.

Rachel era l’amica di Melanie, una ragazza con la quale Jared aveva parlato un paio di volte  per caso alla fine di qualche lezione. 

Infine c’era Justin. Un ragazzo con un carattere complesso, pieno di sfaccettature. Ogni giorno Jared scopriva qualcosa che cambiava completamente la sua opinione su di lui. Gli unici punti fermi erano il suo fiuto per i guai e la cotta per Rachel. In quei pochi mesi era stato testimone di decine e decine di  piani per corteggiare la ragazza falliti miseramente.

Il tour nel luogo più temuto e spaventoso di Philadelphia era la sua ultima trovata.

Ehi..” disse Justin esalando il fumo della sigaretta “..alla fine sei venuto!” Jared annuì distrattamente “questo quindi è il famoso Eastern State Penitentiary” disse girandosi per osservare l’enorme costruzione che si erigeva alle sue spalle. “a-ah… fico vero?” rispose  James facendo un tiro alla sigaretta che Justin gli aveva passato mentre Jared continuava a fissare l’edificio.

Le pareti erano consumate dagli anni e annerite dal traffico cittadino ma la costruzione aveva conservato la sua austerità. Le torri di guardia, ormai vuote da più di vent’anni ,svettavano verso il buio cielo senza stelle. Un brivido scese lungo la sua schiena al pensiero della soggezione che sicuramente aveva suscitato in passato e agli orrori perpetrati al suo interno. L’architettura era simil-gotica e questo non faceva che incrementare il suo spaventoso fascino.

ma dobbiamo farlo per forza?” disse Melanie stretta alla vita di James rivolgendo uno sguardo implorante agli altri.  Non c’è assolutamente nulla di cui aver pauraJustin la rassicurò dirigendosi verso il punto delle mura che stava cedendo e che avrebbe permesso  loro l’accesso “…vale la pena di visitarlo. Specie in una serata come questa” sorrise e cominciò a cercare di scavalcare il muro “abbiamo due ore di tempo prima che la guardia del quartiere faccia il suo giro… dai fifoni il tour inizia!”.

Gli altri quattro si scambiarono un’occhiata preoccupata e sospirando lo seguirono.

Scavalcare la recinzione si rivelò un’impresa più ardua del previsto ma, dopo un quarto d’ora, tutti e cinque i ragazzi erano all’interno.

L’unico segno dei vent’anni trascorsi era lo stato d’abbandono del cortile, l’erba era alta e incolta e, alcune macchine , che Jared non aveva mai visto in strada per quanto fossero vecchie, erano abbandonate negli angoli arrugginite dal tempo.

Si avviarono verso l’entrata. L’interno era completamente buio. Inghiottendo e pulendosi le mani sudate sui jeans Justin accese la torcia. Il faro di luce illuminava fino a pochi metri di distanza, rivelando una stanza circolare dalle pareti che, una volta, dovevano esser state bianche.  Le infiltrazioni d’acqua le avevano macchiate e negli angoli la muffa come scure lacrime le tingevano di nero. Dei calcinacci erano a terra e la polvere aveva creato una sorta di spesso tappeto sul pavimento.

Facendosi coraggio i ragazzi entrarono. La stanza era avvolta nel silenzio, c’era una scrivania ormai a pezzi e alcune sedie che sicuramente avevano visto tempi migliori, a terra c’erano pezzi di alcuni quadri il cui interno erano da tempo diventato polvere. Da questa camera partivano i 4 blocchi principali. Si avvicinarono ad uno degli archi e lo illuminarono. Il corridoio era largo poco più di un metro e ad ogni lato la fila delle porte delle varie celle.

Con passo insicuro entrarono nel primo blocco. Le porte delle celle erano basse e strette “era per prevenire gli attacchi alle guardie” disse James mentre ne apriva una. La cella era completamente vuota ad eccezione di una brandina in ferro e un materasso piegato e macchiato dall’umidità.

Justin alzò il raggio della torcia illuminando un buco nel soffitto della cella. L’unica finestra della stanzina “quello era l’occhio di Dio” disse attirando su di se gli occhi curiosi degli amici “il carcere era stato costruito secondo la credenza che l’isolamento era la punizione più adatta e curativa verso i delinquenti. Queste finestrine in alto rappresentavano Dio. Nel tentativo di ricordare ai poverini che il signore li osservava sempre”, poi aggiunse “non c’è da stupirsi che in molti abbiano perso la testa”.

