16 Aprile 1985, 7.00 am
Darwin
Street non
era né bella, né brutta. Aveva l'aria mesta ma
frizzante di un
quartiere piuttosto economico.
Rina ci aveva messo
poco a trovare il luogo dove Daniel Lloyd lavorava, era l'unico
ufficio di quell'isolato. Ora non restava che trovare l'abitazione
dell'assassino, che aveva detto di impiegare cinque minuti a piedi
per recarsi sul posto di lavoro. Dunque la sua casa non doveva essere
a più di cinquecento metri da lì.
Non fu un grande
problema per Rina: si mise a chiacchierare con un'anziana signora
dall'aria piuttosto pettegola, che – già
perfettamente vestita –
era uscita di casa per innaffiare i suoi gerani. Da lei, Rina seppe
tutto quello che si poteva sapere. Daniel Lloyd abitava al numero 71
di Darwin Street, aveva i capelli rossi e la pessima abitudine di
bere. La signora lo vedeva sempre recarsi a lavoro alle otto di
mattina, per poi tornare a casa a mezzogiorno e ritornare a lavoro di
pomeriggio. Rina chiese se aveva mai notato qualcosa di strano in
lui. La signora rispose che quel tipo non le piaceva, e che ogni
tanto vedeva qualche strana donnaccia frequentare casa sua. Rina
ringraziò e si recò al numero 71.
Osservò la casa da
distante. Come tutte le altre di quella strada, era una piccola
villetta su tre piani con un poco di giardino in salita di fronte. Il
giardino non era tenuto granché bene: il prato era
spelacchiato e le
piante quasi tutte secche. La casa aveva una grande mansarda e
finestre bianche, dalle quali non si intravedeva ancora luce. Daniel
Lloyd dormiva ancora?
Rina procedette
lungo la strada, finché non raggiunse una panchina e si
sedette. Da
lì vedeva bene il numero 71, ma non era abbastanza vicina
perché
qualcuno distinguesse il suo volto. Tirò fuori un quotidiano
che
aveva comperato venendo lì, lo aprì e fece finta
di iniziare a
leggere. Si era vestita in modo completamente diverso dal solito, si
era messa un paio di modesti tacchi, e aveva raccolto i suoi capelli
neri dentro un cappello viola. Con quell'abbigliamento, chiunque le
avrebbe dato almeno una decina di anni in più di quelli che
aveva.
Rina aspettò, ma
l'attesa si rivelava più snervante del previsto. Sotto i
suoi occhi,
scorrevano gli articoli del quotidiano senza che riuscissero
veramente a distrarla. La distensione fra Stati Uniti e URSS,
Gorbachev... il presidente Reagan..
Rina iniziò a
picchiettare nervosamente sul metallo della panchina.
Poi sobbalzò.
Eccolo.
Daniel Lloyd stava
uscendo di casa, stava scendendo gli scalini e chiudendo il cancello
dietro di sé. Rina registrò ogni suo dettaglio.
Era basso, i
capelli rossissimi, il viso colmo di lentiggini. Non era vestito
bene, aveva l'aria trasandata. Aveva in mano una valigetta,
probabilmente contenente tutto l'occorrente per svolgere il suo
lavoro da impiegato. Rina era sicura che, avvicinandosi, avrebbe
potuto sentire quel puzzo di sudore misto ad alcol tipico degli
uomini sopra la quarantina che bevono. La signora non aveva
esagerato, doveva davvero essere un alcolizzato.
Senza farsi notare,
Rina estrasse dalla borsa la macchina fotografica usa e getta che
aveva comprato, e scattò qualche foto. Una al suo viso, una
di lui
che si accendeva una sigaretta, una di lui di spalle, che si
incamminava verso l'ufficio..
Rina abbassò la
macchina e rifletté sul da farsi. Seguirlo sarebbe stata una
perdita
di tempo. Sapeva già dove lavorava, e non poteva entrare
lì dentro
senza farsi notare. L'ideale sarebbe stato fare una capatina dentro
casa sua, ma era troppo rischioso, perfino per lei. Inoltre, non si
era mai introdotta in una casa, immaginava che non fosse facile.
