IL Giglio Scarlatto
Racconto a puntate
di Milady.
3.1 Le strade del destino - parte due -
L’aria era
piena di profumi speziati, di vaniglia e mirra, di essenza di
eucalipto.
Dava immediatamente la sensazione di respirare
meglio e di allargare la mente, oltre
che i polmoni.
Aprì gli occhi,
sbattendo le palpebre ancora confusa e disorientata.
Il dolce profumo la cullò per diversi minuti, ma quando il ricordo tornò a riaccendersi
nella sua mente, ella
provò ancora quell’opprimente senso di paura e orrore.
I ricordi… della Pietra Veggente, del dolore del fuoco, della lotta che infuriava senza quartiere in
quella sconosciuta città, la spaventosa
visione dell’occhio senza palpebre che la scrutava fin nel profondo dell’anima.
- Nooooo!!!
Si sollevò
tremante sul letto, ritrovandosi
a fissare due occhi celesti e puri come
l’acqua più cristallina; non aveva il dolore lancinante alla schiena, ma solo
una gran paura nel cuore.
Come se fosse oppresso da un pensiero cupo e senza
speranza.
- Mia piccola elfo… stai
bene?
A piegarsi sul suo viso madido di sudore, ancora una
volta quella visione celestiale, bianca
e dorata della giovane che serviva
L’aveva davvero
incontrata? Era tutto stato vero allora,
e non un semplice sogno…?
Deglutendo per schiarirsi la voce, Anja infine parlò.
- Oh… buongiorno, non ricordo il vostro nome…. Ma quanto ho dormito?
La giovane sorrise bonaria.
- Dorathea, mia piccola elfo; e
avete dormito mentre il sole saliva e scendeva nel cielo per ben 3 volte!
- Che cosa ?!! Tre
giorni!? Mio padre sarà fuori di sé!
Lasciatemi andare… subito!
Con uno scatto improvviso scese dal
letto, cerca di eludere, per l’ennesima volta, la guardia serrata di Dorathea.
Ma questa l’abbracciò con decisione,
impedendole di procedere.
- Calmatevi, Anjanka! Il nostro
tempo non coincide con il vostro. Se qui sono passati
tre giorni, nel vostro mondo ne
sono trascorsi forse uno… appena. O forse no…
Solo a quelle parole, Anja
si rilassò, lasciando la ferrea
presa sul polso di Dorathea.
Sorrise un po’ incerta ma si lasciò guidare con mano
gentile dalla giovane donna, fino ad una elegante sedia addossata alla spoglia parete.
Aveva indosso ancora quella veste bianca splendente
e null’altro.
Su un piccolo tavolino alla sua destra vi erano
alcuni piatti ricolmi di frutta e di piccoli dolci dall’aria deliziosamente
squisita.
Il luogo era sicuramente confortevole e la compagnia
sarebbe stata di certo gradita, ma Anja
continuava a pensare a suo padre ed agli uomini della scorta che erano alle sue
calcagna.
Che cosa stavano facendo, proprio
ora… mentre lei si lasciava accudire e confortare dalla Dama e dalla sua ancella?
Doveva subito lasciare quel
luogo, avesse finanche dovuto litigare con quella gentilissima giovane donna… Si alzò
decisa.
- Oh…beh, quand’è così, ti ringrazio Dorathea, ma debbo comunque tornare a casa. Mi staranno cercando
disperati… Mio padre sarebbe
capace di mettere in subbuglio l’intero paese.
Con un sorriso,
cercò lo sguardo dolce e rassicurante dell’ancella, continuando
risoluta. - Sì, debbo proprio
andare. Saluta
- Oh… non ne
dubito…
La voce,
soave e decisa, arrivò da un
altro punto delle stanza e non era stata Dorathea a parlare.
Anja volse lo
sguardo alle sue spalle ed incontrò quello deciso e fermo della Dama in
persona.