I ragazzi osservarono la cella in silenzio, nessuno di loro aveva il coraggio di aggiungere altro. L’atmosfera era opprimente e angosciante, Jared rabbrividì, non sapeva se fosse la suggestione ma sembrava che la costruzione avesse assorbito la sofferenza delle vittime. 

Un rumore in lontananza li fece sobbalzare, Rachel si strinse contro il braccio di Jared istintivamente. Justin ,voltandosi di scatto, fece rimbalzare il raggio di luce da un muro all’altro, accecandoli per un attimo “ cazzo Justin!! mi hai beccato un occhio !” urlò James indietreggiando e colpendo la porta facendola richiudere. 

Lo stridio del ferro ricoperto di legno echeggiò per tutta l’ala fino a quando il sinistro click della serratura fece gelare il sangue nelle vene ai cinque giovani.

Jared fu il primo a muoversi e ad avvicinarsi alla porta. Lentamente e con il cuore in gola posò la mano contro la superficie, un fitta gli colpì lo stomaco quando si accorse che all’interno non c’era una maniglia “oh ..merda..” riuscì a dire mentre cercava di tirare la porta.

è tutta colpa tua deficiente!” gridò James mentre stringeva la ragazza a Justin, l’altro lo guardò sorpreso e risentito ribattè “tecnicamente sei TU, caro mio, che hai fatto chiudere la porta!”.

Mentre i due erano occupati a litigare Jared cercava di pensare a cosa fare per tirarsi fuori da quest abrutta situazione. Toccò la parete che circondava la parete e si avvicinò a Justin per togliergli la torcia dalle mani, aveva i palmi sudati dall’agitazione ma cercò di non farsi prendere dal panico. Guardò intorno alla stanza, poi passò la torcia a Rachel “punta qui” le disse e si chinò vicino al letto con l'intento di staccare uno dei pezzi della brandina.

Dopo un po’ di calci ci riuscì, senza perdere un attimo si girò verso la porta della cella e cominciò a colpire la parte di fianco alla serratura. Come aveva ipotizzato il tempo aveva indebolito le mura e presto cominciarono a creparsi sotto i suoi colpi. L’intento era quello di svellere la porta che, se un tempo era invalicabile per i poveri detenuti, i vent’anni trascorsi senza essere usata la rendevano molto più vulnerabile. Formato un foro tra la parete e la porta infilò il pezzo di ferro e cominciò a fare pressione. Justin e James lo aiutarono e ,con la loro forza ,riuscirono a scardinare la porta e ad aprirla completamente.

Una volta usciti dal corridoio rimasero immobili, aveva cominciato a tirare vento e qualcosa rotolava in fondo al buio corridoio, poi una serie di tonfi sempre più vicini. I ragazzi si guardarono un secondo prima di iniziare a correre a perdifiato, nessuno di loro aveva intenzione di andare a controllare cosa fosse. Raggiunsero di nuovo la stanza circolare e si fermarono per un attimo, indecisi sulla direzione da prendere, Rachel fu la prima a ricordare da quale corridoio venivano e  la seguirono.

Arrivati in cortile con loro terrore si accorsero di un enorme cane da guardia. L’animale era dalla parte opposta a loro e, ringhiando, li stava puntando. Nella corsa Rachel cadde a terra, Jared se ne accorse e, mentre Justin e James aiutavano Melanie a scavalcare il muro, tornò indietro e l’aiutò ad alzarsi. Fu l’ultimo a saltare la recinzione, e per un pelo  il cane lo mancò andandosi a schiantare a gran velocità contro le mura.

L’unico rumore al di là dei loro respiri affannati erano le risate da qualche parte in fondo alla strada e le foglie che smosse dal vento rotolavano in strada.

Non c’è nulla di cui avere paura vero?” disse Rachel mentre zoppicando si appoggiava alla spalla di Jared “se non era per Jared io ades- “ si fermò per trattenere le lacrime, ancora incredula di essere scampata al pericolo. Jared la strinse per darle conforto e guardò gli altri ragazzi. Nessuno di loro sarebbe mai più entrato in un luogo abbandonato, questo era sicuro.

