Crossover
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Autore: Registe    28/11/2014    3 recensioni
Terza storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
"L’esercito del Grande Satana colpì in modo violento l’Impero Galattico. Non vi furono preavvisi, minacce o dialoghi alla ricerca di una condizione di pace. I demoni riversarono i loro poteri in maniera indiscriminata, non facendo differenza tra soldati e civili, guidati solo da un ancestrale istinto di distruzione. Soltanto la previdente politica bellica dell’Imperatore Palpatine riuscì ad impedire un massacro in larga scala.
-“Cronistoria dell’Impero Galattico, dalla fondazione ai nostri giorni” di Tahiro Gantu, sesta edizione.-"
[dal primo capitolo].
E mentre nella Galassia divampa la guerra, qualcun altro dovra' fare i conti con il passato e affrontare i propri demoni interiori...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 19 - Futuro





Lupo Solitario




La luce della giustizia è la più ardua da seguire. Non è la più potente, né la più facile da vedere.
Il giusto non è chi si limita a seguire la giustizia: è chi sa portare questa luce agli altri.
Dai Misteri di Ramas




Uscire da un teletrasporto non era mai una cosa semplice. Mara aveva usato decine di volte le Pietre Dimensionali o le Pietre della Sapienza, ma gli incantesimi dei druidi erano un’altra cosa. Non era soltanto lo stomaco ad essere sottosopra: era anche la sensazione di umido tra i vestiti, di capelli e pelle bagnati anche se nessuna goccia d’acqua aveva mai realmente sfiorato il suo corpo. L’unica cosa reale era il rivolo di sudore che le correva lungo la schiena mentre osservava la magia dei druidi defluire fino a svanire in un piccolo lampo di luce.
Da quando le Pietre della Sapienza erano nelle mani dell’Imperatore e le Pietre Dimensionali erano svanite in chissà quale angolo dell’universo –anche se da come stavano le cose era probabile che si fossero stabilite nelle mutande del Grande Satana-, l’unico metodo di teletrasporto di cui disponeva l’Alleanza era il legame tra i druidi guidati da Allanon e le acque del loro lago sacro, il Perno dell’Ade. Era una fortuna averli come alleati.
Come la maggior parte dei loro alleati, i druidi venivano da un altro pianeta, uno dei pochi a non essere caduto sotto il potere dell’Imperatore; un mondo senza grandi risorse da offrire o popoli importanti da sottomettere –tanto che sulle olomappe della Galassia era segnato con una sigla che Mara nemmeno ricordava- ma era proprio nella gente semplice di quel mondo che l’Alleanza aveva trovato nei druidi della fortezza di Paranor e nella loro magia degli alleati affidabili ed impagabili. Il potere che sgorgava in quel mondo era in grado persino di regolare i flussi del teletrasporto, ma la tecnologia imperiale non era riuscita a comprendere il potenziale di un pianeta che all’apparenza non aveva altro da offrire se non rocce, campi, e qualche foresta di legno nemmeno pregiato.
Mu e Auron fissarono dubbiosi il druidino in tunica grigia che sorrise loro felice. Da quello che aveva spiegato la principessa Leona durante una delle loro riunioni, la Resistenza non aveva mai incontrato magie di teletrasporto, né avevano mai conosciuto incantatori in grado di spostare anche un singolo chicco di riso da un punto all’altro del loro pianeta. Dunque sia l’Alleanza che la Resistenza dipendevano dal flusso magico del Perno dell’Ade per gli spostamenti, decisamente più scomodi e complessi di stringere nelle mani una singola pietra ed andarsene a piacimento. Lavok spesso blaterava della costruzione di un dispositivo grande quanto una base orbitante in grado di spostarsi tra i piani, ma era chiaro che fosse soltanto un suo sogno nel cassetto.
Lavok …
Le mancavano i battibecchi dello zio e del nipote. Non erano mai stati eccessivamente in confidenza –da sobri, perlomeno- ma riusciva a sentire la loro mancanza. Tutti coloro che erano partiti per cercare loro indizi erano tornati a mani vuote, e la principessa Leona era sempre più convinta che si trovassero nel palazzo fluttuante del Grande Satana.
“Ed andremo a riprenderli anche lì, costi quel che costi!”
La voce di Leia superò anche la sensazione di intorpidimento della sua testa. Nel silenzio generale del comitato di ricevimento quelle parole suonarono piuttosto chiare e distinte, e questo rubò alla ex Sith un sorriso.
