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Autore: La_Birba    29/11/2014    2 recensioni
Non ero esattamente una tipa che ama socializzare, sapevo farlo, solo che non mi andava. Io, Bulma Brief, ero la ragazza che amava leggere e tuffarsi in ogni libro che leggeva. Io vivevo quelle avventure, insieme all'eroe di turno. Quindi in breve, nella mia testa avevo così tanti amici che non riuscivo manco a contarli tutti, mentre nella realtà ero io e basta. Odiavo il genere umano!
tratto dal primo capito. ecco in questa storia troverete una Bulma diversa, una studentessa modello che si innamorerà di un strano professore: Vegeta. spero vi possa piacere come sta piacendo a me scriverla :) ditemi cosa ne pensate di questa mia piccola malsana idea :)
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Blue eyes

 

 

 

Chiedo venia, pensavo di scriverlo prima questo capitolo, ma siccome non ero mai ispirata..bhe eccovelo oggi :) per tutte le persone che si sono chieste perchè un professore dovrebbe baciare una studentessa così alla babbo, bhe eccovi la risposta :) spero con tutto il cuore che vi piaccia questo capitolo :) come sempre i consigli o critiche costruttive sono ben accetti :) grazie mille a tutti :D e Buona lettura :)

 

Ero nato e cresciuto nella città dell'ovest, ed ora ci lavoravo pure! Ero diventato il professore di letteratura e storia. Dio come avevo sudato per aver quel posto! Non sono il classico tipo che lecca il culo del capo o del professore universitario per fare carriera. Sono sempre stato il ragazzo problematico che si rinchiudeva in camera a studiare, o meglio a far finta di studiare, piuttosto di parlare con qualcuno. Non che amassi la scuola o lo studio in generale, anzi! Ogni volta che poteva la saltavo.

 

All'epoca avevo solo 13 anni, gli amici dei miei genitori pensavano che prima o poi sarei finito in carcere. Pensare che oggi insegno ai loro figli! Ah i casi della vita! Comunque non è che ero un delinquente o simili, saltavo solo la scuola, mandavo al diavolo ogni professore e vedevo più il preside di mia madre. Se avessi un alunno com'ero io a quei tempi credo che lo avrei già ucciso!

 

Il giorno del mio tredicesimo compleanno i miei genitori, invece di farmi uno dei soliti regali che si fanno in genere, mi regalarono un fratellino. Non me lo aspettavo, mia mamma non aveva il pancione. Appena lo vidi capii di amarlo. Era perfetto. Mi assomigliava tantissimo, se non fosse stato per gli occhi, io ce li avevo neri e lui azzurri. Aveva preso dalla mamma. Gli diedero il nome di Table. I nostri genitori non ci hanno mai capito molto di nomi belli, però quello scricciolo non poteva di certo contraddirli.

 

Smisi di fare il cattivo ragazzo, iniziai anche a studiare seriamente, volevo dare il buon esempio. Più lui cresceva e più diventavamo amici. Adoravo giocare con lui, ogni giorno era una scoperta. Sia per lui che per me. Con lui riuscivo a capire il mondo da un'altra prospettiva. Il mondo dei bambini è qualcosa di meraviglioso. Quando iniziò le elementari, si scoprì che era un vero piccolo genio. In qualunque materia, riusciva ad andare bene. Ma le sue predilette erano storia e italiano. Scriveva dei testi fantastici, sapeva usare bene le parole che conosceva e invece storia la amava perchè voleva sapere tutto del passato. Gli avevo regalato qualche libro con le figure sulle popolazioni antiche e se li era sfogliati più e più volte.

 

Aveva il mondo nelle sue mani. Il 22 dicembre di quello stesso anno, dopo che si fu svegliato per andare a scuola, iniziò a respirare affannosamente. Non si riusciva a capire il motivo. Così mamma preoccupata lo portò all'ospedale. Mentre guidava, ricorderò sempre, respirava sempre con più affanno, e mi prese la mano con la sua. Mi guardò e mi sorrise. Stava malissimo ma non perdeva mai la sua felicità e allegria. In ospedale ci dissero solo che dovevano fare degli esami e degli accertamenti. Ci vollero mandare a casa, ma io mi rifiutai. Non volevo lasciarlo solo.