Rina osservò il
numero 71, e per poco non rimase a bocca aperta. Lloyd aveva
lasciato una finestra socchiusa! No.. a pensarci bene non
l'aveva
lasciata socchiusa. Era così anche prima. Che la finestra
fosse
rotta? Oppure se l'era semplicemente dimenticata aperta la sera
precedente? Se era così, l'occasione era troppo ghiotta, e
forse
irripetibile..
Ma no, doveva
pensarci bene. Si trattava di un assassino, dopo tutto. Se l'avesse
trovata in casa sua, la avrebbe ammazzata senza pietà. Non
doveva
fare gesti azzardati.. E se la signora si fosse sbagliata? Se
– ad
esempio – alle otto Lloyd non andasse a lavoro, ma
semplicemente a
fare una passeggiata, e rientrasse dopo una mezz'ora? In quel caso
coglierebbe Rina con le mani nel sacco.
Prima di fare una
cosa del genere, Rina doveva studiare meglio le sue abitudini,
osservarlo. Certo, quella finestra aperta era una bella tentazione,
per lei che come scassinatrice valeva meno di zero.. Però
no, non
poteva rischiare di farsi ammazzare così.
Rina si alzò e se
ne andò, perché stare lì di fronte a
quella casa era troppo
snervante. Sarebbe tornata il giorno dopo, e il giorno dopo ancora.
18 Aprile,7.00 am
Rina
aveva
adeguatamente studiato Daniel Lloyd. Il giorno prima lo aveva
osservato sia al mattino, sia al pomeriggio, sia alla sera.
Naturalmente il tutto senza farsi scoprire.
Al mattino andava a
lavoro e – come aveva detto la signora – ci restava
fino a
mezzogiorno. Al pomeriggio lavorava dalle 16:00 alle 19.30. La sera
scorsa non era uscito, ma Rina supponeva che almeno qualche sera a
settimana si recasse in un pub o qualcosa del genere. Un uomo
così
doveva uscire, ogni tanto.
In realtà Rina non
era molto soddisfatta. Non si era immaginata un uomo del genere, per
l'assassino che stava cercando. Intanto non si era immaginata un
alcolizzato: la dipendenza dall'alcol era sì sintomo di
profondo
disagio interiore, ma toglieva anche lucidità, e per un
omicidio ci
voleva grande, grande lucidità. In più, i killer
di solito non
bevevano, perché – al posto di bere –
preferivano rinfrescare la
loro anima disperata con il sangue di una vittima. O almeno,
così
pensava Rina.
Ma queste
riflessioni venivano solo dal pregiudizio che Daniel Lloyd aveva
suscitato in lei. Rina aveva visto il suo volto e le sue abitudini,
lo aveva visto, cioè, per come si presentava a tutti. Poteva
essere
che dentro nascondesse un qualcosa di ben più profondo.
Quel giorno, Rina
intendeva introdursi in casa di Daniel Lloyd mentre questi era a
lavoro. Sarebbe entrata dalla finestra rotta – anche il
giorno
precedente era rimasta socchiusa – e sarebbe rimasta dentro
non più
di un'ora, per sicurezza. Avrebbe cercato qualcosa, qualunque cosa
che potesse ricondursi agli omicidi perpetrati. Se davvero Daniel
Lloyd era il Padre degli orfani, come Rina pensava, non avrebbe
faticato a trovarlo.
Anche quel giorno
Rina rimase seduta sulla panchina con un quotidiano in mano, anche
quel giorno Daniel Lloyd uscì, trasandato, e si
recò a lavoro.
Rina aspettò giusto
un quarto d'ora, il tempo di accertarsi che Daniel Lloyd non tornasse
indietro perché aveva dimenticato qualcosa. Poi si mise il
giornale
in tasca, si alzò, ed entrò nel giardino del
numero 71.
