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Autore: sancismode    29/11/2014    2 recensioni
I miei piedi si muovono da soli, gli occhi guardano il paesaggio dell’Africa, le orecchie ascoltano il rumore degli zoccoli dei cavalli che si avvicinano.
Questo mi convince ad andare più veloce. Sorrido, l’adrenalina nelle vene.
La paura però mi rimane in petto, come un peso.
La voce dei maligni disturba la quiete dell’alba facendomi voltare indietro.
Le carrozze mi stanno raggiungendo e il sorriso si spegne. I miei polmoni non reggono più il peso del corpo.
Mi fermo.
Se vogliono prendermi, non mi opporrò.
Ambientata fra il 1757 e il 1761
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Wegkom
 

1757, Zimbabwe, Africa 
 
Cammino fino all’alba, cercando di non farmi notare da mia sorella Gete.
Scorgo con lo sguardo una fila di uomini con i polsi incatenati fra loro, camminano lenti gemendo e piangendo.
Mi guardo in torno, gli uomini stanno venendo dalla mia parte. A pochi metri da me c’è un cespuglio, se faccio in tempo posso nascondermi lì.
Sono immobile mentre quelli si fermano ad una ventina di metri dal mio corpo, mi paralizzo. Il sudore che scende dalla fronte, forse mi hanno visto.
Accanto agli incatenati, passa un uomo bianco, un maligno. Così li chiamiamo nel nostro villaggio. Li squadra con indifferenza negli occhi, che posso notare anche da qui.
Il rumore delle suole che battono sul terreno è sempre più forte man mano che finisce la fila di africani. Si ferma all’ultimo, un uomo basso. Coperto solo da un pezzo di tessuto sui genitali. Gli occhi scuri dell’africano fissano il maligno con rabbia, tanto che la mano bianca si abbatte sul viso creando contrasto.
I miei occhi si spostano col mio corpo, mi muovo piano con le ginocchia che pian piano si piegano. Mi abbasso ancora di più mentre l’uomo bianco tuona:
“Negri, siete stati scelti per servire i re Britannici” 
Penso che pochi abbiano capito ciò che ha detto, dato che ha parlato in una lingua poco comprensibile. Intanto i miei capelli si nascondono fra i grovigli in uno dei pochi cespugli là in mezzo.
Nel spostarmi calpesto un piccolo rametto, l’attenzione del maligno passa dagli incatenati nella mia direzione.
Ora posso ammirare il suo viso incorniciato da una parrucca bianca. Non è alto, come i nostri uomini, e soprattutto non è nero. Un paio di baffetti neri sopra la bocca sottile e due occhi piccoli, quasi infossati.
Non ho mai visto uomo più brutto.
Cammina verso il mio cespuglio, con passo veloce.
Tremo e poso una mano sulla mia bocca per impedire ad un urlo di uscire.
E’ ancora più vicino.
Una goccia di sudore imperla la mia fronte.
Pochi metri.
Chiudo gli occhi e penso alla preghiera di mia madre. Dankie vir die bietjie kos wat hulle gee, sal ons julle wette respekteer. Wat ook al1.
Con le mani callose apre il cespuglio fino a raggiungere il mio viso.
Il respiro è fermo, boccheggio mentre lui mi fissa incuriosito. Poi sorride.
Prende una ciocca dei miei capelli e mi trascina fuori. Mi butta per terra ed io cerco di alzarmi.
“Cosa ci fa una ragazza negra da sola, a poche ore dall’alba?”
Scuoto la testa, non capisco.
Sono spaventata, vengo tirata su dalla mano del maligno. Siamo alti uguali.
Il palmo grande si sposta sul mio seno, quasi del tutto spoglio. Chiude la mano ed io soffoco un gemito di dolore.
“Quanti anni hai? Tre? Oh aspetta ho trovato qualcosa” stringe l‘indice su uno dei miei capezzoli ed una lacrima bagna il mio viso.
Ride, gli piace la mia paura.
Gli africani rimangono in silenzio e guardano impotenti la scena.
Fra gli africani scorgo mio fratello Rahsaan, mi fissa.
Apre la bocca per dire qualcosa ma non riesco a sentire nulla. Sono pietrificata con la mano dell’uomo bianco ancora sul mio seno.
L’ultimo incatenato, quello che ha ricevuto uno schiaffo, corre verso di noi. Non capisco come abbia fatto a liberare i polsi. Quando il maligno se ne accorge è troppo tardi, l’africano è vicino.
Sento la pressione sul mio seno diminuire e il maligno cade a terra, forse ha perso i sensi.
“Nyierj, wegkom!2” non so come faccia a conoscere il mio nome, ma corro verso la fila di africani. Qualcosa mi dice che non è la direzione giusta ma voglio rivedere mio fratello.
Corro più veloce che posso, mio fratello si trova nel mezzo della fila.
Lo guardo con tristezza negli occhi.
“Kom saam met my3” gli dico sotto voce per non offendere gli altri africani.
“Nyierj gaan weg van ma, sien julle binnekort4” mi lascia un bacio sulla fronte, è finita.
Rahsaan non tornerà più a casa, mai più,
Annuisco e mi volto verso il piccolo fuoco ad un kilometro di distanza.
I miei piedi si muovono da soli, gli occhi guardano il paesaggio dell’Africa, le orecchie ascoltano il rumore degli zoccoli dei cavalli che si avvicinano.
Questo mi convince ad andare più veloce. Sorrido, l’adrenalina nelle vene.
La paura però mi rimane in petto, come un peso.
La voce dei maligni disturba la quiete dell’alba facendomi voltare indietro.
Le carrozze mi stanno raggiungendo e il sorriso si spegne. I miei polmoni non reggono più il peso del corpo.
Mi fermo.
Se vogliono prendermi, non mi opporrò.
 
