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Autore: LilyOok_    29/11/2014    6 recensioni
Aveva impiegato più tempo del previsto a giungere nella Contea. Non era stato difficile trovare la piccola e tonda porta verde. Lo stregone la stava attendendo, ma per quale motivo proprio in quel luogo così distante?
Trasse un sospiro e fece sbattere le nocche sul legno dipinto. Solo quando la porta si aprì si rese conto di non aver percepito i passi del Mezzuomo che sostava sulla soglia.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bofur, Gandalf, Kili, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dedico questo capitolo alla mia nonnina che mi sta lasciando.
Ti voglio bene, nonna!
















La pioggia bagnava il terreno, lavando via il sangue dalla terra e dalla roccia.
Il campo di battaglia era ora desolato, se non si consideravano gli innumerevoli corpi che giacevano privi di vita.
Tra quei corpi, c’era anche il suo.
Keira era morta, infine, portando a termine la profezia.
Aveva salvato i tre popoli, poiché con la morte del loro capo gli Orchi si erano spaesati ed era stato più semplice abbatterli.
Il trono era stato riconquistato; Thorin era ferito, sì, ma fuori pericolo di morte e tutto grazie a lei. Keira aveva subito quello che di Azog doveva essere il colpo di grazia per lui.
Infine, era stata spinta dalla vendetta per sua sorella, come diceva una strofa della profezia.
Era tutto finito.
 
 
Accanto al corpo della giovane era inginocchiato Bofur.
Guardava il suo viso addormentato. Era pallida e il graffio sulla guancia saltava all’occhio a distanza. Per il resto, sembrava una bambola.
La pioggia le aveva lavato via il sangue dalla pelle, ma non dai vestiti.
Era sempre bellissima.
I capelli erano appiccicati al collo e alla fronte; Bofur glieli scostò con una carezza.
Era gelida.
Si abbassò sulle sue labbra e le baciò. Poi l’abbracciò e pianse sul suo petto.
 
 
“Bofur... ti prenderai un malanno.”
Era la voce di Bombur.
“Non voglio lasciarla sola.”
“Lo capisco questo, ma non puoi-”
“Lasciami in pace!”
Bombur non si sentì ferito né se la prese per la reazione del fratello. Anzi, gli andò vicino e gli poggiò una mano su una spalla per confortarlo.
Passò ancora qualche minuto, finché al più piccolo dei due non scappò uno starnuto.
“Torna all’accampamento, Bombur.”  Gli disse il fratello, tenendo sempre lo sguardo su di lei.
“Non torno senza di te.” Ribatté l’altro.
Allora Bofur si alzò.
“Va avanti, ora ti raggiungo.”
Bombur gli lanciò un ultima occhiata e con il cuore pesante si avviò sulla via del ritorno.
Bofur mise le mani sull’elsa della spada che la giovane aveva nel petto e la estrasse lentamente dal suo corpo.
La gettò a terra, poi si abbassò nuovamente su di lei e le mise al collo un ciondolo di rubino su una catenina di mithril che aveva preso dal Tesoro per lei.
Le baciò la fronte, poi raggiunse suo fratello, senza voltarsi nemmeno una volta.
 