Auron aiutò Mu a rimettersi in piedi, poi si fece avanti ed iniziò un rapido rapporto sulle vicende di Nail, degli abitanti salvati dalla palude delle Nebbie e sulla loro reazione; lei cercò di dare un’occhiata rassicurante ad Eomer, ma per il momento il guerriero era perso nei suoi pensieri e l’aura triste che emanava la sua persona le fece capire che non era il caso di insistere.
Gandalf era come sempre imperturbabile con la sua pipa. “Perfetto Leia! Hai un piano o ci basiamo sul buon vecchio commando?”
Ovviamente ho un piano. Adesso che siamo riusciti a mettere in guardia la maggior parte della gente comune del mondo dei nostri amici possiamo fare qualcosa di meglio. Qualcosa che non abbiamo mai tentato prima e che sono sicura che possa funzionare. Dopotutto sia noi che la resistenza abbiamo passato la vita a combattere tiranni, giusto? Io direi che è il caso di … rovesciare il tavolo di gioco dell’Imperatore e del Grande Satana e di prendere in mano la situazione!”
Di solito Mara non andava molto d’accordo con Leia, ma questa novità le fece correre un piacevole brivido lungo la schiena; evidentemente durante la sua missione nella palude i grandi capi non erano rimasti inattivi. Era da molto tempo che non sentiva una simile eccitazione nell’aria, proprio quello di cui l’Alleanza aveva bisogno.
“Bene, sentiamo questo piano …”
“Diciamo che innanzitutto dovremo accertarci di avere quante più stanze del palazzo libere …”

La gente aveva combattuto centinaia di guerre per il trono. Aragorn era cresciuto con quelle storie nelle verdi vallate di Gran Burrone ascoltando i bardi –rigorosamente elfici- narrare di questo e quel guerriero, delle truppe schierate durante le guerre dell’Origine, dei sovrani giusti e di quelli malvagi che si erano susseguiti nei regni degli elfi, degli uomini e persino dei nani. Alcuni avevano lottato per diritto di sangue, altri perché ritenevano che sarebbero stati i migliori sovrani possibili. Molti ci erano riusciti e si erano seduti sui loro troni, non ultimo quello in legno intarsiato ed oro che Aragorn aveva smesso di usare esattamente due giorni dopo che gli avevano posto una corona sulla testa. Governare era già abbastanza complicato, ma farlo immobile su un sedile con uno schienale duro dritto era una tortura che i bardi non narravano mai, ed era proprio in momenti come quelli che si chiedeva quanto ai suoi nobili antenati, prima ancora che nascesse la dinastia dei sovrintendenti, piacesse guardare il mondo da lì. Era molto meglio lasciare quel salone di marmo a chi vi si trovava a suo agio: Barsimmon Oridio e Eton Shart erano appena giunti dal loro pianeta con oltre cinquecento arcieri elfici al loro seguito, e conoscendo i soggetti era stato più che felice di destinare la sala del trono alla loro accoglienza supervisionata dalla pazienza di Legolas.
“Bella vista da quassù, eh?” mormorò Gandalf lanciando qualche occhiataccia a due vivandieri hobbit più intenti a riempire le proprie bisacce di salsicce che non quelle dei nuovi arrivati. “Leia sarà anche una grandissima rompiscatole, ma ammetti che soltanto lei poteva organizzare uno spettacolo simile”.
Ed era vero.
Il pomeriggio vedeva centinaia di figure accamparsi tutt’intorno alla grande città di Minas Tirith. Il giorno era caldo e luminoso, l’aria dolce per l’odore dell’erba e delle foglie ancora bagnate, il fiume Anduin scintillava, gonfio per la leggera pioggia della sera precedente. Le nuvole si erano finalmente spostate, ma il terreno rimaneva morbido e pieno di solchi dove i loro ospiti l’avevano percorso per montare gli accampamenti. Per tutta la mattina erano giunti rappresentanti di tutti gli alleati, ed il re aveva risposto a tutti ringraziandoli per aver risposto alla sua chiamata. L’esercito di Arborlon stava ancora sistemando i propri alloggi, e lo stendardo dell’albero bianco dalle foglie rosse scintillava al vento accanto a quello della fortezza avvolta nel fulmine azzurro, simbolo dei druidi di Paranor. Per quanto l’ordine fosse ben lontano dalla grandezza che lo aveva caratterizzato nelle epoche passate ed il numero degli accoliti era di gran lunga inferiore, Allanon aveva insistito che tutti i giovani druidi disponibili a combattere ed a creare ponti con il Perno dell’Ade fossero messi a disposizione dell’Alleanza. I druidi erano inferiori in un rapporto di oltre dieci ad uno con le truppe a disposizione, sproporzione che aumentava con l’arrivo di altri alleati. Non poteva negare di essere elettrizzato all’idea di raccogliere tutti i loro alleati nel più grande attacco all’Impero mai progettato fino a quel momento, ma i numeri del teletrasporto parlavano chiaro. Era un particolare di cui tenere conto, e per quanto fosse sicuro che Leia avesse già in mente una soluzione non poteva fingere di non essersi accorto di quella che poteva trasformarsi in una gigantesca faglia nella loro operazione.
