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Autore: MarieCecile    02/12/2014    2 recensioni
Allison Smith non é più l'anonima ragazza con i corti capelli castani che ha lasciato sei anni prima Little East. Ora ha una lunga chioma azzurra, tre paia diverse di Dr Martens, il carattere da leader ancora più forte e una voglia che non riesce a spiegarsi di vedere com'é ora Luke Hemmings.
Cara Walker non ha più i capelli lunghi e i vestiti banali e scontati, ma maglioncini decisamente vintage accompagnati da un vaporoso caschetto mosso, la matita e il mascara sbavati ed un sorriso che non riesce mai a trattenere soprattutto se in giro c'è Ashton Irwin.
È che in sei anni le cose cambiano, anche nei paesini piccoli come Little East, dove sembra impossibile che possa accadere. E i cambiamenti, ad Allison Smith non sono mai piaciuti.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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L’after.
 
Le persiane sono spalancate, completamente, e la luce fredda e azzurrognola mattutina illumina la stanza ancora perfettamente in ordine.
Insieme alle persiane anche le finestre sono aperte lasciando entrare quell’aria frizzante che sa di buono, di pulito, di natura, così diversa da quella così pesante ed artificiale tipica di New York.
Nel centro della stanza c’è un letto da una piazza e mezza occupato principalmente da cuscini soffici e da Allison che, con un braccio a coprirsi gli occhi e l’altro sopra la testa, non riesce a smettere di sorridere.
È perfettamente sveglia eppure non ha voglia di alzarsi. Sta troppo bene li accucciata al calduccio –nonostante fuori faccia tutto fuorché freddo- con la mente che continua a ripercorrere la serata precedente.
Quelle mani, quelle labbra, quel piercing…
Quel bacio.
Quel fottutissimo bacio che cazzo, sognavano da anni e nessuno aveva mai avuto il coraggio di darlo.
Luke Hemmings l’aveva baciata.
E cazzo, non era il suo primo bacio, ma era il suo bacio.
Quello che sperava fosse si, il primo.
Quello speciale, quello dal ragazzo che le piaceva tanto.
Sorride al ricordo di quelle labbra, nonostante il mal di testa pulsante le renda la mente meno lucida.
La vita nel Little East non fa poi così schifo come avrebbe immaginato.
 
 
Il suono continuo e martellante del citofono sveglia di colpo Kyra, facendole masticare un’imprecazione poco femminile, perché dovrebbe essere illegale una sveglia del genere dopo una sbronza come quella della sera prima.
Si infila una felpa, giusto per nascondere la canottiera scollata del suo pigiama e si avvia alla porta, con gli occhi ancora chiusi dalla stanchezza e l’andatura leggermente traballante.
-Chi è?- domanda cercando di scandire le parole.
-Signorina Robinson deve aprire immediatamente, polizia di Little East.- ordina una voce femminile dietro la porta svegliando del tutto la ragazza.
Sue non è tornata questa notte e la polizia è fuori casa sua.
Con la mano tremante gira la chiave e apre, trovandosi davanti una donnona massiccia seguita da due uomini muniti di pistola e manganello.
-Dobbiamo controllare casa sua signorina.
Kyra li guarda pensierosa. Nei film bisogna sempre mostrare il mandato e il distintivo, ma chiedendoli li insospettirebbe e basta.
Nel frattempo, l’agente davanti a lei, però, ha capito i suoi pensieri mostrandole il necessario.
-Possiamo entrare ora? O dobbiamo denunciarla per intralcio alle indagini?
Spalancando gli occhi, terrorizzata dalla durezza di quella voce Kyra si fa di lato lasciando entrare gli sconosciuti mentre fa mente locale del cellulare.
-Qual è la camera di sua cugina?
La ragazza non riesce a fare nient’altro se non indicare la prima porta a sinistra mentre afferra il telefono.
Ieri sera Calum le ha lasciato il numero ma non si ricorda come l’ha salvato.
Quando lo trova, sotto ‘Hood’ inizia a digitare, con le dita che tremano.
Mi sa che hanno preso Sue, c’è la polizia in casa.
Ed invia, maledicendosi per la lontananza di tutti gli amici con cui ha un rapporto molto più profondo e fidato.
 
