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Autore: Cristal_Lily    03/12/2014    2 recensioni
- Io non sono come le altre persone, io non so cosa significhi amare - lo sguardo della più piccola era rivolto altrove, eppure dietro a quelle gemme fredde vi leggeva la sofferenza che stava provando in quel momento. E lei, nonostante non riuscisse a sopportare la vederla in quello stato, non era certa di poter andare avanti. Non in quel modo. Vederla vicino a quell'uomo le provocava una sofferenza che mai aveva provato.
- Neppure io ho mai amato, eppure ci voglio provare - sussurrò facendo un passo avanti, la mano tesa. Ma si bloccò quando la più piccola scosse il capo.
- Mi dispiace, non posso fare soffrire anche te - la guardò allontanarsi, restando da sola sotto quella pioggia incessante. Aveva il cuore spezzato, eppure non si sarebbe fermata.
Lei doveva essere sua.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Una settimana. 
Sette giorni erano passati, sette giorni in cui le due giovani avevano passato il loro tempo assieme. 
Amelis non sapeva perché quella ragazza desiderasse tanto stare con lei, eppure era andata a tutti i loro "appuntamenti" che si tenevano al parco. Di rado si muovevano, dopo quel giorno in cui aveva portato la mora a casa sua, nessuna delle due aveva proposto di alzarsi e girare in giro per la città. 
Non che a lei importasse, un luogo era come un altro, non le dava neppure fastidio che la più grande avesse incontrato la genitrice, del resto non aveva una grande considerazione della donna, e Alisia poteva pensarla come voleva, a lei non cambiava niente. 
In realtà, il giorno prima, la giovane aveva provato nuovamente a chiederle qualcosa nei riguardi della donna, sembrava sentirsi in colpa per la reazione della parente, ma lei si era limitata ad alzare le spalle. Era abituata ai mutamenti d'umore della donna, non l'aveva mai considerata e non avrebbe iniziato ora. 
La donna era da quando il padre l'aveva lasciata che la mal sopportava, forse era per quello che c'era stato fin dall'infanzia un distacco. Non lo sapeva, in realtà Amelis non si era mai sentita legata particolarmente alla madre, tanto che una volta era scappata via. 
In realtà quando era molto piccola la giovane aveva degli sprazzi in cui ricordava una madre più..gentile, che aveva tentato di donarle affetto, solamente che lei non lo aveva mai accettato. Non ne aveva mai avuto bisogno, lei semplicemente voleva vivere la sua vita. Era sicura che, senza quella donna,  sarebbe stata meglio. Ma non aveva un luogo ove andare, non aveva un lavoro per potersi pagare l'affitto e dunque doveva stare sotto lo stesso tetto della donna. Ma tanto la ignorava sempre, erano rare le volte che si incontravano veramente e, ogni volta che accadeva, generalmente Amelis era in dolce compagnia o la donna aveva ricevuto qualche brutta notizia dalla scuola che la informava che lei si era cacciata nei guai. 
Succedeva sempre, ecco perché la scuola che frequentava ora, era la seconda che cambiava quell'anno. 
Lei però mai una volta si era sentita in colpa, non aveva fatto nulla di male, lei non aveva mai fatto il primo passo, erano gli altri che ammaliati da sé le si avvicinavano. Non era lei quella che si sarebbe dovuta trasferire, eppure ogni volta le davano la colpa. 
Tutte le parole che le dicevano però non la scalfivano minimamente, l'unica che sembrava soffrirne era la madre. 