 
1757 ,York, Gran Bretagna.   

Gli occhi mi si aprono dopo quelli che sembrano anni.
Non sono più nel mio villaggio, al sicuro.
La sala in cui mi trovo è coperta di seta rossa, è strano per un’africana. Mi muovo delicatamente e un leggero dolore alla schiena non mi permette di muovermi come vorrei.
Dalla mia sinistra parte uno strano rumore. Mi volto spaventata: una donna nera, suppongo della stessa età di mia madre, mi fissa con un sorriso dolce. Non la conosco.
“Ragazza, credevamo che non ti saresti mai svegliata!” mi dice. Parla la stessa lingua del maligno, mi intimorisce. Tremo e spalanco gli occhi.
“Nee, nee ek is jammer meisie. Ek het nie gedink, o my God is afgehaal5” parla in africano e finalmente riesco a capire qualcosa.
Ma non rispondo, ho troppa paura per farlo.
Non dico nulla ed esamino la stanza, di nuovo. C’è una finestra alla mia destra, vedo un paesaggio diverso dal solito. Scosto la coperta, sotto lo sguardo preoccupato dell’africana nera.
Non sono più vestita come la notte in cui sono stata portata via, indosso un vestito lungo. E’ poco pomposo, non come mi aspettavo, è sui toni del marrone ed è carino.
Mi alzo a piedi nudi e mi affaccio dalla finestra: sono affascinata. I palazzi ricoprono quasi tutta la superficie della terra. Le persone camminano spensierate con i sorrisi sulle facce. Per un attimo fra la folla scorgo mia madre, scuoto la testa. Impossibile.
Capisco che mi manca.
Inizia un piccolo dolore al cuore, come se dei pezzi si fossero spaccati.
Non rivedrò più Rahsaan, o Geta o la donna che mi ha messo al mondo.
Sono prigioniera di altri uomini.
Arrivo alla soluzione con tristezza e mi giro. La donna è ancora lì, rifacendo il letto dove ho riposato.
"Nyirej" sussurro il mio nome per presentarmi. La nera sorride, mentre alza il capo. Penso sia felice perché abbia parlato.
“Jwan” la sua voce risulta più alta della mia e molto più sicura. Lascia un attimo le lenzuola. Porta entrambe le mani sulla noce del collo e fa un mezzo inchino.
Anche nel mio villaggio facevamo così.
Ripeto lo stesso movimento, con meno grazia di Jwan.
Rischio di far cadere un orologio da sopra una lavorazione di legno. Jwan ride forte ed io la seguo. La sua risata è molto più acuta della mia.
Sento due colpi alla porta facendomi smettere di ridere, la donna si muove per aprire la porta.
Si presenta un ragazzo di pallida carnagione, con i capelli biondi e gli occhi azzurri. E’ molto bello. Non è alto, ma nemmeno tanto basso.
“Jwan, vedo che la nostra ospite è sveglia” ha una voce dolce e calda, ma delle sue parole riesco solo a distinguere il nome dell’africana.
“Si Niall, è sveglia da poco. Si chiama Nyierj, è spaventata non fate mosse avventate” penso che gli abbia raccomandando qualcosa, sono confusa. Non mi piace quando non so di cosa stiano parlando.
Cammino piano verso il letto e mi siedo sopra al tessuto rosso. Jwan si sposta permettendomi di vedere ancora una volta il ragazzo. Si abbassa all’altezza della donna e le sussurra qualcosa. Jwan scuote la testa sconsolata.
“Io mi chiamo Niall, è un piacere vederti sveglia” scuoto la testa, nessuno riesce a capire che parlando in questo modo mi cresce l’emicrania.
Jwan posa una mano sulla spalla del ragazzo che si è avvicinato e traduce ogni sua parola in africano.
Annuisco, appuntandomi in mente il nome del ragazzo.                             
Poi mi ricordo di mio fratello portato via e miei occhi si tramutano in un pozzo di rabbia.
“Waar is my broer Rahsaan? Jy het hom vuil euwels?6” sbotto con rancore.
Jwan scuote il capo sconsolata e parla a Niall timorosa.
La sua mano si sposta sul mento dove cresce una leggere barba bionda, poi fa un cenno di dissenso.
Non lo sa, nessuno sa nulla. Mi sento sola, quasi tradita.
Mi alzo con uno scatto facendo spaventare l’africana e il ragazzo e cammino verso la finestra.
Volto un attimo la testa e il riflesso del mio viso mi colpisce.
Le trecce fatte da Anouk, una delle anziane del villaggio, sono ancora intatte tranne per qualche capello fuori posto. Il mio orecchio destro è ancora bucato sul lobo, gli occhi sono stanchi con occhiaie deboli. La mia pelle scura fa contrasto con i colori della camera.
Sta per iniziare una nuova vita, senza Rahsaan, senza Geta e senza Yejide, mia madre.
E cercherò di viverla a pieno.
 