Alcuni cavalieri erano stati mandati a nord per chiedere l’aiuto dei nani, ma gli zii ed i cugini di Gimli erano troppo orgogliosi e dalla testa dura per farsi trasportare dai druidi; ci avrebbero impiegato almeno un altro paio di giorni per raggiungere la capitale con il grosso dell’esercito, ma per fortuna Aragorn non aveva fretta. Gli hobbit erano disorganizzati per definizione, eppure una piccola squadra era giunta alla chiamata. Poteva ritenersi davvero orgoglioso dei suoi amici.
“Ma guarda un po’ chi è arrivato …” mormorò Gandalf. Il re si girò seguendo il verso della pipa, e proprio dove l’Anduin svoltava creando l’insenatura per il porto vide una tenue nuvola rossa diradarsi nell’aria ed oltre trecento forme ne emersero. Da quella distanza sarebbe stato impossibile riconoscerli, ma aveva trascorso abbastanza tempo nella dimensione del Magmanund per non dimenticarsi dello stemma grigio con la testa di lupo e di quello color del mare con una stella di cristallo. “Mi sa che adesso ci siamo proprio tutti!”
“Andiamo a salutare Lupo prima che inizi il banchetto?”




“Sembra ieri l’ultima volta che ci siamo visti!”
Lupo Solitario non era cambiato affatto, come se gli anni trascorsi dal loro ultimo incontro fossero spariti come una lieve pioggia primaverile. Il capo dell’ordine dei guerrieri Ramas aveva il viso rilassato nonostante avesse superato da un bel pezzo i trentacinque anni, e le sue spalle erano larghe e allenate sicuramente più di quelle del re, che rimase quasi soffocato dall’abbraccio del suo vecchio amico. Nonostante il clima mite non aveva perso l’abitudine di indossare il suo vecchio e consunto mantello di pelliccia, che in un attimo riempì del suo odore acre tutta la tenda che i Ramas avevano allestito in fretta e furia come riparo per il loro capo. Aragorn e Gandalf non fecero in tempo a ricambiare la calorosa accoglienza che si ritrovarono due boccali di birra in mano. “Non sarà quella dei nani, ma anche noi del Magnamund la sappiamo far bene!”
“Pensavo che avremmo trovato anche Banedon” mormorò il re sedendosi su una cassapanca.
“Io gli avevo detto di restare, ma evidentemente a Minas Tirith c’era una ragazza più carina di voi due che stava aspettando con ansia il suo bel maghetto … Il vostro fascino è in ribasso, amici!”
“Come si suol dire … largo ai giovani!”
“Largo ai giovani davvero!” disse lui, e quando sollevò il proprio boccale in aria il vetro tintinnò per il brindisi. Proprio come ai vecchi tempi.
Erano passati anni dall’ultima volta che il ramingo e lo stregone avevano messo piede nella dimensione del Magnamund; e messo piede non era nemmeno il termine più appropriato visto che avevano raggiunto quel posto grazie all’ennesima macchinazione dell’Imperatore ai loro danni.

Narratore: “Registe, devo proprio spiegare come sono andate TUTTE le cose?”
Registe: “No, Narratore, ci vorrebbe una serie a parte e già andiamo a rilento così!”
Narratore: “E volete lasciare un buco nella conoscenza dei vostri lettori?”
Registe: “I lettori li faranno a NOI una bella serie di buchi con il fucile a pompa se continuiamo ad aprire parentesi su tutti i personaggi di questa storia, che ne dici di saltare queste spiegazioni e metterle in qualche capitolo più adeguato?”