La donna non riusciva a sopportare la vergogna che diceva tanto di provare in quei casi, era da quando aveva quattordici anni che aveva messo da parte l'affetto genitoriale e aveva iniziato a trattarla in quel modo. Era letteralmente esplosa dopo lo scandalo, quando tutti avevano scoperto chi fosse l'uomo con cui era stata per la prima volta, il loro rapporto si era andato ad incrinare, sua madre, non l'aveva neppure più guardata negli occhi. Eppure Amelis, come sempre, non aveva fatto una piega. La sua vita a suo dire non era cambiata molto dato che non aveva mai concesso alla genitrice un affetto che una figlia poteva donare alla madre; non per cattiveria, o per punizione, semplicemente perché lei non era il tipo di persona che sapeva essere affettuosa. Neppure con gli uomini che amava cambiava atteggiamento, erano loro attratti dalla sua distanza, cosa che lei non aveva mai compreso. Forse erano convinti che, un giorno, lei si sarebbe aperta con loro, ma non accadeva mai. Veniva lasciata prima, sempre da loro, e la sua vita tornava come prima. Eppure li aveva amati tutti.  Forse non lo aveva saputo dimostrare, eppure se ne era sempre innamorata. E quando l'avevano lasciata, non si era sentita dilaniata. In realtà quell'amore che sentiva in quei momenti in cui stava con loro, svaniva come per magia, come se non fosse mai esistito. E no, lei non si era mai fatta problemi per quel che le succedeva, per lei non era che la normalità. 
Quel giorno c'era un bel sole nel cielo. L'aria si era riscaldata, stava arrivando veramente il caldo. Le stagioni, oramai, erano tutte cambiate, ma a lei andava bene così. Almeno poteva vestirsi come desiderava. Infatti, quel giorno, si era limitata a mettersi una camicia decisamente più grande di lei, un "regalo" di uno dei suoi amanti, e vi aveva messo una semplicissima cintura appena sotto il seno per tenerla stretta sulla vita. Sotto aveva indossato degli shorts talmente corti che quasi non si vedevano. E, assieme alle calze a rete e alle scarpe alte che aveva indossato, trovava che il suo look fosse perfetto. Le piaceva vestirsi in modo sempre particolare, era difficile trovarla con un semplice paio di jeans e una maglietta, non si vedeva. Lei era strana, e lo era anche nel modo di vestire. 
Era da poco uscita da scuola, ma quel giorno non era diretta al parco. Il giorno precedente infatti Alisia l'aveva informata che non si sarebbero potute incontrate, le aveva detto che "aveva cose più importanti da fare che stare con lei" e lei aveva semplicemente annuito. 
In quella settimana avevano parlato tanto. Del più e del meno certamente, però avevano parlato. Amelis ancora non capiva quali fossero le intenzioni della studentessa nei propri confronti, sembrava avere le idee confuse dato che, nonostante continuasse a dirle che un giorno l'avrebbe messa in ginocchio, continuava a parlarle, cercava di conoscerla. Non le diceva neppure più le cattiverie dei loro primi incontri, non sfoggiava quasi più un atteggiamento da "regina delle oche", si limitava a cercare di scoprirla. Forse fingeva, ma ad Amelis non importava. 
Strano era di certo non doverla incontrare, in sette giorni aveva scoperto tanto, si era ritrovata più volte perplessa di fronte l'atteggiamento della più grande, e dunque non aveva neppure idea di cosa fare. Le ore passate in compagnia della studentessa non erano male, certo, non le cambiavano la vita, ma non le dispiacevano neppure. Alisia sembrava quasi far parte in modo paradossale al suo mondo, quando vedeva lei, la osservava davvero, non c'era quella barriera che generalmente si ritrovava davanti con tutti gli altri. Era come se fosse una creazione della sua mente, magari era proprio così, forse la ragazza in realtà neppure esisteva, tutto era possibile. 
Uscita dai cancelli, decise di incamminarsi verso la città, lo sguardo assente come sempre, il corpo appagato grazie all'uomo che aveva da poco lasciato a scuola. C'erano mille possibilità, mille strade da percorrere, lei doveva semplicemente lasciarsi portare dai suoi piedi e..camminare. Nulla di più. 
Lo sguardo puntato al cielo, le labbra leggermente schiuse, si accorse di dove fosse arrivata solamente quando si ritrovò davanti un alto muro ricoperto d'edera. Lei conosceva perfettamente quel luogo, era l'unico posto in cui si sentiva veramente in pace con sé stessa, era l'unico posto ove lei poteva stare da sola con il suo mondo, nessuna interferenza, nessuno che cercava di disturbarla. 