Ho imparato a parlare in inglese. La loro lingua.
So poche parole, ma tutte mi piacciono molto. Ho stretto amicizia con Jwan, è una donna simpatica. Con Niall ho scelto un buon rapporto, mi piace.  
Ora sono seduta sul letto del ragazzo a inculcare qualcosa di africano nella sua testa. Finalmente sono io ad insegnare qualcosa agli altri.
“Come si dice ‘ti voglio bene’ nella tua lingua, Nyierj?” mi chiede con un grosso sorriso.
“Ek is lief vir jou” gli traduco alzandomi per chiudere le tende.
E’ divertente stare qui, Niall non mi tratta come se fossi una sua schiava. Mi tratta come se fossi un’amica e questo mi sta più che bene.
Tutti nel palazzo mi conoscono, ormai. Niall mi presenta con orgoglio ed è felice che io sappia parlare inglese.
Qualche volta mi manca, la mia famiglia, intendo.
Ci penso sempre.
“Allora… Nyierj, ek is lief vir jou” pronuncia con un accento strano. Scoppio a ridere e mi volto verso di lui. Ha un’aria divertita anche lui.
“Hai sbagliato pronuncia Niall! –lo rimprovero- ma è un gesto carinissimo” concludo avvicinandomi per prendergli la mano.
Dalla faccia contrariata che aveva quando l’ho corretto è passato ad una faccia spensierata.
La sua espressione mi fa pensare a mio fratello.
Mi ricordo di quando ci facevamo il bagno nel fiume e schizzavamo l’acqua sui nostri corpi. Le goccioline che brillavano sui nostri corpi scuri. I sorrisi sui nostri volti.
“Nyierj ho una sorpresa per te”
Annuisco senza pensarci troppo.
Mi prende per mano e mi trascina su facendomi alzare. Apre la porta velocemente e mi trascina fuori. Osservo ancora una volta le pareti colo marrone chiaro per la millesima volta. Il rumore delle nostre scarpe rimbomba per tutto il corridoio. Gli amici di Niall ci guardano e ci salutano.
Arriviamo ad una porta che non ho mai aperto. Prende la maniglia e la porta si apre.
Le pareti sono grigie, scure e vecchie. Non mi piace quella stanza, è tetra.
Un colpo di tosse mi risveglia dallo stato pensieroso che ho assunto.
Al centro della stanza c’è un uomo nero. E’ alto, i capelli scuri e gli occhi del medesimo colore.
E’ vestito come gli uomini del palazzo.
Lascio la mano di Niall e la porto alla bocca. Poche volte faccio quel gesto e solo in occasioni speciali.
Corro verso l’uomo e mi lascio abbracciare.
Mi sono mancate le sue braccia calde. Mi è mancato averlo a pochi centimetri di distanza.
“Rahsaan” mormoro contro il suo petto.
Non riesco a parlare, la felicità è immensa.
“Ho imparato a parlare Inglese, visto?” mi dice. Rido dopo tanto tempo con lui. Ha un accento strano, come il mio.
“Mi sei mancato!” esalo sempre in inglese per far capire quello che diciamo a Niall. Così stordita non sono riuscita a ringraziarlo, lo farò dopo.
“Sai Niall mi ha liberato dallo schiavismo. Ma Geta e mamma non c’è l’hanno fatta, mi dispiace” sapevo che avremmo dovuto parlare di questo argomento, ma non così presto.
Scuoto il capo da destra a sinistra facendogli comprendere che non voglio parlare di queste cose, non adesso. Lui non parla più e mi stringe ancora.
Guardo per un secondo Niall che sta sorridendo nella mia direzione e gli mormoro un grazie in africano.
Mi capisce.
 
