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Autore: JhonSokew    01/12/2014    0 recensioni
Quasi come se stessero seguendo un copione, Singapore aggiunse- Questo non è molto coerente, da una persona che non fa altro che accusare di occidentalizzazione gli altri. Ti fidi di più di loro che di noi?-
Vietnam guardò i due uomini sapendo di essere giudicata e anche molto duramente e nonostante che Tailandia fosse suo amico, anche lui l’osservava irritato … in effetti andare a piangere dagli europei poteva essere considerato un vero tradimento.
Genere: Azione, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Germania/Ludwig, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Osserva molteplici realtà'
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Capitolo IX: Ricerche

 

 

In una camera d’albergo a Phnom Penh, capitale della Cambogia

 

-Allora che cosa dice il rapporto di Svizzera?-

Natalia Braginsky stava percorrendo a larghe falcate l’intera area della suite che avevano prenotato, osservando e toccando con mano ogni suppellettile o pezzo di mobilio che trovasse.

-Un po’ di cose…- Gilbert la fissava dubbioso dal divano su cui si era stravaccato non appena erano entrati, reggendo tra le mani una cartella portadocumenti gialla -ma non te lo hanno inviato?-

Senza interrompere minimamente la sua esplorazione, Bielorussia gli rispose con sufficienza -Gilbert sono qui solo perché l’Unione è riuscita a convincere mio fratello che ha convinto il suo presidente che ha fatto “formale richiesta” al mio presidente affinchè ti affiancassi in questa trasferta… cosa ti dice questo?-

-Che dovreste mandare al macero il vostro sistema ed entrare a far parte dell’Unione- le rispose roteando gli occhi, con una punta di ironia -Si risparmierebbero un sacco di soldi in bollette telefoniche, se non altro-

-Kretyn- fu il suo unico commento

-Il fatto è che Zwingli è stato molto esaustivo ma a parte un punto di partenza ottimale non ci ha fornito niente di particolare-

-Ovvero?-

-Che l’attacco sembra essere partito dalla Cambogia, per la precisione da una di queste province meridionali: Svay Rieng, Prey Veng, Kampong Cham, Kracheh-

Bielorussia si era appena chinata per guardare sotto un comodino, e ancora una volta gli rispose dandogli le spalle

-Beilschmidt se stessimo parlando di qualsiasi altro argomento quei nomi per me avrebbero avuto lo stesso valore. Arriva al nocciolo della questione, vuoi?-

Gilbert stava incominciando ad innervosirsi –Frau, si può sapere che diamine stai combinando? È da quando siamo entrati in questa stanza che non sei stata ferma un secondo per controllare se c’è polvere sui mobili, e hai anche il coraggio di dirmi come spiegarti come stanno le cose?-

A quell’uscita Natalia si fermò e per la prima volta si voltò a guardarlo. E i suoi occhi erano serissimi

-Scusa, deformazione professionale da ex-agente del KGB. Sto controllando che non ci siano microfoni, cimici o altra forma di ricetrasmittente-

Gilbert non seppe dire se nella sua voce si nascondeva del sarcasmo o meno.

-Microfoni? Qui? E di grazia chi ci dovrebbe spiare? Per le autorità di questo paese siamo una coppia di sposini novelli che è venuta in luna di miele. Perché dovrebbero pedinarci?-

-Forse non lo sai ma la Cambogia è tra i paesi più corrotti del mondo. Qui politici, poliziotti e trafficanti frequentano gli stessi club a momenti. E il loro Rappresentante sa che siamo qui. O per lo meno sa che dobbiamo venire-

-Beh Vietnam ha fatto una riunione con i suoi colleghi dell’Ansean per avvertirli di un pericolo che è in agguato nell’ombra- le fece notare -Ha voluto proteggerli-

-È stata una mossa stupida- sentenziò

-Si è sentita in dovere verso di loro. Teufel(1), stando a quanto scrive Svizzera Vietnam ha un forte senso di responsabilità. Se qualcuno dei membri dell’Ansean fosse scomparso perché non li aveva avvisati in tempo, se ne sarebbe data la colpa-

-Ci mancava una paladina. Eccellente-

Gilbert la guardò di sottecchi –Forse alcuni di noi dovrebbero prenderla ad esempio…-

Bielorussia si voltò nuovamente verso il tedesco e gli puntò il dito contro –Sentimi bene Prussia…-

-Non dire quel nome-

Il tono profondo e secco con cui Gilbert pronunciò quella frase prese Natalia in contropiede.

