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Autore: AuraNera_    27/11/2014    1 recensioni
Non serve superare degli esperimenti genetici per essere speciali. Si può scampare alla morte... o essere posseduti.... non saperlo è pericoloso.... ma se ne sei a conoscenza, come va a finire? Qual è il tuo futuro? Perché combattere? Per chi?
Ma soprattutto..... contro chi?
Genere: Drammatico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Kathleen


C’erano molte cose che non capivo e che non mi spiegavo.
Tutte le guardie che proteggevano Nightmare. Le persone prive di senno, a quanto pare messe come falsa pista. La presenza di Echo. E l’esecuzione del medium.
Stavamo camminando attraverso dei nuovi corridoi e avevamo sbagliato strada già quattro volte. Mi arresi e lasciai che i due fratelli trovassero la strada giusta, pendendomi il tempo per riflettere.
Nightmare era un assassino che utilizzava i poteri dei fantasmi. Senza fantasmi, era impotente. Ma lui aveva ben due spiriti al suo seguito. Pearl, l’altro demone, e Louise, sua sorella. Ed era morto lo stesso, privo di difese.
Esposi i miei dubbi a Lucy e in un certo senso anche a Nightmare, il diretto interessato. La ragazza stette un momento in silenzio, assorta nel parlare con lo spirito.
“Beh, il fatto è semplice. Louise e Pearl sono spariti mentre mi cercavano e io sono collassata prima di poterlo aiutare. Quindi era senza difese. Poi lui deve entrare in contatto con i fantasmi, ma la camicia di forza e le catene gli impedivano il movimento necessario. Capito?” illustrò lei, mentre Hope spalancava una porta che conduceva a delle scalette metalliche, simili alle classiche antincendio.
Annuii mentre le imboccavamo, ragionando su altro.
Se non poteva liberarsi, perché così tante guardie lo difendevano? Era solo un povero ragazzo indifeso. E perché avevano aspettato tanto prima di condannarlo a morte? Sembrava quasi un atto simbolico. Scacciai dalla testa quel pensiero. Chi poteva essere tanto pazzo da architettare il tutto?
Alzai lo sguardo, socchiudendo le palpebre per proteggere gli occhi infastiditi dalla troppa luce dei neon.
Le risposte che cercavo mi aspettavano. Probabilmente anche gli altri si stavano ponendo le mie stesse domande, chiusi nel silenzio collettivo interrotto unicamente dai nostri passi sul metallo, che rimbombavano nel vuoto.
Girammo, un’altra rampa. E, sulla cima, una porta tagliafuoco. Una di quelle pesanti, che spesso e volentieri ti isolano dal mondo esterno. Mi sentivo come se fossi davanti alla porta finale di un boss di un videogioco. Ma quella era la realtà, ero io che combattevo, ero io quella che doveva sopravvivere a... qualunque cosa si sarebbe mai trovata davanti.
Ma ripensandoci non ero io. Eravamo noi.
Io non camminavo più sola. Con me c’erano Lucy, Wish, Hope, Nightmare... tutti loro mi stavano accanto. Mi sentii un po’ rincuorata.
“Ci siamo!” esclamò Wish, quasi incurante dell’ansia generale. L’espressione di tutti, da vaga, diventò seria e concentrata.
“Ho un brutto presentimento... come se no dovessimo aprire questa porta...” sussurrò Lucy, più a sé stessa che a qualcuno in particolare. Ma io la udii e capii che quel lampo di positività che avevo avuto era totalmente fuori luogo.
Wish, aiutata dal fratello, aprì la porta.
Sbattei le palpebre un paio di volte, cercando di capire il senso dello scenario che si mostrava davanti ai miei occhi.
Era una specie di salottino. Moquette cremisi a ricoprire il pavimento accolse i loro piedi. Due divanetti rivestiti in pelle bianca giacevano uno di fronte all’altro; a separarli, un tavolino ellittico con il piano trasparente.
Sul fondo di una stanza si trovava una lunga scrivania in legno d’ebano, accompagnata da una sedia girevole grigia. Sul piano si trovavano parecchi schermi computer, un mouse con relativo tappetino raffigurante una spiaggia e una tastiera. Un portapenne giaceva un po’ più in là, contenente penne a sfera nere e blu, un paio rosse e una verde. Ad alcune mancava il tappo e altre erano mordicchiate. A ricoprire la superficie legnosa c’erano poi innumerevoli scartoffie.
Le pareti erano di una tonalità un po’ più chiara del pavimento e ricoprivano tutti i lati, mentre il tetto era bianco. Appesi tutt’intorno alla stanza, perfettamente dritti, stavano dei quadri rappresentanti dei paesaggi di vari luoghi e ambienti. Probabilmente servivano a riempire il vuoto lasciato dall’assenza di finestre.