Era vestita di verde smeraldo, cupo e brillante, in quell’occasione e stava altrettanto
magnificamente.
I capelli intensamente corvini erano stati lasciati sciolti sulle spalle
senza alcuna acconciatura, e come aveva inteso fin dal loro primo
incontro, erano lunghi ben oltre il suo
punto vita.
Attese semplicemente che quella magnifica donna parlasse.
- E sai perché ne sono così sicura, mia piccola Anja?
I loro occhi s’incontrarono, fondendosi
insieme in un'unica sfumatura di
verde. Quello chiarissimo e spruzzato di
pagliuzze dorate della Dama e quello più scuro, screziato da
note color castagna di Anja.
In un baleno la giovane, comprese la risposta.
- Perché lo avete visto anche voi, nevvero Signora?
- Sì, Anja… Ho visto l’occhio senza palpebra che
non cessa mai di scrutare e che osserva ogni cosa fin nel profondo… Ho visto la
sua malvagità…
Anja distolse lo sguardo dai suoi occhi
magnetici non riuscendo più a sostenerne
l’intensità. Desiderava chiedere alla
Dama ragguagli sulle altre immagini che aveva veduto, ma nel volgere lo sguardo verso un punto imprecisato
della stanza si era accorta che Dorathea reggeva,
immobile e fiera alle spalle della Dama,
le sue vesti e che al suo fianco un giovane che pure aveva già
visto, aveva fra le mani il suo arco ed
il suo pugnale.
Un sollievo infinito le prese il cuore.
- Oh… grazie mia Signora… Grazie. Desideravo proprio chiedervi i miei abiti ed
il resto perché debbo, mio malgrado, andare….
Allora Anja aggiunse. – Con il vostro permesso… ben inteso.
Anja obbedì soggiogata dalla forza che emanava da
quella figura altera e bellissima.
Anche la donna sedette su una sedia che si materializzò improvvisamente alle
sue spalle o almeno così parve alla giovane.
- Mia piccola
Anja, prima che ti conceda di
andare, ho da chiederti alcune cose a cui, spero, tu vorrai rispondere.
- Con tutto
il cuore, mia signora. Chiedete pure,
se posso, replicherò.
- Hai detto qualcosa alla voce che ti parlava? Hai
rivelato il tuo nome o dove ti trovavi?
- No, signora!
La Dama annuì e sorrise e nella stanza parve esserci
più luce. Anja era completamente
assorbita dalla sua aura di potenza e di beltà.
- Nel tuo
sogno, a parte l’orrendo occhio
di cui più non parleremo, tu hai veduto
una città… e… sulla sua Torre più alta
un vessillo; parlami dunque di esso.
Anja si sorprese della curiosa domanda, ma replicò senza pensare più di tanto. Le visioni di quel terribile incubo erano
così chiare nella sua mente che non dovette faticare più di tanto per evocarle.
- Esso era bianco, mia signora, candido più della neve e recava un disegno bellissimo: un albero d’argento sormontato da stelle
- Sei sicura
che il fondo fosse bianco, piccola ?
- Certissima, mia
signora…
- Uhmmm…. E dimmi, vi era
un Uomo nel tuo sogno?
Anja deglutì,
arrossendo un pochino… Non
riusciva proprio a capire come nella sua mente si fosse formata chiara e nitida
la visione di quella splendida città,
scavata nel costone della montagna,
quasi fosse nata con la pietra
stessa forgiata dalle forze della natura
all’inizio del mondo.
Ma cosa più stupefacente… come aveva potuto vedere il volto di quel giovane
uomo?
