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Autore: thankyouzayn    29/11/2014    0 recensioni
Erròre [er'rore] s.m.: Atto, effetto dell'allontanarsi dalla verità, dal giusto, dal conveniente; mancanza di esattezza, sproposito.
© thankyouzayn | 2014
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Ci sono legami che non conoscono ostacoli.”
 

Erròre [er'rore] s.m.: Atto, effetto dell'allontanarsi dalla verità, dal giusto, dal conveniente; mancanza di esattezza, sproposito.
 
Quando il cellulare di Elise squillò per la terza volta in quella, appena iniziata, mattina alzò gli occhi al cielo.
Gli occhiali da sole incastrati fra i capelli, il vestito a fiori, quello che fra tutti preferiva, le copriva il corpo minuto e dalla pelle leggermente abbronzata. Le sottili spalle, solo in parte coperte dalle piccole bretelle. I sandali ai piedi. Il trucco leggermente sfatto ma, poco importa: per questioni urgenti non aveva potuto rendersi più presentabile.
Frugò a lungo nella sua borsa, i capelli che le coprivano il volto.
La suoneria che cessò subito dopo aver premuto il "rifiuta" apparso sullo schermo. Gli sbuffi, esitanti, che lasciarono le sue labbra quando lesse il nome.
«Non avesti risposto a nessuna chiamata, vero?»
Il cellulare cadde un po' troppo rumorosamente sul tavolo, dove stava ultimando la sua colazione e successivamente lo afferrò, nuovamente.
Il posto troppo banale che aveva scelto si era rivelato il peggior sbaglio di sempre.
La sedia strisciò sul pavimento di legno quando si alzò e le sue mani afferrarono il portafoglio.
Cercò di ignorare la voce appartenente alla figura che la stava seguendo con scarsi risultati, però. «Vorrei una risposta.»
Anche lei ne avrebbe volute, di risposte. Avrebbe voluto cancellare le precedenti ventiquattro ore, avrebbe voluto che tutto tornasse alla normalità, anche lei avrebbe voluto determinate cose. Per questo si trattenne dal rispondergli sgarbatamente ed imboccare l'uscita, si riportò gli occhiali sugli occhi per coprire le orribili occhiaie e mascherare l'aria stanca. Scosse la testa quando si accorse del suo sguardo fisso di lei. «È meglio che tu vada.» Decretò. Il tono distaccato e gelido fece rabbrividire perfino se stessa.
Lo sapevano entrambi che niente in quella conversazione aveva del vero. Nessuno dei due avrebbe voluto allontanarsi dall'altro.
Dovette serrare le labbra ed rimanere impassibile davanti all'espressione ferita.
«Stai aspettando qualcuno?»
Strinse prepotentemente le cinghie della borsa a quella domanda e si maledì per non aver accordato un altro punto d'incontro.
Un lungo e liberatorio respiro fuoriuscì dalla sua bocca appena l'auto che le interessava entrava nel suo campo visivo ma, per quanto contenta potesse risultare, si preoccupò immediatamente per la presenza della persona accanto a lei.
I loro occhi si incontrarono per quel poco che bastava per capire che non era né il momento, né il luogo adatto per quella discussione.
Osservò la freccia che lampeggiava a lato del fanale mentre lui si cacciava le mani in tasca ed il rumore dei suoi scarponi si allontanava maggiormente.
Premette la sua mano sul petto, all'altezza del cuore per cercare di frenare il battito mentre entrava velocemente nel mezzo, cercando di allontanarsi sempre di più dal suo sbaglio più grande.
 
Sfilò le chiavi dalla toppa e tastò numerose volte la parete alla sua sinistra prima di trovare l'interruttore.
La sua coinquilina non era ancora rincasata e ciò significava che aveva ancora del tempo per stare da sola ma, prima che potesse fare un altro passo e posare le pesanti borse della spesa il rumore del campanello riecheggiò tra le mura e nelle sue orecchie.
Alzò gli occhi al cielo consapevole che, se fosse stata la sua compagna aveva dimenticato, nuovamente, la sua copia delle chiavi.
Gli occhi le si ridussero a due fessure quando mise a fuoco il corpo posto davanti al suo. La mano posizionata sulla maniglia che strinse fortemente, i denti catturarono il labbro inferiore, sicura di lasciarvi un segno. «No».
Quella scarpa troppo grande perfino per il suo piede si incastrò tra lo stipite e la porta che Elise aveva tentato di sbattergli in faccia.
«Per favore», il tono di voce implorante.
Il suo petto cominciò ad alzarsi ed abbassarsi più velocemente consapevole che, i ricordi della notte scorsa l'avrebbero travolta in poco tempo.
Scosse la testa ripetute volte prima di annuire esasperata e stanca del suo sguardo supplichevole.
«Salta su». Inarcò un sopracciglio prima di vedere le sue mani armeggiare e porgerle un casco.
Si portò i capelli dietro le orecchie mentre chiudeva la porta solamente dieci minuti dopo averla aperta ed indossare l'arnese troppo ingombrante. Le sue mani furono scostate dolcemente mentre tentava di allacciare il piccolo gancio. Lo sguardo imbarazzato fu spostato non appena i loro occhi rischiarono di incontrarsi.
Le mani di lui che afferrarono i polsi di Elise portandosi le braccia attorno al suo bacino. I loro due corpi che si avvicinarono.
Si schiarì la voce appena, prima di abbassare la visiera e sentire il motore vibrare sotto di sé.
 
La sua schiena appoggiata alla panchina verde, ormai rovinata e piena di scritte, inutili. Un parco desolato e troppo grande li circondava, qualche lampione ad illuminarlo. Il cellulare che si rigirava tra le mani. I capelli che le accarezzavano il viso, mossi dal leggero venticello che rinfrescava il, forse troppo, tempo afoso.
La moto a pochi passi da loro ed entrambi i caschi appoggiati sulla sella.
«Allora», esordì lui, «come te la passi?»
La sua voce risuonò molto più profonda di quella mattina. Le sue labbra stringevano fra di esse una sigaretta. I capelli spettinati più del normale, ogni traccia del gel ormai scomparsa. La mano sinistra seppellita nella tasca dei pantaloni.
Elise allora sorrise a quelle parole, lo sguardo sulle sue scarpe in modo che non la potesse vedere. 
Poi, tutto dovette ritornare alla normalità.
«Sul serio?» Fece. «Ci siamo visti questa mattina».
Eppure entrambi avrebbero voluto cancellare quella mattina, entrambi non avrebbero voluto ottenere delle delusioni ed, entrambi, avevano delle ferite che, non sapevano se sarebbero stati in grado di guarire oppure no.
E quando il ragazzo davanti ai suoi occhi abbassò il capo, evidentemente ferito da quelle parole lei si limitò a stringere fortemente le labbra, palesemente in colpa. Incrociò le braccia al petto respirando profondamente. «Me la passo bene», parlò poi.
Era forse la più grande bugia che avesse mai detto in quei giorni, perfino dopo quella che si era dovuta inventare con Malcolm e quella dovuta raccontare a se stessa. E come lo sapeva lei, probabilmente, anche lui sospettava qualcosa.
«Tu?»
La risata isterica, acuta che lui si lasciò scappare le fece abbassare lo sguardo, ancora una volta. E poi solo il silenzio fino a quando non fu lui a parlare, nuovamente. «Cosa vuoi sentirti dire, esattamente?» Esclamò poi.
Ed un nuovo silenzio li avvolse.
«Che va tutto bene? Che sto bene?»
Silenzio.
«Perché la vuoi sapere una cosa?»
Silenzio.
«Non sono mai stato peggio di così.»
Silenzio.
Sapeva che la colpa di tutto ciò era, quasi esclusivamente sua.
«Contenta?»
No. Non era per niente contenta, era completamente l'opposto del contento. Soffocò le lacrime e l'imminente singhiozzo che stava minacciando di uscire. Si passò le mani sul volto, stanca di tutta quella pressione e tensione che la stava attanagliando.
«Cosa vuoi che ti dica, Zayn?» Esplose Elise. «Vuoi sentirti dire che lascerò tutto, tutto quello che ho costruito in questi anni, quello che abbiamo costruito in tutti questi anni per una semplice notte di sesso? Vuoi che dica questo?»
A quel punto la sigaretta gli cadde, le mani si strinsero in due pugni e sul suo viso comparve solo rabbia.
Zayn non era mai stato un ragazzo che si scaldava spesso, sopportava più che poteva ed esplodeva raramente. Era in grado di poter celare i sentimenti più importanti dietro a sguardi indifferenti ma, non quella volta.
La raggiunse a grandi falcate e si posizionò esattamente a pochi centimetri da lei.
«Una semplice notte di sesso?» Urlò.
Quelle parole, ripetute, fecero ancora più male ad entrambi. Ma sapevano anche che non era andata così. Era stata più di "una semplice notte di sesso". Erano, però, troppi gli ostacoli che si frapponevano tra loro due.
Le mani di Elise allora premettero sulla panchina quando si spostò per fronteggiare il suo corpo. «Non posso dirti quello che vuoi. Io lo amo, maledizione!» La voce che diminuì d'intensità ad ogni parola. Le bugie che aumentavano. «Lo amo», sussurrò ancora.
Il silenzio cadde nuovamente tra di loro. Un silenzio carico di aspettative da parte di entrambi, pieno di significati e tremendamente imbarazzante.
E con gli occhi fissi sulla figura dell'altro Elise scosse la testa, sconsolata mentre i suoi piedi cominciarono ad indietreggiare, allontanandosi sempre di più dalla sua figura: era tardi, la mattina successiva avrebbe avuto una giornata lavorativa intensa e di certo non poteva perdere tempo. «Dove stai andando?» La voce del ragazzo si fece sentire poco dopo, dura ed inquisitoria come poche altre volte. Elise lo avrebbe ignorato facilmente anche quella sera se, con le sue falcate non l'avesse raggiunta e bloccato il cammino.
«Levati.»
E mentre le sue piccole mani si posavano sul suo petto per allontanarlo, delle lunghe e magre braccia la avvolsero per la vita e la strinsero a sé: in un abbraccio.
Poi, le loro labbra si sfiorarono. Il tocco bollente dell'altro, finalmente, sul proprio corpo. Quei pochi istanti cancellarono tutto il resto, tutto quello successo prima, tutto quello che non sarebbe dovuto accadere e che invece, era capitato.
Si allontanarono quando lei, per prima, prese le distanze consapevole che, tutto quello era sbagliato.
«Portami a casa».
Zayn scosse la testa ripetute volte. Non voleva che tutto finisse. Quella sera, seppur movimentata, era bella, piacevole in sua compagnia. «Resta un altro po'».
Per quanto avrebbe voluto non poteva.
«Portami a casa», ripeté.
Il casco questa volta lo allacciò da sola e, mente saliva sulla sella, il suo unico pensiero era di arrivare a casa, il prima possibile.
 
