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Autore: imperfectjosie    02/12/2014    0 recensioni
Le persone vivono, sperando di poterli realizzare, quei sogni così improbabili e appena visibili, poi c'è chi, come me, riesce ad afferrarne uno e a stringerlo forte al petto.
Quel sogno si chiamava Jack.
Nome piuttosto comune, vero?

| Jack/Carrie | - Update 12/12/2014; plus!Alex/Carrie.
Genere: Commedia, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chap. II - Sorry, i'm late

Carrie


 
Can we pretend that airplanes
In the night sky are like shooting stars?
I could really use a wish right now
Wish right now, wish right now




 
 

 

Ecco fatto.
Non passa notte in cui non mi domandi da sola come diavolo ho fatto ad essere così stupida. Non per il sesso occasionale, quello mi è già capitato. Ma le precauzioni! Cazzo, dovevo pensarci.
E invece sono qui, single, con un lavoro da commessa e incinta. Dannatamente incinta.
Jack?
Oh, lui non sa niente, ovvio. Non ci penso neppure a pretendere alimenti e altre stronzate del genere. Ha una band di cui occuparsi, un sogno. E io voglio insegnare a mio figlio il vero valore della vita. Guadagnarsi i propri obbiettivi, lavorare sodo e non arrendersi. Perchè è quello che ho fatto io dopo la morte dei miei genitori.
E' un maschio, a proposito. Non ho ancora deciso il nome, ma al momento ha deciso di giocare a calcio con la mia vescica.
« Calmo, campione! La mamma ha bisogno di altro the verde! » commento divertita, accarezzandomi il pancione e piegando la schiena per alzarmi.
Sbuffo al nulla, mettendo il bollitore sul fuoco.
Ho chiesto alla mia migliore amica di non parlare con nessuno della mia situazione, uscirò allo scoperto quando mi sentirò pronta. Ovviamente lei sa tutto. Sa chi è il padre e sa persino i dettagli di quel giorno! Non potevo non dirglielo, non a lei.
Dopo un'ora buona a darmi della pazza – più per non voler rendere pubblica l'identità del padre – si è arresa, abbracciandomi e urlando al cielo che diventerà zia.
Assurdo.
Il ticchettio della pioggia sui vetri mi distrae. Sposto le tende, posando la tazza sul ripiano e riempiendola con il sacchettino del the.
A volte mi capita di chiedermi cosa sta facendo, se si ricorda di me... ma poi torno alla realtà. Mi ricordo il significato di quel rapporto e il fatto che con tutta probabilità, in questi cinque mesi, si sarà portato a letto altre venti ragazze. Perciò niente, distolgo i pensieri.
Non ascolto una loro canzone da troppo tempo, non ci riesco. Ho radunato tutti i cd e li ho messi via, chiusi in uno scatolone che non posso permettermi di mettere sull'armadio.
La ginecologa mi ha raccomandato di non fare sforzi.
Le prime settimane avevo persino valutato l'idea di abortire, poi una notte ho sentito la chiara sensazione di un pugno nello stomaco e mi sono detta che potevo farcela. Dovevo farcela. Non sono sola, ho Charlotte, amici che mi vogliono bene e colleghi pronti a chiamarmi a casa.
La maternità è una noia mortale, mi manca il mio lavoro. Avere a che fare con la gente ha un non so che di rilassante. Sono una gran chiacchierona! Penso dipenda da questo.
So che i ragazzi sono in città per l'ultima tappa del tour invernale. Ho avuto un tuffo al cuore quando Charlotte, euforica, mi ha dato la notizia qualche settimana fa. Non ho intenzione di fare nulla. Se ne andranno, se ne vanno sempre. E io ritornerò alla mia vita.
« Basta pioggia, devo andare a fare la spesa, maledizione! AHIA! » mi blocco, toccando la pancia con un sopracciglio sollevato « E tu fai il bravo, oggi mamma è nervosa! » commento, lasciando scivolare la mano sulla maniglia del bollitore.
Riempio la tazza fino all'orlo, lasciando che il sacchetto raccolga l'acqua. Poi, acchiappando una confezione di biscotti, mi dirigo verso il salotto con tutta l'intenzione di gustarmi un film in santa pace.
Proposito che va a farsi benedire, appena il campanello di casa comincia a trillare.
Sbuffo, raggiungendo l'entrata.
« Arrivo! Spero sia importante! »
Spalanco la porta, ritrovandomi davanti il viso euforico della mia migliore amica. Ha il naso rosso come un pomodoro, trema come un pulcino e io scoppio a ridere di gusto, poggiandomi sul legno.
« Ma che cazzo hai combinato? »
« Carrie! Una notizia fantastica! Il concessionario mi ha ridato la macchina e ti posso accompagnare io a fare provviste! »
Arriccio il naso, aggrottando la fronte in un'espressione vagamente ironica.
« Questa storia della zia ti sta prendendo un po' troppo la mano! »
« Ho il diritto di stare attenta che non ti succeda nulla, no? » rimbecca risentita, portandosi le mani sui fianchi in una posa che, a dirla tutta, mi ricorda la mia, di zia.
Sorrido, scuotendo la testa. I capelli blu, sostituiti da lunghe ciocche bionde e nere.
« Vai a prendere il cappotto! »
« Ma i biscotti...? » provo a ribattere, però lei si è già introdotta in casa, spingendomi verso la camera da letto.
« Ci sarà tempo per i biscotti, hanno dato pioggia per tutta la settimana, vuoi vivere di quelli? » insinua ironica, piegando la testa di lato e mostrandomi un sorrisetto abbastanza irritante.
Ovvio che no. Non posso tenere a dieta mio figlio!
Sbuffando, agguanto il soprabito dalla sedia. Poi torno in salotto per un secondo, giusto il tempo di prendere un Oreo al volo e addentarlo.

