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Autore: ilovebooks3    30/11/2014    3 recensioni
Una raccolta di one shots per immaginare le nuove vite di Jane e Lisbon immediatamente dopo il finale della sesta stagione.
Perché la tempesta è finita, ed entrambi si meritano un po’ di arcobaleno.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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SUNSHINE IN A GREY MORNING
 

Si sa: Teresa Lisbon non è mai stata particolarmente mattiniera.
Il fatto che, da molti anni, sia purtroppo costretta a fingersi tale è un altro discorso che non cambia lo stato delle cose. Alzarsi quasi all’alba e non mandare al diavolo la sveglia ogni mattina rientra nei suoi doveri di poliziotto. Ci si è quasi abituata, tutto sommato. Perché lei è un tipo piuttosto adattabile, anche questo si sa.
Ma non si può certo affermare che le levatacce le piacciano. Infatti, per sconfiggere il sonno e il malumore (e per non commettere lei stessa un omicidio), ha quotidianamente bisogno di una massiccia dose di caffè, buono, forte e bollente.
Questa volta, però, la situazione è molto diversa: sono quasi le 6 del mattino e Teresa è sveglissima. Addirittura di buon umore. Senza tracce di caffeina in corpo.
Evento eccezionale.
Il merito è tutto della testa bionda che spunta da sotto il lenzuolo, poco distante da lei.
Evento eccezionale anche questo.
Sembra un angelo, pensa la poliziotta in un eccesso di sentimentalismo.
Beh, Teresa non avrebbe mai immaginato che un giorno avrebbe attribuito di sua spontanea volontà quella parola all’irritante consulente.
Eppure, tutto sommato, lo è davvero. Uno strano e adorabile angelo. O almeno per lei.
Ok, in realtà Patrick Jane non è solo quello.
La poliziotta arrossisce ripensando a ciò che è accaduto stanotte, poche ore fa. A tutta la dolcezza e a tutta la passione che si sono scambiati. Sembra incredibile che sia successo davvero, eppure era anche qualcosa di inevitabile. Di buono e giusto.
Ha sempre pensato che questa fosse solo una di quelle frasi fatte da romanzetto rosa, ma non si è mai sentita così completa. E protetta. E felice. Come se la sua anima (ok, in effetti anche il suo corpo) avesse ritrovato la sua metà perfetta.
Teresa solleva la testa, puntellandosi sui gomiti e sporgendosi verso il suo affascinante compagno di letto.
Osserva i riccioli scompigliati (da lei), gli occhi chiusi e il viso mal (o ben, dipende dai punti di vista e a Lisbon piace il nuovo look di Jane) rasato. Segue con lo sguardo le sue piccole rughe ad una ad una, quelle intorno agli angoli degli occhi e quelle sulle guance: sembrano rassicuranti strade disegnate su una mappa. Vorrebbe percorrerle con le dita, per capire se tutto questo è reale, ma non ha alcuna intenzione di svegliare il bell’addormentato. Quando dorme sembra così innocuo. Vorrebbe perdersi per sempre tra quei sentieri, e forse lo farà davvero. In effetti l’ha già fatto. Sono strade tortuose simili a quelle che li hanno condotti uno tra le braccia dell’altro. Finalmente.
Patrick Jane è bellissimo. Beh, questa non è certo una novità, e Lisbon ha sempre pensato qualcosa del genere. In effetti bisognerebbe essere cieche per non farlo.
Però non lo ha mai visto così bello come in questo momento. Forse perché ha un’espressione estremamente rilassata, rara per lui. O forse perché ora è davvero suo.
È un pensiero egoistico questo, Santa Teresa se ne rende conto e se ne vergogna immediatamente. Se potesse si prenderebbe a ceffoni, o si arresterebbe. Non è abituata a pensare a se stessa e non le piace, non le sembra un atteggiamento corretto.
Però è umana. E gli umani sono egoisti per definizione. Istinto di autoconservazione. Come può una piccola donna insignificante come lei essere così presuntuosa da pretendere di essere diversa? E poi non sarà pure un suo diritto godersi, finalmente, un po’ di felicità?