Senza neppure pensarci proseguì, svoltando l'angolo non appena l'alto muro lo fece. Quella casa era molto vecchia, era un peccato che fosse abbandonata. Sicuramente quello sarebbe stato il luogo perfetto ove abitare per lei, amava quella devastazione provocata dal tempo che rendeva quel luogo magico, quasi irreale. Era esattamente come il suo mondo, lì si sentiva a casa. 
Lentamente, arrivata all'incirca a metà del muro, scostò quell'edera che celava un piccolo passaggio che aveva scoperto quasi subito all'epoca. Era stato semplice dato che più volte, quando si era soffermata accanto a quell'abitazione, aveva carezzato i mattoni ricoperti da quelle foglie sottili, e, continuando il tragitto, alla fine si era resa conto che c'era la possibilità di entrare nella proprietà. 
Il giardino era abbandonato, l'erba era alta e incolta, difficile camminarvici in mezzo, ma lei era minuta e non aveva tanti problemi. Aveva studiato quel luogo molto, a lungo, eppure mai una volta era entrata nella casa, non le interessava. A lei piaceva il giardino, soprattutto quello dietro alla casa ove, al centro, c'era un alto ciliegio. I petali rosa erano magnifici, e ogni qual volta che il vento si alzava, i petali iniziavano a cadere, una cascata colorata che le donava pace. 
Eppure lei non andava lì solamente per il giardino abbandonato. No. C'era un'altra cosa che rendeva magico ai suoi occhi quel luogo. 
Le capitava di tanto in tanto udire un suono lento, melodioso, soave. 
Sembrava quasi colpirle l'anima, sembrava quasi che seguisse i suoi pensieri.
Generalmente, quando quelle rare volte riusciva ad udire quelle dolci note, si poneva ai piedi dell'albero, seduta, e chiudeva gli occhi, lasciando che quei suoni le colorassero i pensieri, le inondassero la mente. Era piacevole, forse la cosa più bella che avesse mai provato da quando aveva scoperto quel luogo. Era come..sentire: attraverso quella melodia straziante le sembrava di provare le sensazioni che il musicista suonava. Era strano, era una sensazione particolare, che non aveva mai provato in tutta la sua vita. 
Inizialmente erano rare le volte in cui era riuscita a udire quelle dolci note, ma poi aveva capito lo "schema", sapeva quando venire per ascoltare quella musica. 
Non sapeva chi fosse, ma non se ne era mai interessata. Perché rovinare il suo mondo? Per lei quella musica era come un'estensione del suo mondo, era un elemento esterno che stranamente si andava ad incastrare alla perfezione al suo paradiso personale. 
Un qualcosa che non le capitava mai, quella era un'eccezione che lei apprezzava, davvero molto.
E sapeva che quel giorno avrebbe udito ancora quella melodia. Aveva scoperto lo schema di quel delizioso musicista e dunque si, sapeva che quel giorno ci sarebbe stato.
Entrò lentamente nel suo giardino, oramai lo considerava proprio, del resto quel luogo era abbandonato no? 
Soltanto lei e il musicista vi stavano, era soltanto loro. Dunque non si faceva problemi ad entrarvi e a fare come se fosse a casa sua. Quasi la considerava la sua vera casa. Casa era il luogo ove ci si sentiva bene no? Beh, quello era l'unico posto in cui poteva effettivamente dire di essere in pace con sé stessa.
Passò tra l'erba alta, incolta, carezzandola con il palmo aperto, semplicemente, avvicinandosi al grande albero.
Carezzò la corteccia ruvida, dura, osservandola per qualche istante prima di darle le spalle e abbassarsi, sedendosi, le gambe al petto, le braccia che avvolgevano le proprie cosce coperte da quella sottile rete nera, che molti trovavano indecente. Erano in pochi ad apprezzare il proprio abbigliamento, ma a lei non importava, a lei piaceva il suo look e quello era l'unica cosa che importava. 