 

« Questo posto è l'Inferno! » commento allucinata, osservando come le persone quasi si prendano a pugni per arrivare a prendere i pacchi dagli scaffali.
« Dammi le buste, le porto io! »
« Sono vuote, tesoro. Vedi? Vuote! » ribatto con evidente sarcasmo, sventolandogliele davanti agli occhi.
A volte esagera davvero. Sono incinta, mica paraplegica!
Sbuffando, me le strappa dalle mani, intimandomi di andare al banco frigo per prendere il latte.
E' un po' come fare la spesa con mia nonna, però molto più stressante!
Sto per agguantare il fustino del latte, quando la sua voce mi arriva lontana da almeno due corsie.
« CARRIE? »
« SONO VIVA! » rispondo ironica, spostandomi il cappotto e accarezzandomi la pancia.
« Tua zia è pazza, amore. Ma pazza con la P maiuscola! Non farci caso! » bisbiglio, piegandomi in avanti e posando un dito sulle labbra in segno di silenzio.
Una risatina divertita mi raggiunge.
« A che mese sei? »
Sto per voltarmi e rispondere con un gran sorriso, ma il fustino mi cade dalle mani quando mi perdo in due occhi castani e un viso troppo familiare.
Capelli indomabili, barba appena incolta, la bocca piegata in una smorfia ironica.
« J-Jack. » soffio, ancora stordita.
Istintivamente, mi copro la pancia con il cappotto, abbassandomi per raccogliere il latte, ma lui mi precede.
« Non dovresti fare sforzi. »
« Sì, beh, ti ringrazio per l'aiuto. Ora devo proprio andare. »
Il tono mi esce piatto e impersonale. Inarca un sopracciglio, preparandosi a ribattere, quando Charlotte spunta da dietro lo scaffale delle merendine, mostrandomi due pacchi di schifezze caloriche che di certo, se non faranno venire il diabete a me, lo faranno venire a mio figlio.
Mi dimentico in fretta della presenza di Jack, ringhiando e indicandola con un indice tremante.
« Sei impazzita, per caso? Vuoi farci morire? » quasi sbraito.
Sento il chitarrista ridere di gusto. Charlotte mi mostra il medio, sparendo di nuovo dietro l'imponente scaffale.
Sospiro pesantemente, pronta a raggiungerla, ma una presa mi impedisce di muovermi oltre. La sua mano è stretta intorno al mio braccio.
Sembra quasi confuso.
« Ci conosciamo? »
« Sei Jack Barakat degli All Time Low, giusto? Io ti conosco, sei tu che non conosci me. » ribatto, con il cuore in gola.
Mi ha portata a letto e non si ricorda neppure il mio nome.
E' squallido, ma al momento mi rende le cose molto più semplici. Ringrazio il suo mancato tatto, scrollandomi da quella presa.
« Touchè! »
« Bassam! Se hai finito di farti i giri, mi vuoi dare una mano? »
Alex compare all'improvviso davanti a me.
Deglutisco, quando mi rendo conto che mi sta osservando attentamente, poi la sua espressione muta in quella di chi ha appena visto un fantasma. Presa dal panico, provo a defilarmi, ma lui mi sbarra la strada apposta.
« Ti dispiace? Sono di fretta! »
« Sei incinta! »
« Che occhio, Sherlock! » ribatto immediatamente, pestando il piede per terra con rabbia.
Sghignazza, lanciando due confezioni di pop-corn a Jack, che preso alla sprovvista ne fa cadere uno a terra.
« Alex, la conosci? » domanda, appena riesce a raccogliere il sacchetto.
« La conosci anche tu. » è la risposta seria del leader.
Charlotte, dove diavolo sei quando ho bisogno di te?
E come se mi leggesse nel pensiero, la vedo arrivare trafelata con in mano due cartoni di succo d'arancia.
« Ho quasi fatto a botte per questi, ringraziami! » commenta, piegandosi per riprendere fiato.
Incrocio le braccia al petto, aspettando che il suo cervellino bacato metta a fuoco la situazione.
« Che succede qui? » commenta infine, spostando lo sguardo su tutti e tre.