Poi si dà della stupida. Forse sta correndo troppo. Ieri sera Patrick è stato suo, è vero, e stanotte lo è stato più che mai, ma stamattina? E domani? E dopodomani?
Jane, da un certo punto di vista, è sempre stato suo, eppure non lo sarà mai davvero. Non appartiene solo a lei, Teresa lo sa e lo accetta. È giusto. Ma è doloroso.
Dopo una manciata di secondi riesce a scacciare questo pensiero fastidioso e inopportuno. Lui è qui ora, con lei, nel suo letto.
Ha voluto lei quando è tornato negli Stati Uniti.
Ha voluto lei quando è salito su quell’aereo.
Ha voluto lei stanotte.
Vorrà lei anche domani, semplicemente perché la ama: questo ormai la poliziotta crede di saperlo, nonostante la proverbiale imprevedibilità del consulente.
E a Lisbon questo basta, e basterà sempre.
Non può, però, non avere paura di ciò che proverà Patrick quando si sveglierà. Di ciò che sentirà nella parte più intima del suo cuore. Di ciò che le dirà. Del sorriso che le rivolgerà. Teresa in un attimo capirà tutto: ok, non sarà una mentalista, ma conosce Jane come le sue tasche ormai. E forse addirittura meglio.
Dopotutto è la prima volta che fa davvero l’amore con una donna, dopo sua moglie. È stato proprio lui a dirglielo, stanotte, prima di crollare tra le braccia di Morfeo ( e quelle di Lisbon). La relazione con Lorelei era stata un’altra cosa, indefinita forse, ma ben lontana dall’amore. Teresa Lisbon doveva essere, e infatti è stata, la prima.
Ma, proprio per questo, il senso di colpa potrebbe divorarlo. La sensazione di aver tradito sua moglie, tradito davvero, spiritualmente e fisicamente, potrebbe riaffiorare da un momento all’altro, e Teresa non lo potrebbe biasimare per questo; anzi, lo comprenderebbe, e vorrebbe tanto che lui si sentisse libero di dirglielo con sincerità. Le si spezzerebbe il cuore, forse, ma questo è un altro discorso e riguarda lei: qui è di Jane che si parla, del suo ritrovato equilibrio mentale, e il resto non è poi così importante. Chi è lei per distruggere la fragile tranquillità che il mentalista si era appena ricostruito con fatica?
Eppure Jane sembrava sereno e appagato tra le sue braccia. Felice, quasi. Poi si era addormentato. E sembra aver passato una notte tranquilla. Strano, visto che non dorme mai.
Teresa, invece, non ha chiuso occhio, tutta presa a controllare il sonno di Patrick e i battiti impazziti del proprio cuore.
Ma, nonostante la privazione di riposo, ora è attiva come se avesse dormito dodici ore di seguito. O come se avesse trangugiato un litro di caffè. Sarà l’effetto dell’amore.
Amore. Già. Quella parola che, ormai, non le fa più paura. Quella parola che spera con tutto il cuore non faccia più paura neanche a Patrick.
Come è abituata a fare quando le cose vanno molto bene o molto male, Teresa Lisbon si rivolge a Dio.
Lo ringrazia per averle fatto incontrare Patrick Jane; per averle dato la forza di amarlo, giorno dopo giorno; per averle donato la giusta dose di follia per aspettarlo; per aver donato a lui la forza di superare il suo dolore; per aver risparmiato la vita di Jane, in più di un’occasione; per avergli permesso di uccidere colui che gliel’aveva distrutta (è vero, è quasi una bestemmia ringraziare Dio per un omicidio, ma, per quello che riguarda John il Rosso, l’etica di Lisbon nell’arco degli ultimi dodici anni ha subito un lento e invincibile sconvolgimento); per averla fatta scendere da quell’aereo; per averle regalato questa notte e, spera, molte altre notti come questa.