 
Cara è in piedi, all’ingresso del bar dell’università con gli occhi puntati su uno sconosciuto dai capelli mori e la pelle chiarissima che si è seduto al suo tavolino, vicino alla finestra e tutti gli altri sono occupati.
Sbuffando si avvicina al bancone, chiedendo ad Andy, la barista, nonché sua vicina di casa, il solito, senza nascondere l’aria stanca e l’umore nero.
-Rimani qui a farmi compagnia bevendo il caffè?- le chiede quella vedendo la ragazza sedersi su uno degli sgabelli alti.
-A quanto pare. La mia tana oggi è occupata.- ride Cara prendendo dalla borsa la confezione di pastiglie di stevia.
Andy getta un’occhiata veloce all’angolo, notando anche lei il ragazzo che lo occupa.
-Potresti andar li e approfittare della tua abitudine per far conoscenza!
-Perché non vai tu a parlarci Andy, avresti una scusa più plausibile!
Scoppiano a ridere entrambe senza nemmeno accorgersi del ragazzo che si sta avvicinando.
-Mi scusi? Dovrei pagare.- cerca di farsi notare senza mascherare il suo accento inglese.
Andy annuisce, scambiandosi uno sguardo d’intesa con Cara, prima di andare a preparare il conto.
-Siete così strani, voi di qui- osserva il ragazzo girandosi verso Cara e sorridendole.
-Sei qui da poco?
Lui annuisce, squadrandola da capo a piedi. –Un mese, ma non mi sono ancora abituato ai vostri ritmi.
Andy torna con il conto, sorridendo davanti al dialogo tra i due ed aspetta le poche monete del caffè prima di andare a servire Claire e Queen.
-Sono Rick, comunque.
-Cara.- risponde subito, ricordandosi poco che, stando alle buone maniere, se qualcuno comincia un discorso, l’altro dovrebbe cercare di continuarlo. -Tu cosa studi?
Rick solleva in risposta un grosso tomo, sulla filosofia moderna. –Scienze della comunicazione, tu?
-Geologia, beh Rick, ci vediamo in giro!- lo saluta sorridendogli prima di sventolare il braccio in direzione di Andy ed andarsene.
Poco più in la Claire e Queen sembrano essersi dimenticate del rispettivo te e cappuccino con brioches per dedicarsi completamente alla discussione della conoscenza appena avvenuta.
-Non ci credo, lui è proprio bello!- sta sospirando la mora osservando Rick allontanarsi.
L’altra scuote le spalle, che finché si tratta di qualcuno che non sia Ashton è anche contenta per Cara, infondo anni prima erano anche amiche.
-Non credo che il tuo Philip sia contento di questo commento- la rimprovera ridendo e ricevendo come risposta un bel dito medio da Claire.
 
 
Sue ancora non riesce a credere di essere li.
In attesa che i genitori vengano a prenderla.
Obbligo alla disintossicazione e fortuna che era riuscita a vendere tutto senza lasciare nulla in giro per casa, o si sarebbe potuta dimenticare della libertà.
L’hanno sgamata.
Dopo quattro anni l’hanno sgamata e ancora non riesce a crederci.
Sente la scricchiolante porta di quella stanza aprirsi e si alza automaticamente, nella speranza che sia la poliziotta di prima a portarle il thè che aveva chiesto, ma appena scorge sua madre e sua zia avanzare verso lei si sente morire.
-Non ci posso credere.- mormora sua mamma scuotendo la testa.
-Anche Kyra c’è caduta?- domanda l’altra donna, terrorizzata.
Sue scuote la testa, incapace di alzare il capo, sentendo lo sguardo deluso della madre che non riesce ancora a sopportare.
-Cosa sei diventata piccola mia?
La ragazza non sa cosa rispondere, non vuole parlare, si sente troppo uno schifo, di fronte a sua madre.
Fortunatamente una poliziotta entra nella stanza, facendo firmare alcuni fogli alle presenti, prima di invitarle gentilmente ad uscire.
-Le lascio l’elenco delle migliori strutture per disintossicamento.- conclude poi la giovane donna lasciando alla signora Robinson  in post-it con alcuni nomi scarabocchiati.
Quando escono dalla centrale Sue ancora non è riuscita ad alzare lo sguardo dal suolo.
Sua madre, davanti a lei, cammina velocemente verso la macchina, mentre sua zia è al telefono con Kyra, per comunicarle i risultati.
La sente mentre l’avvisa di cercarsi una nuova coinquilina e, per la prima volta da quando tutto quel casino è scoppiato, la ragazza sente gli occhi bruciare e inumidirsi.
Non aveva mai pensato a quanto fosse nella merda.
 