 
Voci. Tante, tantissime voci.
Immagini sfocate...
Che strana sensazione si insinuò nel suo corpo.
Era come se fluttuasse in aria, ma in realtà era ben salda a terra.
Le immagini diventarono man mano più nitide.
Calime, Almhir, una donna, un’Elfa, dai lunghi capelli castani e lisci e gli occhi verdi e... Thranduil?
Cosa ci faceva con loro?
D’un tratto, il Re degli Elfi Silvani baciò la fronte a due bambini. Quei due bambini erano sua madre e suo zio.
Ma perché stava vedendo quelle cose? Che stava succedendo? Era tutto vero o stava sognando?
Non capiva.
L’immagine cambiò di colpo. Thranduil questa volta era con Legolas e un’Elfa dai capelli biondi, la più bella che avesse mai visto.
In lontananza, sua madre e suo zio piangevano l’Elfa che aveva visto in precedenza in loro compagnia. Ma perché?
La scena cambiò ancora e davanti a lei si estese il bosco dove di solito incontrava Calime nei sogni.
Raggiunse l’albero sotto il quale parlavano e la trovò lì, bella come sempre, con il sorriso sulle labbra ad accoglierla. Era a gambe incrociate sul prato e accanto a lei c’era...
“Hailyn, sorella mia!” Gridò, gettandosi tra le sue braccia.
“Keira, mi sei mancata tanto!” Le disse lei, stringendola forte.
“Keira.” Chiamò sua madre.
“Dimmi, madre.”
“Siediti e ascolta ciò che abbiamo da dirti.”
Fece come richiesto.
“Vi ascolto.”
“Prima devi dirci cos’hai visto.” Intervenne sua sorella.
“Cosa ho visto? Intendi prima di arrivare qui?”
Quella annuì.
“Ho visto te, Calime, e tuo fratello con un’Elfa dagli occhi verdi e insieme a voi c’era anche Thranduil. Poi ho visto Thranduil con Legolas e un’altra Elfa ancora, bellissima, capelli biondi, occhi azzurri... e mia madre e mio zio piangere l’altra Elfa. E basta.”
“Keira, ascoltami attentamente.” Le disse sua madre, prendendole le mani fra le sue. “Quando moriamo, ci vengono mostrate delle cose. A volte sono spezzoni del nostro passato, altre volte sono cose che sarebbero potute accadere ma che non potranno più.  Altre volte, come nel tuo caso, i Valar mostrano ciò che è stato di noi.”
“Ma io non visto me stessa.”
“No, ma hai visto il sangue che scorre nelle tue vene. I Valar ti hanno mostrato cosa sei in realtà.” Le disse la sorella.
“Non capisco dove volete andare a parare.”
“Thranduil era mio padre. Ma mia madre non era abbastanza nobile da essere considerata una Regina da mio nonno, così ci tenne nell’ombra. Mio fratello, Almhir, non ha idea che il suo Re lo abbia concepito. Io non gliel’ho mai rivelato. E non dovrai farlo nemmeno tu.”
“Io? Ma se sono morta, come farei mai?”
“Non è proprio esatto. Il grande Manwë ha ancora qualcosa in serbo per te.” Precisò Hailyn.
“Ancora? Non posso nemmeno riposare in pace?!” Sbottò Keira, adirandosi. Per un momento, dimenticò ciò che le aveva raccontato sua madre, pensando solo a cosa mai potessero volere ancora da lei.
“No, sorellina mia, perché tu vivrai.” Hailyn le prese il volto tra le mani e le baciò le labbra.
L’ultima cosa che Keira vide prima che tutto diventasse buio furono i suoi occhi smeraldo.
◦ ◦ ◦
Aprì gli occhi di scatto. L’aria le entrò nei polmoni con una violenza tale da farla tossire ripetutamente.
Rimase a terra qualche minuto. La pioggia le batteva sul viso costringendola a chiudere le palpebre.
Le immagini della battaglia le si ripresentarono nella mente. Ebbe come reazione di toccarsi le ferite, scoprendo con sorpresa che vi erano delle cicatrici al loro posto. Una sul fianco e una sul petto.
Indossava ancora l’armatura.
L’armatura che Thranduil le aveva dato. Ora che ci pensava bene, era strano che ne avesse una proprio della sua misura a portata di mano. Avrebbe chiesto spiegazioni non appena fosse arrivata al campo.
Quanti giorni erano passati? Se il suo corpo era ancora dove era morta, allora dovevano essere pochi.
Passò le mani sul viso, scoprendo un’altra cicatrice sulla guancia dove era stata graffiata.
Decise allora di alzarsi.
Una volta in piedi, qualcosa le ciondolò al collo.
Prese la catenina di mithril tra le mani e rigirò il rubino fra le dita. Bofur.
La strinse, facendo un bel respiro. Era vivo.
Tolse l’armatura rovinata e la prese in mano.
Si incamminò verso l’accampamento degli Elfi che scorgeva in lontananza, sfocato dalla pioggia fitta.
La notte sembrava ancora più scura.
 
 
All’accampamento, chi si accorse di lei rimase a bocca aperta. Alcuni si strofinavano gli occhi, credendo di star delirando.
C’era puzza di medicinali, disinfettanti e sangue.
“Keira?!” Quella voce stupita apparteneva al giovane Ori, che fermo davanti a lei, boccheggiava non sapendo cosa fare. La guardava stralunato, come se avesse visto un fantasma.
“Ori.” Lo salutò lei, sorridendogli.
“S-sei... Sei viva?” Balbettò il giovane, facendo un passo indietro.
“A quanto pare... sì.”
“Ma... Ma... Ma...” Ori la indicava tremante.
“Ehi, calmati. Sono qui, sono viva.”
Ma il giovane era scioccato. E come biasimarlo?
In preda a ciò che Keira definì spavento, egli corse via.
La Mezzelfa sospirò. Sicuramente era andato dagli altri, quindi decise di non perdere ulteriore tempo e andò alla tenda di Thranduil. Voleva le sue risposte.
 
