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Autore: Jim2233    29/11/2014    2 recensioni
Cosa succede nella missione di salvataggio di Peeta? Ho odiato il fatto che nel libro non venisse descritta, così ho deciso di provare a immaginarlo io...
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Boggs, Gale Hawthorne
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Boggs si alza, il suo sguardo non tradisce alcuna emozione. 

- Dovreste conoscere il piano, ma preferisco rinfrescarvi la memoria. Non voglio nessun errore. È un'operazione di massima importanza. - 

Lo ascolto attentamente mentre ci spiega che mentre raggiungeremo il Centro di Addestramento a bordo di un piccolo hovercraft che non desterà sospetti, una squadra di ribelli infiltrati farà esplodere una bomba in un importante edificio, nel quale si sta tenendo un party, nel quale si trova Snow. I ribelli cercheranno di seminare il panico dopo la detonazione, con colpi di pistola. Il tutto dovrà sembrare un attentato alla vita di Snow. Immagino sia troppo sperare che il presidente rimanga ucciso nell'attacco. Comunque sia, il diversivo dovrebbe attirare guardie e Pacificatori. 

Mentre parla cominciamo a muoverci, dobbiamo trovare il nostro contatto per l'hovercraft. Siamo atterrati fuori città, poco lontano dalle prime case. È pomeriggio inoltrato, ma siamo ormai vicini all'inverno ed è quasi buio. Non dovrebbe averci notato nessuno. Continuiamo a camminare, la fila è guidata da Boggs, seguito dalla Jackson, il suo secondo, una tiratrice incredibile. Poi ci sono io, dietro di me gli altri quattro volontari.

Boggs sta parlando con una ricetrasmittente. 

- Forza, siamo quasi arrivati - Adesso si rivolge a noi.

Dopo neanche cinque minuti arriviamo a quella che sembra una rimessa. Lì un uomo ci saluta e ci conduce fino a un piccolo hovercraft.

- Immagino che non si starà comodi come all'andata, vero? - Non so perché l'abbia detto, forse perché è tutto troppo serio e ancora non c'è traccia di pericoli.

- Non preoccuparti, sarà un viaggio breve - Dice ridendo la Jackson.

Senza altre parole saliamo sul velivolo, sulla cui fiancata spicca il simbolo di Capitol City. L'hovercraft decolla silenzioso, dallo stretto sedile guardo fuori dal finestrino e riesco a vedere la città in tutta la sua grandezza e magnificenza; una rete di luci si stende sotto di noi. Comincio a pensare che verremo scoperti e abbattuti, ma le mie preoccupazioni sono infondate. Nonostante il motore sia silenzioso, siamo isolati dai rumori esterni ed è solo grazie alla ricetrasmittente che Boggs può informarci che la bomba è esplosa. Posso solo immaginare il caos che si sta creando, le guardie del corpo che si stringono attorno a Snow, i ribelli che minacciano vite, le chiamate frenetiche di soccorso. È a questo punto che cominciano a venirmi dei dubbi: che fine faranno gli attentatori? Non credo che riusciranno a scappare, rimarranno intrappolati. E in un istante capisco che dobbiamo lasciarli lì, non abbiamo scelta. Sento un stretta al cuore al loro pensiero, ma proprio in quel momento il pilota, un ragazzo di nome Darryl, ci avvisa che stiamo per atterrare. 

Sento un brivido da qualche parte della pancia. Ascolto gli ultimi ordini di Boggs mentre l'intera squadra prende i fucili e l'equipaggiamento, che comprende anche maschera antigas, corde e visori. L'hovercraft si posa lievemente sul tetto del Centro e immediatamente scendiamo. Un fruscio ci avverte che il nostro velivolo se ne sta andando. Restiamo qualche secondo in religioso silenzio a contemplare Capitol City, quando Chip, uno dei volontari, in tono concitato ci fa notare i camion dei Pacificatori che escono dall'edificio. Sembra che il diversivo abbia funzionato.

- Tutto come previsto - Commenta Boggs - ora non dovrebbero esserci rimaste molte guardie. Sapete cosa fare -

Ray, un soldato di mezza età proveniente dal 13, tira fuori uno strano congegno e ci fa cenno di seguirlo. Raggiungiamo un punto ben preciso del tetto dove sappiamo esserci la centralina. Ray forza lo sportello e si mette a lavorare usando l'ennesima creazione di Beetee. La tensione è palpabile, si potrebbe tagliare con un coltello. Dopo qualche minuto sentiamo un piccolo scatto, e Ray tira un sospiro di sollievo. - È fatta -

Dopodiché piazza al centro esatto del tetto uno strano strumento a forma di fungo. 

- Serve a isolare completamente l'edificio, così non potranno usare neanche le ricetrasmittenti -

A quanto pare Beetee ha pensato proprio a tutto, però mi viene un dubbio. 

- Scusa, ma se l'intero edificio è isolato... -

- Già, anche le nostre comunicazioni sono tagliate - Anticipa la mia domanda con un sorriso amaro.

Ma Boggs ci incalza. 