Si lanciò una
rapida occhiata attorno, ma era ancora troppo presto perché
ci fosse
qualcuno in giro. Rina prese un bel respiro e si avvicinò
alla
finestra. La spinse, guardò dentro. Era la finestra della
cucina:
una cucina spoglia, con un tavolo circolare.. Rina mise le mani sul
davanzale, pronta a tirarsi su. Adesso il suo cuore batteva, batteva
forsennatamente. Che fosse paura? Non pensava di essere così
debole,
ma, dopotutto, non aveva mai fatto una cosa del genere.
Rina fece forza
sulle braccia e si tirò su. Ma in quel momento un paio di
mani la
afferrarono saldamente alla vita e la tirarono indietro.
Rina cadde
pesantemente sul prato, di schiena. Per un attimo non pensò
a
niente, tranne che sarebbe morta lì, in quel momento. Che
alternative c'erano? Poteva mettersi a urlare, ma Daniel Lloyd le
avrebbe tappato la bocca molto prima che qualcuno giungesse ad
aiutarla.
Tuttavia, aprendo
gli occhi si rese conto che il suo aggressore non era Daniel Lloyd.
L'individuo che le stava sopra avrà avuto al massimo una
trentina
d'anni. Aveva i capelli biondi, il viso truce segnato da una
cicatrice, un lungo impermeabili e un paio di pesanti stivali neri.
La agguantò e la
girò di schiena. Rina sentì qualcosa di metallico
serrarsi sui suoi
polsi.
-La dichiaro in
arresto per tentata violazione di domicilio.-
La
polizia. Rina
quasi emise un
sospiro di sollievo.
Rina
era già passata di fronte al numero 10 di Broadway, ossia New
Scotland Yard,
ma mai, mai aveva
pensato che ci avrebbe messo piede. Tanto più, in condizione
di
arrestata.
L'uomo che l'aveva
ammanettata la condusse in una specie di arioso ufficio, e la fece
sedere davanti a un grande tavolo di legno chiaro, senza liberarla.
Dopodiché semplicemente uscì dall'ufficio e se ne
andò.
Rina voltò la testa
e osservò l'esterno – la parete era composta da
una delle grande
vetrate che si vedevano da fuori. Osservò i turisti
passeggiare
tranquilli per quella via del centro, così ordinata e
pulita.
Dovevano essere al quinto o al sesto piano.. Mentre lei e il
poliziotto salivano in ascensore, Rina non aveva contato i piani, ma
immaginò che fosse così.
Rina
si appoggiò allo schienale. Immaginò che sarebbe
passato un bel po'
di tempo prima che qualcuno comparisse a parlare con lei. Doveva far
parte della strategia.
Speravano di snervarla con un po' di attesa?
Circa mezz'ora dopo,
la porta si aprì ed entrarono quattro uomini. Uno anziano e
tarchiato – qualcosa nel modo in cui stava di fronte agli
altri le
disse che era il capo – uno dai capelli ricci e lo sguardo
determinato, uno dai capelli color platino, e per ultimo il
poliziotto dagli occhi truci che l'aveva arrestata. Questi le
lanciò
un rapido sguardo, che lei ricambiò impassibile, e poi si
sedette in
disparte.
-Allora,
signorina Rina Martini..-
L'uomo anziano le si sedette di fronte. -.. ci dice cosa voleva
rubare, e perché?-
-Non volevo rubare
nulla.-
Intervenne l'uomo
dai capelli ricci, con voce seccata. -Per favore, non facciamo
storie. Prima parla, prima avrà una possibilità
di andare a casa.-
-Non potete tenermi
qui. Effettivamente, non ho rubato nulla, e non ho nemmeno commesso
una violazione di domicilio.-
-L'agente Lawliet
l'ha vista tentare di introdursi in quella casa dalla finestra.-
Disse l'uomo anziano, indicando con la testa il poliziotto che
l'aveva arrestata.
