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Autore: StClaire    01/12/2014    7 recensioni
Bianca ha 19 anni, ama le feste illegali, gli amici, gli animali e uscire dalle regole ogni tanto, anzi spesso.
Vittorio ha una trentina d'anni è sposato ed è il commissario della zona che frequenta Bianca, un caso? Ama la tranquillità, le moto e odia chi non ubbidisce ai suoi ordini.
Un ordine dall'alto e un fermo tutt'altro che felice, i due si ritroveranno a collaborare. A stretto contatto.
Una "guerra" come la definisce il procuratore, una "vittima" come si definisce Bianca e un "Batman dei poveri" come si definisce Vittorio.
Dal testo:
- Sicuro di essere sposato? –
- Come scusa? –
- Sicuro di essere sposato? – chiese di nuovo le indossando una felpa.
- Come fai… -
- A saperlo? Semplice. Ho chiesto in giro. A quanto pare siamo in due ad indagare qui – esclamò sorridendo.
- Io non indago sulla tua vita privata –
- No, certo che no, ma ultimamente sei costantemente presente. Allora, dimmi. Che vuoi stavolta? –

Siete avvisati! Linguaggio forte, anzi scorbutico e tematiche delicate, come la droga, ma trattate con molto rispetto.
Genere: Erotico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Turning table


P.O.V. Vittorio
 
- L’aspetta nel suo ufficio… -
Già non ascoltavo più le parole dell’agente.
Cazzo, mi ero completamente dimenticato del suo biglietto. Giuro, mi ero ripromesso di richiamare. Dopotutto sarebbe stato davvero poco gentile da parte mia non farmi neanche sentire. Dopotutto era ancora mia moglie.
Arrivai a grandi passi al mio ufficio. Inspirai profondamente, preparandomi al peggio.
- Scusa l’attes… -
Sgranai gli occhi. E mi bloccai.
Era lì, come sempre, con lo sguardo irritato, come sempre, incazzata. Come sempre. Ma c’era qualcosa di diverso.
- Che cazzo è quella? - dissi indicando la rotondità appena pronunciata del suo ventre.
Manco la guardavo. Il mio sguardo era come catalizzato su quel rigonfiamento.
Avevo ancora il braccio a mezz’aria con l’indice puntato e la bocca aperta quando finalmente lei prese parola.
- Alla buon’ora - disse con il tono spazientito.
Io non cambiavo posa, espressione, pensiero.
- Sono incinta Vittorio, non è una cazzo di cosa, è tuo figlio! - sibilò a denti stretti, ma con una tale rabbia che quasi mi ferì.
- Cosa? - non ci credevo. Chiusi la porta e mi avvicinai - Non per dire, non facciamo sesso da tipo tre mesi, e sei incinta? -
Era la prima cosa che pensai.
Lo schiaffò arrivò fortissimo.
- NON SO COSA CAZZO TU ABBIA FATTO IN QUESTI MESI! MA IO DI CERTO NON SONO ANDATA A SCOPARE IN GIRO E A RIMANERE INCINTA! -
Le bloccai i polsi con la guancia che ancora mi bruciava.
- Non volevo dire questo! -
Cercai di calmarla. Era scoppiata a piangere e ora singhiozzava tra le mie braccia.
Sentivo il ventre gonfio contro il mio corpo e non riuscivo a realizzare.
- Torna a casa ti prego - sussurrò piano.
Appoggiai il mento sulla sua testa e continuai a cullarla. Non l’avevo mai vista così disperata.
- Adesso andiamo a casa, non preoccuparti -
Inspirai.
 