-Non usare impropriamente certe parole, Bielorussia- si alzò dal divano e si avvicinò piano alla donna –Non rievocare nomi che non sono più di questo mondo-

Era ad un passo da lei, in tutta la sua altezza e i suoi profondi occhi blu violacei –Se non vuoi chiamarmi con il mio nome di battesimo, chiamami Brandeburgo oppure semplicemente Osten(2) se preferisci-

I due erano davvero vicini tanto che Natalia sentì forte il suo respiro sul viso. Odorava di zenzero.

-Ma non chiamarmi, mai, più, Prussia. Siamo d’accordo?-

Era una di quelle affermazioni a cui non si poteva replicare alcunché se non semplicemente -Dobra(3)-

Rimasero a fissarsi per alcuni secondi ancora, immobili l’uno di fronte all’altra.

Poi Gilbert le mise in mano con un gesto brusco la cartella portadocumenti –Sono stanco, penso che andrò a farmi una doccia-

E senza aggiungere altro si diresse verso il bagno.

Natalia non era una donna che si impressionava facilmente. Difatti aveva retto lo sguardo del tedesco e non era minimamente arretrata quando lui le si era fatto vicino. Anche perché se avesse osato sfiorarla conosceva diversi modi per difendersi, anche da un suo pari. E nell’ordine delle decine.

Ma c’era stato un momento, un momento soltanto, in cui davvero la Nazione decaduta le aveva trasmesso una forte pressione. A riprova che nonostante avesse perso il suo status da quasi settant’anni, lui esisteva ancora.

La sua forza era ancora presente .

Bielorussia fece un breve sospiro e aprì la cartella: aveva molto da leggere.

 

 

Brazzaville, Repubblica del Congo

 

Francis stava sorseggiando un caffè in tutta tranquillità su un tavolinetto fuori da un piccolo bar nel centro della capitale congolese.

Era amarissimo ma non gli dispiacque più di tanto. Forse perché era troppo intento ad osservare il panorama.

Il Rappresentante francese aveva molti volti lo riconosceva lui stesso. Il suo carattere aveva varie sfumature, infatti amava al tempo stesso la vita all’aria aperta e quella cittadina.

Gli piaceva osservare tanto i vigneti carichi d’uva, i campi di grano, le colline baciate dal sole o lavate dalla pioggia quanto la gente che passeggiava per le strade, che scorrazzava in macchina, che entrava e usciva dai negozi o nei mercati. Gli piaceva vedere i palazzi sia antichi che moderni.

Quindi l’aspettare per lui non era mai un problema. C’era sempre qualcosa da osservare.

Per esempio, quella bella ragazza in jeans e maglietta ferma al semaforo…

-Monsieur Bonnefoy?-

Francis si voltò nella direzione da cui proveniva il richiamo

Si ritrovò di fronte un congolese alto, abbastanza magro, dai capelli ricci e corti, vestito con un completo d’ufficio grigio e una cravatta rossa a rombi blu. Sembrava leggermente nervoso.

-Oui?-

-Vous êtes Louis Bonnefoy?(4)-

-Oh mais bien sûr!- Francis si alzò in piedi e gli strinse la mano -Et vous devez être Ndinga Manuel, non? Comment va votre père? Et votre grand-père?(5)-

-Ils sont tous très bien, même si le grand-père a un principe de la goutte(6)-

-Eh, on m'a dit que c'était un grand buveur- il francese lo invitò a sedersi al suo tavolino -Vous devriez lui dire de baisser la boisson que vous connaissez?(7)-

Manuel con una leggera alzati di spalle rispose imbarazzato -A son âge, qui veut avoir le courage de lui dire quelque chose(8)-

Francis dovette constatare che aveva ragione anche lui -Cela est également vrai...(9)-

Il nuovo venuto era visivamente sul chi va là e Francia cercò di metterlo a suo agio.