Non sapevo del cane..” Justin si scusò e le offrì, inutilmente, la mano per aiutarla a camminare visto che nella caduta si era ferita ad un ginocchio. “Sono certo che tra qualche tempo ci rideremo sopra” disse Jared cercando di risollevare un po’ il morale, James annuì e sghignazzò “stavo giusto ricordando la faccia di Justin quando si è chiusa la porta, era da fotografare!”. Presto si ritrovarono a ridere tutti insieme e prendendosi in giro a vicenda, nel tentativo di archiviare il terrore provato come una semplice brutta avventura.

Più tardi e qualche birra dopo Jared e Rachel si ritrovarono davanti alla camera della ragazza al campus. Rachel aveva insistito affinchè l'accompagnasse e Jared non aveva potuto rifiutare nonostante fosse consapevole che Justin gliel'avrebbe fatta pagare.

La ragazza lo guardò intensamente, “pensi che li ci sia davvero qualcosa?” le lampade lungo il corridoio le illuminavano il volto e Jared  capì perché Justin fosse completamente perso di lei ”mi piace pensare di si.. aggiunge un po’ di magia alla vita non credi?” le sorrise e si accorse che la ragazza era diventata seria.

Timidamente Rachel avvicinò il suo volto a  quello del ragazzo e, facendo appello a tutto il suo coraggio, posò le sue labbra contro le sue. Jared per un attimo ricambiò il bacio poi indietreggiò di colpo, “i-..io non posso” Rachel lo guardò confusa “non puoi?” Jared rimase a guardarla “non posso?” la ragazza ridacchiò nervosa “l’hai detto tu che non puoi!” “a---h si ecco..è complicato da spiegare” la ragazza lo guardò perplessa “c’è un’altra?” Jared rimase in silenzio per un attimo poi annuì “si. un’altra persona”.

Rachel  si portò la mano alla fronte e scosse la testa imbarazzata “scusami… non pensavo …” Jared le prese le mani e cercò di rassicurarla “ non devi scusarti” , la ragazza si limitò ad auguragli una buonanotte ed entrò nella sua stanza. 

 novembre 1989

Ben uscì dall’ascensore e fischiettando cercò nelle sue tasche le chiavi dell'appartamento, svoltò l’angolo e lo vide. Era seduto con la schiena contro la  porta, gli occhi chiusi e i capelli castani che si muovevano leggeri seguendo il ritmo  dei movimenti della sua testa.  Avvicinandosi notò che il ragazzo stava ascoltando della musica con il walkman, si accovacciò e sorridendo gli posò una mano sulla spalla. Jared aprì gli occhi di scatto,erano belli come li ricordava. Talmente luminosi da sembrar attirare in loro tutta la luce della stanza.

Il ragazzo si alzò e si tolse le cuffie, lasciandole ricadere sulle spalle “Ciao..” disse visibilmente imbarazzato “mi hanno detto che eri tornato e.. non sapevo…” Ben lo interruppe abbracciandolo “pensavo che questa volta non saresti più tornato ..“ gli sussurrò contro il collo, incapace di nascondere le sue emozioni  “non ho avuto il tempo di avvertiti e non mi sembrava il caso di lasciarti un messaggio tramite Murray”.

Aprì la porta e lo invitò ad entrare, Jared sentì come se un’ombra che gli aveva oscurato il cuore, e  che non sapeva di avere, se ne fosse andata, rivelando le risposte che aveva celato. Sorridendo varcò la soglia.

---

"la puoi spegnere?" disse Jared girandosi di lato  “la luce?" chiese Ben "questa!" rispose spazientito Jared togliendogli la sigaretta dalle labbra "ci tengo ai miei polmoni". 

Ben rise e l'abbracciò "ok sei un non fumatore.. cos’altro devo sapere?", Jared aggiustandosi il cuscino tra le  braccia ci pensò su per un attimo ed iniziò la lista " perfezionista, logorroico,scrivo musica,amo l’arte in ogni sua forma, sono vegetariano..." l'uomo cominciò a massaggiargli la schiena e continuò per lui " sfacciato, distratto, carino.." Jared sorrise timidamente e alzando il volto accolse le labbra dell'altro poi ,sorridendo, chiese "…carino?" l'altro ridendo si corresse " giusto.. dimenticavo.. vanitoso!" Jared finse di essersi offeso e fece per allontanarsi ma l'altro strinse la prese e lo attirò a se .