Scese velocemente, senza quasi guardarlo negli occhi, pescando le chiavi nelle tasche dei jeans.
Le piccole finestre del salotto, coperte dalle tende, lasciavano intravedere le luci accese: Miriam era a casa.
Sospirò sollevata contenta di non aver casa vuota. «Allora..ci si vede, in giro». Abbassò il capo, sconfitta. I capelli spettinati per colpa del vento.
Boccheggiò un paio di volte prima di dare un senso alle sue parole ed «È meglio di no», decretare.
I piedi che non sembravano voler spostarsi da dov'era, la fatica di lasciarlo, la consapevolezza che non era quello ciò che voleva. I loro occhi incatenati per gli ultimi minuti prima che la porta di legno li separasse definitivamente.
La voce della sua coinquilina che la salutava calorosamente e con un allegro sorriso sulle labbra.
«Tutto bene?»
Con lo sguardo posato sul portatile sulle sue gambe, Miriam era in pura contemplazione di qualcosa di cui Elise non ne voleva, momentaneamente, sapere. La tavola lasciata apparecchiata per lei e la teiera già sul fuoco.
Storse il naso al solo pensiero di mangiare: dopo quello che era accaduto le era passata totalmente la fame ma, una tazza di the era sempre gradita. Due cucchiaini di zucchero e latte: come piaceva a lei.
 
«Elise?»
Il suo nome fu ripetuto tre volte prima di rendersi conto che qualcuno la stava chiamando. Voltò di scatto la testa per posare il suo sguardo da un oggetto indefinito, sopra il quale si era incantata, a Malcolm. Le sopracciglia si aggrottarono mentre i suoi occhi chiedevano delle spiegazioni, silenziosamente.
«Ti passo a prendere per le sette, va bene?»
Le notti della settimana appena trascorsa non erano state molto rilassanti, non aveva praticamente chiuso occhio. Le occhiaie erano tornate a farle compagnia.
Annuì distrattamente mentre si sfregava il viso, privo di ogni traccia di trucco.
Era sabato pomeriggio, il tavolino che li stava ospitando per quell'aperitivo fatto troppo presto era piccolo e scomodo. La schiena ormai le doleva, non sarebbe resistita ancora per molto. Il sole caldo come non mai ed un pomeriggio in piscina saltato per l'improvviso incontro con il ragazzo che le sedeva di fronte.
«Tutto bene?»
Osservò il suo bicchiere di vino bianco ancora completamente pieno e la condensa su di esso. Poteva giurarci che ormai tutto il fresco era svanito.
Mugugnò qualcosa, giusto per non rimanere in silenzio davanti alla sua domanda.
«Bene», acconsentì.
 
L'adrenalina di fare tutto all'ultimo minuto era da sempre un'abitudine di Elise. Saltellare per casa in modo da infilarsi le scarpe che aveva scelto, completare il look con qualche braccialetto che aveva pescato frettolosamente dal primo cassetto del settimanale, il trucco sempre da ultimare.
Il rumore dei tacchi che aveva indossato, quella sera, si sentiva per tutta casa. L'abito nero che indossava le stringeva leggermente il seno ma avrebbe dovuto sopportarlo per un massimo di due ore.
Il baccano che doveva essere misurato al minimo dato che l'irascibile Miriam dormiva nella stanza a fianco.
Due tocchi decisi e troppo forti sulla porta. I suoi occhi che si alzarono al cielo mentre stava infilando l'orecchino.
I lunghi capelli neri che le ricadevano morbidi sulle spalle mentre afferrava la borsa e la sua lingua che scoccò sul palato quando la persona che aveva proclamato il suo avviso non era quella che si aspettava. La giacca di pelle lasciata aperta, come al solito, e il rimasuglio di una sigaretta tra le labbra sottili. Gli occhi che la scrutavano da capo a piedi.
La preoccupazione che colui che stava aspettando potesse arrivare da un momento all'altro.
«Cosa ci fai qui?» Si lasciò scappare.
Elise scrutò le vicinanze, salutando appena la signora Mcguire e catturando in un pugno la sua giacca mentre lo trascinava dentro casa. Zayn ancora totalmente in silenzio.
Il sorriso sghembo che gli comparve sul viso quando la vide appoggiare la borsa sul divano accanto a loro e sostenerla per la vita mentre si sfilava i tacchi.
«È un po' che non ci vediamo», proclamò. Il tono furbo e quasi malizioso.
Gli occhi che si alzarono verso il soffitto per le sue parole. «Non pensi sia meglio così?» L'aria seccata della sua voce.
Lui allora scosse la testa, quasi scioccato dalle sue parole. Non era stato meglio così, per nessuno dei due: notti insonni, l'orribile pensiero che per lei fosse stata una sola notte di sesso, la consapevolezza che lei apparteneva ad un altro.
«Non la pensi così.»
E probabilmente lui aveva ragione, questo Elise lo sapeva ma, l'orgoglio in cui era seppellita non le permetteva di ammetterlo. Lei aveva una vita sua, una vita che aveva creato con fatica, stringendo i denti e sopportando pur di conquistarla ed ora Zayn la stava stravolgendo.
Per questo ignorò la sua affermazione, ignorò il sorriso sghembo che gli si addiceva troppo ed indurì il suo sguardo. «Perché sei qui?»
Il suo capo si abbassò verso il pavimento. Per qualche minuto il silenzio padroneggiò per tutta la casa, i loro respiri a scandire il tempo.
La voce roca e leggermente graffiata, quella di cui aveva colto le sfumature quella sera. La lingua che si incastrava fra i denti mentre un sorriso dolce gli spuntava sul viso. «Sei bellissima».
Tuttavia ignorò spudoratamente la sua domanda, non preoccupandosi di dare la riposta che la ragazza bramava. Il cuore di Elise prese a battere forte, il complimento che l'aveva lusingata ed il «grazie», che sussurrò così a bassa voce che a stento sentì lei stessa.
E poi la fatidica domanda: «Esci con lui?»
Eccolo lì: il solito ragazzo arrogante. Le labbra strette duramente in una linea sottile le mani chiuse in un pugno così stretto da far diventare le nocche bianche. Il cambiamento repentino dell'atteggiamento fece sì che la confusione le invadesse in ogni singola cellula del corpo.
Era ancora difficile assimilare che conoscesse molte più aspetti del suo ragazzo di quanti ne conoscesse lei. Il rapporto conservato nel corso degli anni aveva permesso loro di diventare molto più che amici. Ed ora Elise si trovava di fonte a questo grande amico, a discutere di cose di cui non si sarebbe dovuto interessare.
«Non mi sembra il caso di parlarne». Le parole mangiate a causa della velocità con ci vennero pronunciate.
Gli occhi di Zayn che si ridussero a due fessure, a quelle parole.
«Esci con lui?» la frase ripetuta. Questa volta con più cattiveria.
I capi che si voltarono di scatto quando qualcuno si schiarì la voce, un cipiglio a marcarle la fronte. Entrambi trattennero il respiro: Miriam li osservava attentamente con un sopracciglio alzato. L'agitazione che s'impadronì del corpo di Elise. «Zayn se ne stava giusto andando», si affrettò a chiarire. Ed In quel momento nemmeno importava se si conoscessero o no, l'unica cosa che doveva risolvere era mandarlo fuori di casa.
L'occhiata, breve, che si scambiarono prima che vedesse il legno della porta sbattere causando un fastidioso baccano la fece sospirare, sconfitta.
«Chi era?»
E continuando ad osservare il punto in cui era sparito scosse la testa. «Non ha importanza.» disse.
Uscì frettolosamente quando il rumore di una macchina giunse alle sue orecchie. Non voleva rispondere ad ulteriori domande.
 