Un genio. Sveglia come al solito.
« Oddio, ma loro sono... »
« So chi sono, vogliamo andare per piacere? Devo vomitare di nuovo! » sibilo, lanciandole uno sguardo che dovrebbe spiegare alla perfezione la situazione.
C'è il padre di mio figlio che mi fissa con sguardo confuso e il suo migliore amico – decisamente più attento – ha già capito ogni cosa.
Un lampo di consapevolezza le deforma l'espressione. Annuisce, avvicinandosi per aiutarmi a camminare verso le casse più vicine. A quanto pare, è lì il resto della spesa.
« No, un momento! »
Maledizione, avrei preferito che la voce fosse quella di Alex, sarebbe stata più gestibile. Mi blocco, mentre Charlotte tenta invano di trascinarmi verso l'uscita del market.
« Carrie, avanti, andiamo! Carrie! » continua, quasi provasse dolore per me.
I piedi però non collaborano, mi sento inchiodata al pavimento e subito percepisco la presenza di Jack dietro di me. Vorrei piangere, ma riesco a trattenermi vincendo contro gli ormoni della gravidanza.
« Carrie? Tu sei... oh cazzo. Sei incinta! »
La voce gli esce strozzata.
Chiudo gli occhi per un secondo, liberandomi dalla presa della mia amica per guardarlo in faccia. Si tiene la guance con entrambe le mani, osservandomi sconvolto.
« Non preoccuparti, non è tuo! »
Ovviamente la scusa non regge. I mesi della pancia non mentono e Alex scuote la testa, posando una mano sulla spalla dell'amico. Jack indurisce lo sguardo.
« Perchè non me l'hai detto? »
« Ma hai sentito? Non è tuo! » ribatto, come se in quelle parole ci fosse la soluzione al problema.
« Credi che sia stupido? »
Il tono mi zittisce. Distolgo lo sguardo, stringendo il fustino di latte tra le mani.
Credo di non voler mandare a puttane il suo sogno, credo che posso cavarmela da sola e non ho bisogno di lui per riuscirci. Non posso fargli questo.
« Posso farcela, non ho bisogno di te. Non sono niente per te, in effetti! Non voglio neppure sapere quante te ne sei portate a letto dopo quella sera! » è tutto quello che riesco a proferire.
C'è tanta amarezza in queste parole, ma è come se mi fossi tolta un enorme peso dallo stomaco. Il bambino scalcia, procurandomi una smorfia di dolore che maschero abilmente strizzando gli occhi.
Jack respira profondamente, poi si passa una mano sul viso e prova a prendermi per il braccio, però Charlotte è più veloce di lui.
Fatico a starle dietro e quasi non cado per terra per riuscire a stare al suo passo.
« Piano! Charlotte, vai piano... mi fai cadere! Attenta al carrello! » le dico, ignorando i quattro occhi se so perfettamente ci stanno guardando.
Aggira un tipo sulla quarantina, spostandosi nella corsia di destra, quella dei detersivi. E lì, Jack le sbarra la strada.
« Dove pensi di andare? Mi devi delle spiegazioni! »
La mia amica ringhia, voltandosi per imboccare il corridoio opposto, ma la figura di Alex è ferma di fronte a noi e non sembra intenzionata a lasciarci passare.
« D'accordo Charlotte, basta così. »
« Ma Carrie... »
« Va tutto bene. » soffio, abbozzando un breve sorriso stanco.
Annuisce un po', poi mi lascia andare, incrociando le braccia al petto e aspettando che uno dei due faccia una stronzata per poter intervenire.
Prendo una lunga boccata di ossigeno e mi avvicino a Jack per poterlo affrontare. Il bambino continua a tirare calci, mi domando distrattamente se percepisca qualcosa da lì dentro.
Accarezzo il pancione, quando la sua voce decisa – e tremante – mi lascia a bocca aperta.
« Fammelo vedere. »
Suona quasi come un ordine, ma c'è emozione in quel tono e senza smettere di guardarlo, sollevo piano il maglione pesante, rivelando la pelle tesa del mio addome. Una pancia bella tonda, con una riga scura che attraversa l'ombelico in verticale.