 
Quella di entrare senza preavviso sembrava diventata ormai un’abitudine.
Ma questa volta il Re degli Elfi Silvani la guardò con orrore.
“Tu!” Disse la giovane, lanciandogli l’armatura ai piedi.
Egli era a torso nudo, seduto, con un paio di Elfi che medicavano le sue ferite.
“Dovevi essere morta.” Mormorò lui, con un filo di voce.
“Infatti, nonnino.” Affermò lei; l’astio che sprigionò con quelle parole era tangibile con un dito.
“Lasciateci.” Ordinò allora il Re e i guaritori si dileguarono in tempo record.
“Così hai saputo.” Disse poi alla Mezzelfa, con la naturalezza di chi sta parlando del più e del meno. Indossò una vestaglia e si alzò in piedi.
“Hai cercato in tutti i modi di convincermi a compiere la profezia, hai perfino cercato di uccidermi tu stesso. Perché? Non sono pur sempre la figlia di tua figlia?” Chiese lei, nera dalla rabbia.
“Tu sei uno sbaglio, proprio come lei.” Sputò Thranduil.
“Uno sbaglio che ti è piaciuto rifare. Che mi dici di Almhir? Anche lui è nato da uno ‘sbaglio’?”
Sire Thranduil tacque un istante di troppo.
“Cosa c’è, ti hanno strappato la lingua, Re?”
“Io amavo tua nonna, ma lei non era abbastanza nobile perché mio padre la accettasse sul trono accanto a me. Dal nostro amore sono nati tua madre e suo fratello, ma subito dopo la nascita di Almhir, mio padre mi unì in matrimonio con la madre di Legolas. Tua nonna si ammalò dopo la nascita dell’Erede e morì. Una parte di me morì con lei. Non ho mai amato nessun’altra. Ho sempre cercato di tenere in considerazione i miei figli illegittimi: Almhir è diventato ora Capitano della Guardia Reale – Tauriel è caduta in battaglia. Mentre tua madre... le ho fatto avere tutto e lei come mi ha ripagato? Unendosi ad un Nano. Come pretendi che avrei potuto ancora considerarla degna dei miei riguardi? E come pretendi che avrei potuto riconoscere te come sangue del mio sangue? Tu non sei nulla per me.”
Keira, era dura da ammettere, ma era sull’orlo delle lacrime.
“E l’armatura? Da quanto l’avevi pronta?” Domandò con voce tremolante.
“Anni. So della profezia dal giorno in cui nascesti. La feci fare subito. La feci forgiare dal miglior Elfo del mio reame, fina e leggera, in modo tale da non intralciare i tuoi movimenti, ma nemmeno l’affondo di un nemico.”
Le lacrime le rigavano ormai le guance.
“Va via di qui.” Le disse poi, dandole la schiena. “E non tornare mai più. Ricorda: non sei nulla per me.”
 
 
Era ferma sotto la pioggia. Ogni goccia che le cadeva addosso faceva eco nella sua testa svuotata.
Si stava chiedendo perché mai le avessero donato di nuovo la vita, se poi avrebbe dovuto sentirsi dire tutte quelle cattiverie.
Percepì dei passi alle sue spalle.
Riconobbe quel modo di correre. Si voltò non appena quelli si arrestarono, a pochi centimetri da lei.
I suoi occhi incontrarono quelli scuri e profondi di Bofur e tornarono le lacrime.
“Keira... sei proprio tu?” Le disse, allungando una mano a sfiorarle la guancia.
Lei annuì, con il labbro inferiore che tremava.
“Oh, Bofur!” Gridò, scoppiando a piangere mentre si lanciava tra le sue braccia.
Il Nano, un po’ scosso dalla situazione, la strinse forte, affondando il viso tra i capelli bagnati.
Inspirò profondamente e riconobbe il suo odore.
“Vieni con me, ti ammalerai se rimarremo qui fuori.” Le disse, prendendole la mano. Solo allora si accorse che vi era qualcosa di diverso in lei.
“I tuoi occhi... sono diversi.” Disse, scrutandola meglio.
“D-diversi?” Balbettò lei, cercando di calmare i singhiozzi.
“Non sono più color del cielo. Cioè, uno lo è ancora. Ma l’altro... l’altro è color smeraldo.” Spiegò lui.
Sulle labbra si Keira nacque un leggero sorriso.
“Ti spiegherò più tardi.” Rispose, seguendolo poi al riparo dalla pioggia.
 