Rimase in attesa, silente, e quando finalmente la prima nota riempì l'aria calda, un brivido le corse lungo la schiena. 
Si lasciò guidare da quella bella musica, ritrovandosi sorpresa quando si rese conto che era una melodia differente dal solito.
Generalmente il suo musicista era solito suonare melodie strazianti, tristi, melanconiche o comunque molto pacate. Quella di quel giorno era dai toni graffianti, sembrava porre domande silenziose a cui non sapeva dare risposta. Si, era una melodia davvero strana, tanto che si ritrovò ad alzare lo sguardo, verso quella piccola finestra schiusa da cui proveniva quel suono. 
Non lo capiva, e..se ne sentiva attratta, come se lei avesse potuto rispondere a quelle mute domande suonate attraverso quel suono arcano e misterioso. 
Si alzò in piedi e senza neppure rendersene conto, si incamminò. Avanzò lentamente verso quella casa e, arrivata davanti alla grande porta in legno che mai aveva badato, posò le dita fredde su quella superficie e spinse, lasciando che la porta si aprisse. 
Osservò per la prima volta gli interni di quell'abitazione, senza però prestare troppa attenzione a ciò che aveva attorno. Quella melodia l'attirava come un ape veniva attratta dal polline dei fiori; l'unica cosa di cui si beò fu il dolce profumo di vecchio e stantio che risiedeva tra quelle vecchie mura. Un odore che non molti potevano apprezzare, ma che a lei ricordava un qualcosa di abbandonato, desolato. Un po' come lei. Abbandonata a sé stessa, alla naturale decadenza della propria vita da solitaria. 
Salì le scale, seguendo la musica, arrivando così al primo piano. Si guardò attorno, appena, notando la polvere depositata sui mobili, piccoli granelli che appannavano la vecchia lucentezza di quella che doveva essere stata una magnifica reggia. Un luogo in cui mai si sarebbe potuta permettere di dimorare. Non era mai stata ricca, sua madre a malapena riusciva a permettersi quell'appartamento e, di certo, non usava il suo denaro per comprarle tutto quello che comprava. Oh no, tutto quello che Amelis aveva, se l'era guadagnato da sola. Come? Era meglio che nessuno lo sapesse. 
Continuò a camminare, sino ad arrivare ad una nuova porta, appena socchiusa, che aprì senza remore, notando immediatamente la figura immobile che suonava al centro della stanza. Era voltata di spalle, ma avrebbe riconosciuto ovunque quei capelli scuri e quelle forme armoniose, sottili, deliziose. 
Alisia. Era dunque lei la musicista che era solita udire? Mai si sarebbe immaginata che fosse lei, eppure non aprì bocca, si limitò ad ascoltarla mentre studiava la sua figura muoversi, fluida, eppure allo stesso tempo rigida. 
Dunque c'era qualcosa in più di quello che la giovane dimostrava agli altri. Ad Amelis non interessava veramente in realtà, eppure...se era lei la sua musicista personale, significava che era lei quella che riusciva ad infonderle, in quei brevi frangenti, delle emozioni. E si rendeva conto, per la prima volta, che fosse lei a provare quella profonda tristezza che spesso traspariva dalle sue note. Non era una ragazza felice, una ragazza soddisfatta della propria vita, in lei..c'era un antica tristezza che chissà da quanto si portava dentro. 
Lasciò che finisse di suonare, in segno di rispetto, e quando l'ultima nota svanì nel freddo di quella stanza, Amelis fece un passo in avanti. 
- Continua - disse soltanto, facendo scattare Alisia che si voltò spaventata. 
Vide i suoi occhi sgranarsi, le belle labbra carnose schiudersi più volte mentre stringeva con terrore quello strumento, quel magnifico violino.
- Cosa ci fai tu qui? - chiese, e in quel momento ad Amelis sembrò che la ragazza fosse tremendamente..fragile. Una sensazione che mai aveva visto negli altri.
La osservò, il capo inclinato, i lunghi capelli che le ricadevano sulle spalle. 