« Cristo. » mormora, soffocando un lamento con il palmo della mano.
Mi ritrovo a sorridere. E' quasi tenero il suo modo impacciato di rapportarsi all'intera faccenda.
« E'-? »
« E' un maschio. » lo anticipo.
Alex supera Charlotte, avvicinandosi con sguardo curioso. Affianca il suo migliore amico, posandosi con il gomito sopra alla sua spalla e sorridendo ironico.
« Bravo, Bassam! L'hai fatta davvero grossa questa volta! » commenta, ignorando apertamente il ringhio di Jack e scoppiando a ridere di gusto.
« Jack, mi prenderò cura io di tuo figlio, non ti chiedo nulla. Non voglio rovinarti la vita, hai una band a cui pensare, i tour in giro per il Mondo... per non parlare della tua inesistente attitudine ai legami. » riesco a dire, abbozzando un piccolo sorriso e ricoprendomi il pancione, decisa ad abbandonare immediatamente questo posto.
« Ha ragione, Barakat. » è il commento deciso – ma abbastanza ironico – del maggiore.
Una voce potente ci avvisa che il market sta per chiudere. Faccio un breve cenno con la testa a Charlotte e supero entrambi, in direzione delle casse.
Ho bisogno di riposare, mi fanno male le gambe.
Alla faccia della tranquillità di cui mi parlava la ginecologa!
« NO. »
Deciso, forte.
Mi blocco, voltandomi di nuovo.
« Cosa? » chiedo, convinta di aver sentito male.
Il suo sguardo non ammette repliche, si scrolla la presenza di Alex dalla spalla, avanzando verso di me e rubandomi uno dei baci più profondi che abbia mai ricevuto in vita mia.
Quando ci stacchiamo, il fiatone non abbandona nessuno dei due.
Respira sulla mie labbra, posando una mano sul pancione e accarezzandolo.
« E' mio figlio. Non posso, anzi, non voglio fottermene. » sentenzia con decisione.
Provo una grande voglia di piangere. Cerco di allontanarlo, puntellando le mani sul suo petto, ma è del tutto inutile. Mi sovrasta di svariati centimetri e nonostante sia decisamente magro per la sua altezza, è comunque più forte di me.
Non ho la forza né fisica né morale, per sciogliere il contatto.
« Jack! Sei ubriaco, per caso? »
« Pensa ai cazzi tuoi, Lex. » lo liquida velocemente, senza neppure degnarlo d'attenzione.
Charlotte – da brava romantica quale è – si commuove, tamponandosi gli occhi con le maniche del cappotto.
« Questa è davvero esilarante. Non riesci nemmeno a badare a te stesso e vorresti crescere un bambino? » continua, indicandomi la pancia come se le sue parole fossero piuttosto ovvie.
In effetti, ha ragione.
Non ce lo vedo affatto a fare il padre, però quegli occhi nascondono un velo di tenerezza e protezione che in nessuna foto, né dal vivo, gli avevo mai visto prima d'ora.
« A che mese sei? » ribatte, portandomi di nuovo in quel banco frigo.
Un deja-vù molto vicino, uno di quelli potenti.
All'improvviso tutta la paura di questi mesi si dissolve, sostituita da due occhi scuri e rassicuranti. Gli sorrido, arrossendo appena.
« Quinto. »
E' quasi un sussurro. Lo vedo sgranare gli occhi per lo stupore.
« Al quinto mese? Ma se sei quasi trasparente! Stai dando da mangiare a mio figlio? » insinua, aggrottando la fronte e guardandomi con finto sospetto.
Rido. E lui mi sorride di rimando.
Per la prima volta, dopo tanto, lo faccio con il cuore. Non chiedo il permesso, ma mi accoccolo al suo petto, respirando a fondo quell'odore di muschio bianco che credevo perso nel tempo.
« Non ci credo! » è il commento ancora sconvolto di Alex Gaskarth, che in risposta alla scena ha levato le braccia al cielo, sotto lo sguardo divertito di Charlotte.