Dell’ultimo pensiero si vergogna subito: non sta bene, forse, includere in una preghiera qualcosa di così carnale. Ma poi ammette che ciò che è successo non si può definire esclusivamente fisico: è l’unione intima tra due persone che si vogliono bene, e il corpo non è altro che un (piacevole) dettaglio. In questa prospettiva anche questa notte è stata una dimostrazione dell’amore di Dio. Quindi ha tutto il diritto di rientrare nei suoi ringraziamenti.
Fuori diluvia. Lisbon riconosce chiaramente il ticchettio della pioggia e il rombo di un tuono lontano. Non filtra luce dalla tapparella, solo un grigiore plumbeo ben poco allegro.
Ma d’altronde, pensa Teresa, il suo sole personale lei ce l’ha proprio accanto.
 
********
 
Nel frattempo, il sole in questione sta facendo la cosa che gli viene meglio: fingere di dormire.
In questo modo può ammirare a suo piacimento il viso della donna meravigliosa che sta guardando lui.
Ci casca sempre, povera Lisbon. Non ha ancora capito che quello è il suo trucchetto preferito, quello a cui mai rinuncerà, nonostante i buoni propositi di essere una persona migliore.
Teresa è bellissima, e anche emozionata, lo capisce dagli occhi lucidi e dal piccolo tremito delle labbra. Eppure è tranquilla, lo intuisce dalla fronte spianata e dal respiro rilassato. Sembra felice, serena. Possibile che sia per merito suo? Per merito di un truffatore egoista che (grazie al cielo, o quello che si dice in questi casi) non ha saputo lasciarla andare?
E come si sente ora il truffatore?
Patrick riflette, soppesando le proprie sensazioni.
Sta bene. Benissimo. Perfettamente.
Questa notte ci sono stati solo lui e Teresa: nessun fantasma del passato, nessun dolore, nessun rimorso, nessun rimpianto.
Forse non dovrebbe sentirsi così in pace, con se stesso, col suo vissuto, e col mondo. Forse dovrebbe essere divorato dal senso di colpa. Come è stato in questi dodici anni, anzi, ancora di più, visto che ha violato il suo patto di castità, fisico, mentale e sentimentale.
Eppure non può. È successo ciò che era giusto succedesse. Con la donna che ama follemente e che gli ha restituito la vita. Non ci può essere colpa in questo.
Riconosce il velo di preoccupazione negli smeraldi che gli stanno trafiggendo l’anima credendolo ancora addormentato. Jane lo sa, Lisbon teme la sua reazione e le sue emozioni; per lui, non per lei. Forse pensa che si sia pentito di questa notte. Che sciocchezza! È la cosa più bella che gli sia successa negli ultimi dodici anni. Seconda solo all’averla baciata per la prima volta, in quella cella di detenzione all’aeroporto.
Ora vuole solo rassicurarla. E guardarla apertamente. E baciarla di nuovo.
Apre gli occhi, all’improvviso, cogliendo Teresa di sorpresa.
«Buongiorno», le mormora con voce impastata.
«Non stavi dormendo?», chiede la donna indietreggiando, leggermente infastidita da questa inattesa svolta.
«Dovresti aver imparato che non dormo mai», le spiega, strizzandole l’occhio.
«Non è del tutto vero. Stanotte hai dormito», commenta lei, inarcando le sopracciglia nella più classica espressione alla Lisbon.
«Sì, stanotte ho dormito come un sasso e il merito è tuo».
Teresa arrossisce e sorride dolcemente. «Da quanto sei sveglio?»
«Da abbastanza tempo per vederti mentre ammiravi la mia affascinante faccia».
«Non stavo ammirando proprio niente».
«Io invece sì, ammetto che lo stavo facendo». E il suo sguardo corre alle labbra di Teresa, e poi di nuovo ai suoi occhi.
Tentando di nascondere l’imbarazzo di essere stata colta in fallo (che sta chiazzando di rosso il suo viso), Lisbon va dritta al punto. «Come stai?», gli chiede, titubante ma decisa ad affrontare la realtà. Qualunque cosa succeda.