-Vuoi qualcosa? Un caffè, un succo d’arancia? Una birra?-

Manuel mise avanti le mani con in modo impacciato ma garbato gli rispose –No, no, no, grazie sono a posto così-

Ma il francese insisté –Vuoi qualcosa da mangiare? Chiedo se hanno qualcosa-

-No, no davvero monsieur, sono a posto così, grazie-

A quel punto Francis alzò le mani in finta rassegnazione con un sorrisetto sulle labbra.

Per alcuni istanti scese il silenzio. Una pausa che Francia impiegò per riprendere a bere il suo caffè amaro.

-Io…- iniziò il congolese -ecco… è un onore per me incontrarla monsieur Louis. La sua famiglia ha fatto tanto per la mia in passato specialmente suo nonno Francis che ci aiutò durante la guerra e anche dopo-

Francia annuì –Beh mio nonno ve lo doveva, la tua famiglia si schierò subito con i membri della Francia Libera e anche successivamente avete cercato sempre di operare per il bene del vostro paese… mio nonno apprezzava gli uomini d’onore e io lo stesso-

A quelle parole Manuel abbassò lo sguardo e iniziò a tamburellare le dita sul tavolo.

-È per questo che… insomma, quello che mi ha chiesto di fare è stato piuttosto strano e contro ogni regola di sicurezza-

Francis abbozzò un sorriso -Non hai fatto niente di illegale Manuel. Vedi, le informazioni che ti ho chiesto di portarmi le avrei potute recuperare andando semplicemente all’ambasciata e richiederle. Come mio nonno, anch’io sono un ambasciatore, ho seguito le sue orme… è una cosa di famiglia potremmo dire. Solo che non volevo che nessun altro sapesse che ho richiesto quelle informazioni. Deve restare segreto-

Il congolese fece per aggiungere qualcosa ma venne anticipato dal francese –Se temi che qualcuno possa scoprirti e farti passare dei guai, non temere. Mi prenderò tutta la responsabilità e tu non avrai alcun problema. In fondo non mi stai consegnando segreti del tuo paese. Come ti ho già spiegato, ho agito così solo per discrezione-

-Insomma…- Manuel si guardò intorno e poi ripose nuovamente lo sguardo su Francis –niente cose che possano… ecco, portare a…-

Francia alzò il sopracciglio non capendo e il congolese si toccò la tempia con due dita -Pam!-

-Mon Dieu, no!- esclamò sorpreso -Tranquillo Manuel niente del genere, te l’assicuro!-

Quell’affermazione lo rassicurò facendogli tirare un lungo sospiro.

-Allora, ora che ti sei calmato, vuoi darmi ciò che ti ho chiesto, o vuoi aspettare ancora un po’?-

Manuel si mise una mano in tasca e vi prese una chiavetta usb –Qui ci sono tutte le informazioni. Spero che le siano di aiuto, quanto non danneggino me-

Francia la prese e la chiuse nel suo pugno –Come ti ho detto non hai di che preoccuparti. Questo è solo un pezzo di un puzzle che io e altri stiamo cercando di mettere insieme-

A quel punto gli porse la mano –Ti ringrazio. Saprò sdebitarmi, vedrai-

Manuel gliela strinse vigorosamente –Si figuri, è stato un piacere, nonostante tutto. E in effetti ci sarebbe qualcosa che forse lei potrebbe fare-

Francis lo guardò incuriosito –Sono tutto orecchi, Manuel. Se è qualcosa che posso fare, chiedimi pure-

-Ecco, vede io ho una figlia. Vorrei che potesse studiare come si deve e purtroppo l’unico modo sicuro è quello di mandarla in una scuola privata. Ma non credo che con il mio stipendio e quello di mia moglie sia possib…-

-Non aggiungere altro Manuel. Pagherò io ciò che serve per tua figlia-

-Davvero? Le restituirò tutto, glielo prometto e…-

-Non mi devi niente Manuel. I giovani sono il futuro, no? E inoltre mi sto solo sdebitando per un disturbo che ti ho procurato-

Il congolese era incerto –Non mi sembra corretto. La sua famiglia…-

-Ora non farti prendere dall’orgoglio. Entrambi stiamo agendo per una buona causa quindi non ti dare problemi-

Conclusa la discussione sul nascere, i due si strinsero la mano e Manuel Ndinga si congedò.