 
La Compagnia era riunita nella tenda del Re e i Principi di Erebor. Tutti e tre erano stati feriti, ma per fortuna, tutti erano fuori pericolo.
“Ecco! Ve lo avevo detto che era viva!”Gridò Ori, mentre gli altri guardavano increduli la Mezzelfa entrare con Bofur.
“Per Mahal, com’è possibile una cosa simile?”  Mormorò il vecchio Balin, strizzando gli occhi.
“Beh... ecco...” Keira raccontò cos’era successo, tutto, ogni singola cosa. “Lei vive in me.” Aveva risposto alla domanda sul colore dei suoi occhi.
“Io lo ammazzo a quello là!” Esclamò Dwalin, gesticolando sé stesso che tirava il collo di Thranduil come fosse stato una gallina.
“Lascialo perdere, non voglio niente da lui. Ho già sofferto abbastanza a causa sua.” Sospirò lei, rassegnata.
Passarono ancora insieme una buona mezz’ora. Poi qualche sbadiglio spalancò le bocche dei suoi amici e considerò l’idea di lasciarli riposare.
Prima di andare, fu chiamata da Thorin e – incredula – ascoltò le sue scuse e tutto ciò di cui si pentì nei suoi confronti.
“Non scusarti Thorin, non eri in te.” Disse semplicemente, sorridendogli.
Passò da Fili e Kili, infine, baciando la fronte di entrambi.
Erano abbastanza ammaccati, tutti e due. Avrebbero collezionato le loro prime cicatrici da battaglia.
Nonostante tutto, però, era orgogliosa di loro.
 
 
Correndo sotto l’acqua che quella notte il cielo aveva deciso di versare incessantemente, Keira e Bofur raggiunsero l’ultima tenda dell’accampamento.
“Questa era di Tauriel.” Osservò la giovane guardandosi intorno.
Bofur non disse niente. La condusse alla branda e le sedette accanto.
“Non posso credere che tu sia qui. Ti ho visto cadere con quella spada nel petto con i miei stessi occhi. È un miracolo che il Signore dei Valar ti abbia ricompensato con la vita.” Considerò il Nano, prendendole mani fra le sue.
“Già...” Fece lei, con un filo di voce.
“Qualcosa non va?”
“No, niente.”
“Keira, lo sai, a me puoi dire tutto. Cosa ti turba?”
Keira sospirò.
“So che quello che sto per dirti ti farà male, ma la decisione l’ho già presa. Me ne andrò Bofur, non potrei mai vivere al buio di Erebor, soffocata dalla roccia che mi circonderebbe come una prigione. Tornare a casa era il mio sogno, è vero, ma quando sono entrata nella mia stanza ho provato un senso di vuoto. Io non appartengo alla Montagna Solitaria.”
“Perché? La morte ti ha strappato a me una volta. Ora che sei tornata... te ne vuoi andare?” Non si stupì del tono ferito che usò il suo compagno.
“Ti prego, Bofur, non fare così. Odio l’idea di dover dire addio a tutti voi, specialmente a te, che sei custode del mio cuore. Ma non è qui il mio posto, capisci?”
Ci fu silenzio. Un silenzio che le sembrò durare un’eternità.
“Allora verrò con te.” Disse d’un tratto lui.
“No, non te lo permetterò. Ci sono Bombur e Bifur che necessitano del tuo sostegno. Cosa accadrebbe se te ne andassi?”
Rassegnato, il Nano la guardò negli occhi.
“Se così hai deciso... sia. Ma lasciami amarti almeno un’ultima volta.”
 