Una volta usciti dal market, Jack è stato irremovibile.
Sarei dovuta andare a stare in Albergo, almeno fino alla fine dello show e poi avremmo deciso insieme il da farsi. Così, trascinandomi dietro l'apprensiva futura zia, ho dovuto accettare, mandandola a prendermi un cambio per la notte e salendo in macchina con gli altri. Ovviamente, una volta piombati in stanza, è stato impossibile nascondere la verità ai restanti due.
« L'hai messa incinta! »
Rian e le sue mezze misure.
Sorrido a tutti i membri del gruppo, stringendo la mano di Jack con forza. Ho bisogno di un appoggio morale. In piedi, nella stanza d'albergo degli All Time Low, osservo i ragazzi guardarmi allucinati.
Zack ride, sdraiandosi sul letto e levando il volto al soffitto.
Non ne capisco il motivo, ma l'unico seriamente turbato dalla faccenda è Alex. In disparte, se ne sta appoggiato al muro con le braccia incrociate e un piede contro la parete.
« Capita quando si fa sesso, sai? »
« Divertente, davvero. Ma ti rendi conto? » rimbecca, alzandosi dalla sedia per raggiungermi.
Mi scruta con attenzione, avvicinandosi anche troppo. D'istinto, indietreggio con il viso, sentendomi improvvisamente a disagio.
« Sei troppo magra, ragazza! »
Jack si lascia andare ad un gesto alla “Te l'avevo detto!” che bellamente ignoro, posando invece gli occhi sulla figura preoccupata del batterista.
« Sto bene, sono solo stanca. »
Ed è vero.
Però, effettivamente, un po' di fame mi è venuta. Apro la borsa, tirando fuori una confezione intera di Oreo e cominciando a mangiare di gusto.
« Che c'è? » bofonchio con la bocca piena – sputando probabilmente qualche briciola sul tappeto della stanza – e sentendomi osservata da tutti, Charlotte inclusa. Mi guarda con finto disgusto, inarco un sopracciglio.
« Tesoro, perché non provi con dei bocconi più piccoli? Sembra che non mangi da secoli! » è il consiglio ironico della mia migliore amica, che mi mostra persino l'ipotetico pezzo con le dita.
« Vaffanculo, vai. Ci vai mai? E' un bel posto, mandami una cartolina! » ribatto, una volta ingoiato l'intero boccone.
E finalmente, Alex si fa sentire.
Comincia a ridere senza sosta, scuotendo la testa e unendosi alla risata divertita di tutta la band. Sorrido anche io, pulendomi la bocca con la mano e godendomi questo momento di pace.
Per la prima volta, mi sento bene.
Non posso certo dire di amare Jack, lo conosco appena, ma porto in grembo suo figlio e questo cambia decisamente le cose. Forse, chissà, il tempo mi darà ragione.

  
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