*
 
Entrammo in casa in silenzio. Mi faceva una sensazione strana. Essere di nuovo lì.
Lei tirò dritta verso il divano e ci si accasciò sopra. La vidi sospirare e passarsi la mano tra i capelli biondi.
Mi sentivo come se le braccia fossero una parte in più del mio corpo. Non sapevo che farmene.
- Cosa ne pensi? - chiese improvvisamente lei.
Mi sedetti anch’io sul divano.
- Non penso niente… credo - sospirai - Cioè… - non sapevo che dire. Veramente, non sapevo che pensare - Da quanto tempo… - non ce la facevo neanche a finire la frase. Non riuscivo a realizzare che fosse incinta!
- Sono verso la fine del quarto mese - disse lei. Un lampo di dolcezza negli occhi.
- Wow -
Quasi metà gravidanza. Dio.
- Perché non me l’hai detto prima? -
Lei scosse il capo.
- Non lo so. Non ne ho idea. Avevo paura. Tu te ne eri andato. E non ti biasimo per questo. Ma poi ho deciso che avresti comunque dovuto saperlo. Indifferentemente dalla tua decisione -
- Quale decisione? - mi sentivo la gola secca e la testa bombardata.
Lei alzò le spalle.
- Se rimanere o no. O qualsiasi altra cosa. Mi è sembrato di capire che tu ti veda con qualcun altro -
- Cosa? -
- Quando hai detto che noi non… -
La interruppi.
- Non era per dire quello. Non mi vedo con nessuno -
Lei mi sorrise con un velo di speranza.
- Quindi rimarrai? -
Ci misi qualche secondo a rispondere.
- Si, rimango. -
 
_
 
P.O.V. Bianca
 
Mi piaceva viaggiare in macchina. E mi dispiaceva che il ritorno fosse sempre più breve dell’andata.
Io e Alessandra eravamo nei sedili posteriori dell’auto di Emiliano. E tornavamo da una festa.
Ormai Marco era diventata una presenza fissa. Forse nasconderlo a Vittorio non era stata una buona idea, ma adesso non sapevo come avrei potuto rimediare.
Come se sapesse che stavo pensando a lui, si voltò dal sedile anteriore.
- Tutto bene Biancarella? -
Io annuì con un mezzo sorriso.
Poi lui guardò Alessandra.
- Wow, completamente crollata! -
-Beh, sono le 5 del mattino, è anche normale - disse Emiliano - Già è resistita tanto per i suoi standard -
Si sentì un biascicato “vaffanculo” provenire dalla bocca di Alessandra schiacciata contro il finestrino.
Dopo un po’ notai che Marco mi fissava dallo specchietto retrovisore, mi sorrise attraverso e io non potei fare altro che ricambiare.
Non so, ma mi ero messa in testa che fosse una persona cattiva. Ma non lo sembrava affatto.
Ma tra il sembrare e l’essere c’è una bella differenza.
Per essere bello, come diceva Alessandra, lo era.
Aveva gli occhi così profondi da sembrare due pozzi neri. I suoi occhi erano neri.
Scossi la testa per riprendermi. Fanculo. Aveva una brutta influenza su di me.
O forse era perché non sentivo Vittorio da più di una settimana.
Avevo provato a chiamarlo, ma il cellulare risultava sempre staccato.
Appoggiai la testa al finestrino. Di andare al suo appartamento non se ne parlava proprio. Però cazzo. Perché non chiamava?
Sbuffai, e l’alone si formò sul vetro del finestrino. Chiusi gli occhi e mi feci cullare dall’andazzo della macchina.
 
*
 
- Documenti, prego -
Una voce a me sconosciuta mi svegliò dal mio stato di dormi-veglia. Sbattei un paio di volte le palpebre e mi guardai intorno.
Eravamo fermi a una rotonda e le luci blu della Polizia erano veramente fastidiose.
- Ma che succede? - chiese sbadigliando Alessandra.
Emiliano era sceso dalla macchina per eseguire il test del livello alcolico. Cazzo.
Mentre guardavo Emiliano, cercai velocemente il mio portafoglio nello zaino. Marco aveva già dato tranquillamente i suoi. La cosa mi sbalordì, forse non era a conoscenza che era tra le persone alle quali la polizia era “interessata”.
Il poliziotto si allontanò verso la macchina e passò i nostri documenti a un altro tipo. Non indossava la divisa, ed era palesemente più grande dei ragazzi che ci avevano fermato. Aveva un volto familiare, ma non ricordavo di preciso dove l’avessi già visto.
Sentì Marco sbottare, mentre guardava in direzione di Emiliano. Probabilmente il test dell’alcol non aveva avuto buon esito.
All’improvviso il terzo tipo, quello vecchio, si avvicinò alla nostra macchina, fece segno a Marco di abbassare il finestrino e si piegò per guardare all’interno.
- Allora - esordì - devo dire che a parte - lesse il nome su uno dei documenti, per essere certo di non sbagliare - Alessandra, siete tutto volti noti. Adesso - fece una pausa guardando verso Emiliano - Il vostro amico viene con noi, è risultato positivo al test dell’alcol, quindi, mi sa che tu, Marco - dovrai guidare e scortare queste due donzelle al Commissariato P. -
Ebbi un tuffo al cuore. Era il commissariato di Vittorio, chissà se era lì.
Scesi dalla macchina per passare al sediolino anteriore, mentre Marco passava al posto del guidatore.
- Bianca, prego -
Lo sbirro mi porse la mia carta d’identità. E si congedò sorridendomi. Aveva troppo un viso noto. Ma proprio non riuscivo a ricordarmi di lui.
 