Nell’aria c’era un profumo dolciastro, senza ombra di dubbio da uomo, mischiato a tabacco. In effetti un pacchetto di sigarette ormai mezzo vuoto con relativo posacenere erano abbandonati accanto al portapenne.
Un ufficio di qualcuno di importante. Il conduttore dei giochi. Il Boss finale del nostro assurdo gioco.
Un Boss che mancava, effettivamente. La sala era vuota, spoglia da qualsiasi forma di vita eccetto la nostra compagnia. Nightmare ed Egypt a parte.
“...Sbaglio o qui non c’è nessun...” illustrò in tono canzonatorio Wish, prima che la sua voce venisse coperta da un rumore improvviso, forte e vicino.
“...o...” boccheggiò infine. Poi, cadde.

Egypt

Percepii la scena come al rallentatore.
Udii da dietro di me lo sparo. Vidi il sorriso di Wish scemare in una smorfia di dolore celata dalla sorpresa, mentre le si apriva un buco in testa. Vidi la materia grigia schizzare fuori dalla ferita assieme al sangue, andando a imbrattare la moquette, visibile nonostante il colore fosse circa lo stesso.
Quando il corpicino della bambina toccò terra, il corso del tempo tornò normale.
“Accidenti, è finita prima del previsto...” mormorò una voce maschile alle nostre spalle.
Ci voltammo di scatto, venendo accolti dalle pistole puntate vero di noi. Tre pistole, tre persone e noi, che con Wish fuori gioco, eravamo rimasti in tre. Due erano guardie: una biondina con il corpo da modella, le labbra piene e rosse, gli occhi azzurri e un neo nero sullo zigomo destro. Il giacchetto della divisa era generosamente aperto, lasciando intravedere una scollatura decisamente abbondante.
L’altra era un uomo, alto e grosso, un vero e proprio armadio. Mandibola squadrata e sporgente, naso storto da una probabile frattura, occhi piccoli e scuri e capelli marroni a spazzola.
‘Mark’ sentii borbottare Nightmare dietro di me. Evidentemente lo conosceva, e dal suo tono non ne era entusiasta.
Al centro di essi sostava un uomo di mezza età, come suggeriva la calvizie che aveva incominciato a impossessarsi di una parte della testa. Aveva una pancia a mongolfiera da bevitore di birra e amante del cibo ma non dello sport. Occhi azzurri e ciglia lunghe, doppio, anche triplo, mento. Vestiva elegante, in uno smoking blu scuro abbinato ad una camicia bianca, una cravatta e delle scarpe grigie.
Probabilmente lo studio era suo. Anzi, era sicuro.
L’uomo sorrise, un sorriso giallo che non vedeva uno spazzolino da secoli.
“Non muovetevi, Alternative Assassins... prima di farvi un buco in testa vorrei parlarvi” esordì quello con leggerezza. “A meno che voi non abbiate fretta di morire” precisò poi.
Stavamo trattenendo persino il fiato. Non osavamo muoverci, ancora scandalizzati per l’accaduto, avvenuto talmente in fretta da essere difficile da registrare e accettare.
Wish stava agonizzando per terra. Non era morta, ma dovevamo intervenire in fretta. Il tempo stringeva.
Strinsi i denti. Che cosa stava succedendo? Chi era quell’uomo.
“La sua voce... l’ho già sentita da qualche parte...” sussurrò piano Nightmare, immobile pure lui. Forse non era ancora abituato all’idea di essere un fantasma.
Ma effettivamente il problema era un altro. Come faceva a conoscere la sua voce?
“Ah, già. E’ il commissario che mi interrogava... cavolo, un altro colpo di amnesia” borbottò poi.
Se non fossi stata così rigida mi sarei girata  a tirargli uno scappellotto. Si era dimenticato del suo aguzzino? Mi trattenni dal darmi una manata sulla faccia e ricominciai a studiare la situazione, ormai critica.
“Immagino che i vostri cervelli stiano lavorando incessantemente per trovare una risposta. E io, che non sono un uomo troppo cattivo, vi lascerò conoscere, priva di eliminarvi. Ma da dove partire... mmm...”
L’uomo si passò le dita grassocce ed ingiallite sul mento, facendolo tremolare abbondantemente. Distolsi lo sguardo da quella vista disgustosa e mi concentrai sulle guardie. Dopotutto, il grassone non mi sembrava difficile da eliminare. Una spinta e sarebbe rotolato via.