«Bene», risponde Jane, con sicurezza.
«Davvero?»
«Mai stato meglio. Questa volta sul serio».
Teresa, per un attimo, non dice nulla. Si gode il silenzio pieno che segue l’eco di quelle parole che l’hanno appena resa felice. «Mi fa piacere», commenta dopo un po’.
«E tu?», chiede lui, con una punta di apprensione nella voce.
«Mai stata meglio», risponde con piglio dolce e deciso insieme.
«Bene. È una fortuna».
Si sorridono, incapaci di discorsi di senso compiuto. Intanto quel sorriso dice già tutto quello che vogliono dirsi.
Poi un’ombra attraversa il viso di Teresa. «Temevo che tu…insomma…fossi pentito…»
«Pentito? Oh no, niente affatto, Lisbon».
«Pensavo che…ecco…è normale se hai rivissuto il passato…». Non sa trovare le parole più adatte, ma vuole fargli capire che lei è lì, per lui, sempre; anche nel caso le stia per dire qualcosa di spiacevole.
«Oh, ti assicuro che ero troppo impegnato».
«Insomma, Jane, voglio dire che ti capisco se stanotte ti ho fatto riaffiorare dei ricordi. E va tutto bene. Per me, intendo. E spero anche per te».
«Va tutto molto bene. Grazie».
«Quindi non sei pentito», ripete Lisbon, quasi tra se’ e se’, come per autoconvincersi di quella risposta inattesa e sperata.
«Ci si può pentire di respirare? No. Allo stesso modo non posso pentirmi di amarti, Teresa. Il resto c’è, ovviamente, ma in un modo diverso. E non ora. Quando sono con te va tutto bene». È raro sentire dalla bocca di Patrick Jane una frase così diretta, pronunciata con voce profonda e rotta per l’emozione.
La donna abbassa lo sguardo, beandosi della dolce sensazione di non essere stata respinta per l’ennesima volta dal muro di difesa costruito dal mentalista; ripetendosi che è tutto perfetto, e che potrebbe perfino morire di felicità, in questo momento. Pensieri poco razionali e poco da agente federale, eppure suoi. Perché Lisbon è, prima di tutto, una donna che desidera essere amata dall’uomo che adora (a propria insaputa) da dieci anni.
«E tu? Sei pentita?», chiede Patrick, lievemente preoccupato dal mutismo di lei.
«Oh, direi proprio di no», risponde Teresa, sorridendogli con intensità.
«Certo, forse ero un po’ fuori allenamento», commenta il consulente con malizia, allo scopo di provocarla.
«Oh, direi che non te la sei cavata affatto male», ribatte lei con lo stesso tono.
«E d’ora in poi avremo molto tempo per allenarci».
«Idiota».
«Ecco, riesci a insultarmi perfino in questa situazione. Sei crudele Lisbon», cerca di impietosirla lui, sfoderando l’espressione da cucciolo ferito.
«Lo so che ti piace farmi arrabbiare. E tu sai che ti insulto perché sono pazza di te. È strano che non me l’abbia ancora rinfacciato negli ultimi cinque minuti», dice Lisbon, alzando gli occhi al cielo. È bello essere finalmente onesta, con se stessa e con il diretto interessato, su ciò che prova.
Patrick è stupito dell’inattesa franchezza di Lisbon riguardo i suoi sentimenti. «Sono un gentiluomo, lo sai», risponde meccanicamente, in realtà molto lusingato da ciò che Teresa le ha appena rivelato. Lo sapeva, naturalmente. Ma sentirselo dire fa tutto un altro effetto.
Lei si avvicina al viso di Patrick e gli accarezza le labbra con le sue. «Lo so».
Jane non perde l’occasione di approfondire quel bacio inatteso. «Un gentiluomo innamorato di te».
«So anche questo».