-La ringrazio mille volte, monsieur Louis. Arrivederci-

Francis lo salutò cordiale.

Quando vide che si era allontanato abbastanza, aprì la sua mano e fissò la chiavetta.

Sia lui che Inghilterra avevano una certa abilità nel campo dello spionaggio, o per lo meno nell’arte di farsi passare per qualcun altro. Solo che a differenza dell’inglese, che amava le trovate macchinose e, a suo dire, abbastanza estroverse, lui preferiva quando l’efficacia sposava la semplicità.

E il farsi passare per “Louis Bonnefoy” era esattamente quello che intendeva quando parlava di tale connubio.

-Garçon? Mi porti dell’altro caffè e un croissant, s'il vous plaît-

 

 

Alcuni giorni dopo nella provincia di Kampong Cham, Cambogia

 

-Gilbert-

-Natalia?-

Le due Nazioni svettavano solitarie sotto la pioggia di fronte all’ingresso di un giardino murato, al cui interno si poteva scorgere un edificio fatiscente.

-Ci dobbiamo proprio entrare?-

-Anch’io eviterei, ma l’informatore che ci hanno indicano per questa zona della provincia si trova qui-

La slava si sistemò la frangia e si voltò verso il tedesco -Ma è possibile che esistano “canarini” informati solo per le loro province? Anzi per i loro distretti! Che cosa dovrebbe essere? Un campanilismo della mala stile cambogiano?-

Gilbert rise –Esistono “canarini” piccoli e “canarini” grandi, mia cara Natalia dovresti saperlo-

Lei di rimando gli lanciò un’occhiataccia –Si ma non ne ho mai visti così. Se uno è un pesce piccolo non lo consideri. Lo tieni sotto controllo, gli chiedi piccole cose per sapere che diavolo succede nei bassifondi ma quando ti serve qualcosa di importante, è ai pesci grossi che ti rivolgi-

Gilbert la guardò con un’occhiata stupita –Hai mai fatto caso che alle volte in questo mestiere usiamo metafore tratte dal mondo animale per riferirci a persone o a cose?-

L’ultima volta che aveva visto uno sguardo così tagliente era stato quando aveva fatto un commento poco appropriato su un quadro esposto in una galleria di arte moderna. E il patrocinatore della galleria era affianco a lui.

-Evidentemente cara Weißrussland- riprese più seriamente –in questo paese non è consigliato essere un “canarino” troppo grosso, a meno che non si abbia le spalle abbastanza coperte. Si potrebbe entrare nel mirino di belve affamate-

Bielorussia si tolse dell’acqua dal viso - È la terza provincia che visitiamo Gilbert, e lo stiamo facendo di persona. Non passiamo di certo inosservati e se ci identificassero? O per lo meno diffondessero informazioni su di noi?-

-Siamo stati accorti Natalia. Ogni volta usavamo identità diverse, motivazioni differenti e all’occorrenza ci camuffavamo un po’-

-E secondo me ci siamo andati anche troppo leggeri alle volte. Saremmo potuti andare dritto al sodo e strizzare le informazioni che ci servono-

Il tono della voce della donna si era fatto molto vicino al nevrastenico, avrebbe detto il tedesco, e sentendo il tuono rombare non riuscì a trattenersi –Sei meteoropatica per caso?-

Ulteriore occhiataccia. Un junker prussiano sa quando è il caso di battere in ritirata.

-Dai entriamo, forza-

I due si avviarono. Oltrepassarono l’ingresso della cinta e si diressero verso il portone dell’edificio attraversando il giardino. La fitta pioggia impediva di notare distintamente le sue forme ma anche con il sole non ci avrebbero fatto più di tanto caso.

Gilbert bussò alla porta e dopo poco gli venne aperto. Non una voce ma solo un braccio fuoriuscì dall’incavo invitandoli ad entrare.

I due si guardarono come a sincerarsi la presenza dell’uno di fianco all’altra e oltrepassarono la soglia.

Entrarono in un ambiente riscaldato, quasi afoso, in netto contrasto con le intemperie dell’esterno.

E, contro ogni previsione, l’interno era molto più colorato e ben tenuto rispetto all’esterno. E molto più… vistoso.