La tizia bionda, che si stava rimettendo la cipria come se nulla forse lanciandoci un’occhiata di tanto in tanto non sembrava una grande minaccia. Era tutta apparenza, piuttosto gracile. A meno che non conoscesse arti marziali o simili, ma non poteva essere più pericolosa di Echo.
L’armadio mi sembrava già più un problema. A livello fisico era fuori dalla nostra portata. Dopotutto eravamo ancora dei ragazzini. A meno che...
“Trovato! Vi racconterò del mio piano, per filo e per segno. Allora, vediamo... è cominciato tutto più o meno cinque anni fa. Assistetti ad un incidente. Due bambine vennero travolte da un camion. L’hai capito, Egypt? Parlo del tuo.”
Mi bloccai mentalmente per qualche secondo. Che cosa aveva appena detto?
“Esatto. Una morì subito, ma dell’altra non si seppe più nulla. La cosa interessante fu scoprire che le bimbe morirono entrambe, ma nessuna di loro passò a miglior vita. Il fratello della piccola Louise iniziò a manifestare strani comportamenti. Parlava alla sorellina e diceva di vedere persone che nessun altro riusciva a percepire.”
Parlava di Nightmare. Pendevamo tutti dalle sue labbra. Il tempo sembrava essersi fermato.
“Dissero che il bambino era diventato pazzo. Ma io non credevo a quelle voci. Sono sempre stato molto affascinato dal soprannaturale e quella era un’opportunità che non potevo lasciarmi sfuggire. Presi quel bambino con me, imparando sempre di più sul suo potere. Era affascinante ma pericoloso. Capii che quelle persone non dovevano rendersi conto del loro potere o sarebbero stati guai: dovevo eliminarle.”
Eliminare? Parlava di noi. Pensai ad Echo, a Nightmare, a Pearl e a Wish. Eravamo già stati almeno dimezzati. Strinsi i punti, facendo ridacchiare la biondina.
“Usando i fantasmi diedi avvio ad un’operazione di ricerca per trovare persone speciali. Trovai così Valkyria e Echo e successivamente Pearl, Wish ed Hope. Infine tu, Egypt. E devo dire che ti ho sottovalutata. Sei arrivata a un passo dal mandare a monte il mio piano. Ma procediamo con ordine...”
Mi ricordai cosa aveva detto Wish. “Ci ha trovato Nightmare”. Ecco cosa intendeva. Erano proprio stati cercati e trovati. Non era stato necessariamente un caso. Era a questo che puntava. Rabbrividii pensando che io dovevo essere stata spiata da Louise o da qualche altro fantasma.
“Vi sarete chiesti tutti il perché della vostra giovane età. Beh, il fatto è che siete più facili da manovrare. Echo, poi, era solo un fantoccio, pendeva dalle mie labbra. Era una pedina al mio comando. Ma effettivamente non siete solo voi giovani. Usando parole carine ed Echo come portavoce, vi ho fatto uccidere i vostri simili più esperti. Quello che hai ammazzato tu, Egypt, era un demone come Valkirya e Pearl. Un demone gatto, per questo aveva paura dei cani. In effetti avvertiva il pericolo e altre cose. Aveva scoperto tutto e stava tentando di rovinarmi.”
Ci aveva usati. Tutti quanti. Ma mi domandavo come. Scoccai uno sguardo a lato. Nightmare era quasi schifato, la sua faccia esprimeva solo disgusto. Hope era scioccato e osservava ancora il punto dove Wish era caduta. Lei era incosciente e in fin di vita, ma n ancora morta. Dovevamo salvarla. Valkyria, invece, tremava di rabbia. Digrignava i denti e aveva gli occhi rossi.
“T-tu...” sputò le parole come se fossero velenose. La guardia – armadio fece per spararle ma l’individuo grassoccio lo fermò con un cenno della mano, incitando Kathleen a proseguire con un sorrisetto compiaciuto sul volto.
“Tu... sei... il boss... Riconosco... la tua voce” completò a scatti la mora. L’altro rise.
“Brava, Valkirya. Esatto, sono proprio io. Il vostro amato boss che vi ha salvato dopo le tragedie avvenute nella vostra vita. Lo stesso che vi eliminerà. Davvero pensavate che il prezzo da pagare fosse solo sporcarsi le mani con il sangue?” ci chiese, sarcastico.
Capivo Valkyria, ora anche io avrei voluto fargli male. Tanto. Ma dovevo pensare. In fretta.
“E poi sei arrivata tu, Egypt. Proprio quando stavo per dare il via al mio piano per eliminarvi. Hai scoperto di Nightmare e sei andata a parlargli. Lui ti ha chiesto quello che noi sapevamo già e che facevamo finta di ignorare. Ho fatto in modo che Valkyria ti trovasse e che si sentisse tradita. Ho fatto in modo che tu sapessi della condanna a morte di Nightmare, e ho detto a Echo di fare qualunque cosa affinché il nostro demone si pentisse e venisse a cercarti. Poi ho detto lei di eliminarvi, ma ha fallito. E ora tocca a me fare la mia mossa.”