Narratore: “Cioè *sfoglia il copione* tra mooooooolto tempo”


Le comunicazioni con quella dimensione non erano mai state semplici, e da quando l’Imperatore aveva sottratto le Pietre della Sapienza era ancora più difficile spostarsi dal loro mondo a quello di Lupo Solitario, costringendoli a ricorrere alla benevolenza dei druidi e del loro Perno dell’Ade. Ma la cosa piacevole di rivedere Lupo Solitario era che nonostante lunghi mesi di silenzio il loro dialogo riusciva a riprendere esattamente da dove era terminato, come se il tempo e le guerre non fossero durati più di un giro di clessidra. Aragorn non aveva mai dubitato nemmeno per un istante che il loro amico sarebbe rimasto sordo alla loro richiesta d’aiuto. Allungò comodamente le gambe sul tavolo e Gandalf gli passò la pipa. “Il piano di Leia è interessante, non credi?”
“Leia ha sempre un piano per ogni cosa. E da quello che ho capito adesso ha una nuova amica che la pensa proprio come lei”.
“Questa principessa Leona ha un bel caratterino. Siamo noi uomini l’anello debole della catena”.
Lupo rise e per poco non rovesciò la birra sulla panca. Gettò dei ramoscelli di legna nel camino improvvisato del suo alloggio, e le scintille illuminarono la sua faccia; i lineamenti erano rilassati, ma lo sguardo che gettava oltre le braci fece capire al re che il discorso stava per diventare serio.
“Voi avete fatto tanto per me, amici miei. Quando il Magnamund sembrava privo di speranze sotto il dominio dei Signori delle Tenebre siete stati gli unici a tenderci la mano, le uniche persone provenienti da un altro mondo che hanno combattuto al nostro fianco quando tutti gli alleati fuggivano, si arrendevano o ci voltavano le spalle … è proprio vero che in ogni dimensione sembra esserci qualcuno che si diverte a prendere la libertà degli altri, ma nel nostro caso abbiamo dimostrato che è possibile fermare certa gente. Gnaag ormai è un brutto ricordo, e gli altri Signori delle Tenebre sono lentamente caduti uno dopo l’altro. Noi Ramas ormai riusciamo a cavarcela da soli, ma non passa una notte che non ricordo le atrocità di quei mostri e l’attacco al mio monastero …” sussurrò, con gli occhi rivolti altrove, oltre la debole cortina di fumo bianco che saliva dalla legna. “So cosa vuol dire l’oscurità. So che in alcuni momenti si vorrebbe qualunque cosa, anche un aiuto qualsiasi e le mani a cui dovresti aggrapparti si tirano indietro lasciandoti sprofondare. Il fatto che il Magnamund sia in pace non vuol dire che io possa dare le spalle ai miei amici. Anche se so benissimo che potremmo non tornare”.
“La nostra è una richiesta di aiuto. Non un obbligo”.
“Per me invece è un obbligo. Venite”.
Appoggiò il boccale sul tavolo e scansò il lembo della tenda, ed in un attimo si trovarono all’aria aperta quando ormai il sole regalava gli ultimi raggi del tramonto e molti scudieri accendevano le torce per tutta la larghezza dell’accampamento. Dal punto in cui si trovavano si poteva contemplare tutta la grandezza di Minas Tirith e delle sue mura che alle ultime luci del giorno sembravano tingersi del colore della fiamma, disturbato soltanto dal volo degli uccelli che cospargevano quella tinta di piccole ombre. Anche nella città iniziavano ad accendersi le prime luci, e forse nuove delegazioni di alleati stavano entrando dalle porte principali visto che si intravedevano altri stendardi in movimento.
Aragorn respirò a pieni polmoni quel paesaggio, e seguì Gandalf dietro al passo ferreo di Lupo Solitario. L’accampamento che il maestro Ramas aveva stabilito si estendeva all’interno del piccolo bosco ad ovest dell’Anduin, proprio dove l’ansa del fiume rendeva il terreno meno paludoso e permetteva ai soldati di far abbeverare i cavalli senza impantanare le bestie. Eomer aveva proposto ai nuovi arrivati di soggiornare un pochino nella regione di Rohan, ma Lupo Solitario aveva preferito rimanere vicino alla capitale rinunciando a qualche piccolo beneficio degli alloggi dentro la città. Il campo era pieno di gente, e tutti salutarono l’uomo ed i suoi due ospiti in un misto tra il rispetto e l’amicizia pura.