Le due nazioni notarono che era stata una giovane donna vestita alla cinese, e se non lo era lo ricordava moltissimo, ad aprire loro la porta.

Questa si rivolse loro in khmer, la lingua locale ma i due fecero subito intendere di non comprendere la lingua.

La cambogiana colse al volo il problema e fece loro cenno di aspettare. Con un sorriso che le andava da una guancia all’altra si congedò e si allontanò con rapidi ma aggraziati passi.

E fu allora che Gilbert notò che il Cheongsam* della donna aveva la parte inferiore corta. Molto corta. Estremamente corta. Da lasciarle nude completamente le gambe fin quasi sotto i glutei.

Bielorussia gli tirò un pizzicotto e lui si ricompose subito.

-Di tutti i posti… - commentò acida la slava –in una maledetta casa a luci rosse dovevamo finire…-

Gilbert fece dei brevi colpi di tosse per ridarsi un tono –Beh ho letto che più di cinquantamila donne vengono sfruttate nel circolo della prostituzione locale-

-Vergognoso. E degradante-

-La penso esattamente come te-

Lo guardò con una strana occhiata –Si, intanto hai allungato lo sguardo-

Gilbert arrossì leggermente –Mi sono fatto cogliere di sorpresa-

-Immagino…-

-Sento il tuo sarcasmo Natalia-

-In realtà mi domandavo se tu avessi mai…-

-Non mi pare che siano affari tuoi. E vogliamo davvero parlare di questo?-

-No figurati… non sono affatto curiosa di sapere della tua vita privata-

In quel momento arrivò un'altra donna.

Nonostante non dimostrasse una età maggiore di quella che li aveva accolti, si percepiva dallo sguardo e dall’andatura che era più esperta.

-Benvenuti alla Lanterna Rossa- si espresse in un fluente inglese con giusto una leggera inflessione –Siamo al vostro servizio. Avete qualche richiesta particolare?-

Gilbert prese la parola –Ecco noi veramente…-

-Oh siete una coppia?- li guardò con un certo interesse -Perché se lo siete abbiamo diverse opzioni-

Gilbert impallidì mentre Natalia avrebbe voluto girare i tacchi e andarsene

-No, no, ecco noi…-

-Abbiamo giusto un paio di stanze comunicanti nel caso voleste fare esperienze in solitario oppure posso vedere se darvi la stanza grande per le…-

La slava la bloccò a metà –Non. Siamo. Una. Coppia-

Sul viso della cambogiana si dipinse un lungo sorriso –Siete solo amici, quindi-

Il tedesco sembrò riprendersi un attimo e vedendo Bielorussia sbuffare, decise di rispondere per lei –Beh non proprio amici stretti ma…-

-Che fortuna- rispose la donna mettendosi le mani sul petto e respirando a fondo –Non avete idea di quanto sia problematico organizzare quel tipo di serate. A questo punto posso darvi una stanza a testa e mand…-

Bielorussia venne trattenuta da Gilbert prima che potesse lanciarsi sulla poveretta che era di fronte a loro.

-A dire il vero vorremmo vedere la tua signora, Madame Kunthea. Vorremmo parlare con lei di una questione urgente-

-Oh- fu l’unico suono che uscì dalla bocca della donna.

I due europei si scambiarono un occhiata di sbieco –C’è qualche problema?-

-Effettivamente si- rispose lei cortesemente congiungendo le mani –Madame solitamente non riceve se non per appuntamento… dicendo così intendo che è lei ad organizzare l’incontro, ovviamente-

Gilbert mise una mano nella tasca dei pantaloni –Non è una che ama ricevere visitatori, eh?-

Natalia sentì un fruscio familiare provenire dalla tasca e subito la mano del tedesco ne fuoriuscì tenendo tra le dita una banconota che venne subito messa di fronte al viso della cambogiana.

-E se io ti… chiedessi gentilmente di annunciarci, dicendo che siamo in cerca di affari particolari? E che il denaro non ci manca?-

La donna deglutì abbastanza sonoramente –Ecco io…-

-Questi sono per il disturbo…- ne estrasse un’altra e la affiancò a quella di prima a mo’di ventaglio –e questi altri per assicurarmi che tu sia celere ed efficace, okay?-

Bielorussia non poté fare a meno di notare l’occhiolino che Gilbert aveva aggiunto come culmine alla domanda.