Quella notte, io ero al suo fianco. Ero seduto vicino al suo letto. Lo monitoravano, gli avevano messo l'ossigeno. Dormiva serenamente, ma ad un certo punto si svegliò e si guardò intorno. Quando mi vide gli si illuminarono gli occhi.

  • sapevo che non mi avresti abbandonato. Grazie Vegeta. Ti voglio bene, lo sai fratellone? Sei il miglior fratello che si possa avere.

  • anch'io te ne voglio scimmietta.

E poi non so più cosa accadde. Ho un vuoto, ho ricordi frammentati. Mi ricordo che il monitor che segnalava il battito cardiaco si azzerò. I suoi spasmi. L'arrivo degli infermieri. L'arrivo dei miei genitori. Ma soprattutto il dottore che diceva che non ce l'aveva fatta, e che non c'era stato nulla da fare. A quanto pare, non si sa come aveva una malattia rara infantile, che portava alla morte nel giro di poco tempo. Dissero che era stato fortunato ad arrivare a sei anni, wow sai che grande fortuna!

 

Lui diceva sempre che voleva viaggiare il mondo e che sarebbe voluto diventare un professore di italiano e storia. Così lo feci io per lui. Feci tutto ciò che lui non poté fare. Andai nella migliore università, girai mezzo mondo dal nord a sud e divenni un bravo professore. Divenni i suoi occhi.

 

Quegli occhi azzurri, poi, li rividi in un certo senso. Era il primo vero giorno di insegnamento, in una quinta del liceo della Città dell'Ovest. Nel primo banco alla mia sinistra c'era una ragazza che aveva lo sguardo di Table! Non la fissai molto, un paio di secondi al massimo. Poi passai in rassegna tutti gli altri studenti. Quando inizia la lezione, i miei occhi non si posarono più sui suoi.
 

Ogni singola volta che incrociavo quella ragazza, mi si muoveva qualcosa dentro. La cosa peggiore è che spesso mi riempiva di domande. Era curiosa come il mio fratellino, mi ricordava sempre di più lui. Però c'era qualcosa di più. Quella ragazza in un qualche strano modo mi attraeva. Non ero così tanto più grande di lei. Spesso mi capitava di sognarla. All'inizio pensavo fosse solo perchè, a tratti, mi ricordava mio fratello. Poi capii che non ero quello, il mio subconscio sognava di possederla sulla cattedra, nel bagno dei professori e in ogni singolo luogo esistente sulla terra.

 

Questi sogni erano iniziati quando la incontrai in un pub. Portava la divisa da cameriera, era aderente. Metteva in risalto le forme che nascondeva a scuola sotto quegli immensi maglioni che aveva sempre. Mi ritrovai a vederla con occhi diversi. Non da insegnante, ma da uomo. Non ero più il razionale Vegeta, erano i miei ormoni che facevano funzionare il mio cervello. Era da quella semplice uniforme da cameriera che era partito tutto il mio strano subconscio. Non la vedevo più come la ragazza che somigliava vagamente a mio fratello, la vedevo come la meravigliosa donna che era, o meglio, che sarebbe diventata.

 

Ogni sera andavo in quello strano locale, ed ogni sera lei era lì. Il 23 dicembre, non so cosa mi prese, quando me ne andai dal locale, aspettai fuori l'ora di chiusura. Brief uscì poco dopo, tirando giù la saracinesca. Mi venne incontro, le dissi una frase senza senso. Non me la ricordo manco più sinceramente. Ricordo più nitidamente ciò che feci dopo. Quando lei si stava allontanando da me, spinto da qualche forza soprannaturale, la bloccai. La girai verso di me e la baciai. Dio era esattamente come nei miei sogni, la strinsi di più a me. Doveva capire che la volevo, peccato che lei a differenza dalle mie fantasie, non partecipò affatto. Quando mi staccai sembrava letteralmente sconvolta. Mi affrettai ad andarmene. Solo a casa capii l'immensa assurdità del mio gesto. Mi maledii per essere stato così idiota. Dovevo smetterla con quelle stronzate da quattordicenne arrapato,.Quella sera, presi la decisione di togliermi dalla testa quella Brief e ritornai ad essere il razionale Vegeta, almeno per il momento.

 

  
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