*
Arrivammo al commissariato, e improvvisamente mi ritrovai a sperare che Vittorio non fosse lì. Ero combattuta. Da un lato desideravo rivederlo, dall’altro speravo che non mi vedesse mai in compagnia di Marco. E che soprattutto Alessandra non capisse che Vittorio era uno sbirro. L’avrebbe detto a Emiliano, ed Emiliano si sarebbe incazzato sicuramente.
Iniziavo a sentire una certa ansia addosso.
Ci fecero sedere mentre lo sbirro dall’aspetto familiare si chiudeva in un ufficio con Emiliano, insieme agli altri due poliziotti.
Improvvisamente una mano mi distrasse dai miei catastrofici pensieri.
- Hey, tutto bene? - Marco mi guardava in modo curioso. Dovevo avere proprio una bella faccia.
Annuì cercando di sorridere - Non mi piacciono i commissariati. Soprattutto questo. Non mi è nuovo - disse cercando di sembrare tranquilla.
Lui annuì e si alzò, chiedendo a me e ad Alessandra se volevamo qualcosa da bere. Io dissi di no, mentre Ale chiese un caffè, così guardai Marco allontanarsi mentre un poliziotto  venne a chiamarmi.
Guardai Alessandra, poi mi alzai raccogliendo la mia borsa da terra.
Aveva il battito del cuore accelerato.
- Vieni con me - disse semplicemente il ragazzo in divisa.
Oltrepassammo la porta dove era chiuso Emiliano. Non si sentiva niente.
Avanzammo ancora, sorpassammo varie porte e stanze. In una di quelle intravidi lo sbirro dalla faccia familiare. Cosa avesse da sorridere ogni volta che mi guardava non lo sapevo. Anzi, era abbastanza irritante.
Finalmente lo sbirro si fermò e m’indicò la stanza in cui entrare. Fui assalita da un forte senso di ansia.
Entrai e mi disse che mi sarei potuta accomodare su una delle sedia di fronte a un tavolo di ferro, semplice e brutto. Ci appoggiai la roba e me ne stetti in piedi. Con le braccia incrociate.
E rimasi lì. Cinque, dieci minuti. Non saprei. Iniziai a passeggiare avanti e indietro per ammazzare il tempo. Perché farmi aspettare tutto questo tempo? In quella stanza faceva anche freddo. Forse avrei dovuto rimettermi il cappotto. Invece presi il cellulare e composi il numero di Vittorio. Non fa niente che era l’alba, forse era in commissariato.
Aspettai, ma niente. Staccato come al solito. Lasciai cadere le braccia. C’era qualcosa che non mi convinceva. Perché sparire così?
Improvvisamente sentì la porta aprirsi. Mi voltai di scatto e il mio cuore fece un balzò all’indietro.
- Vittorio! - dissi, sentendo nascere un sorriso sulle mie labbra. Mi avvicinai e l’abbracciai.
Lui chiuse la porta dietro si sé, ci si appoggiò e ricambio l’abbraccio. Dio, quanto ne avevo bisogno. Quanto avevo sentito la sua mancanza. Mi alzai sulle punte e lo baciai, mi aggrappai al suo maglione come se mi aggrappassi all’ultimo appiglio della mia vita. Lo sentì ricambiare il bacio con passione. Sentì le sue mani nei miei capelli, dietro la nuca. Arretrammo di qualche passo, verso il tavolo al centro della stanza. Mi ci appoggiai sopra e attirai Vittorio a me, ancora più vicino. Sentì le sue mani percorre le mie gambe. Passai una mano tra i suoi capelli. Poi improvvisamente si staccò. Quel distacco mi fece male.
Respirava affannosamente, e mi sembrava improvvisamente molto stanco. Alzò le mani e poi chiuse gli occhi.
- Scusa Bianca, ma dobbiamo parlare -
Fece qualche passo indietro.
- Vittorio giuro te l’avrei… - iniziai, ma lui m’interruppe subito.
- No Bianca. Lasciami parlare, non rendermi le cose più difficili -
Lo guardai. Mi sentivo malissimo. Mi appoggiai al tavolo.
Lui teneva gli occhi bassi e si massaggiava le tempie.