La donna prese le due banconote e dopo un leggero inchino di diresse con passo corto ma molto veloce nella medesima direzione da cui era provenuta, lasciando i due nuovamente soli nel corridoio d’entrata.

Passarono alcuni minuti nel silenzio che venne rotto dalla donna

-Gilbert?-

-Si?-

-Hai appena dato duecento euro a una donnaccia? E solo per farci incontrare l’informatore. O non conosci il valore del denaro oppure ne hai talmente tanto da permetterti di buttarlo via così-

-Si chiamo “scambio equo”-

A quell’uscita Natalia non rispose alcunché così il tedesco accennò vago –Cosa c’è? Avresti preferito che glieli avessi dati per i servizi che fa? Ti sarebbe andato bene?-

Natalia non si stancava di certo di lanciargli occhiatacce al vetriolo –Se ci tieni, dopo l’incontro con l’informatore potresti anche fermarti qui. Tanto per come stanno andando le cose avremo solo informazioni frammentate che non ci porteranno a niente se non ad un altro buco nell’acqua…-

Gilbert si mise una mano in tasca, per prendere una gomma da masticare –Non essere così negativa… e comunque non lo farei mai- aggiunse in un sibilo.

Bielorussia sentì quell’ultima affermazione distintamente e in un primo momento fu tentata di chiedergli che intendesse dire ma alla fine decise di lasciar perdere.

Il silenzio ritornò tra loro e stavolta venne interrotto solo dal ritorno della cambogiana.

-Madame vi sta aspettando nei suoi appartamenti privati. Vogliate seguirmi-

La donna li condusse per i corridoi di quello che la signorilità di Natalia e il senso morale di Gilbert avrebbero definito come “un’alcova di lussuria e perdizione”.

Passarono vari piani dell’edificio che simbolicamente andavano ad indicare la diversa qualità del servizio: stanze piccole, alle volte con semplici tendaggi a celare l’interno, altre senza neppure quelle, lasciavano spazio a stanze più grandi dotate di vere porte che con il procedere del loro cammino iniziarono a caratterizzarsi per la differente fattura e colore.

I due intravidero involontariamente clienti e prostitute nella loro “intimità” oppure uomini e donne intenti nel fumare oppio e perdersi nei loro sogni vaporosi.

Il tedesco non potè fare a meno di notare che le scale conducevano anche al di sotto del piano terra e non volle immaginare il tipo di condizioni in cui vessava la gente di laggiù.

La slava invece serrava i pugni e stentava a contenersi: fosse stato per lei quel posto sarebbe potuto anche andare a fuoco.

Mentre si apprestavano a salire l’ultima rampa i tre vennero raggiunti da un fischio acuto e si fermarono. Un cliente soddisfatto se ne stava andando e la loro guida si voltò verso di lui dicendogli qualcosa con il sorriso sulle labbra.

Le due Nazioni furono contenti di non capire la lingua locale, per non dover cogliere dettagli scabrosi che evidentemente i due si stavano scambiando. Prima di andarsene, l’uomo si voltò verso Natalia e lanciò un fischio anche a lei ricevendo in contraccambio la solita occhiata che gli fece imboccare le scale più velocemente di quanto avrebbe gradito.

-Scusate l’interruzione. Le regole riguardo i clienti dei piani alti mi imponevano un intrattenimento di cortesia e…-

-Poche chiacchiere. Andiamo- la zittì Bielorussia.

Gilbert combinò un cenno di scuse con lo sguardo ad uno di sollecito con la mano e il terzetto ripartì raggiungendo l’ultimo piano.

Fuori pioveva ancora forte e il rumore dei tuoni si faceva sentire.

La differenza anche solo tra il vestibolo degli appartamenti privati di Kunthea e il resto dell’edificio era palpabile. Una tappezzeria di buona fattura ma non lussuosa ornava le pareti, accompagnata da vasi ricolmi di fiori e incensieri. Chissà come doveva essere l’interno, si domandò il tedesco.

La loro guida bussò alla porta e solo dopo un comando in cambogiano fece loro cenno di entrare.

