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Autore: Kveykva    28/11/2014    1 recensioni

A quel punto scattai indietro.
Ma cosa stavo facendo?
Cosa diavolo stavo per fare?
Scesi dal divano, presi la mia borsa e mi diressi verso la porta.
-Em. Em!- mi chiamó Dave.
Aprii la porta ma lui mi prese per un braccio e mi costrinse a girarmi.
-Cosa stai facendo?-
-Me ne sto andando.- gli risposi.
-E perchč te ne stai andando, maledizione!?- mi chiese lui sconvolto.
Non avevo una vera risposta da dargli. Sapevo solo che quello che era quasi successo non sarebbe dovuto succedere mai pił.
Lui mi fissó, e mi sorpresi ancora una volta di quanto fosse bello, anche da arrabbiato com'era.
Era dannatamente bello.
-Non sei tu, Dave, ma...-
-Vuoi sapere una cosa, Emma Bennet? - mi interruppe. -Sei una maledetta stronza.-
Aprii la bocca e rimasi cosģ, scioccata.
L'aveva detto davvero?
-Tu hai bisogno di me.- mi disse.
Riuscii solo a fissarlo.
-Sai che č vero.-
Non seppi dire nulla, mi limitai a stringere i pugni tanto che si sbiancarono le nocche.
Se c'era una cosa che mi mandava in bestia era dare ragione a Dave.
E purtroppo, anche se non ero ancora completamente consapevole, aveva ragione.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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La sveglia mi riscosse dal mio meraviglioso sonno ristoratore.
Mi girai di schiena per vedere se Andrea era gią sveglia, ma dormiva ancora beata.
Mi alzai di malavoglia, e mi feci una doccia: l'acqua gelata di prima mattina mi sveglió completamente. Era il gran giorno: appena finii di svegliare Andrea, feci colazione.
Ero cosģ..eccitata? Agitata? Spaventata a morte? Felice? 
Non avrei saputo dare una vera definizione a ció che avevo dentro, ma sentivo nelle vene una forza, un'energia nuova.
-Sei pronta?- gridai mettendo nel lavandino le nostre tazze della colazione.
-Pronta!- fu la risposta di Andrea e sentii i suoi passi rimbombare in corridoio,quasi avesse le scarpe coi tacchi, fino a trovarmela davanti.
-Ma sei impazzita?- strillai.
-Che c'č?- replicó spazientita.
-Ma ti sei vista allo specchio? Sembri appena uscita da 'Playboy'.- risposi ancora sotto shock, non sapendo se ridere o piangere.
Lei si fissó la minigonna a quadretti corta e poi sotto le scarpe con un tacco a spillo medio, laccate di nero come se le vedesse per la prima volta.
-Secondo vanno benissimo.- sentenzió.
-Cielo, come farai in aeroporto con quei trampoli.- alzai gli occhi al cielo, ma affari suoi. Lasciai correre.
Saltai in macchina trascinando la valigia, o meglio le valige visto che Andrea se ne era portata due, e sfrecciammo verso l'aeroporto.
-Allora..- cominció quando mi fermai ad un semaforo rosso -..scommetto che non vedi l'ora di vedere Hudson.- 
Roteai gli occhi e mi scappó un sorriso.
-No, Andrea, non vengo solo per Dave.- risposi come si spiega una cosa ad una bambino di cinque anni.
-Certo certo, intanto vi ho beccati a fare cose sconce in corridoio..e non negarlo!- esclamó vedendomi cercare di dire di no.
Arrossii visibilmente.
-Non stavamo assolutamente facendo cose sconce: te l'ho raccontato benissimo.- dissi mettendo il broncio.
Pigiai sull'acceleratore un po' troppo bruscamente e la macchina scattó in avanti.
-Gesł, Emma..quel ragazzo ti rende nervosa anche a chilometri di distanza.- 
Sbarró gli occhi quando mi lasciai andare ad una risata.
-Oh..e non hai idea di quando č presente.- 
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-Eccoli! Sono lģ!- strilló Andrea indicando i nostri amici, davanti ad una delle porte scorrevoli dell'aeroporto.
Per essere nel bel mezzo di ottobre faceva un caldo terribile, e quasi invidiai Andrea e la sua minigonna inguinale.
Salutai con una mano, per quanto mi fosse possibile con le valigie, e li raggiunsi.
Linsday e Robin erano abbracciati: figuriamoci se si staccavano mai! 
Mentre Jay era impegnato con qualche problema col suo cellulare 'troppo vecchio perfino per sua nonna', Mike ci venne incontro.
-C'č l'avete fatta! Aspettavamo solo voi!- esclamó.
-Scusate...i miei scongiuri per far togliere ad Andrea quei tacchi sono durati pił del previsto.- borbottai.