- Forza, ora tocca a noi. Vieni, soldato Hawthorne -

Ci avviciniamo al lucernario e piano piano riusciamo a smontare una delle grandi lastre di vetro. Fissiamo dei ganci a terra e ci leghiamo le nostre corde. La Jackson ci fa cenno di indossare i visori. Spingiamo giù le corde. Ognuno afferra la propria e comincia a calarsi. Siamo dentro.

Quasi non ho il tempo di stupirmi della visone nitida che abbiamo al buio completo che dopo pochi secondi tocchiamo terra. 

Ci stringiamo guardandoci attorno, ma non sembrano esserci movimento sospetti. 

Siamo nell'atrio, davanti a noi ci sono le grandi porte interamente in vetro, dietro c'è un bancone. La grande stanza sembra deserta.

All'improvviso un fruscio attira la nostra attenzione, la Jackson ci fa notare che proviene proprio da dietro il bancone. Boggs mi fa cenno di muovermi con lui e insieme, silenziosamente, ci avviciniamo alla fonte del rumore, che si rivela essere una ricetrasmittente che il sorvegliante tentava vanamente di usare. L'uomo viene steso da Boggs.

È in questo momento che ci accorgiamo di una squadra di Pacificatori che irrompe da una porta laterale. Sono in quattro, ma non hanno i nostri visori e devono arrabattarsi con delle semplici torce. È troppo facile per noi abbatterli, con i nostri fucili silenziati. La Jackson ne centra addirittura tre, io mi occupo dell'ultimo.

Soddisfatti per la buona riuscita dello scontro, ci dirigiamo senza indugi verso l'angolo più lontano da noi, lì c'è una porta, dalla quale potremo raggiungere i sotterranei. Sarà quella la parte più difficile della missione.

Boggs fa saltare la serratura e apre la porta. Oltre la soglia è buio pesto. Esitiamo un po', poi entriamo. Non so come faremo a orientarci qui dentro, ma il mio comandante si inoltra nei corridoi, deve aver studiato a memoria il percorso al 13. Ci muoviamo quasi senza fare rumore. Siamo dominati dalla paura e dall'ansia. Ogni angolo potrebbe nascondere un fucile puntato, una bomba. Finalmente vediamo una botola, lì sotto ci sono le segrete. Prima di forzare la lo sportello metallico, Boggs ci ricorda di infilare le maschere antigas. È Ray che poggia per terra una tanica e cala giù per l'apertura un tubo. Gira un valvola sul contenitore e sentiamo gli sbuffi del gas stordente che si propaga nell'ambiente sottostante. Con i volti protetti dalle maschere scendiamo. C'è una strana atmosfera qui sotto, tralasciando l'effetto nebuloso che si è venuto a creare con il gas. È un ambiente squallido, le pareti grigie sono sudicie, non vorrei mai e poi mai essere tenuto prigioniero qui. Incontriamo le prime celle. Sono vuote. 

Un terrore ci blocca, il terrore  che magari abbiano spostato i prigionieri aspettandosi l'attacco. No, non può essere. Non possiamo aver fatto tutto questo e scoprire che qui non c'è nessuno da salvare. Sappiamo di avere poco tempo prima che si accorgano del diversivo e cerchiamo di muoverci in fretta. Dev'esserci per forza qualche Pacificatore qui e non possiamo contare sul fatto che non abbiano le maschere. Ci dividiamo per esplorare i vari locali. Ne trovo uno particolarmente grande, non sembra una cella.

C'è un grande tavolo e addossata al muro si trova quella che sembra una cabina, più o meno alta quanto un uomo. Guardo meglio e mi accorgo che è piena d'acqua. Inoltre è collegata a un generatore. Non capisco. Continuo a guardarmi attorno. Dallo stesso generatore si stendono altri cavi, poggiati sul tavolo al centro della stanza. Lo guardo meglio e all'istante rabbrividisco, sulla superficie scorgo quelle che inequivocabilmente sono macchie di sangue. Per finire trovo coltelli affilati di tutte le misure, e pinze e forbici chiazzati di un rosso scuro.

L'orrore si fa strada in me, mi tramortisce, mi mozza il fiato, mi costringe ad appoggiarmi ansimante al muro. Ho realizzato finalmente di trovarmi nella stanza delle torture. 

Cerco di dare un senso alla cabina con l'acqua. Acqua ed elettricità... Le torture a Capitol City arrivano a questo livello? L'elettroshock, eseguito in modo che non sia letale... Mi chiedo fino a che punto possa arrivare la mente di queste persone. È anche per questo che dobbiamo vincere questa guerra. Queste barbarie devono finire, come gli Hunger Games. Il mondo non deve più assistere a tutto questo. È per questo che mi sono votato completamente alla causa.

Delle urla mi distolgono da questi pensieri. Avevo dimenticato di essere in missione, non è proprio quello che dovevo fare. Estraggo il fucile proprio mentre sento i primi spari e con cautela esco dalla stanza. 