 
Questa volta Bofur assaporò ogni angolo del suo corpo. La toccava con lentezza, in ogni dove, come a voler imprimere il suo ricordo nella mente. Ed era così.
Percorse più volte le cicatrici che stavano ora al posto delle ferite che l’avevano uccisa, due giorni prima, e ne osservò il chiarore sulla sua pelle già bianca.
I loro corpi sudati aderivano perfettamente e mugolii e sospiri carichi di un disperato desiderio riempivano l’aria.
Quello che stava accadendo in quella tenda era un disperato tentativo di aggrapparsi a qualcosa che non sarebbe più stato.
Nella sua mente, il Nano sapeva che doveva lasciarla andare. Ma il suo cuore si rifiutava anche solo di pensarla quell’ipotesi.
Quando, stanchi, si accasciarono l’uno sopra all’altra, Bofur nascose il volto nell’’incavo dei suoi seni e pianse.
A differenza degli altri, non aveva timore a mostrare le sue debolezze.
Keira gli accarezzò la nuca, sospirando per l’ennesima volta.
“Mi dispiace tanto, Bofur, ma quella vita non fa per me.”
“Lo so, lo so. È solo che credevo di averti persa per sempre su un campo di battaglia. Invece no, sei qui a condividere questo con me. Men lananubukhs menu*, Keira, e la verità è che non voglio lasciarti andare via da me.” Le disse, stringendola più forte.
“Anche io ti amo, è per questo che ho scelto di partire. La mia vita sarebbe incredibilmente triste tra la roccia fredda e cupa di Erebor e renderei triste anche la tua. Non voglio questo per te.”
Rimasero abbracciati e in silenzio per qualche minuto.
Poi, impercettibilmente all’inizio, il Nano iniziò ad accarezzare la sua pelle. E lo fece ancora e ancora.
Entrambi, finirono con l’eccitarsi di nuovo.
 
 
Fecero l’amore un’altra volta e una ancora, finché definitivamente privi di forse, tirarono le coperte sui loro corpi nudi e si abbracciarono.
Keira venne avvolta dalle braccia protettive di Bofur, che le accarezzava i capelli lunghi e scompigliati e ogni tanto le baciava la fronte.
“Che farai? Hai almeno una meta?” Le chiese, sbadigliando.
“No, ma del resto non ne ho mai avuta una.” Rispose la Mezzelfa, il fiato che solleticava il petto dell’altro.
“Keira.”
“Mh?”
“Verrai a trovarmi?”
“Ma certo che verrò!”
“ E dopo te ne andrai ancora?”
“Temo di si.” Sussurrò la giovane, prima di lasciargli un bacio sulle labbra.
 
 
Una volta certa che Bofur si fosse addormentato profondamente, Keira si alzò e si vestì, attenta a non fare rumore.
Andò verso la piccola scrivania che una volta apparteneva all’Elfa rossa e come sperato, sopra vi trovò i suoi pugnali. Li prese. Ne mise uno alla cintola mentre con l’altro riflesse se stessa sulla lama.
I suoi occhi facevano paura.
Uno azzurro come il cielo sereno dell’estate, l’altro verde come le fronde degli alberi in piena primavera.
Diede un’occhiata ai suoi capelli e senza pensarci due volte fendette la chioma con la lama del pugnale, ciocca dopo ciocca.
Quando si specchiò nuovamente scorse una nuova Keira, pronta per una nuova vita.
Si avvicinò a Bofur dopo aver assicurato alla cintola anche il secondo pugnale.
Si tolse la collana e la poggiò accanto alla sua testa. Baciò la sua guancia e uscì alla luce della luna, che nel frattempo aveva fatto capolino dalle nubi, senza voltarsi indietro.
 
 
“Silenziosamente, entrò nella tenda di Thorin e i suoi nipoti, dirigendosi da questi ultimi.
Dormivano.
Come saluto, baciò la fronte ad entrambi e trasalì quando la mano di Kili afferrò la sua.
“Mi hai spaventata!” Sussurrò la giovane, con il cuore in gola.
“Stai partendo?” Domandò lui, ignorandola. Guardava i suoi vestiti, poi il suo viso e di nuovo i suoi vestiti.
“Sono venuta a salutarvi.” Disse semplicemente lei.
“Bofur?”
“Dovrete stargli accanto.” Rispose.
“Sarà fatto. Dove andrai?” Le chiese ancora il giovane.
“Non lo so.” Keira fece spallucce. Sorrise a Kili e poi tornò seria. “Senti, salutami tu gli atri, eh?” Disse poi, uscendo svelta senza nemmeno dargli il tempo di rispondere, senza dargli il tempo di vederla piangere.
“Che succede, fratello? Era Keira quella?” Domandò la voce assonnata di Fili.
“Si... è andata via.”











 
-Angolino autrice.-
Mi dispiace essere di fretta come sempre ma sono in situazioni brutte e.. beh.. non vi sto ad angosciare.
Fatemi sapere!!!
AVETE VISTO CHE KEIRA è VIVA MUAHUAHUAHUA.
A proposito HO ESAGERATO CON THRANDUIL?
Ditemi tutto,
Bacio <3




PS:


 <- QUESTA ERA KEIRA PRIMA DELLA BATTAGLIA.



 <- QUESTA ERA KEIRA QUANDO HA RIVISTO BOFUR PRIMA DI ABBRACCIARLO.


 <- QUESTA è KEIRA ADESSO.
   
 
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