Patrick cinge la vita di Lisbon e l’attira a se’. Lei appoggia la testa sul suo petto, rendendosi conto che il proprio cuore non è l’unico a battere furiosamente. Stanno così per un tempo indefinito.
Fino all’odioso suono della sveglia che rompe il romantico idillio.
«No!», borbottano all’unisono.
«Maledetta sveglia!», rincara Lisbon, incavolata nera. Avesse la sua pistola a disposizione  trasformerebbe quell’importuno aggeggio in un colabrodo.
«Il lavoro ci chiama», commenta Jane, rassegnato.
«Ne sembri quasi contento», sottolinea la poliziotta, un po’ dispiaciuta di quella reazione ragionevole.
«Non potrei esserlo meno di così, ti assicuro», mette in chiaro lui, accarezzando i buffi (e tenerissimi) capelli scompigliati di Teresa.
Lavoro. Ovvero la dura realtà. Qualcosa che non deve avere nulla a che fare con carezze del genere, e, tanto meno, baci. Teresa assume un cipiglio ironicamente (ma neanche troppo) autoritario. «Jane, a proposito, niente di tutto questo sul lavoro, oppure giuro che…»
«Sì, ho capito, come minimo mi spetterebbe un bel pugno sul naso».
«Esatto. Come minimo. Ho anche una pistola. Anzi più di una».
«Tesoro mio, ora ti preparo un buon caffè, altrimenti non so se arriverò vivo all’FBI: potresti uccidermi molto prima».
Tesoro mio. Lisbon non sa se potrà mai abituarsi a quelle due parole, se pronunciate dal signor Jane. Il suo cuore, decisamente, non può, considerata la capriola con doppio salto mortale che ha appena fatto. «Deduco che stamattina ti degnerai di venire con me», butta lì.
«Certo. Siamo partner, ricordi?», risponde lui, citando ciò che nel passato si sono detti spesso, a volte come minaccia, a volte come rassicurazione.
«Già. Una bella squadra, il più delle volte», ribatte lei, ricordandosi quella frase che lui le aveva detto quando aveva saputo del suo trasferimento. Non rompere la squadra, le aveva chiesto. E lei non lo aveva fatto. Non poteva.
«Direi sempre. E per sempre», aggiunge Jane, guardandola intensamente negli occhi, per convincerla dell’assoluta veridicità delle sue parole.
«Oggi potrei perfino non avere bisogno del caffè. Per mettermi di buon umore potrebbe bastare quello che hai appena detto. Per ora», dichiara l’ex caffeinomane, mentre si alza a malincuore da letto. È dura lasciare quel caldo giaciglio in cui è ancora coricato il suo mentalista preferito.
«Meglio non rischiare. Te lo preparo io», propone Jane, alzandosi a sua volta. Il letto non è più un bel posto se Lisbon è assente.
«Grazie. E io, intanto, ti preparo il tè», promette Teresa.
Patrick è colpito da tale inattesa gentilezza da parte di una donna che, normalmente, prima delle 9 del mattino brontola e rifugge ogni dialogo civile. «Oh. Grazie».
È bello prendersi cura l’uno dell’altro.
Si coprono alla bella e meglio con i primi indumenti che trovano e si catapultano giù per le scale, verso la cucina, dove cominciano ad armeggiare tra tazzine, caffettiera, bollitore e sbadigli.
Alla fine la missione è compiuta: in tavola troneggiano due fumanti tazze.
«Siamo una bella squadra tra i fornelli», ammette Lisbon.
«Meh, direi anche in altri vani della casa più interessanti», accenna l’altro, maliziosamente.
Un biscotto volante colpisce il naso di Jane.
 
**********
 
È bello fare colazione insieme. Allo stesso tavolo. Chiacchierando e stando in silenzio; sorridendo e stuzzicandosi. Dopo aver dormito (e aver fatto altre piacevoli attività) insieme. Prima di andare al lavoro. Insieme, anche quello.
Sorseggiano tè e caffè il più lentamente possibile, vogliono godersi al massimo questo magico momento, sorprendendosi di quanta magia possa essere contenuta in una banalissima tazza.