La mia squadra è qui, poco più avanti di me e sta rispondendo all'attacco di guardie in uniforme completamente bianca. Vedo Chip cadere urlando, non ci penso due volte e apro il fuoco anch'io. Siamo in vantaggio, dopotutto i Pacificatori non possono resistere barricandosi in fondo al corridoio. Invece si ritirano dietro l'angolo. Non so cosa sperino di ottenere. 

- State indietro! - Urla Boggs prima di lanciare una granata. Ci ripariamo, l'esplosione non si fa attendere. Ray presta soccorso a Chip, Boggs ed io svoltiamo l'angolo e spariamo a qualunque cosa si muova. 

- Avete trovato qualcuno? - Chiedo al mio comandante.

- Ancora nessuno, ma dovrebbero trovarsi nelle celle più interne - Proseguiamo, il cammino ormai libero dai Pacificatori.

Eccole, le celle più interne. Boggs apre con la forza la prima, io con una fucilata faccio saltare la serratura di quella successiva e apro la porta con un calcio. La stanza è piccola e angusta, sulla panca che evidentemente funge da letto c'è una figura in penombra. Mi avvicino e riconosco in quella sagoma scheletrica, dal capo completamente privo di capelli, un'irriconoscibile Johanna Mason. Un po' di gas è sicuramente penetrato, perché lei non sembra del tutto lucida e geme appena quando la sollevo per prenderla in braccio.

- Non preoccuparti - Cerco di tranquillizzarla - Adesso è tutto finito -

Lei sembra aver capito e si abbandona tra le mie braccia.

Esco correndo dalla cella e mi ritrovo Boggs davanti che sorregge un Peeta semi-incosciente. 

- Forza! - Mi urla - Non c'è tempo! -

Poco più indietro di me vedo due soldati del 13 che stanno aiutando la fidanzata di Finnick, Annie.  Sembrano in affanno, e con un tuffo al cuore vedo che altri Pacificatori irrompono nel corridoio. Manca ancora Enobaria, non vedo nessuno che l'abbia presa. Boggs sbraita che non possiamo più farci niente. Ha ragione, ormai ogni secondo perso può significare perdere la vita.

- Correte! - Cerco di incitarli.

Boggs continua a urlare, io posso solo seguirlo, sperando di non venire colpito. La Jackson e Chip ci stanno coprendo, ma proprio mentre sto girando l'angolo verso la salvezza, sento un dolore tremendo all'altezza della spalla. 

Sono stato colpito. È una sensazione orribile, paragonabile alle frustate che ho ricevuto nel 12. Le gambe non mi reggono, comincio ad accasciarmi. È allora che arriva il secondo proiettile. Se possibile fa ancora più male del primo, il dolore è perforante e insopportabile, però non lascio Johanna. Ray mi tende la mano, la afferro e mi trascino al coperto. Mentre l'intera squadra risponde al fuoco, sento che lo stesso Ray mi esamina le ferite.

- Sei stato fortunato Gale, le pallottole si sono fermate sull'osso, poteva andare molto peggio - 

Be', poteva anche andare meglio. Aspetto che fasci la ferita, poi mi alzo immediatamente. Cavolo, se fa male. Non posso mollare. Mi sporgo dall'angolo e comincio a sparare anch'io. La situazione è sfavorevole. I Pacificatori avanzano, e a noi non resta che un'opzione: la fuga. Guidati da Boggs e dalla Jackson, torniamo indietro. 

Ormai non distinguo più niente, ai miei occhi annebbiati tutto comincia a perdere senso, posso solo seguire i passi affrettati di chi mi sta davanti. 

In breve tempo ripercorriamo il labirinto di corridoi per ritrovarci nell'atrio. È vuoto come prima e le funi sono ancora intatte. Chip e altri due soldati salgono per primi, poi sistemano le corde in modo da tirare su Johanna, Peeta e Annie, i quali non fanno alcuna resistenza. In un breve momento di lucidità capisco che se arriverà qualcuno adesso non avremo scampo, perché siamo completamente inermi e non potremmo difenderci in nessun modo. 

Non arriva nessuno. Forse hanno deciso di risparmiarci.

Sento delle voci dal tetto, i prigionieri sono arrivati. Tocca a noi.

Boggs mi aiuta, in queste condizioni da solo non combinerei nulla. La salita è lunga e faticosa, e sembra durare all'infinito, ma quando arriviamo in cima è veramente piacevole sentire l'aria fresca della notte sul viso. 

- Cosa faremo adesso? - Chiedo alla Jackson.

- Stiamo aspettando l'hovercraft. Dovrebbe arrivare da un momento all'altro -

-  Va bene, va bene, spostatevi! - Questa è la voce di Boggs, mi giro e vedo l'hovercraft che sta per atterrare, silenzioso come sempre. Si apre il portellone, saliamo sulla rampa.

Ce l'abbiamo fatta.

 

 

 

Angolo dell'autore

Ancora ciao a tutti! Ecco il secondo capitolo della storia, finalmente comincia l'azione! Solo una cosa, non mi abbandonate, perché manca ancora il terzo capitolo, il gran finale! Be', non dimenticatevi di lasciare recensioni, sia positive che negative, mi farebbero molto piacere... Buona lettura!

 

   
 
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