Il cucchiaio girava a vuoto nella tazza, il gomito appoggiato sul tavolo e la testa sostenuta dalla mano.
Era in ritardo, come aveva immaginato. La noia che si stava impossessando piano piano di lei e la stanchezza le rendeva difficile ragionare lucidamente. Avrebbe preferito di certo passare l'intera giornata a letto che a sbrogliare i suoi guai.
«Scusa il ritardo».
I capelli perfettamente curati, un paio di occhiali da sole sugli occhi e la solita giacca di pelle a coprire la maglia bianca sottostante, lo sguardo della ragazza che si alzò giusto il tempo di dare una veloce occhiata alla sua figura e con un cenno del capo invitarlo a sedere.
Slittò sulla panca appoggiando entrambe le braccia sul tavolo ed Elise ignorò la fastidiosa sensazione che l'attraversò non appena le sue labbra si aprirono in un sorriso.
Il peso che si spostò sulla gamba sinistra mentre afferrava dalla tasca posteriore il cellulare e sfilarsi gli occhiali da sole.
«Hai sempre il solito problema con l'orologio?»
«Beh sai, farsi aspettare è un'arte», dichiarò.
Elise lo fissò con una smorfia divertita sul viso e scosse leggermente la testa. «Non è una scusa valida per le donne, questa?» 
Una piccola risata sfuggì dal ragazzo che le sedeva di fronte.
«Mi spiace per tutto quello che ho combinato la scorsa settimana». Elise sgranò gli occhi nell'udire quelle scuse che non credeva di sentire, soprattutto da lui. «Ho davvero esagerato.»
Restò in silenzio davanti a quelle parole, beandosi della sua voce e di quelle parole dal significato magico. 
Sapevano troppo bene entrambi che ciò di cui avevano bisogno erano dei chiarimenti anche se, per troppe volte, li avevamo abilmente sviati.
Per questo si passò le mani tra i lunghi capelli per cercare di levare i nodi che le si erano venuti a creare tra essi, e mentre lui giocava con le sue stesse mani tenendo lo sguardo basso lei si pentì per essere stata così fredda e distaccata nei suoi confronti.
«Non volevo comportarmi in quel modo, non con te». Zayn sollevò il capo solo in quel momento. Le labbra dischiuse per la sorpresa ed i lineamenti del viso più morbidi, contento di essersi tolto un peso che premeva duramente sul suo petto. «Sono stata davvero insopportabile», decretò Elise. Entrambi si guardarono. Occhi negli occhi, stupore e curiosità a caratterizzarli e solo quando la piccola mano della ragazza afferrò il menù sistemandoglielo davanti poterono affermare che la prima parte della conversazione fosse finita, in bene.
«Ci venivo spesso, qualche anno fa».
La voce maschile che la distrasse dalla contemplazione della tazza che stringeva tra le mani. La bevanda leggermente amara che le scivolava giù per la gola.
Tutto sommato, era un luogo piacevole dove passare qualche ora in compagnia di qualcuno. C'era la giusta atmosfera: niente di troppo intimo o appartato. Era uno dei tipici bar dove potevi individuare gente di tutte le età, dove c'erano signore anziane con i propri nipoti o in compagnia di amiche, coppie che prendevano un veloce caffè e ragazzi che si divertivano ridacchiando di qualcosa che potevano sapere solo loro.
L'osservò con un cipiglio impresso in fronte, le labbra leggermente dischiuse e solo quando mostrò la sua curiosità Zayn sorrise appena, annuendo.
«Sedevamo a quel tavolo in fondo alla sala.» Indicò l'angolo più sperduto della sala dove sicuramente si poteva avere una privacy maggiore, «Io e Malcolm», precisò.
Ignorò il fastidio che le procurò quel nome limitandosi a fare un cenno. Abbassò il capo sconfitta, sopraffatta da un insieme di emozioni troppo opprimenti. Strizzò gli occhi appoggiando le mani sulle tempie, stanca.
«Non cominciare, per favore», la voce supplicante.
Zayn tenne lo sguardo sulla sua tazza mentre sul viso si formava un sorriso furbo, forse troppo. «Di cosa stai parlando?»
Ed Elise sapeva dove voleva andare a parare. Lo sapeva mentre l'osservò continuare a mescolare la bevanda svogliatamente, lo sapeva mentre si imprimeva nella mente l'espressione insopportabile che aveva, accompagnata da quella smorfia e dal sorriso, in parte, divertito che si era dipinto sul volto da qualche minuto a quella parte e lo sapeva anche mentre cercava una valida motivazione per non alzarsi e lasciarlo da solo, o meglio: in compagnia della sua arroganza.
«Voglio solo non parlare di lui». Faticò a pronunciare quelle parole, quella frase apparentemente tanto semplice quanto complicata nella realtà. «E di cosa vuoi parlare, esattamente?» Domandò allora.
Il fastidioso e glaciale tono della sua voce non le piacque ma, suo malgrado, lo dovette accettare. Accavallò le gambe mentre si schiariva la voce: non totalmente convinta di rispondere. «Non voglio litigare. Non di nuovo».
«Io voglio chiarire, invece. Ho bisogno di risposte», si limitò a pronunciare.
Il respiro le morì in gola al solo pensiero di ritornare sull'argomento ma, questo lo sapeva dall'esatto momento in cui era entrata in quel bar. Non era un'uscita tra amici, non era un'uscita normale, aveva un unico e solo scopo: chiarire.
Allora sospirò esasperata e «Chiedimi quello che vuoi», disse. E lui parve sorpreso e sollevato di questo.
«Perché te ne sei andata?»
Non perse tempo. Voleva ottenere tutto quello che voleva nel più breve tempo possibile. 
I ricordi di quella notte che avrebbero fatto capolino in modo fin troppo velocemente nella sua mente.
«Perché non me la sentivo di restare.» E un sospiro pesante si liberò dalle labbra di entrambi. «Non mi sembrava il caso. Dopo tutto quello che era successo. L'unica cosa che volevo era sparire, andarmene».
E a quell'affermazione nessuno dei due, per qualche minuto, trovò altro da controbattere.
Il ragazzo di fronte a quell'affermazione si ammutolì: sorpreso ed amareggiato contemporaneamente ma, con la consapevolezza che ciò che aveva appena detto Elise fosse solamente un solo piccolo ed insignificante pezzo della verità che avrebbe dovuto scoprire.
«E in questo modo pensavi di cancellare quello successo?» Si schiarì la voce non appena si accorse della pronuncia troppo acuta che aveva usato. La mano destra che passò, nervosamente, tra i capelli per poi farla ricadere sulle gambe, inerme.
Sbuffò per l'ennesima volta in quei, ormai, venti minuti da cui era seduto a quel tavolo e seguì con gli occhi la figura della ragazza che taciturna lo scrutava.
«Non pensavo ci cancellare quello accaduto», chiarì. «Volevo scappare dalla realtà, solo per un po'».
Svegliarsi disorientata, stordita e non ricordarsi chiaramente tutto quello che fosse successo nelle ore precedenti non era una sensazioni migliori. Doversi scontrare con la dura realtà ancor meno. Il panico aveva preso il sopravvento su di lei e l'insopportabile senso di nausea che provava per se stessa sapeva che non se ne sarebbe andato dopo poco tempo e così aveva afferrato velocemente i suoi vestiti ed era uscita dalla porta del suo appartamento.
Era il modo peggiore per affrontare le cose, ne era consapevole. Sapeva perfettamente anche che si sarebbe arrabbiata se Zayn avesse compiuto la stessa azione. Tuttavia in quel momento non era sembrata così sbagliata.
«E non hai pensato a come potessi sentirmi? Sei scomparsa, improvvisamente.»
Gli occhi castani della ragazza si alzarono verso il soffitto, esausta di quelle domande infinite alle quali lei stessa aveva dato inizio e con abbastanza mal di schiena.
Lo stomaco le si contorse non appena la sua voce si fece di nuovo presente. Nella testa un vortice infinito di parole, che seppur avessero un senso, in quel momento, non riusciva ad attribuirgliene neanche uno. Il totale caos a regnare dentro di lei. «Mi spiace, per tutto. Davvero», asserì prima di alzarsi frettosamente e andarsene. I soldi sul tavolo e l'ennesimo sbaglio della sua giovane vita.
 