-Non vieni con noi?-

-Oh no! Non ho il permesso di entrare. A nessuno è concesso se non per ordine di Madame. Adesso me ne torno ai piani inferiori, perché ho altri compiti che mi attendono-

E con un breve inchino si ritirò.

Bielorussia aprì la porta: la stanza era enorme. Ricopriva l’intera area del piano ed era ornata con un gusto oltremodo estroverso e variegato. Porcellane, stampe, pezzi di arredamento di vari stili e correnti sia occidentali che orientali si mischiavano tutti insieme in un armonioso caos.

Nessuno dei due se ne intendeva davvero di come dovesse venir arredata una casa, di cosa stonasse e cosa no in elazione ad altre, però l’effetto che trasmetteva quella stanza era a dir poco straniante.

Una voce suadente li richiamò all’ordine -Eccovi qui finalmente-

Madame Kunthea dava loro le spalle, intenta nel versarsi del liquore in un bicchiere. Vestiva solo di una lunga vestaglia verde smeraldo su cui si posavano i lunghi capelli neri come la pece. Il suo accento era perfetto.

-Gradite qualcosa da bere? O preferite passare subito agli affari?-

Voltandosi potè mostrare alle due Nazioni il suo viso. Madame Kunthea era una donna sulla quarantina ma non li dimostrava affatto. Non era neanche eccessivamente truccata ma aveva un che di magnetico nello sguardo. Un qualcosa dal quale uomini di poca fibra venivano certamente soggiogati.

Gilbert dovette però ammettere che, almeno in quella mise, Kunthea non aveva alcun bisogno dello sguardo per soggiogare qualcuno…

Bielorussia si fece avanti e nel farlo pestò accidentalmente il piede al collega che dovette trattenere un grido di dolore –Gradiremmo non perdere tempo, quindi rifiutiamo l’offerta-

La maitresse indicò un paio di sedie poste davanti alla sua scrivania, anch’essa arricchita da orpelli di ogni genere.

Una volta che tutti ebbero preso posto Kunthea riprese a parlare –Mi hanno detto che siete in cerca di tutt’altro che dei piaceri della mia casa… informazioni-

I due assentirono quasi all’unisono.

-E immagino che voi sappiate che ogni informazione ha un prezzo…-

-Ci risparmi la commedia- Bielorussia era decisa a non andare per il sottile –siamo qui per sapere se è a conoscenza di alcuni strani movimenti che possono essere accaduti in questa regione nelle ultime due settimane-

Non più di tanto indispettita, Kunthea bevve un sorso del suo liquore –Succedono così tante cose in questo paese… dovreste essere più precisi-

-Mi riferisco a soldati. Guerriglieri. Mezzi militari-

A quelle parole lo sguardo della cambogiana si incupì –Non so niente di ciò. Sta per scoppiare una guerra per caso?-

-Non lo so, me lo dica lei-

Bielorussia non le dava tregua e Kunthea cercò di rapportarsi con Gilbert per vedere se poteva trovare in lui un interlocutore più malleabile, o più circuibile, dipendeva dai casi –Lei non ha niente da domandarmi?-

-Che dovrei aggiungere? La mia collega sembra aver tutto sottocontrollo, non le pare?-

Il sarcasmo dell’uomo era tagliente e strappò una risatina alla maitresse che si coprì le labbra con una mano. Natalia dal canto suo avrebbe voluto prenderlo a calci.

Gilbert intuì i pensieri della compagna con uno sguardo e decise che forse era il caso che dicesse qualcosa di più costruttivo.

-Non vorrei che lo prendesse come un offesa, ma come lei ha ammesso, oltre a gestire la sua… ehm, attività- Gilbert sottolineò il termine roteando gli occhi intorno a sé -si occupa anche della compravendita d’informazioni. E come lei ha ricordato esse hanno un prezzo. Quanto valgono esattamente, le sue?-

Kunthea soffermò il suo bicchiere di brandy sulle labbra, per poi sorseggiarne una lacrima.

-La prego di essere più chiaro. Siete ospiti in casa mia e finora mi sembra di essere stata solo attaccata e accusata… più che una transazione mi sembra un interrogatorio-

I tre si fissarono reciprocamente negli occhi.

Madame Kunthea era una donna forte, abituata a trattare con uomini di ogni tipo, abile nell’uso della parola. Forse era il caso di forzare un po’ la mano.