Aragorn cercò di riconoscere qualche viso tra quelli che si affaccendavano tra i fuochi e le fucine improvvisate, ma non riconobbe nessuno; per un attimo fu convinto di riconoscere Fiume Potente tra alcuni uomini impegnati a trasportare delle casse, ma quando la persona si girò vide un volto molto più giovane della persona che aveva conosciuto nel suo primo viaggio nel Magnamund. Vide anche Gandalf cercare qualche conoscente tra la gente, ma lo stregone non ebbe più fortuna di lui. Era un grande viavai confuso ma allo stesso tempo rigoroso di gente che si muoveva sapendo perfettamente quale fosse il suo compito, e le risate accompagnavano la loro passeggiata fino all’estremità occidentale dell’accampamento, quella che si trovava nel fondo del bosco protetta dalle fronde.
Non vi erano molti Cavalieri Ramas. Di coloro che potevano fregiarsi di quel titolo e dei loro mantelli scuri era riuscito a contarne non più di trenta, e al più grande di loro non avrebbe dato trenta primavere. La maggior parte era composta da giovani apprendisti e qualche soldato in armatura probabilmente inviato da re Ulnar; dei ragazzi passarono proprio accanto a lui aiutando una coppia di maghe della Confraternita della Stella di Cristallo nella loro tipica veste azzurra, ed entrambe salutarono Lupo Solitario prima di rimanere sommerse dalle sporte di alambicchi e polveri che si erano portate dietro. Non quello che si direbbe un esercito di veterani …
Ma sapeva di non poter chiedere altro: lui stesso non aveva conquistato il regno con delle truppe regolari. L’attacco dei Signori delle Tenebre aveva quasi annullato il vecchio ordine dei Ramas, e soltanto da pochi anni Lupo Solitario –l’unico superstite, a dire dei suoi racconti- era riuscito a far rinascere il monastero dalle macerie e ricostituire il corpo dei Ramas. Gli allievi erano numerosi –certamente più di quelli che il Maestro Windu aveva raccolto nel Tempio Jedi- ma ancora giovani. Un ragazzino che stava esercitandosi ad usare la fionda contro dei bersagli non gli sarebbe arrivato alla cintura, e dall’espressione contrariata di Gandalf vide che il suo amico aveva pensato alla stessa cosa. “Lupo …?”
“Aspettate” rispose l’uomo come in risposta ai loro pensieri. “Siamo arrivati”.
Il luogo dove si erano fermati era una piccola arena improvvisata in una radura di cui lo stesso Aragorn aveva dimenticato l’esistenza; gli apprendisti avevano disposto delle fiaccole tutt’intorno al perimetro ed alcuni maghi stavano creando dei globi di luce che nascevano dai palmi delle loro mani e volavano verso l’alto, illuminando a giorno il piccolo spiazzo erboso dove si muovevano una manciata di ragazzi. Tutti gli altri avevano trasportato dei tronchi d’albero intorno alla radura e li avevano posizionati in semicerchio per dare a tutti coloro che lo desideravano la possibilità di sedersi. L’arrivo del Grande Maestro e dei suoi due ospiti non intaccò affatto il viavai di gente in quel luogo dove andavano e venivano cesti carichi di cibo, bevande ed armi che i più grandi brandivano con esultanza. L’arena improvvisata doveva essere servita inizialmente solo per allenarsi, ma i fantocci da combattimento erano stati accantonati ai lati, le travi da equilibrio erano state usate come sedili ed al centro della radura sei figure si spostavano, creando piccole ombre sul prato. Lupo Solitario li invitò a sedersi, e Aragorn vide che per un attimo la sua espressione corrucciata era scomparsa proprio mentre guardava i giovani far cozzare tra loro le armi. Un paio di loro parve accorgersi del loro arrivo, ma il guerriero scrollò le spalle e diede loro il permesso di continuare. “Osservate”.