A parte Valoomir, un ramingo del Nord che da anni era alla corte di suo padre, e i soldati del Guardia, ella mai aveva visto uno degli Alti
Uomini, come erano soliti chiamarli a Lilymgard, e proprio non sapeva spiegarsi come avesse
potuto, in modo alquanto dettagliato,
immaginarne uno…
Ma il suo sguardo… quello sguardo e quegli occhi così magnetici e profondi…
come quelli di un saggio o di un mago…
- Era giovane
e… quasi certamente un soldato, dato che indossava un’armatura
lucida e brillante, e sul petto, ne sono
certa, vi era lo stesso disegno della
bandiera: un albero d’argento sormontato da stelle.
Non le parve il caso di proseguire nella descrizione
del guerriero, anche perché lei
stessa, ricordandolo, si sentiva turbata e non voleva certo farlo
intendere alla Dama.
- Molto interessante… hai udito delle voci, l’uomo ha detto delle parole, che cosa stava facendo?
- Umh… scrutava ansioso un
punto imprecisato dell’orizzonte, quasi attendesse
qualcuno o si aspettasse di vederne uscir fuori qualcosa di molto pericoloso.
Non ho sentito alcuna voce, signora,
solo quella voce orrenda che apparteneva all’occhio… Non voglio
minimamente ripetere le sue
parole….
La donna addolcì
lo sguardo concentrato e
pensieroso, replicando in maniera
soave. – Non preoccuparti cara, non ti farò ricordare ciò che ti reca
dolore. Ora puoi andare a
cambiarti, non ti farò stancare
oltre, sei già abbastanza provata…. Anthares ti accompagnerà nell’altra
stanza, fai pure con comodo.
Anja la scrutò sorpresa mentre si alzava dalla
comoda sedia.
- Ma signora… anch’io
voglio sapere! Cosa
significa ciò che ho veduto? Esiste davvero la città che mi è apparsa ? E… tutta quella gente che combatteva… il
fumo, le fiamme, la morte nei loro occhi
e nei loro sguardi… era il futuro ciò che ho visto?...
La donna continuò a fissarla con il suo sguardo
magnetico ma non proferì parola.
Anja desistette volgendo l’attenzione sul giovane
che l’attendeva fiducioso con le sue vesti e gli effetti personali fra le mani
delicate.
Comprese che non poteva
chiedere di più alla Dama in quel momento.
A suo tempo e modo ella le avrebbe spiegato.
Doveva essere così… poteva essere solo così.
L’enormità di ciò che aveva fatto le piombò addosso
all’improvviso. Comprese che- proprio
come le aveva fatto notare la donna – decidere di guardare in quella sfera di cristallo avrebbe
modificato le sue decisioni a venire, i
suoi pensieri, la sua vita… forse per sempre.
Anja sapeva bene di essere una
persone caparbia e testarda: non
si sarebbe mai data pace, se prima non
avesse verificato di persona l’esistenza di
quella città e fatto in modo che quell’orrore non si verificasse…
qualora non si fosse già verificato…
Sospirò alzandosi dalla sedia,
ma dopo aver fatto alcuni passi verso l’uscita, affiancata dal giovane, si
voltò con un piglio perplesso sul
viso, rivolgendosi ancora una volta
alla Dama.
- Mia
signora, so che il mio cammino da oggi
sarà diverso. So che non resterò ancora per molto confinata nel mio piccolo e sicuro mondo di Lilymgard… e ho paura di tutto ciò, ma so anche che voi mi darete il vostro aiuto, vero?
La donna, sul
cui viso sino a quel momento
era impressa un’espressione dubbiosa e preoccupata, volse lo
sguardo adamantino sul volto della giovane,
aprendosi ad uno spontaneo sorriso.
- Sì, mia
cara. Sapevo che avresti compreso ed imparato in fretta. Non temere, ora va. Ti saluterò più tardi
e allora avrò da chiederti un ultima cosa… Anthares scorterai
Anja sino alla quercia dorata, ci
vediamo lì fra un ora.
La porta si aprì silenziosa e rapida davanti agli occhi di
Anja che, scortata dal giovane, si
diresse verso un’altra stanza per cambiarsi.
***