«Com'è successo?»
Sapeva che probabilmente era stato impulsivo e dettato dal troppo stress che aveva accumulato quello che aveva appena fatto ma, era giunta ad una semplice e, probabilmente, efficacie conclusione: con qualcuno doveva pur parlare. Per questo ora si trovava sul divano del suo appartamento in compagnia della sua campagna che le sedeva di fronte. 
Le gambe magre piegate e portate vicino al petto ed il mento appoggiato su di esse. Gli occhiali da vista che indossava solo in momenti di vera e propria stanchezza, nella quale i suoi occhi non riuscivano più a decifrare niente. Miriam che l'osservava attentamente per captare ogni piccolo segnale.
Affrontare la realtà, raccontarla a qualcuno al di fuori di se stessa era difficile e distruttivo, ammettere come stavano le cose e che non fosse solamente frutto di una notte insonne, era destabilizzante. Elise sapeva che avere il punto di vista di una persona neutra, al di fuori di tutto ciò, non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione nella quale si trovava ma, tenere tutto dentro era diventato ormai troppo.
Per questo si limitò a scuotere la testa, non sapendo bene come rispondere e spostare la fronte sulle ginocchia lasciando uscire dalle sue labbra un lamento, inopportuno.
Erano ubriachi. Era tutto ciò che poteva dire di sapere esattamente.
«Avevamo bevuto troppo», spiegò. Il petto che le si restrinse in uno morsa fin troppo dolorosa. Ricordava bene di come lui l'avesse accompagnata a casa nonostante nemmeno lui dovesse guidare e di come l'aveva sostenuta per tutta la strada dalla macchina alla porta del suo appartamento perché, comunque, lui sapeva decisamente reggere l'alcool molto meglio di lei. Le battute fin troppo colorite e le risate sguaiate che, di sicuro, avevano disturbato i vicini. Le dita di Zayn che si affrettavano ad afferrare le chiavi della porta per poterla aprire al posto suo e poi i ricordi che si sbiadivano lentamente.
«L'hai detto a qualcuno?»
Prese coscienza dall'improvviso flashback solamente quando la voce della sua amica risuonò nelle sue orecchie e fu inevitabile per lei sbattere le palpebre un paio di volte prima di riprendersi e riflettere su quello da lei appena detto. Scosse la testa, nuovamente, mentre afferrava la tazza di the bollente che aveva, qualche minuto prima, appoggiato sul tavolino sul quale Miriam aveva incrociato le caviglie.
I capelli, ancora bagnati a causa della doccia appena terminata e lasciati sciolti le impedivano di essere sotto il totale controllo della ragazza accanto a lei.
«È per questo che era qui?»
Ripercorse velocemente tutti gli spostamenti che aveva avuto con il ragazzo interessato fino a ricordarsi quello che si erano detti e quello che fosse successo. Era sempre stato l'unico determinato a cercare di capirci qualcosa, a volere delle spiegazioni che lei non era in grado di dargli.
Sorrise ricordandosi della sua ostilità nei confronti del ragazzo che si era presentato l'ennesima volta alla sua porta ed «In parte sì», dichiarò. Il suo atteggiamento sgarbato ed arrogante insieme alla giacca di pelle erano stati una sorpresa quella sera, una sorpresa che seppur sapesse quanto sbagliata fosse, l'aveva lusingata.
«Cos'hai intenzione di fare?»
Il fatto che lei avesse sempre visto il tradimento come l'azione più crudele per mandare in frantumi una coppia non era minimamente cambiata dopo quello che aveva commesso. Lo considerava un atto crudele, un'azione per codardi, per deboli e lei, fondamentalmente, era tutto quello. Tutta la fiducia che Malcolm le aveva dato lei era stata in grado di mandarla al diavolo e sapeva che l'unica cosa da fare era chiudere definitivamente i rapporti con Zayn ed, anche se sarebbe stato complicato e difficile doveva farlo. Doveva farlo per se stessa ed in primo piano per colui che maggiormente non si meritava tutto quello che stava accadendo. Chiuse gli occhi quando constatò che pronunciare quelle parole implicava più sforzi di quelli che credeva. «Chiudere i rapporti. Definitivamente, questa volta».
E quando capì che non li avrebbe sopportati oltre intrappolò i lunghi capelli in una veloce quanto disordinata coda prima di appoggiare i piedi, incastrati nelle infradito verdi, a terra ed appoggiare la tazza nel lavello.
«E con Malcolm?»
Con le mani che stringevano il mobile della cucina, le spalle leggermente ricurve sospirò pesantemente. «Non ne ho idea», scosse la testa prima di abbandonare definitivamente la stanza e dichiarare la conversazione finita.
 
«Va tutto bene, Elise?»
Sistemò ripetute volte il cuscino sotto la sua testa ed inarcò leggermente la schiena quando il telecomando del televisore che Malcolm aveva abbandonato tra i loro corpi, per tutta la durata del film che avevano deciso di guadare insieme, aveva cominciato a darle fastidio. Sbadigliò leggermente assonnata e premendo maggiormente la sua guancia sul petto del ragazzo.
Controllò ripetutamente la sua postura e l'espressione chiedendosi se, intenzionalmente, avesse fatto trapelare qualcosa. Aveva passato tutta la notte a rigirarsi nel letto consapevole che le parole di Miriam erano un consiglio implicito. Si trovava dunque davanti ad un bivio dove le venivano poste due scelte: fare finta di nulla o dirgli la verità e, per quanto risultasse più allettante la prima sapeva che la seconda era comunque quella giusta.
E quando si mise a sedere, portando i capelli dietro le orecchie per dargli un minimo di ordine che con il cuore in gola pronunciò la fatidica frase. «Dobbiamo parlare». Poté giurare di non aver mai visto il ragazzo sbiancare così tanto e muoversi in modo così scattante e scoordinato. Si maledì per le probabili ferite che gli avrebbe inflitto con quello che gli doveva dire.
«Di cosa si tratta?»
I suoi occhi si inumidirono al solo sentire la voce tremante che fuori uscì dalla bocca. Passo la lingua fra le labbra mentre una mano le si poggiava sulla sua gamba. «Ho fatto uno sbaglio», parlò. «Un grosso sbaglio».
Inspirò ed espirò numerose volte prima di schiarirsi la gola e cominciare, in qualche modo, a parlare. Ormai era determinata ed almeno questa volta sarebbe andata fino in fondo a qualcosa e mentre passavano i minuti, l’agitazione aumentava parallelamente alla tensione le sue labbra si schiusero, ammettendo quello che voleva negare perfino a se stessa. «Sono andata a letto con un altro».
Lo sguardo vuoto, privo di ogni emozione e le sopracciglia corrugate, gli occhi sgranati. Poteva ancora sentire il tocco bollente della sua mano che aveva posto sui jeans prima di toglierla, in un gesto quasi istantaneo, dettato da ciò che gli aveva appena confessato.
Gli occhi eccessivamente lucidi e le labbra tremanti di Elise premettevano un pianto imminente ma sapeva che, in quel momento, non era lei quella che doveva sfogarsi.
«Com'è possibile?»
Le fece male il cuore quando sentì le parole, quasi sussurrate.
«Non lo so, non lo so». Scosse la testa per dare più valore alle sue parole. Tuttavia quando Malcolm si alzò dal divano salendo le scale del suo appartamento senza dirle niente lei si limitò a soffocare un pianto e raccogliere velocemente le scarpe ed uscire da quella casa, fuggendo per l'ennesima volta e sbagliando, ancora una volta.
 
Il rumore della musica vibrava in tutto il corpo, il volume era così alto da non riuscire a parlare e gli alcolici erano da urlo. Sul tavolo che Elise e Miriam avevano occupato vi erano più bottiglie di birra e qualche cocktail di cui l'unica cosa rimasta era la cannuccia colorata che variava per ogni bicchiere. Le gambe accavallate elegantemente e lasciate scoperte, per Miriam, e coperte da jeans strappati in diversi punti per Elise, i tacchi alti che slanciavano le loro figure. Gli occhi di entrambe che scrutavano attentamente la pista affollata aspettando che l'alcool facesse più effetto di quello che aveva già fatto per buttarsi in mezzo alla mischia e divertirsi. Quando si alzarono cercando di rimanere in piedi, nonostante le scarpe, cominciando a muovere il bacino a ritmo dell'assordante musica attirarono l'attenzione su di loro.
L'amica era decisamente impegnata con un ragazzo troppo bello quando Elise si accorse che non sarebbe riuscita a resistere un minuto in più e mentre Christopher, colui con cui aveva ballato fino ad ora, le propose di uscire qualche minuto lei non trovò un pretesto per declinare. Aspettò pazientemente l'accendino e sospirò contenta quando il fumo le invase i polmoni: ormai quella sera sarebbe andata così.
I fianchi le furono circondati in un gesto casuale, aiutandola così con il precario equilibrio che rischiava di farla sbattere a terra. Si massaggiò un paio di volte le tempie per placare quel mal di testa che stava piano piano aumentando e gettò quel poco che rimaneva della sigaretta a terra, calpestandola con il piede. Respirò la frizzante aria fin quando concluse che la sua voglia di ballare stava tornando e a quel punto intrecciò la mano del suo accompagnatore e con qualche gomitata raggiunsero il centro della pista. I fianchi di Elise si muovevano a ritmo, in modo sensuale ed estremamente provocante mentre un paio di mani la stringevano. Si beò di quel tocco, gettando la testa all'indietro e scuotendo i lunghi capelli che si era preoccupata di piastrare ma, non appena alzò lo sguardo dietro la spalla del ragazzo a cui era stretta riconobbe, nonostante lo sguardo appannato, una persona che conosceva fin troppo bene. Zayn era esattamente a pochi passi da loro con una camicia bianca immacolata che gli copriva il petto che si alzava e abbassava troppo velocemente, ed appena vide una sua mano posarsi sulla spalla del suo, momentaneo, accompagnatore con il solo intento di scostarlo dal suo corpo, lei seppe che quello che stava facendo era l'unica soluzione perché non combinasse l'ennesimo casino. Così, mentre la testa di Zayn lo esortava a spostarsi e l'afferrava saldamente portandosi un braccio della ragazza attorno alle proprie spalle e sollevandola da terra, senza mostrare alcun sforzo, lei gli sorrise e lui non poté che essere più soddisfatto.
 