Quattro ragazzi e due ragazze, nessuno più grande di diciotto anni, stava allestendo un duello per il piacere degli apprendisti più giovani. Un Cavaliere era seduto accanto a loro, ma forse più per il puro interesse nello scontro che non per evitare che qualcuno si ferisse sul serio. Aragorn per un attimo tornò alla sua adolescenza a Gran Burrone e ai duelli con gli elfi della corte di Elrond, ma in nessuno dei suoi ricordi il cozzare delle lance ed il clangore delle spade era accompagnato a movimenti così liberi, felici, e la strana sensazione di spirito di squadra che non aveva mai provato con nessun altro avversario. Respirò a fondo quell’esuberanza mentre un coro di incitamento si sollevò mentre uno dei giovani –alto e molto più magro del dovuto- recuperò al volo la lancia che gli era appena sfuggita di mano e passava al contrattacco proteggendosi la testa con uno scudo di legno. Più che un allenamento improvvisato sembrava un attacco diretto ad uno solo degli apprendisti che stava reggendo da solo l’impatto degli altri cinque scivolando tra l’uno e l’altro, trascinandoseli dietro mentre si spostava intorno al perimetro della radura, i capelli color oro che emanavano dei riflessi rossi quando passava vicino alle fiaccole. Una ragazza formò tra le mani una piccola sfera di ghiaccio e la scagliò nella sua direzione, ma il giovane la evitò lasciando che si infrangesse contro gli spettatori, però il Cavaliere di guardia fu abile e creò un muro energetico che la ridusse a nient’altro che uno spruzzo d’acqua. L’apprendista biondo si spostò verso il centro e gli altri si disposero intorno.
“I giovani sono la risorsa più importante per noi. L’ordine dei Ramas ancora adesso procede lentamente, ma ora ha un traguardo che non sembra più tanto irraggiungibile” disse il loro amico senza smettere di fare cenni di incoraggiamento “I ragazzi continueranno quello che io ho iniziato. Ogni tanto mi chiedo se i miei insegnanti pensassero lo stesso mentre mi osservavano durante gli allenamenti … Per me questa guerra è un obbligo: un obbligo verso questi ragazzi, per insegnare loro cosa voglia dire davvero essere dei Ramas, il senso del combattere uno a fianco dell’altro”.
La prima a passare all’offensiva fu l’altra ragazza, una che era rimasta sempre in disparte. Calò la sua ascia –che sembrava molto più appuntita di qualunque arma da addestramento che Aragorn avesse mai provato- sul compagno, ma dalle mani di questo partirono due scintille di luce ed il re si trovò con gli occhi puntati sulla figura che aveva fatto apparire dal nulla le due armi più strane che avesse mai visto. A prima vista potevano sembrare due enormi chiavi incredibilmente ridicole, eppure quando una di quelle impattò contro la lama dell’ascia mandò delle scintille che nascevano solo da metalli puri come il mithril. Il suono fu debole, quasi cristallino, eppure l’attimo dopo la sua avversaria stringeva in mano soltanto il manico dell’arma; poteva sentire anche da quella distanza lo spostamento dell’aria. Gandalf scrutava quelle chiavi con persino più stupore di lui. “Non ricordavo che voi Ramas sapeste evocare delle armi dal nulla, Lupo”.
“Infatti noi non lo facciamo. Lui … è un caso un po’ particolare”.
Un apprendista si lanciò contro il suo braccio destro, cercando di aprirsi un varco senza trasformare la propria spada in un cumulo di schegge di metallo; la sua compagna richiamò delle forme di magia piuttosto elementari, ed entrambi si disposero ai lati dell’avversario. Una coordinazione notevole, Aragorn ammise tra sé, ma era chiaro che il giovane biondo stesse dominando il duello sin dall’inizio costringendo entrambi i nemici ad adattarsi ai suoi movimenti, ad un continuo attaccare e parare apparentemente senza schema. I suoi insegnanti di scherma avevano insistito per farlo diventare ambidestro, per dominare con entrambe le mani ogni forma di arma e abbattere ogni forma di debolezza, ma ricordava benissimo la difficoltà del padroneggiare l’uso della spada con la mano sinistra che aveva appreso dopo una serie infinita di tagli e visite dai guaritori. Ancora adesso doveva concentrarsi quando si ritrovava ad usare due armi insieme, ma in quel ragazzo non c’era un attimo di esitazione, una distrazione, qualcosa che desse allo spettatore l’idea di una qualsiasi forma di insicurezza mentre alternava il ritmo delle due chiavi. L’ultimo degli apprendisti, uno grassottello dai capelli rossi, caricò in corsa il compagno approfittando del combattimento incrociato, ma inciampò su un elmo abbandonato a terra ed atterrò addosso alla ragazza proprio mentre questa stava formando del ghiaccio. Nel bel mezzo delle risate di tutti i presenti –che erano aumentati dal loro arrivo- i due finirono contro un fantoccio di paglia, e le schegge dell’incantesimo inchiodarono i loro abiti a terra tra le grida di lei e le confuse richieste di perdono di lui. Il giovane dalle due chiavi ruotò su se stesso, rimasto ormai solo contro l’ultimo avversario: quello non indietreggiò nemmeno per un attimo e concluse lo scontro con un affondo bello e preciso, diretto al fianco, ma non ebbe alcuna reale possibilità. Le due strane armi, una chiara come l’argento e l’altra nera come la notte, si incrociarono in aria proprio lungo la traiettoria della lama avversaria e la staccarono di netto.