E’ notte fonda, i grilli muovono le zampe provocando rumore.
Non riesco a chiudere occhio.
Penso e ripenso a quello che mi ha detto Rahsaan “Ma Geta e mamma non c’è l’hanno fatta, mi dispiace”. Piago lacrime amara, sono felice di averlo rivisto ma non ero pronta per scoprire la verità su mia sorella e mia madre.
Metto i piedi nudi sul pavimento e mi avvicino alla porta che si apre con uno scricchiolio che si espande per tutto il corridoio. Cammino veloce verso la camera di Niall, scontrandomi con qualche domestica.
Appena la raggiungo busso con timidezza. Una voce dolce mi dice di entrare.
Quando capisce che sono io si tira su.
“Nyierj, cosa ci fai qui?” mormora scostando le coperte e avvicinandosi al mio corpo.
“Io, non riuscivo a dormire Niall. Mi dispiace di averti svegliato” dico in procinto di uscire e andarmene.
“Non preoccuparti, vieni dai” dà una pacca sul letto e mi fa spazio. Mi avvicino e mi stendo accanto a lui. Mi copre con la coperta e mi tira a sé.
Poggia le labbra sottili contro la mia fronte e per un po’ rimaniamo così.
Non parliamo, a noi non servono le parole per capirci.
Mi sento al sicuro quando sono con lui, ma non riesco a prendere sonno.
Sento le labbra staccarsi dalla mia fronte e gli occhi di Niall che mi scrutano. Alzo anche io il capo e la mia terra si scontra col suo mare.
Si avvicina piano, sono nervosa. E’ il mio primo bacio, ma non mi tiro indietro.
Le nostre bocche si sfiorano, poi si uniscono in un contatto dolce.
Si muovono in contemporanea, facendo unire le nostre lingue. Porta le sue mani suoi miei fianchi e sposta il mio corpo su di lui.
Si mette a sedere muovendo anche me. Le nostre bocche si sfiorano, ancora e ancora.
Questa notte mi sento libera e adorata.
 
 
1761, St. Augustine, Stati Uniti.
 
“Tani! Tesoro, vieni dalla mamma” urlo a mia figlia.
Mi sono trasferita negli Stati Uniti con Niall e abbiamo formato una famiglia. Tani la più grande è nata dalla notte nel palazzo in Gran Bretagna.
A seguire ci sono i due piccoli di casa: Samir e Hafiz.
Tutti e tre sono mulatti, la piccola ha i capelli scuri come i miei mentre i due hanno i capelli biondi presi da Niall.
“Mamma! Papà vuole farmi ridere” sorrido, mi piace il rapporto che hanno Niall e Tani.
Li vedo correre verso di me, la piccola mi supera mentre mio marito si ferma per darmi un bacio sulle labbra. Gli angoli della bocca si incurvano verso l’altro.
Mi piace questa famiglia.
Non sono riuscita a scappare quella notte e non mi pento di nulla.


 



Note
1 – Grazie per il cibo che ci doni, caro Dio. Anche se è poco.
2 – Nyierj scappa!
3 – Vieni con me.
4 – Vai da mamma, noi ci rivediamo presto.
5 – No, no scusa ragazza. Oh mio dio, mi dispiace così tanto.
6 – Dov’è Rahsaan? Cosa gli avete fatto voi maligni?  
 
Ci tengo a precisare una cosa, queste note qui sopra sono le traduzioni delle frasi in africano.
Ora passiamo al capitolo, l’ho letteralmente partorito. Volevo parlare dello schiavismo nero, ma questa one shot non è all’insegna dello schiavismo.
Ho trattato il tema dello schiavismo con molta leggerezza e in primo piano ho messo una storia fra due ragazzi: Nyierj e Niall.
Per il personaggio di Nyierj ho scelto Erinn Westbrook, di cui metterò la gif a fine capitolo.
Non so se ho descritto al meglio quello che è successo.
Niall non c’entra assolutamente con la storia, è solo per darvi l’idea del personaggio maschile.
Ma ricordate che 2678 sono difficili da scrivere. 
iisjight.

   
 
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