I piedi di Elise toccarono terra nel esatto momento che raggiunsero la porta del suo appartamento. Zayn fu veloce nell'afferrare le chiavi che lei aveva appena trovato e inserirle nella toppa senza scostare la mano dalla vita della ragazza.
L'aiutò a togliersi le scarpe mentre la borsa veniva gettata sul divano e la riprendeva fra le braccia come i minuti precedenti.
La camera di Elise era esattamente come se la ricordava: femminile, ordinata ed in grado di rispecchiare la ragazza. E non appena la posò sul morbido materasso del letto perfettamente rifatto che lui, seppur con impegno, non sarebbe stato in grado di fare, tutto di quella notte si rifece vivo nella sua mente ma, si rese conto fin troppo presto che tutto era successo perché si trovavano nella stessa identica situazione. Lei ubriaca e lui che la scortava a casa.
Elise, era bella, affascinante e maledettamente sexy con quei capelli leggermente arruffati e il trucco sbavato ai lati degli occhi castani. Le labbra arricciate in una smorfia di disappunto, troppo stanca per dire qualsiasi cosa. Le gambe magre che dondolavano simultaneamente con il capo.
«Mi aiuti?»
Zayn sgranò gli occhi quando vide i jeans della ragazza scivolare oltre le curve del sedere, scoprendo così sempre più della sua pelle. Aveva notato quanto quei pantaloni fossero stretti, come aderivano perfettamente al suo corpo e di come le stavano maledettamente bene. Le sue mani la raggiunsero appena in tempo, prima che sollevasse una gamba rischiando di cadere. Avvertì il capogiro che ebbe Elise e l'avvicinò ulteriormente al proprio corpo, la sua piccola mano si posò sulla spalla del ragazzo, un tocco leggero e delicato come il respiro che gli solleticava il collo, mentre l'altra afferrava il tessuto fino a sfilarlo del tutto.
Rimase sorpreso dalla vicinanza dei loro visi, dall'incantevolezza delle labbra di Elise e si ritenne soddisfatto quando si rese conto di avere le sue mani attorno al proprio collo e pochi centimetri che dividevano i loro corpi. Avrebbe voluto baciarla lì, in quell'istante e l'unica cosa che lo fermò era la consapevolezza che fosse ubriaca. Tuttavia, lei non era della sua stessa idea: con lo sguardo che viaggiava dalle labbra del ragazzo ai suoi occhi, le sue intenzioni sembravano chiare, nettamente chiare.
«Mi piacciono i tuoi capelli, oggi»
Le labbra di Zayn si separarono in un sorriso, divertito e i lineamenti del volto si rilassarono sotto il tocco delicato delle mani calde della ragazza e dei pollici che accarezzavano gli zigomi definiti mentre rifletteva che i suoi capelli non avevano niente di diverso dagli altri giorni. «Anche i tuoi non sono niente male», ribatté dunque.
Si beò dell'espressione entusiasta di Elise e del sorriso di ringraziamento che gli rivolse per poi nasconderlo ai suoi occhi quando appoggiò la testa sulla sua spalla.
E quando le loro bocche entrarono in contatto nessuno dei due parve completamente capire come avvenne. Le labbra esigenti come poche altre volte, i respiri irregolari per l'azione brusca. Quel contatto che i due corpi avevano bramato così tanto, avevano atteso a lungo e con tanta impazienza nessuno voleva sottrarsi. Il tocco bollente era come se stesse marchiando le loro labbra, come se stessero imprimendo il loro passaggio sull'altro.
Le spalle di Elise toccarono il muro pochi minuti dopo e inarcò la schiena quando Zayn l'avvicinò ulteriormente al suo corpo ma, nel momento in cui delle piccole mani cominciarono a scendere sapientemente verso il bottone dei pantaloni fin troppo stretti del ragazzo furono costretti a separarsi, le fronti l'una contro l'altra ed i respiri accelerati a riempire il piccolo spazio fra loro.
Le sue sopracciglia inarcate lo fecero ridere e non appena accarezzò dolcemente la pelle morbida e chiara lei chiuse gli occhi.
«È meglio che tu vada a dormire.»
Un ghigno si dipinse sul volto furbo e divertito di Elise mentre si preparava a rispondere. «Solo se mi dai la tua camicia».
Zayn non ebbe il coraggio di ribattere mentre i bottoni della sua camicia uscivano dalle asole e le mani di lei salivano lungo la pancia ed il petto tatuato fino a finire sulle spalle e sfilare la camicia, sfiorando ogni centimetro delle braccia e sentendosi soddisfatta quando gli mostrò vittoriosa l'indumento. Avrebbe voluto girarsi, permetterle quella privacy che in quel momento non le stava dando ma nel vedere il suo corpo coperto solamente dall'intimo nero, i suoi occhi non poterono fare altro che osservarlo, ipnotizzato e anche quando si infilò il suo indumento non riuscì a non sorridere.

La luce del mattino filtrava attraverso le leggere tende, sottraendola al suo prezioso sonno. 
Sbatté giusto un paio di volte le palpebre prima di riappoggiare la testa da dove l'aveva sollevata, considerando una cattiva idea provare a muoversi. Solo dopo dieci minuti trovò il coraggio di mettersi a sedere nonostante un tremendo giramento di testa e un disgustoso senso di nausea. Mosse un paio di volte le gambe prima di riuscire a capire dove si trovasse. Ringraziò il fatto di aver riconosciuto subito la sua camera, dato che non si ricordava di come aveva fatto ad arrivarci. Si massaggiò un paio di volte le tempie con le mani eccessivamente fredde, accompagnando il tutto con uno sbadiglio. Corrugò la fronte quando si accorse di indossare qualcosa che non le apparteneva e sussultò nel momento in cui si accorse di una figura, accanto a lei. Fu quando lo riconobbe che scosse la testa ripetute volte prima di sospirare, capendo immediatamente di chi apparteneva la camicia fin troppo bianca che le cadeva morbida sul corpo.
Sorrise quando, guardando i capelli in disordine, un braccio sotto al cuscino ed il lenzuolo che lasciava scoperta metà schiena notò l'espressione serena che aveva in volto.
Gli rivolse le spalle solo quando si considerò pronta per poggiare i piedi per terra. Ci volle qualche secondo per far sì che recuperasse completamente tutta la stabilità di cui necessitava e a quel punto il suo unico obbiettivo divenne quello di procurarsi una tazza di caffè. 
Si sedette su una delle sedie che circondava il tavolo proprio quando Zayn fece il suo ingresso. Il torso nudo ed un paio di semplice boxer neri a fasciargli il bacino, i tatuaggi in mostra in un tutt'uno con il suo corpo attraente. Si portò la grande tazza rossa alle labbra mentre i loro occhi si incontravano di sfuggita prima che gli indicasse con il mento la caffettiera sul gas. Lui si sedette accanto a lei. «Cosa ci fai qui?» Si arrese davanti al fatto di provare a ricostruire quello che fosse successo la sera precedente dopo l'ennesimo tentativo. Il mal di testa le impediva di ragionare nel modo in cui avrebbe voluto.
«Ti ho riaccompagnata a casa», spiegò lui, con una scollata di spalle.
Abbassarono il capo entrambi a quell'affermazione, troppo stanchi per ribattere o combattere. 
Mise in malo modo la tazza nel lavandino, ritornando nella sua camera. Sospirò pesantemente, mentre si domandava quando sarebbe rientrata la sua amica che non vedeva dalla notte scorsa. La presenza di Zayn si fece nota solo quando si schiarì la voce, sedendosi qualche istante dopo sul materasso. «Dovresti andare a casa.» pronunciò.
Lui aggrottò le sopracciglia, probabilmente divertito dall'atteggiamento di Elise. Sogghignò quando con una mossa del capo le indicò l'indumento che le copriva il corpo. «Ti sei scordata di avere la mia camicia?» Domandò quindi.
No. Non se ne era scordata. Avrebbe voluto dirglielo, questo. Il profumo inebriante la colpiva dritto sul viso: era impossibile non farci caso, aveva solo sperato che potesse farne a meno anche se, purtroppo non era così. Fu allora, mentre si sbottonava la camicia e prendeva dall'armadio una delle sue tante magliette, che diede voce ai pensieri che le affollavano la mente da quando si era alzata. «Ieri sera..» Zayn scosse immediatamente la testa, appena comprese ciò che la ragazza voleva intendere. Boccheggiò giusto un paio di volte: indeciso. «No. Non è successo nulla.» Lei annuì, decisamente sollevata e proseguì con lo sfilarsi l'indumento, ringraziandolo subito dopo.
«Grazie per essere rimasto questa notte, Zayn», disse. Un sorriso appena accennato a curvarle le labbra. Lui si beò del suono del suo nome pronunciato con quella voce tanto dolce e rimase a guardarla per qualche istante, godendosi della visuale e lasciando che i suoi pensieri si impossessassero della sua mente. S'inumidì le labbra appoggiando i gomiti sulle gambe, prendendosi i capelli tra le mani quando realizzò che ciò che pensava doveva pur in qualche modo dirglielo.
«Ci siamo baciati, ieri sera.», disse poi. Un rimorso sempre più grande a logorarlo. «Non è successo niente di più. Un solo semplice bacio che poi abbiamo interrotto.»
Lei lo osservò, per qualche istante, evidentemente colta di sorpresa. «Ho o hai interrotto?»
«Ho», borbottò.
Con la coda dell'occhio la vide sedersi accanto a lui, sospirando. Si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Si sistemò la maglietta azzurro pastello che aveva indossato da poco e si voltò verso di lui. Le loro ginocchia a sfiorarsi ed entrambi con le menti da tutt'altra parte.
«Mi dispiace.» Asserì. «Non avrei voluto che accadesse.»
«È tutto a posto. Non è successo niente che non sia già accaduto.»
Elise si ritrovò ad annuire, per l'ennesima volta, sconfitta. I loro corpi erano come calamite alla continua ricerca dell'altro, non potevano negare l'evidenza.
«Non mi piace come suona.» Ammise allora lei.
Zayn rise appena, mostrando i denti perfettamente bianchi ed allineati, arricciando il naso e sistemandosi i capelli. Solo successivamente alzò le mani in segno di resa: il suo solito ghigno dipinto sul viso.
La ragazza scosse la testa, divertita, guardandolo negli occhi. Mai, come in quel momento, avevano brillato, nemmeno le occhiaie, i capelli scompigliati, la stanchezza a regnare nel corpo di entrambi e una sbronza colossale alle spalle importavamo. Davvero, non importava nulla di tutto ciò.
«Sarebbe così catastrofico se ti baciassi, adesso?»
Ed Elise non poté far a meno di scuote la testa mentre lui le afferrava il capo e premeva le labbra su quelle della ragazza che con un movimento fluido ed esperto si mise a cavalcioni sulle sue ginocchia.
Ci fu un breve momento, così corto da essere insignificante, dove si guardarono negli occhi non trovandoci nessuna esitazione, nessun dubbio e nessuna paura. Niente di niente. Fu allora che il sorriso carico di malizia nacque sul viso di Zayn mentre lei si limitò a sorridere dolcemente accarezzando la guancia coperta dalla barba ispida. Un movimento rapido gli permise di sovrastare il piccolo corpo di Elise, spostando il suo peso sugli avambracci e, nel momento in cui cominciarono a togliersi i vestiti tutto il resto si annullò. Non esistevano più problemi di alcun tipo, situazioni da dimenticare, rapporti da concludere e delusioni di nessun tipo.