Poi litigano per il bagno («Prima io, sono un’agente federale», «No prima io, e guarda che non sei più il mio capo»), perché in una ventina di minuti devono essere pronti per affrontare una giornata all’FBI. Insieme, tanto per cambiare.
Patrick sa perfettamente che Lisbon è rapidissima a prepararsi, che si tratti di andare in ufficio o a un appuntamento romantico; a parte, nel secondo caso, un filo in più di mascara e di lucidalabbra. Ma lei è perfetta così, al naturale, anche dopo un’intera giornata di interrogatori o al mattino appena sveglia (come ha potuto constatare il mentalista di persona negli ultimi due giorni).
In realtà Teresa non pensa affatto di essere perfetta, solo non ha tempo da perdere in futili, ed evitabili, attività. Certo, le piace prendersi cura di se stessa, ad esempio con un lungo bagno caldo o con una crema nutriente profumata, le piacciono le camicette verdi perché le valorizzano gli occhi, e adora quello shampoo alla fragola che le rende così morbidi i capelli; di solito, per mancanza di tempo, il suo rituale di bellezza si ferma a questo, spingendosi a comprendere, ma solo in casi selezionati, un trucco naturale e delicato. Come lei. Che odia tutto ciò che è artificio, tanto più sul proprio viso. A volte si sente diversa dalle altre donne, tutte innamorate del fondotinta abbronzante, del parrucchiere e del tacco 12. Ma ignora ( errore ovviamente non commesso da Patrick) che la maggior parte delle altre donne impiega ore per essere belle neanche la metà di quello che è Lisbon.
Dal canto suo, in tempi non sospetti, Teresa aveva immaginato che il damerino Jane passasse ore davanti allo specchio a sbarbarsi, a pettinarsi i riccioli e ad aggiustarsi il completo a tre pezzi.
Forse, un tempo lo faceva davvero. Ora sarà l’influenza hippy dell’isola messicana, ma il biondissimo consulente non sembra badare più di tanto al proprio aspetto. Anche perché non ne ha bisogno.
È bello anche appena sceso dal letto, con quell’aria stropicciata e distratta, o forse perfino di più.
E in bagno è rapidissimo. La cosa irritante, invece, è quello che fa al dentifricio. Schiaccia il tubetto senza pietà, spalmando la maggior parte del contenuto sul lavandino; e l’altra parte sulla mano. Senza poi rimettere il tappino al suo posto.
Teresa lo coglie proprio in flagranza di reato, spalancando la porta del bagno in cerca della spazzola per cercare di domare i suoi capelli indisciplinati.
«Jane! Cosa stai facendo a quel povero dentifricio??»
«Non ti preoccupare, ora sistemo tutto», la rassicura, cercando di pulire le chiazze bianche, ottenendo solo di allargarle, e chiudendo il tubetto ormai distrutto.
Entrambi scoppiano a ridere nello stesso momento. Sono davvero una coppia se litigano sul tappo del dentifricio. Una piacevole e ovattata sensazione di complicità li avvolge.
Subito rotta impietosamente dal solito Jane. Che molla l’arma del delitto, precipitandosi giù per le scale al grido di «Guido io».
«Non ci provare!», lo rincorre Teresa, raggiungendolo nell’entrata.
«Troppo tardi», sussurra Patrick con l’aria da mascalzone che l’ha appena combinata grossa.
«Non credo proprio», sussurra lei, tirando fuori le chiavi dalla tasca dei propri jeans.
«Come hai fatto? Te le avevo prese prima». Il mentalista, incredulo, fruga nella tasca della giacca e la trova vuota. I suoi trucchetti non falliscono mai. Tanto meno con Lisbon.
«Ti ho fregato», rincara la dose lei, tutta esaltata. È la stessa eccitazione che aveva provato quando aveva decifrato quel codice, sulla spiaggia di Miami, prima di Jane. Cioè, quando aveva creduto di decifrare quel codice prima di lui. Semplicemente perché Jane l’aveva direttamente inventato. Per ingannarla.