 
-Non si rompe così l’uovo!
Mary alza gli occhi al cielo, maledicendo la brillante idea che ha avuto poco prima, di preparare una bella colazione all’americana per Michael, che aveva passato la notte sul divano del suo appartamentino.
Che poi, ‘appartamento’ sarebbe anche un parolone, ma la ragazza non ne poteva più della convivenza sotto lo stesso soffitto con i suoi genitori, così, per sentirsi autonoma, aveva sistemato tutta la soffitta della villetta degli anni trenta in cui abitava e vi ci si era trasferita.
-Se non la smetti di rompere ti rompo io.- lo minaccia con il mestolo da cucina e scoppiando a ridere nel frattempo.
Ma Michael non si lascia influenzare, lanciandole un’occhiataccia severa, si avvicina verso la padella dove Mary sta preparando il bacon. –Lo stai facendo bruciare.
La ragazza sbuffa, di nuovo, porgendogli il mestolo e facendosi da parte. –Pensaci tu allora!
E Michael, finalmente, le concede il primo vero sorriso, da quando la conosce. –Non vedevo l’ora, Mary cara.
L’altra gli strizza l’occhio, andandosi a sedere sul tavolo per guardarlo cucinare.
-Come mai questa bravura in cucina?
-Ho sempre sognato di fare lo chef, così mi sono iscritto a tutti i corsi culinari di Sydney a prezzi accettabili.
E Mary annuisce, chiedendosi mentalmente come mai non lavori in un ristorante ma preferisce rimanere nel suo ed iniziare ad apparecchiare.
Le viene quasi un infarto quando un campanello inizia a suonare a volume decisamente alto vicinissimo a lei.
Michael le fa cenno di pensare alle uova strapazzate prima di rispondere al telefono con uno sguardo confuso.
-Kyra?
Mentre controlla la colazione Mary continua a lanciare occhiate veloci al ragazzo che ha sempre l’aria più disperata e non ha ancora parlato da quando è iniziata la chiamata.
-Non ci posso credere.- lo sente dire, mentre cerca di nascondere la sua curiosità. –E adesso?
Passano alcuni minuti, prima che Michael attacchi la cornetta, con lo sguardo basso e l’aria distrutta.
-Tutto bene?- gli domanda subito Mary, affiancandolo e ricevendo un no in risposta.
-Hanno preso Sue, la porteranno in una clinica.
-Sue?
E Michael annuisce, prendendo dalla sedia il suo giacchino in jeans.
-La mia fidanzata. Senti, ti ringrazio di tutto ma adesso devo scappare. Ci vediamo!
La porta sbatte e il rumore dei passi veloci sulle scale riempiono quel momento di silenzio calato nella soffitta.
Mary si riscatta solo quando sente l’odore di bruciato salire dalla padella con il bacon mandando a fanculo tutto e buttando l’intera colazione nell’umido.
Le è passata la fame.
 
 
 
 
NdA.
 
Sono viva e vegeta, eccomi qui! Fresca fresca di un fantastico nove in italiano guadagnato dopo un pomeriggio passato tra fisica e non so quante partite al solitario.
Ma va beh.
Scusatemi per l’attesa e anche per questo ‘capitolo’ che ho iniziato minimo un mese fa e che mi son degnata di finire oggi e che, sinceramente, nemmeno mi fa impazzire.
Ma non riesco a fare di meglio, ho la testa dio solo sa dove ultimamente!
Quindi…. Beh scappo, che ho in mente una cosuccia da scrivere e voglio mettermi all’opera subito.
Un bacione <3
  
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