Linsday ridacchió sommessamente sulla spalla di Robin. 
-Rimango dell'opinione che 'vestirsi bene č una forma di buone maniere'- si giustificó lei, alzando il capo, contrariata
-In effetti sei proprio una bomba sexy, Andrea.- commentó Jay, il quale non si che idea si fosse messo in testa quel giorno su Andrea.
-Peccato che sia la MIA bomba sexy.- rivendicó una voce scura, prima che una mano si stringesse attorno ai fianchi di Andrea e vidi Chase sorriderle, dopo aver scoccato un'occhiataccia a Jay.
Andrea e Chase cominciarono a pomiciare come due liceali, cosa che mise imbarazzo metą delle persone presenti.
A proposito..se era arrivato Chase, doveva anche essere arrivato...
-Dave.- lo salutó con un cenno Robin. 
Mi girai verso lo splendore di quel ragazzo: indossava una semplice maglietta scura con scollo circolare ma era pił che bello. E non di una bellezza scontata. Anche Chase e Robin, e molto altri dell'universitą erano dei bei ragazzi ma lui..era di tutt'un altro pianeta. Forse era sia l'aspetto fisico, ma anche il modo in cui metteva soggezione negli altri, il modo in cui fissava. Il modo in cui mi fissava.
-Emma?- mi chiamó con fare interrogativo ed ebbi paura di essere rimasta a fissarlo troppo tempo. Rabbrividii sentendolo pronunciare il mio nome con quella voce profonda.
-Si..?- risposi, cercando di metterlo a fuoco meglio.
-Hai sentito quello che ho detto?- 
-Certo.-
-E sei d'accordo?-
-Ehm..su cosa?-
-Visto che non ascolti!- rise.
Non pensavo fossi di cosģ buon umore: a dir la veritą non sapevo a chi mi sarei trovata davanti quella mattina ma ero felice di non dover sopportare 'Mr. bello e stronzo da morire'.
-Ho detto che č meglio se entriamo, visto che fa caldo e dentro ci saranno probabilmente gli altri. O forse preferisci restare qui a squagliarti.- aggiunse sogghignando.
-Non cominciare, Dave.- borbottai sorpassandolo, e facendo aprire le porte scorrevoli.
-Nervosetta eh?- mi derise, e dal modo in cui lo disse capii che stava sorridendo.
Sorrisi anche io.
-Colpa tua. Dov'č il check in?- domandai a nessuno in particolare, girandomi.
-Laggił. Noi l'abbiamo gią fatto online, comunque non ci vorrą molto, non vedo tanta gente.- mi rispose Lindsday.
-Non c'č mai gente qui.- aggiunse Jay.
-Be', chi č che vuole venire in questa cittą del cavolo?- mugugnó Mike.
-Il check in serve per le partenze, Mike. Come sei intelligente.- roteó gli occhi al cielo Jay.
-Lo so, grazie.- 
-Va beeene, vado a fare il check in, aspettatemi qui.- annunciai cerando di interrompere quella strana conversazione. 
-Ti accompagno.- disse Dave.
Da una parte stavo per cacciarlo a calci ma poi mi arresi ricordandomi che a dire la veritą non sapevo neanche farlo, il check in. 
Non avevo viaggiato molto in diciotto anni, e avevo ancora qualchč difficoltą ad orientarmi negli aeroporto, anche se quello era piuttosto piccolo. 
Scrollai le spalle, come se la sua decisione non mi toccasse eccessivamente.
Mentre camminavo verso la direzione che mi aveva indicato Lindsday, sentii gli occhi verdi di Dave perforarmi da dietro. Era una sensazione, quasi una certezza. Mentre passammo davanti ad una porta, entrarono delle ragazze che avranno avuto circa la mia etą, e che scommisi fossero lģ per il nostro stesso motivo.
Appena videro Dave prima si bloccarono e poi cominciarono a ridacchiare, a passarsi le mani fra i capelli. Vedevo come lo guardavano.
Ed era impossibile non guardarlo: se Dave era in una stanza, in un luogo era la prima cosa che notavi e l'ultima dalla quale avresti distolto lo sguardo. Alto com'era, con quegli occhi, quei capelli scuri era fatto per essere ammirato. Sospirai.
-Dormito bene, vedo..- cominció.
-Cosa, scusa?- 
-Ti trovo leggermente provata e sono solo le nove di mattina.- fece un mezzo sorriso.
-Ho dormito benissimo, invece. E comunque non sono affari miei.- 
-'Non sono affari miei?'- ripetč la mia stessa frase.