I respiri di entrambi i ragazzi erano ancora irregolari, le labbra rosse ed eccessivamente gonfie, il braccio di Zayn attorno alle spalle di Elise che aveva deciso di appoggiare la propria testa sul petto tatuato del ragazzo. Il sottile lenzuolo a coprire i loro corpi nudi, privi di ogni protezione.
«Vorrei rimanere così per ore.»
Elise alzò lo sguardo verso di lui per ascoltalo risistemando il capo pochi minuti dopo, assentì appena e sorrise a quelle parole. Anche lei avrebbe voluto rimanere così per ore e, proprio con quel pensiero, alzò, di nuovo, la testa guardandolo con i suoi grandi occhi castani e con le labbra incurvate in un'espressione felice. Bastò veramente poco perché Zayn si chinasse per sfiorarle le labbra ma, prima che potessero fare qualsiasi altra mossa, la porta d'ingresso sbatté violentemente contro lo stipite e quella della camera dove si trovavano venne aperta e richiusa dopo poco, con tale velocità che non riuscirono a realizzare pienamente quello che fosse successo. «Farò finta di non aver visto niente», asserì. «Sappi solo, Elise, che quando avrete finito ho bisogno di parlare con te».
Il suono della voce di Miriam risultò ovattato quando parlò e loro sorrisero, scuotendo la testa divertiti dalla serie di avvenimenti. «Diamoci una mossa. Non ha molta pazienza e tra qualche minuto tornerà qui».
Susseguirono numerosi sbuffi da parte di Zayn quando lei si staccò dal suo corpo e recuperando la maglia che precedentemente era stata gettata sul pavimento e prima che le permettesse di mettere un solo piede fuori dalla stanza le afferrò i fianchi stampandole un lungo bacio sulle labbra.

Sospirò pesantemente quando la porta si chiuse e il rumore della moto arrivò oltre le pareti della casa. «No, Miriam.» Ripeté. «Non hai interrotto niente.»
«Sul serio. Non era mia intenzione»
Ascoltò di nuovo quelle scuse scuotendo la testa. In effetti non stavano facendo niente in quel momento.
Elise si sistemò sul divano, accanto alla ragazza che la osservava con una tazza di caffè tra le mani. Tornata alle tre del pomeriggio i postumi della sbronza erano ancora vivi dentro di lei, rendendola buffa ed impacciata più del normale.
«Questo maledettissimo mal di testa», borbottò.
Annuì comprensiva, afferrando l'aspirina che aveva appoggiato sul tavolo, accompagnandola con un bicchiere d'acqua «Tieni. Ti aiuterà», fece l'occhiolino.
I minuti seguenti furono silenziosi, calmi e, quasi, rilassanti ma ben presto cessarono anche questi.
«Quindi questa notte tu e Zayn avete fatto scintille?» Il tono eccessivamente malizioso e un'espressione troppo eccitata sul volto. Elise scosse la testa, legandosi i capelli in una disordinata coda e la osservò per qualche istante, prendendosi qualche istante per rispondere. «Ieri sera ci siamo solamente baciati, niente di più. Ero ubriaca.»
Sapeva perfettamente che non avrebbe mai più permesso che ripetessero lo stesso errore e, per qualche motivo, lei gli aveva affidato tutta la sua fiducia. Miriam annuì troppo energicamente, muovendo confusamente le mani. «E prima?»
Elise si schiarì la voce passandosi una mano tra i folti capelli, un sorriso raggiante. «Hai capito benissimo cos'è successo. Non c'è bisogno che te lo dica, idiota!»
La risata che si liberò dalle labbra di Miriam risuonò in tutta la casa mentre il rossore delle gote di Elise aumentava secondo dopo secondo, ma quel suono contagioso cessò quando l'ennesima fitta dolorosa la trafisse, accompagnata da una smorfia. «Siete davvero complicati, voi due».
Miriam si guadagnò una gomitata nello stomaco mentre veniva mandata a quel paese in modo non proprio educato, mentre Elise ritornava nella sua stanza.
«E il mio discorso?» Urlò l'amica dal salotto.
«Arrangianti!» Le ripose l'altra, divertita.