Così iniziò la loro relazione. Jared cominciò a frequentare l'appartamento 8b quasi quotidianamente e, di conseguenza, le telefonate con Shannon diminuirono sempre di più. Incapace di affrontare l'argomento con suo fratello aveva deciso di evitarlo, per paura che non capisse e di perderlo completamente.

Shannon percepiva che c'era qualcosa di diverso e che suo fratello era cambiato. Lo sentiva più distante ma la lontananza gli rendeva impossibile capire. Non potendolo guardare negli occhi non poteva leggere quello che il fratello gli teneva nascosto. 

"mi stai evitando?" chiese Shannon irritato.
"no Shan! cosa ti salta in mente?" Jared strinse la cornetta nel tentativo di farsi forza.
"non mi chiami  da una settimana" l’irritazione si tramutò in preoccupazione, cosa aveva fatto per allontanare Jared da lui?
"ho avuto parecchio da fare all'università ..e il lavoro" chiuse gli occhi, le prime vere bugie che raccontava al fratello.
"Jay.." disse Shannon cercando di capire dal tono della sua voce quello che non veniva detto.
"cosa?"
"ti conosco… sento che c'è qualcosa che non va" , arrendersi era una parola che non era presente nel vocabolario di Shannon.
"ti sbagli",
si morse il labbro, avrebbe voluto dirgli la verità ma…
"non credo.. per il ringraziamento torni?"
"non so.."
"..."
"ora devo andare. ..... ti voglio bene big bro" attaccò e si coprì il volto con le mani.
".... anche io" rispose Shannon rimanendo ad ascoltare la linea del telefono ormai libera.

dicembre 2007

Shannon si svegliò di soprassalto. La luce sul comodino era ancora accesa e il libro che stava leggendo era caduto a terra. Si sporse dal letto e lo raccolse. Si era addormentato di colpo, lanciò un’occhiata all’orologio , erano le 2.00am .

La sensazione che l’aveva fatto svegliare non l’aveva ancora abbandonato. Jared? chiese al silenzio sentendo la paura attanagliargli le viscere. Scese dal letto e si avvicinò alla sedia sulla quale aveva gettato i vestiti qualche ora prima e prese il suo cellulare. Lo accese e selezionò il numero del fratello.

Uno squillo.. due squilli…tr-

Shan..?” Jared rispose, la sua voce carica di emozioni.Shannon chiuse gli occhi e sospirò.

tbc

A/N:

i. Jared dopo il diploma alla Emerson Preparatory School nel 1989  si è iscritto alla  University of the Arts di philadelphia.

ii. philadelphia e' una delle città più infestate d'america, non a caso scelta come sfondo ad un film come 'il sesto senso' . l' Eastern State Penitentiary chiuso nel 1971 oltre ad essere scenario di film e documentari ospita,  durante il periodo di ottobre ,l'attrazione "Terror Behind The Walls". ovviamente sarebbe stato impossibile entrare come hanno fatto i ragazzi, ma questa è una fic quindi tutto è possibile xD
 

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grazie per i complimenti, è sempre un piacere sapere che la fic è di vostro gradimento ^^

monica
_ eheheh la mente da psicolabile è una delle caratteristiche che rende Jared... Jared! XD è bello impazzire cercando di trovare un senso ai suoi messaggi... 


maddi,
il reale. Poichè sono restia a diffondere voci di cui non ho la certezza al 100% mi limito a dirti in sintesi
che Brent è uno dei pochi che gli è stato vicino sempre. Che l'ha  supportato anche quando era più facile voltargli le spalle. 
 In pratica un secondo Shannon :)
Non è un caso che lui stesso sul suo myspace chiama Jared "mio fratello" e "la mia famiglia"... se lo può permettere ;)


Ari92, anche io sarei scappata xD ,ma J mi dà l'impressione di uno che affronta le situazioni, per quanto scomode siano. :)


  
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