-Tuoi: volevo dire non sono affari tuoi. Non so perchč ho detto..oh che cavolo.-
-Penso che tu passi troppo tempo con Tasten.- 
-Chi Mike? Oh ma piantala..č un bravo ragazzo. Credo.- 
Lo sentii ridacchiare e quando mi girai a guardarlo roteó gli occhi al cielo.
-Sicuro: con due neuroni e mezzo in testa.-
-Hai finito?- sbottai.
-Dio, Yankee, non stare sempre sulla difensiva.- 
Pensai di negare ancora ma avrei mentito, e lo sapevo, e mentire a Dave mi risultava particolarmente difficile. Sia perchč non volevo e sia perchč capiva subito quando dicevo una bugia. 
-Meglio sulla difensiva che fare come tutte quelle oche che ti vengono dietro.-
Oddio. L'avevo detto sul serio? Ma cos'avevo nel cervello? Mi avrebbe presa per un'idiota, e sinceramente non l'avrei nemmeno potuto biasimare.
Lo stavo accusando di una cosa che innanzitutto non aveva commesso lui, e poi..perchč ero cosģ isterica gią di mattina presto?
-Non rispondere.- dissi velocemente alzando una mano.
Con la coda dell'occhio lo seguii e vidi che mi guardava come fossi un alieno, e poi scosse le spalle. Meraviglioso.
-Sei proprio strana, Yankee. Forse č per quello che mi piaci.- disse come se fosse la cosa pił normale, senza tentennare neanche un po'. Ma come ci riusciva? Come faceva a dire le cose con la sua solita, imbarazzante mancanza di tatto? 
Io probabilmente ci avrei pensato per nove settimane se dire o non dire una frase del genere, e se avessi mai deciso di dirla mi sarei interrotta come minimo dieci volte. A parola.
-Tutto bene?- mi si avvicinó, scrutandomi. 
Non mi ero accorta di essermi praticamente impiantata ferma, con la valigia appresso.
Il suo viso a poca distanza dal mio mi riscosse.
Scossi la testa, e ricominciai a camminare.
-Perchč sorridi?- mi chiese, accennando anche lui ad un sorriso confuso.
Stavo sorridendo? Non me ne ero nemmeno resa conto.
E proprio per quello il mio sorriso divenne ancora pił largo.
-Gesł, sei davvero strana allora.- se ne uscģ con una mezza risata, e forse pensai che quella giornata non era nemmeno iniziata cosģ male.
________________________________________


-Ehi, tesoro..stiamo atterrando.- mi sveglió Andrea. Subito mi rizzai veloce sul seggiolino, e non mi resi subito conto di dove fossi.
Solo dopo capii che ero sull'aereo verso Londra, altrimenti sarei stata ancora nel mio letto, che mi mancava da morire in quel momento.
Mi stiracchiai le braccia, facendo strani gemiti, e sbadigliai guardando fuori dal finestrino.
-Ma č tutto nero!- 
Andrea rise.
-Č tutto nero, sģ!- 
Lindsday e Robin ci stavano dietro, mentre Mike e Jay davanti.
Chase e Dave si erano beccati i biglietti pił in fondo possibile, e, ovviamente, pił lontani da noi. 
Vidi i riccioli di Mike muoversi velocemente, e dopo un paio di secondi la sua faccia comparve schiacciata fra il suo sedile e quello di Jay. Sembrava voler far ridurre al minimo la sua testa, comprimendo il cervello.
Non che dovesse sforzarsi pił di tanto.
Oddio, quello era decisamente un pensiero da Dave. Quel ragazzo era ossessionante pure nei pensieri.
-Mi trovi bello, Emmy, eh? Sono bello?- chiese con la bocca tutta accartocciata che fece uscire un suono ancora pił abominevole.
-Dacci un taglio, Mike.- risposi pił aspra del necessario, ma quel ragazzo si era davvero fermato all'etą di tredici anni. 
-Stasera si beveee, iuhuuu.- cominció a  strillare Mike, tanto che pensai che l'hostess sarebbe arrivata a dirgli qualcosa. E sinceramente non l'avrei nemmeno fermata.
Grazie a Dio, in quel momento sentii tutte le cinture di sicurezza scattare e slacciai anche la mia in tutta fretta, contenta di potermi allontanare anche se per poco, da Mike.
-Grazie di aver volato con la nostra compagnia, e grazie.- ci salutó l'hostess bionda ,coi capelli raccolti in uno chignon, che sembrava avesse una paralisi facciale.
Scendemmo velocemente, e non ci ritrovammo finchč non uscimmo anche dall'autobus che ci aveva portati all'aeroporto di Londra.
-Sto morendo di sonno. Ti prego, andiamo subito in albergo.- sbadigliai, mentre parlavo con Andrea.