-Non ha modo di
saperlo.- Rispose Rina. -Forse volevo solo osservare la cucina del
signor Lloyd, oppure sgranchirmi le gambe nel suo prato. Chi dice che
volevo entrare? Si fa il processo alle intenzioni, adesso?-
L'agente dai capelli
ricci parve irritato. Quello anziano però rise, con una
certa
pazienza. -Lei ha una bella parlantina, signorina Martini. Ma veniamo
ai fatti..-
-Mi permetta,
ispettore Brent.- Lo interruppe l'uomo dai capelli ricci. -Mettiamola
una sera in gattabuia, vediamo se domani mattina sarà
così
spiritosa.-
-Ispettore Brent!-
Esclamò Rina. -Adesso capisco.-
-Cosa capisce,
signorina?-
Rina
fece un sorrisino. -Mi pareva strano che per una semplice..- fece
segno di aperte virgolette con le mani -.. tentata
violazione di domicilio
si
scomodassero tutti questi agenti. Ma ora capisco. Lei è
l'ispettore
Brent, responsabile per le indagini sul Padre degli Orfani. E questa
deve essere la sua squadra. Mi state facendo tutte queste domande
perché la casa in cui ho tentato di introdurmi è
quella di Daniel
Lloyd, sospettato di essere il serial killer di cui tutti parlano.
Anche voi lo stavate tenendo d'occhio, e questo spiega
perché un
agente mi abbia vista e fermata prima che riuscissi a fare qualcosa.
Ma dovete sapere che io non intendevo rubare nulla all'interno
dell'abitazione di Daniel Lloyd. Lo stavo osservando, tutto qui,
perché sono convinta che lui sia il Padre degli Orfani.-
Per un momento gli
agenti non dissero niente, si guardarono solo l'un l'altro, stupiti.
Anche il poliziotto che l'aveva arrestata – l'agente Lawliet
–
aveva alzato la testa, sorpreso, abbandonando per un momento la sua
espressione indifferente.
-Dunque..-
l'agente Brent sembrava perplesso -.. mi corregga se sbaglio. Lei
stava indagando su
Daniel Lloyd?-
Rina annuì.
-E che referenze ha
per farlo?-
-Nessuna.-
-È una giornalista,
in realtà?-
Rina scosse la
testa, nell'esatto istante in cui l'agente con i capelli platino
disse: -No, ho controllato.-
-Quindi, signorina
Martini.. lei è consapevole che questo non è il
suo lavoro, ma è
il nostro?-
-Sì, ma siccome sta
continuando a morire gente e avevo una pista abbastanza certa da
seguire, ho deciso di muovermi anche io.-
Di nuovo, gli agenti
non parlarono.
-Io adesso la
lascerò andare.- Disse infine l'ispettore Brent. -Ma non
voglio più
vederla gironzolare in luoghi dove non deve stare. Se la
vedrò di
nuovo, io la arresterò e lei sarà rispedita al
suo Paese, in
Italia. Abbiamo già abbastanza da fare, senza doverci
occupare di
curiosi e ficcanaso. È chiaro, signorina?-
-Aspetti!- Protestò
Rina. -Avete capito quello che ho cercato di dirvi su Daniel Lloyd?
Lui è...-
-Daniel Lloyd è
innocente!- La interruppe Brent, con un tono autoritario che prima
non aveva. -Mentre ben tre coppie venivano uccise, lui era chiuso in
un ospedale a disintossicarsi. E, penso, siamo tutti d'accordo sul
fatto che il Padre degli Orfani agisca da solo, senza complici.-
Rina ammutolì.
Sì, sul fatto che
agisse da solo non c'erano dubbi..
-Dunque le sue
supposizioni su Daniel Lloyd erano infondate, come tutto il suo
agire. Lo stiamo tenendo ancora sott'occhio per precauzione, ma
abbiamo intenzione di non seguirlo più.. E adesso deve
andare,
signorina.-
Rina si alzò in
piedi, un po' abbattuta.
L'agente Lawliet si
mosse verso di lei. Le si portò dietro e – con una
chiave che
aveva in tasca – la liberò dalle manette.
Rina mosse i polsi
intorpiditi, si diede ancora un'occhiata attorno. Dopodiché
non poté
fare altro che obbedire all'ispettore Brent.
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Scusate tanto per il
ritardo. Spero che questo nuovo capitolo vi abbia incuriositi ^.^
Fatemi sapere,
Silvia