- Stavo ascoltando. E non voglio che tu smetta. Sei piena di dubbi oggi - la informò come se fosse la cosa più normale del mondo. Continuò ad osservarla mentre boccheggiava, senza riuscire a dire nulla. Sembrava veramente sorpresa, stupita dalla propria presenza e probabilmente aveva ragione. Non doveva essersi aspettata un pubblico, ma ad Amelis non interessava, lei voleva soltanto continuare a sentirla suonare. 
- Oggi? Non è la prima volta che..mi ascolti? - chiese, come se fosse stata colta in fragrante durante una rapina. Cosa c'era di strano? Nulla a suo dire
- Certamente. Vengo ogni volta che tu suoni. Il suono del tuo violino riempie il mio mondo. Ma di solito è un suono lento, armonioso e con un senso di melanconia e...abbandono. Oggi no. Oggi eri più scattosa, più incerta nelle note. Voglio sentirlo ancora - voleva cercare di captare le sue domande, e si, voleva dare risposta a quelle questioni in sospese. Probabilmente una persona normale non avrebbe capito il suo ragionamento, eppure ad Amelis non interessava cosa pensassero gli altri. Era una persona che non si premurava di badare le persone, non lo aveva mai fatto. 
- I-il tuo mondo? Amelis tu..tu non avresti mai dovuto intrometterti - sentì la rabbia nella sua voce, una rabbia che però non la scalfì e non la fece neppure sentire in colpa. Non doveva essere arrabbiata, non ne aveva senso. La stava apprezzando, probabilmente per la prima volta.
- Perché? Hai tanto da esprimere e a me piace vivere i sentimenti che tu suoni- cercò di spiegarle il motivo per cui le piaceva tanto e no, non aveva intenzione di consolarla, dirle che fosse brava. Se non lo fosse stata, Amelis non l'avrebbe mai ascoltata. 
Osservò Alisia, notando quelle gemme brillanti spegnersi per un istante, appannarsi, lontane, e vide una piccola lacrima scivolarle lungo la guancia, lenta, solitaria. Una piccola perla salata che le solcava il viso. 
Amelis le si fece vicino, lentamente, e allungò la mano, raccogliendo quella goccia di rugiada, portandosela alle labbra, saggiandola. Ora era lei che sembrava perduta in un mondo differente da quello in cui erano, forse erano più simili di quanto la giovane avesse mai immaginato? 
- Sei triste? - chiese, dubbiosa. Perché ora piangeva? La giovane non capiva. Lei non capiva nessun sentimento, soprattutto la tristezza. Non l'aveva mai provata, non l'aveva mai sentita. Chissà cosa si provava a piangere? A volte le sarebbe piaciuto scoprirlo.
Le sue parole però sembrarono risvegliare la ragazza che tornò a guardarla, ancora triste, distante.
- Io..no, le tue parole mi hanno ricordato una persona che conoscevo - sussurrò, allungando una mano per carezzarle la guancia, lentamente, immobile. Amelis non parlò più, non fece a tempo a dire nulla che la giovane fanciulla di fronte a sé fece un passo indietro e chiuse gli occhi, portandosi lo strumento che teneva in mano sulla spalla.
Alzò il braccio, e portò l'arco sulle corde del violino, tornando a suonare, lentamente. Una nuova canzone, che mai aveva udito, profonda, bellissima
Amelis chiuse gli occhi a sua volta, e rimase semplicemente lì, in ascolto, perdendosi come sempre nel suo piccolo e strano mondo. Mondo che, per la prima volta, le sembrava di condividere con qualcun altro. 

 
* * * 


Sono imperdonabile, me ne rendo conto. E' passato davvero tanto tempo da quando ho aggiornato questa storia, ma non riuscivo a scrivere. Mi capita spesso ultimamente, ma ho i miei problemi in famiglia e dunque riesco a dedicarmi poco alla scrittura. Mi spiace molto, ma spero che vi piaccia questo nuovo capitolo. 
Non mi dilungherò molto su queste note, semplicemente..spero davvero che vi piaccia =)
Alla prossima
  
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