Quando ricevette quella chiamata la preoccupazione si impossessò del suo corpo. Sapeva che aveva ancora molte cose da chiarire, da sistemare, aveva solo sperato che tutto questo avvenisse il più tardi possibile. L'unica soluzione era quella di tentare di distrarsi da tutto quello che vagava liberamente dalla sua mente, sfruttando così il tempo libero che aveva quella mattina, a casa dal lavoro. Per questo si scostò i capelli, che le ricadevano sul viso, con uno sbuffo e scrutando a lungo il soggiorno che da troppo tempo non veniva riordinato e, poggiando le mani sui fianchi si preparò alla dose di lavori che avrebbe dovuto affrontare prima di uscire.
Sollevata la schiena, ormai dolorante, poté giudicare la stanza pulita. Sorrise fiera di se stessa e del lavoro che era appena riuscita a portare a termine, controllò l'orologio prima di decidere che fosse ormai tardi e di scappare in bagno, con fin troppa fretta.
Quando si chiuse la porta alle spalle, s'infilò frettolosamente nella macchina diretta al bar in cui avevano appuntamento. Le mani strette sul volante e lo sguardo dritto davanti a se. Era agitata, stressata e stanca di tutte queste incomprensioni e risolvere questioni importanti non era mai stato il suo pregio più riconosciuto. Per questo quando parcheggiò l'auto nelle strisce blu che ne delimitano lo spazio dovette prendere diversi respiri profondi prima di affrontare quello a cui da lì a poco sarebbe andata incontro.
Spinse la grande porta di vetro, entrando in quel bar che conosceva bene e non ci volle poi molto per individuare chi stava cercando. Seduto ad un tavolo, con la schiena leggermente ricurva, le mani congiunte e un bicchiere d'acqua davanti a sé.
«Ciao», sussurrò Elise.
Solo a quel punto lo sguardo del ragazzo si sollevò, finendo di contemplare qualsiasi cosa stesse guardando così attentamente. Malcolm non disse nulla quando gli si sedette di fronte e facendogli un piccolo sorriso. «Vuoi qualcosa?» Elise scrutò a lungo il menù che aveva tra le mani mentre cercava, apparentemente invano, di iniziare una conversazione ed annuì quando lo vide scuotere la testa, affrettandosi a dire ad una cameriera ciò che voleva.
«Grazie per essere venuta».
E per la prima volta da quando era entrata Malcolm disse qualcosa. La ragazza lo fissò per qualche istante, riabbassando il suo sguardo sulla tazza che le avevano appena portato.
«Come stai?»
Elise trattenne il fiato a quella domanda perché, oltre al fatto di sentirsi maledettamente in colpa per quello a cui aveva dato inizio, lei stava bene. Stava bene per essersi finalmente levata il peso dal petto confessando al ragazzo che le sedeva difronte quello che gli aveva tenuto nascosto per troppo tempo e per il fatto che sapeva che c'era qualcuno su cui poteva contare, ciecamente. Per questo non seppe cosa rispondere, preferendo scrollare le spalle e dire un semplice «Tu?»
Conosceva fin troppo bene l'espressione che apparve sul viso, sofferente, di Malcolm e per questo si pentì immediatamente di quello che aveva appena pronunciato.
Erano ormai diversi giorni che non si sentivano o non si vedevano. Lui aveva preferito prendersi una pausa dalla loro relazione, probabilmente decretando ciò una decisione appropriata.
«Come mai questa chiamata?»
Aveva passato l'intero viaggio in macchina chiedendo il vero significato della chiamata che l'aveva spinta ad incontrarlo e benché sapesse che le soluzioni erano solo due non sapeva con esattezza quale delle due era migliore.
«Mi sono preso del tempo per riflettere.» Cominciò ed Elise annuì. «Mi è servito, tanto.»
Lei stette ad ascoltarlo, senza dire niente e limitandosi ad acconsentire ogni tanto. «Penso che questa pausa sia servita ad entrambi».
E non poté che non sentirsi in colpa per quello che era successo durante quel tempo che Malcolm aveva dato ad entrambi. Quella assenza, momentanea, non era via libera ma bensì un qualcosa che poteva rappresentare un nuovo inizio.
«Ti amo, lo sai e sarebbe assurdo far finire una relazione come la nostra per uno sbaglio».
Già. Peccato che quello “sbaglio” si fosse ripetuto per due volte e così, mentre quella frase appena detta da lui le si ripeteva nella mente, sopraffatta da tutto quello che era accaduto troppo velocemente si coprì il viso con le mani ignorando il nodo che le stringeva in un morsa la gola.
«Ricominciamo tutto. Lasciamoci alle spalle quello che è successo»
E lei sapeva fin nel profondo del cuore che non era possibile ricominciare, che non poteva ricominciare. Si passò numerose volte le mani tra i folti capelli, fermandosi solo quando dei nodi impedivano di continuare il cammino delle sue dita. «Tutto bene, Elise?»
Era tutto così maledettamente sbagliato, le sembrava una cosa così difficile da fare. «Io..n-non posso», disse.
«Cosa significa che non puoi?»
Lo guardò a lungo negli occhi, quegli occhi che una volta le sembravano così belli e dove vi si poteva rispecchiare, quegli occhi che un tempo le piacevano così tanto ma che ora erano di un comunissimo castano, senza niente di particolare.
«Non posso più stare con te».
Sapeva perfettamente che quello che aveva appena pronunciato avrebbe significato la fine di tutto e appena vide la mascella di Malcolm indurirsi e lo sguardo infuocarsi capì che le sue aspettative erano giuste. Ingoiò qualsiasi timore, ignorò qualsiasi voglia di piangere limitandosi di parlare cercando di tenere un tono quantoché normale.
«Non posso.» Cominciò. «Questa pausa ha fatto riflettere anche me e sono giunta alla conclusione che non possiamo stare insieme, non dopo tutto quello che ho fatto.»
Il fatto che quella pausa non le fosse servito affatto per determinate quella spiegazione era solo un dettaglio, come lo era il fatto che lo aveva capitolo solamente pochi secondi prima di dirlo.
Fu a quel punto che sul viso di Malcolm si dipinse un'espressione di disappunto e di confusione. «Non vedo quale sia il problema. Ti ho riproposto di ricominciare da capo, come se non fosse mai successo nulla. Per me non è mai successo nulla.»
Conosceva il suo carattere, conosceva il modo in cui odiava essere contradetto e conosceva anche il suo lato testardo: quello che gli impediva di comprendere più a fondo il significato delle cose.
Il fatto non era che lui l'avesse perdonata o meno. Era proprio Elise che non sarebbe riuscita a rintraprendere una relazione con il ragazzo con il quale aveva passato gli ultimi tre anni della sua vita per poi tradirlo appena si era allontanato da casa per un paio di giorni e, per giunta, con il suo migliore amico.
Per questo scosse il capo ripetute volte quando capì che sarebbe toccato proprio a lei spiegare il perché della sua scelta.
«Non si tratta di te.» Disse infatti. «È una mia questione personale. Non ce la faccio, sul serio. Mi spiace.»
Malcolm schioccò la lingua sul palato quando scosse la testa incredulo, un sorriso tirato sulle labbra. «Non ci credo.» Rise. Nella sua risata, però, non vi era nulla di divertente. Era una risata amara, carica di rabbia, quasi.
«Sei stata con lui, vero?»
Elise raddrizzò la schiena, come scottata. Non le sembrava di aver fatto trapelare qualcosa in modo tale che lui avesse potuto capire che negli ultimi giorni non era proprio stata sola ma, solo successivamente, una realizzazione la colpì, come fosse stata una sberla in pieno viso. Come lei conosceva maledettamente bene lui, sapendo ogni difetto, pregio, lui non si scostava tanto da questo sapere. Lui sapeva fin troppo sul conto di Elise. Sapeva le espressioni che usava in tutte le occasioni, sapeva cosa le piaceva e cosa no, sapeva prenderla nel modo più giusto e sapeva trattarla come lei voleva essere trattata. La loro relazione durata troppo, ma allo stesso tempo poco, aveva portato alla conseguenze che ognuno di loro conoscesse così bene l'altro, da non poter commettere qualche passo falso senza che l'altro non lo scoprisse.
«Sai..è da quella mattina al bar che mi chiedevo cosa fosse successo. Aspettavo il momento giusto perché tu me ne parlassi ma, non avrei mai immaginato che tutto questo sarebbe avvenuto due settimane dopo e, per di più, che mi confessassi un tradimento.»
Malcolm fece quest'osservazione con tono tranquillo, rilassato quasi, le braccia conserte e appoggiate sul tavolo e gli occhi puntati su di esso. Elise, dal canto suo, trattenne il fiato e si aggiustò sulla panca, intenzionata a rimanere in assoluto silenzio.
Il ragazzo si guardò attorno per qualche istante e i suoi occhi puntarono qualcosa dietro le spalle di lei, sorridendo amaramente. «Venivamo spesso qui.» Osservò. «Io e Zayn.»
Elise annuì piano: aveva già sentito quella storia, sapeva che per entrambi quel luogo rappresentava i migliori anni della loro adolescenza e sapeva benissimo che anche recentemente ci erano ritornati in memoria dei vecchi tempi.
«Ci sedevamo laggiù e ci passavamo intere giornate. Era piacevole ed ottimo per sfuggire alle nostre madri e sorelle.»
Anche lei contorse il busto abbastanza per individuare il tavolo una volta occupato da due piccoli adolescenti che si divertivano a ridere e scherzare tra loro, ora occupato da una coppia di fidanzati intenti a parlare di qualcosa d'allegro e particolarmente coinvolgente.
«Sul serio? Sei stata con lui?»
La ragazza improvvisamente si sentì con le spalle al muro, non le era mai piaciuto essere messa alle strette. Per questo, senza un motivo preciso e con tutta la pressione che aveva accumulato annuì, esausta e «Bene», si limitò a pronunciare Malcolm con un tono eccessivamente calmo e pacato prima di alzarsi dal tavolo ed andarsene, ricordandole quell’errore che, ultimamente, le sembrava la cosa più semplice per lei.