-Come la mia collega le ha già in parte riferito, un paio di settimane fa è avvenuto un raid in territorio vietnamita che ha visto l’utilizzo di un elicottero da guerra- Gilbert congiunse le mani poggiando i gomiti sul tavolo –non siamo agenti segreti, ma questo gesto ha molto preoccupato parecchie persone, madame. Sappiamo che il raid è partito da qui, dal sud della Cambogia. Ci manca da identificare solo il punto preciso da cui tutto è partito-

Detto ciò fu il silenzio. Fuori la pioggia continuava a cadere e ad infrangersi sui vetri delle finestre.

-Può aiutarci? Lei ha parlato di una possibile nuova guerra… in sincerità la cosa potrebbe essere più complessa, ma si… stiamo cercando di evitare che un nuovo conflitto scoppi come una bomba sotto i piedi di innocenti-

In quel momento il rombo di un tuono fece sentire tutto il suo fragore sopra le loro teste: la maitresse ebbe un sussulto e per un momento le parve che gli occhi dei suoi due clienti brillassero di una strana luce.

-Forse…- la sua voce si fece esitante –forse so qualcosa-

L’attenzione delle due Nazioni venne subito colta. Finalmente dopo giorni la speranza di una vera pista si presentava loro.

-Ma vi costerà-

Bielorussia ebbe un fremito. Sentiva che non sarebbe stata in grado di trattenersi ancora per molto. Già sentiva una repulsione quasi fisica verso quel luogo, ed ora quell’ultima affermazione stava facendo traboccare il vaso della sua pazienza.

Gilbert le afferrò la mano stretta pugno e con uno sguardo le fece intendere di stare calma.

-Colgo il tuo disappunto donna- le si rivolse Kunthea –ma ciò che vi dirò potrebbe mettermi nei guai. E penso che un risarcimento mi sia doveroso, non credi?-

Bielorussia la osservò dura, mentre Gilbert le rispose –Mi sembra giusto. Ma prima vorrebbe darci un anticipo? Qualcosa che possa farci capire che sia ciò che cerchiamo?-

Madame Kunthea terminò il suo drink e parlò in modo molto spiccio –In un bordello si ha la possibilità di sentire le cose più disparate. Curiosità, segreti, informazioni… questo posto si regge ancora in piedi anche grazie a certe… confidenze che ho avuto modo di riportare e di tenere per me-

-Circa due settimane fa ricevemmo la visita di un nostro cliente abituale, un piccolo contrabbandiere che fa il lavoro pesante per uomini molto più potenti di lui che stanno altrove, in un’altra provincia. Era particolarmente agitato e dopo essersi scaricato ed aver assunto un po’ di oppio ha cominciato a raccontare una storia assurda. Una storia talmente assurda che diedi subito l'ordine di trascriverla senza dare nell’occhio-

-E di cosa parlava questa storia?- le domandò Gilbert

-Di come avesse dovuto fare da scorta ad una decina di uomini armati e intenzionati ad attraversare il confine senza farsi vedere ne localizzare…-

Kunthea si avvicinò loro chinando avanti la schiena e fissando Gilbert nei suoi occhi blu gli disse ciò che le due Rappresentanti stavano cercando da giorni –Gli avevano messo particolarmente timore. Aveva compreso che quegli uomini non erano razziatori o killer su commissione. Perché non aveva mai visto nessuno adoperare un elicottero da guerra per qualcosa del genere-

 

 

 

(1) Diavolo in tedesco

 

(2) Est in tedesco

 

(3) Bene in bielorusso

 

(4) Voi siete Louis Bonnefoy?

 

(5) Oh ma certo! E tu devi essere Manuel Ndinga, giusto? Come sta tuo padre? E tuo nonno?

 

(6) Stanno tutti benissimo, anche se il nonno ha un principio di gotta.

 

(7) Eh, mi hanno detto che era un forte bevitore. Dovreste dirgli di diminuire il bere sai?

 

(8) Alla sua età chi vuole che abbia il coraggio di dirgli qualcosa.

 

(9) Anche questo è vero...

 

* Tipico abito cinese

 

 

Note dell'autore:

 

Na-na-na-naaa!

Ci leggiamo alla prossima!

 

JS

  
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