- Perché non mi guardi? - chiesi con un filo di voce.
Ero io quella che si sarebbe dovuta sentire in colpa. Ma mi sembrava di avvertire il contrario.
Lui alzò gli occhi molto lentamente.
- Perché non ci riesco - disse, e voltò di nuovo lo sguardo verso il muro.
Adesso abbassai io lo sguardo. Non credevo che le mie azioni avessero potuto avere certe conseguenze.
- Io non cre… - esordii.
- Mia moglie è incinta - disse. Lapidario.
Accusai quelle parole come un colpo. Strinsi talmente forte le mie mani al bordo del tavolo che le nocche sbiancarono. Sentivo la ruggine di quel vecchio tavolo sotto le dita.
- Io… io… - non sapevo che dire. Cercai di ricacciare indietro le lacrime. Lo vidi avanzare di qualche passo e allungare le mani verso di me. Ma mi ritrassi di colpo, spostandomi di lato.
- Non mi toccare. Per favore non toccarmi -
Lo guardai a malapena. Sentivo la nausea. Sentivo la rabbia crescermi addosso. Mi ripassarono davanti agli occhi i nostri momenti insieme. Le lacrime mi bruciavano gli occhi. Mi portai una mano alla bocca per cercare di nascondergli i miei singhiozzi. Non volevo che mi vedesse piangere per lui.
- Bianca, ti prego, ascoltami… -
Alzai una mano per interromperlo.
- Non voglio sentire niente, non ti avvicinare - soffiai.
- Senti… -
- SENTI UN CAZZO! Da quanto tempo lo sai?  - lo guardai, ormai ero fuori di me, sentivo le lacrime scivolare sulle mie guance - Anzi, no, non voglio saperlo. Preferisco non saperlo. Mi farei schifo di più così -
- Cosa? No senti, Bianca, non capisci… -
- NON TRATTARMI DA STUPIDA! - urlai - Cosa? Cosa non capisco? Sai cosa capisco? Adesso? Il perché eri sparito. Il perché il tuo cellulare risultava perennemente staccato. Se io non fossi capitata qui, con la mia sfiga madornale, non l’avrei mai saputo! E sai cos’altro non capisco? Come cazzo io abbia fatto a fidarmi di uno sbirro di merda come te! E sai un’altra cosa? Io mi preoccupavo del fatto di averti nascosto di conoscere Marco. E sai perché? Perché nella mia testa di merda non volevo che il tuo lavoro, quello che odi tanto, non s’intromettesse tra noi.
Che stupida! C’era già qualcos’altro tra noi. Anzi, non c’era nessun noi. Dio che idiota! -
Mi faceva male la gola. Raccattai la mia roba e lo superai verso la porta, l’aprì con forza e m’incamminai verso il corridoio.
- Bianca! - sentì la sua voce chiamarmi.
Mi voltai di scatto.
- Sai un’altra cosa? Visto che hai sempre voluto saperlo. Nessuno mi ha mai detto che sei sposato. Vi ho visto semplicemente. Al centro commerciale - alzai le spalle - che dire. Bella donna. Auguri -
Continuai a camminare. Quanto cazzo era lungo quel corridoio? Cercai di fermare le lacrime che ormai scendevano copiose sul mio viso. Più mi chiamava e più avevo voglia di piangere.
Mi voltai un’ultima volta per vedere l’altro sbirro del cazzo che lo fermava.
Almeno una cosa buona l’aveva fatta.

 


Ho quasi paura di dire qualcosa!
Vi prego, non odiatemi! E' stato difficilissimo scrivere questo capitolo!!! In realtà, questa in origine era una prima parte. Cioè, scrivendo mi è uscito un papiello lunghissimo, ma poi ho pensato che erano troppe emozioni tutte insieme!
Oddio, non so cos'altro dire! A parte il fatto, che dividendo questo capitolo in due, il prossimo è già pronto! Quindi, non vi farò attendere tantissimo, sempre che dopo questo abbiate voglia smepre di leggere! (Spero vivamente di si!)
Vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate!
Vi voglio bene,
StClaire!

 
  
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