I Cavalieri e gli apprendisti si profusero in un bell’applauso mentre il giovane richiamò le sue chiavi e queste sparirono in altrettante scintille; si diresse verso i due compagni a terra e diede loro una mano a rialzarsi anche se la ragazza gli lanciò un paio di sguardi piuttosto velenosi. L’altro si limitò a sorridere e dare una bella pacca sulla spalla al vincitore. Aragorn applaudì alla scena e seguì il Maestro Ramas nell’arena mentre la maggior parte degli spettatori veniva richiamata all’ordine dai compagni più anziani e tornavano ai loro compiti. I giovani che si erano battuti si voltarono verso il loro insegnante e fecero un gesto di saluto.
“Ragazzi, siete stati molto fortunati. Avete dato una bella dimostrazione di quello che sanno fare i giovani Ramas sul campo, e vi siete esibiti davanti a due persone che riuscirebbero a mettere in difficoltà anche me”.
“Magari potremmo organizzare qualche torneo …” fece Gandalf. “Comunque i tuoi apprendisti sono assolutamente molto dotati!”.
“Peccato che i nostri duelli finiscano tutti allo stesso modo …” commentò la ragazza dai capelli neri con la tunica ancora cosparsa di cristalli gelidi lungo i bordi.
“Continuate ad impegnarvi e vi garantisco che i risultati cambieranno. Sole Nascente, concentrati un po’ di più sull’uso delle armi e non fare affidamento soltanto sulla magia, ti rendi un bersaglio facile. Sei una Ramas, non una maga della Confraternita. Scoiattolo Allegro, meno gomiti e più spalle” disse all’apprendista che ancora osservava delusa i pezzi della sua ascia. Lei annuì, più convinta dell’amica, mentre Lupo Solitario si girò verso il giovane che aveva opposto più resistenza. “Fiume Nero, niente da dire. Continua così e sarai Cavaliere prima di quanto immagini”.
I tre si congedarono e scomparvero dal campo scambiandosi diverse occhiate, mentre davanti a loro rimanevano il biondo e gli altri due apprendisti, il ragazzo alto e magro e quello dai capelli rossi che aveva seminato tutto quello scompiglio. Non sembravano aver ascoltato le parole del maestro, perché quando quello si voltò mandarono delle esclamazioni sorprese.
“Aragorn, Gandalf, questi due sono Sentinella della Runa e Scudo Felice. Diciamo che sono quelli che mi fanno tribolare più del dovuto, vero, Sentinella?”
Il grassottello dipinse un’espressione delusa, ma Lupo Solitario cancellò il rimbrotto passando le mani sulle teste di entrambi in maniera molto più amichevole di quanto potesse sembrare dopo le prime parole. “Meno dolcetti e più esercizi, o non riuscirete mai a sorpassarlo. E potete farcela, ma occorre molto, molto più impegno!”
“Non ce la farò mai …” sospirò l’altro lasciandosi cadere con uno sbuffo sull’erba.
“Smettila di dire idiozie. Che sfida sarebbe se non ci volesse un po’ di impegno per vincerla?” disse il Ramas grande, poi fece cenno al giovane biondo di farsi avanti. Era più basso di entrambi i suoi amici, ma non sembrava più giovane di loro. Quando sollevò la testa e si voltò, Aragorn si accorse che aveva gli occhi di un blu quasi magnetico, che ricordavano due pozze di acqua di mare come non ne aveva mai visti. Le pupille erano incredibilmente grandi, come se volessero catturare tutti gli ultimi raggi del sole, e accompagnavano dei lineamenti molto più delicati di quelli della gente del Magnamund o degli abitanti multiformi del Daziarn. “Amici miei, ho il piacere di presentarvi un apprendista piuttosto singolare. Ma immagino che il suo allenamento abbia parlato abbastanza. Chiave del Destino, saluta i nostri ospiti come si deve”.
  
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