-Va bene, pigrona. Vado ad avvisare il professor White, mi sa che era in fondo con Chase e Dave.- 
Annuii distrattamente e mi appoggiai con un fianco e con un braccio alla valigia.
-Alle nove ci ritroviamo nella hall dell'albergo: l'ho visto su internet e hanno un servizio di alcolici stra figo!- si entusiasmó Mike, ma le sue parole entravano da una parte e uscivano dall'altra.
-Sģ sģ- biascicai.
Finalmente, dopo quella che mi era parsa un'eternitą, Andrea tornó, e la vidi rabbrividire in quella sua gonna terribilmente corta.
-Freddo ora?- le chiesi divertita.
Alzó una mano.
-Non dirmelo ti prego. Sto cominciando a odiare Londra e siamo solo all'aeroporto.- 
Risi, e la presi a braccetto:
-Andiamo. C'č un taxi fuori?- 
-Sģ. Ci porta direttamente all'albergo.-
-Č solamente per noi due?- domandai sbalordita -Con tutta la gente che c'č potrebbe starci anche..-
-E se ti becchi Mike? Immaginati il tragitto di un'ora e un quarto con lui che ti blatera accanto.-
L'immagine bastó a darmi i brividi.
-Stavolta passo, grazie.-
Arrivammo al taxi, superato l'aeroporto dove avevamo recuperato le nostre valigie, e io Andrea salutammo gli altri.
Sinceramente, non ricordavo nulla della cittą: gli edifici mi scorrevano davanti senza che niente mi rimanesse impresso nella mente.
Sentivo gli occhi pesanti, dopo una giornata passata da un aeroporto all'altro: ma guardando Andrea, che continuava a parlare e sembrava per nulla stanca, capii che forse era solo il fatto di aver viaggiato molto molto poco al contrario della mia migliore amica.
La famiglia di Andrea era forse la pił ricca della cittą da dove provenivamo: aveva visitato quasi tutto il mondo, e per quello l'avevo sempre invidiata. 
Nonostante quello, mi invitava ogni volta ad andare nella residenza dei suoi zii.
E residenza era dire niente: era un vero e proprio castello, con un giardino cosģ grande da non vederne neppure la fine. E io, ogni volta che potevo allontanarmi, lo facevo.
-Tutto a posto, Em?- sentii la sua voce chiamarmi.
-Certo.- feci un sorriso forzato. -Siamo arrivati no?- chiesi.
Lei mi lanció un'occhiata diffidente, e capii che aveva probabilmente intuito che stavo pensando a casa.
Lei annuģ. 
-Nel tornare ad avvisare il professore Chase e Dave stavano discutendo, sai? Non ho capito di cosa ma quando sono arrivata si sono zittiti. E Dave se ne č andato.- mi confidó Andrea, e vidi che le tremavano le mani.
Gliene presi una.
-Non angosciarti, De: si saranno chiariti e qualunque fosse il motivo della loro discussione, non eri di certo tu.- 
Lei sembró pensarci su.
-Ma il modo in cui si sono interrotti..e poi dovevi vedere lo sguardo che gli ha lanciato Dave. Mi ha fatto venire voglia di nascondermi.- 
-Probabilmente non volevano che tu assistessi ad un loro piccolo litigio.- 
Dissi 'piccolo' cercando di tranquillizzarla, ma appena pronuncia quella parola alzó un sopracciglio anche se non disse niente.
-Ma sģ, chissene frega, poi? Alla fine Chase non era arrabbiato con me, anzi.- disse Andrea, ma vidi che lo stava dicendo pił per convincere se stessa piuttosto che me.
Annuii con forza e lei mi sorrise e in quel momento il taxi si fermó. 
Il taxista ci aiutó a prendere le valigie dal bagagliaio, e poi partģ lasciandoci davanti al nostro albergo.
Non era nulla di imponente o maestoso, ma era piuttosto grande e moderno, carino.
Eravamo le prime arrivate, probabilmente, perchč in parte a noi non si vedeva nessuno.
-Pronta per questi tre giorni?- mi domandó lei, con eccitazione nella voce.
Presi un respiro profondo, pensando a quante cose avrebbero potuto andare storte: io e Dave, e il fatto che fossimo cosģ vicini per troppo tempo. Chissą cosa sarebbe successo.
E poi perchč Dave era venuto? Non aveva i suoi 'misteriosi lavori notturni' da fare? Si era preso una pausa? Chissą.
Perlomeno dovevo godermi i momenti in cui lui era di buon umore, come alla mattina, e sperai che lo fosse anche quella sera e ripromettendomi di non incominciare a litigare. Mm, la vedevo difficile. Ma alla fine sģ, ero..
-Pronta.- risposi in un soffio.
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