Io potevo colpire a distanza, magari deviando i proiettili. No, erano troppo veloci. Dovevo pensare in fretta, in fretta... Non avevo più tempo.
“Alla fine il mio piano è sempre quello e non avrò nemmeno il segreto da tenere, perché l’ho già rivelato. A voi. Terrete la bocca chiusa, vero? No, non occorre che mi rispondiate... dopotutto, i morti non parlano.” Si girò poi verso di me. “Con le dovute eccezioni, chiaro. Non è vero, Egypt?”
Mi prendeva pure in giro quell’essere. Ma... in effetti...
Faccio ancora fatica a rendermene conto. Io sono morta.
Non mi ha ucciso il camion. E non sono svenuta per la perdita di sangue, ma perché ‘i tuoi nervi hanno ceduto’, ha detto Nightmare. Già, è stato lo shock.
Il mio corpo è solo il guscio che cela la perla. E’ la mia palla di ferro alla caviglia. Solo questo, nulla di più.
“Siamo giunti al capolinea. E’ la fine dello spettacolo.”
The end. La fine dei giochi. Ma non sarai tu a vincere.
“Vediamo se ci sono volontari. Chi si fa avanti?” chiese, alzando la pistola.
Io avanzai fiera, fino a posizionarmi davanti a lui. Avevo solo una possibilità. Strinsi l’impugnatura delle mie armi.
“Lucy...” soffiò scandalizzata Kathleen. Non mi sono arresa, tranquilla.
“Che stai facendo, Lucy?” esclamò allarmato Nightmare. Lo vedrai tra un attimo, pazienta.
Il gran finale.
L’uomo sparò.
Faceva male, tanto. Sentii il sangue misto a materia celebrare che mi rendeva la fronte appiccicosa. Ma me ne sarei occupata più tardi. Corsi fino a lui con la spada in pugno e gliela conficcai nel cuore.
Riuscii solo a provare un moto di repulsione nei suoi confronti, ero quasi compiaciuta nella vaga espressione sorpresa che era guizzata nei suoi occhi prima che questi diventassero vitrei.
Le due guardie non fecero in tempo a muoversi che vennero abbattuti da due frecce scoccate dal possessore del sesto senso.
Non ci fu tempo per uno scambio di sguardi.
“Dobbiamo salvare Wish” dissi soltanto. Gli altri annuirono, probabilmente troppo inorriditi, disgustati o scombussolati per guardarmi in volto.
Hope prese in braccio la sorella delicatamente, poi ci mettemmo a correre in cerca di un’uscita. Scendemmo di nuovo le scale, percorremmo un nuovo corridoio, fino a trovare un ascensore che ci portò in una specie di garage. Stavamo per correre fuori, quando Valkyria mi trattene per una mano.
“Che c’è?” chiesi, ansiosa.
“Hai un buco in testa. Non puoi farti vedere in quella maniera. Andremo a cercare io e Hope aiuto. Tu tenta di sistemarti. O in qualche modo di nascondere il buco e ripulirti quello schifo che hai sulla faccia” mi disse, seria.
“Hai ragione... e tu pensa al tuo braccio” le rimbeccai lanciando un’occhiata all’arto demoniaco che sostituiva quello umano. Le lo ridusse fino a farlo diventare un moncone e poi si diresse di corsa verso l’uscita.
Mi lasciai cadere sul pavimento, improvvisamente svuotata dalle mie forze.
“È... finita...” sussurrai.
Nightmare si avvicinò osservandomi, poi alzò gli occhi, guardando lontano.
“Già. Questa è la fine degli Alternative Assassins.”

Angolino nascosto nel nulla:
Questo era l’ultimo capitolo, gente!
L’angolo non sarà molto lungo, anche perché questo capitolo sarà subito seguito dall’epilogo che servirà a raccogliere tutte le mie osservazioni sulla storia.
A me questo capitolo piace, diciamo. Ho provato a collegare ogni a capitolo a questo, e spero di avervi sorpreso un po’.
Non è un errore aver scritto “Kathleen” al posto di “Valkyria”, è voluto proprio per segnare il distacco tra una realtà e l’altra.
L’epilogo sarà un po’ vago e aperto, perché voglio lasciare un po’ di campo libero anche a voi che leggete.
Ma perché ve lo sto a raccontare? Andate a leggere, coraggio!
Ci vediamo, a tra poco!
Aura_

  
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