«È stato un vero stronzo»
Miriam commentò il comportamento di Malcolm senza alcun problema, intenzionata a rendere chiara l'idea che aveva di quel ragazzo.
«Mi sento una tale stupida»
Elise, invece, stesa sul divano con le mani a coprirgli il viso si concentrava sul suo comportamento, lamentandosi di tanto in tanto o limitandosi a sbuffare.
La giornata era stata più pesante di quello che si aspettava e potersi finalmente rilassare, era da considerarsi un privilegio ma, con la sua coinquilina che camminava da un lato all'altro dell'appartamento, a seconda di quello che doveva fare non faceva altro che agitarsi ancora di più. Quel giorno, infatti, non solo Elise si era impegnata per mettere ordine in quella casa che da un po' di tempo mancava.
«Non sei stupida», la contraddisse Miriam. «La vostra relazione stava cadendo lentamente a pezzi e tu semplicemente hai rifiutato di immergerti in qualcosa che non avresti saputo controllare, hai le palle ragazza, sii fiera di questo.»
Elise annuì, consapevole che la sua amica, in modo o nell'altro avesse ragione. Aveva chiuso quella relazione perché sapeva che non sarebbe riuscita a mandarla avanti e, per quanto si ostinava a credere di non capirlo, anche Malcolm sapeva che era così. Elise non poteva cambiare le cose, anche se a volte avrebbe voluto, non poteva ricucire qualcosa che non era in grado di essere riparato. Era accaduto qualcosa, forse ancor prima che Zayn entrasse nella sua vita, che aveva guastato il loro rapporto, una piccola inclinazione che era diventata sempre maggiore.
«E devo dirlo: Zayn è stata un'ottima scelta.»
Un cuscino colpì in pieno viso Miriam, quando terminò di parlare, seguito dalla risata troppo acuta di Elise.
«"È stata un'ottima scelta."» Disse imitando la sua voce. «Stai cercando di portarmelo via?!» Incalzò.
Erano consapevoli entrambe che non si trattasse di una scelta. Zayn le si era presentato davanti alla porta a braccia aperte, pronta a sollevarla nei momenti più difficili e se anche le aveva reso quelle settimane davvero difficili, anche se più volte gli aveva provato a far capire che quello che stavano facendo era sbagliato lui era sempre apparso determinato, era sempre stato l'unico a voler andare fino in fondo perché, come aveva riflettuto poco prima lei, quello che era accaduto oramai non poteva essere cancellato. Zayn era stato la sua salvezza. E così, con un peso in meno, Elise si stava godendo la serenità che da un po' di tempo le mancava. Era bello e, soprattutto, più facile respirare senza avere qualcosa che, seppur non concretamente, le premesse così tanto sul petto ed era bello poter ritornare alla normalità, non doversi confrontare costantemente con la dura realtà e con i mille ostacoli che, in qualche modo, aveva cercato di superare seppur qualche volta avesse fallito.
Miriam stava per aprire bocca, intenzionata a risponderle per le rime quando dei tocchi decisi sopra la porta le fecero sussultare entrambe e aggrottare le sopracciglia velocemente: non aspettavano ospiti.
I numerosi sussurri e imprecazioni a bassa voce per colpa dell'oggetto contro cui erano andate a scontrarsi ed occhi al cielo fecero risultare l'operazione molto più complicata di quello che avrebbe dovuto essere. Solo dopo aver controllato ripetute volte dallo spioncino, Elise, riconobbe la figura di Zayn.
«È lui», quindi mormorò.
«Malcolm?»
I lunghi capelli neri di Elise le ricaddero sulle spalle mentre scuoteva la testa, in segno di dissenso e gli occhi di Miriam si illuminarono improvvisamente mentre un sorriso timido curvò le labbra della diretta interessata.
«Vi lascio soli».
Quando la figura del ragazzo apparve davanti ai suoi occhi con il labbro inferiore ferito e le braccia incrociate al petto Elise aggrottò velocemente le sopracciglia mentre la confusione le caratterizzava i lineamenti del viso.
«Che diamine è successo?»
«Il tuo ragazzo ha perso la testa», spiegò semplicemente lui, aggiungendoci una scrollata di spalle.
Le ci volle davvero poco per collegare il modo brusco con il quale Malcolm se n'era andato. Aveva in mente qualcosa e lei era stata così stupida da non capirlo. Sospirò, scuotendo la testa incredula e scostandosi per lasciarlo entrare. Non riusciva a capacitarsi di quello che fosse successo e di certo non si aspettava che Malcolm fosse capace di fare determinate cose.
«Mi dispiace, davvero. Non credevo arrivasse a questo punto.»
«Non è colpa tua. Non dire sciocchezze.»
Si alzò sulle punte mentre cercava di recuperare il disinfettante posto sullo scaffale più alto e ringraziò Zayn con un sussurro quando si posizionò oltre le sue spalle per aiutarla.
«Non ha mai fatto così», constatò.
Osservò per qualche istante le ferite con qualche residuo di sangue prima di deporvi sopra il dischetto bagnato. Il ragazzo storse il naso, infastidito dal contatto e ritirandosi poco dopo procurando una piccola risata ad Elise.
«Stai fermo», lo rimproverò.
Scosse la testa mentre tamponava lo zigomo graffiato ed il livido attorno all'occhio diventava sempre più scuro. Premette una mano dietro il suo collo, per evitare che si scostasse nuovamente e nel momento in cui lui allargò leggermente le gambe per permettere che Elise si infilasse tra esse, entrambi presero un profondo respiro per quella vicinanza eccessiva, imponendosi di non compiere passi falsi.
«Com'è successo?»
«Non c'è molto da dire, in verità. Si è semplicemente presentato a casa mia. Non mi ha nemmeno lasciato il tempo di aprir bocca, è stato scortese»
«Mi sembrava strano che l’avesse presa così bene, oggi»
Una piccola parte di Elise aveva sperato che avesse capito ogni cosa, che Malcolm avesse deciso che per una volta era opportuno comportarsi da adulto. Non poteva biasimarlo, lei l'aveva deluso, l'aveva tradito e scaricato e per quante volte aveva cercato di mettersi nei suoi panni, così tante da arrivare persino al punto di odiarsi, tutto ciò non dava scusanti abbastanza per quello che aveva fatto.
Zayn scostò la mano di Elise dal proprio viso, guardandola in modo sospetto. «Cos'è che non avrebbe dovuto prendere bene?»
Lei allora sorrise, puntando lo sguardo tra il poco spazio che divideva i loro corpi, si concentrò sul respiro leggero del ragazzo, sulle sue sopracciglia aggrottate e arrivò perfino ad osservare il labbro ferito e più gonfio del normale.
«Questo pomeriggio ci siamo visti. Mi ha chiesto una seconda possibilità, Zayn. Una seconda possibilità che non sono in grado di dargli e, per quanto non sia stato semplice, abbiamo dato un taglio alla nostra relazione. Non aveva senso andare avanti così».
Il ragazzo annuì, riprendendo a respirare. Si portò una mano tra i capelli spettinandoli e guardando la figura della ragazza che si trovava proprio di fronte a lui. Si prese tutto il tempo per ammirarla, per guardare la sua bellezza e per controllare che quelle parole fossero realmente vere e poi rise gettando il capo all'indietro, per l'incredulità di quelle parole. Delle parole che credeva non avrebbe mai sentito.
«Stai parlando sul serio?»
Elise scrollò le spalle, divertita dal comportamento di Zayn.
«Quindi sarebbe troppo scontato se ti chiedessi di uscire con me?»
La ragazza posò quello che aveva fra le mani sulla scrivania e senza perdere il contatto visivo con il ragazzo, si sedette sulle sue gambe accarezzandogli la guancia priva di ferite. Sorrise scuotendo la testa e avvicinandosi ulteriormente al suo viso. «No. Direi che non è troppo scontato». Zayn colmò la poca distanza, prendendosi il tempo di abituarsi al fastidioso bruciore che premeva sul labbro e facendo sì che Elise portasse le mani dietro al suo collo.
Stava finalmente accadendo quello che desiderava, ormai da troppo tempo. Con la ragazza, con la quale stava scoprendo sentimenti sempre più forti, sulle proprie ginocchia e le labbra sulle sue in un bacio dolce e romantico, non poteva chiedere di più. Così mentre si staccavano e le loro fronti premevano le une contro le altre, la piccola mano di Elise che gli solleticava il collo, chiuse gli occhi sopraffatto da una serie di emozioni che non sapeva controllare.
«Grazie», sussurrò quindi, non sicuro che lei avesse sentito. Ma questo non importava.
Tutto era partito da un errore, da uno sbaglio che avrebbe dovuto tenerli lontano il più possibile ma, si sa che più è difficile avere una cosa più la si desidera.


Note autore:
Dunque dopo un mese e mezzo sono finalmente riuscita a pubblicare qualcosa, festeggiamo!
Vorrei cominciare con il dire che sono molto contenta e fiera di me stessa di quello che ho realizzato: questa piccola storiellina mi piace molto. È una lettura un po' più impegnativa rispetto alle altre, ma spero sia di vostro gradimento ugualmente. Non è mio solito fare queste cose ma non ho proprio saputo resistere e spero che voi gradiate questo sfogo della mia mente.
Allora, il nostro protagonista è Zayn, come al solito, questa volta affiancato da Elise. Purtroppo non sono riuscita a dare un volto preciso a questa ragazza ma, e che questo rimanga tra noi, non era il obbiettivo principale. Lascio alla vostra mente il compito di immaginarla come più vi piaccia.
Come la maggior parte di voi avrà capito è una situazione davvero complicata quella tra i due protagonisti. Per tutta la storia, infatti, non fanno altro che susseguirsi scene più o meno pacifiche e fino alla fine la nostra ragazza sembra essere determinata a non cedere al nostro affascinate e pieno di carisma Zayn ma, posso dirvi, che nel profondo non è mai stata pienamente convita di ciò. È una situazione che non è del tutto fantastica. Nella vita reale succedono veramente queste cose e, sebbene, sia un errore a volte porta a qualcosa di veramente travolgente.
Zayn è totalmente ossessionato dalla nostra ragazza, per lui è stato davvero tutto troppo bello per poter lasciar perdere e, come avete visto, è sempre stato l'unico della coppia a voler delle spiegazioni, a tentare di andare fino in fondo nonostante più di una volta sia stato ferito. Volevo inoltre dirvi che Malcolm (fidanzato di Elise) e Miriam (coinquilina di Elise) compaiono per lo stretto necessario. Ho preferito concentrare l'attenzione sui due protagonisti.
Posso affermare con sicurezza che è stato davvero lungo ed estenuante arrivare alla fine di questo mini racconto, dato che è da due settimane o più che mi impegno per concludere. Avevo intenzione di pubblicarlo più alla svelta possibile ma puntualmente non facevo in tempo, mi spiace.
Vorrei dire anche che, forse, è uno dei testi che preferisco, dopo la fantomatica Imagination, ovviamente.
Bene con questo mi dileguo dato che vi ho già fatto perdere tempo abbastanza ma volevo aggiungere che mi farebbe davvero piacere se lasciaste una vostra opinione e, magari, buttaste un'occhiata al resto che ho pubblicato che potete trovare cliccando semplicemente 
qui.
Come al solito mi scuso per eventuali errori ortografici, scusatemi. Baci, a presto. xx
Ah, nel caso voleste contattarmi per qualcosa potete provare qui: 
Ask, anche se non lo uso quasi mai ahaha
-Micol :)
 
  
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