Questa volta, però, la sua soddisfazione è autentica. A meno che non sia tutto un piano di Patrick per farle piacere, cosa di cui dubita fortemente. Ha l’autentica aria da bambino deluso.
«Devo ammetterlo. Sto perdendo il mio smalto», ammette il mentalista con un’aria mogia, in contrasto col sorriso che gli sta illuminando il volto (e l’intera stanza).
«Forse sono una buona allieva», lo prende in giro la poliziotta, stupendosi della propria furbizia.
«Sono colpito, Lisbon, davvero». Molto di più: è fiero di lei.
«Andiamo, altrimenti se arriviamo in ritardo poi chi lo sente Abbot?»
«Oh, Abbot ha sempre tifato per noi». L’inquietante immagine di una fata madrina vestita d’azzurro col faccione di Dennis prende forma nella mente di entrambi. Meglio pensare ad altro per evitare di scoppiargli a ridere in faccia appena lo vedranno.
«Sì, ma può anche licenziarci».
«Touché».
Escono di casa, chiudono la porta, e solo allora si ricordano che sta diluviando.
«Non ho preso l’ombrello», dice Teresa, facendo il gesto di tornare dentro a prenderlo.
Patrick la trattiene, prendendola per mano. «Oh, non importa. È divertente correre sotto l’acqua. Ricordi?», sussurra con dolcezza, strizzandole l’occhio.
«Certo», assicura lei, mentre un sorriso ebete prende forma sul suo viso.
«Pronta?»
«Via».
Non lasciandosi la mano si lanciano impavidi nel diluvio, verso la macchina. Ridono di cuore, sereni e allegri. Insieme è bello anche correre sotto la pioggia.
Poi si separano a malincuore. Teresa apre la portiera e si siede al posto del guidatore. Patrick sta aspettando ancora sotto la pioggia, bussando sulla carrozzeria per sollecitare Lisbon. Solleva il viso e spalanca la bocca, come per bere la pioggia che lo sta bagnando. È un gesto che gli trasmette una gradevole sensazione di libertà. È un deja vu. Una volta era avvenuta la stessa scena. E si erano presi incredibilmente per mano, senza neanche capire perché per entrambi era stato così spontaneo farlo. Sembra un secolo fa e, in effetti, è così.
Teresa, un po’ tentata di aspettare ancora qualche secondo ad aprire la portiera per fare un bello scherzetto al suo partner e farlo infradiciare definitivamente, in realtà lo fa entrare quasi subito. Non vuole certo che Patrick si prenda un raffreddore!
Il mentalista sale in macchina, gocciolando.
«Poveri noi, che giornata», commenta Lisbon.
«Oh. Perché?», chiede ingenuamente Jane.
«Piove, te ne sei accorto?», gli chiede, un po’ sarcastica.
«Veramente no», risponde lui come se fosse la cosa più scontata del mondo.
«Sei impazzito?». Forse tutta quell’acqua ha annegato il cervello di Jane.
«No», risponde Patrick con semplicità. Poi fissa intensamente Teresa per qualche istante, sfoderando un enorme sorriso, dedicato solo a lei. «Io, a dir la verità, il sole lo vedo».





 

 

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Angolo dell'autrice:  Ciao!!! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Ho un po’ di idee sulle prossime one-shots, ma temo non riuscirò a dedicarmici come vorrei, con la mente tutta presa da quello che vedremo nella settima stagione. *_* Ci proverò, e spero di pubblicare presto. In ogni caso la storia continuerà di sicuro, solo non so quando e con quali scadenze, dal momento che finora la mia sola esperienza è stata scrivere a stagione conclusa.
Grazie a chi finora ha letto/seguito/ricordato/preferito/recensito! Mi avete dato un grandissimo incoraggiamento: spero di non deludervi con il prosieguo della storia e che scuserete eventuali ritardi indesiderati! Buona settima stagione a tutti e a presto :)
  
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