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Autore: Rurue    03/12/2014    0 recensioni
Akemi è un'infermiera giovane, ma sveglia. Resa tale da una famiglia di maghi purosangue che la disprezza per il suo essere Maganò e da una società in piena Seconda Guerra Mondiale che la evita per la sua lontana, ma abbastanza evidente, discendenza giapponese.
La ragazza si incontrerà con un Tom Riddle giovane, ma già prepotente. Instaurerà con lui un rapporto particolare; visto da fuori parrebbe solo astioso ma, per lei, è molto profondo.
Che ruolo potrebbe avere una semplice maganò nel passato del Signore Oscuro?
Akemi, grazie al suo lavoro, incontrerà anche i fratelli Pevensie, che riusciranno a sconvolgerle completamente la vita scaraventandola affettuosamente ma con prepotenza nella loro famiglia particolare e mostrandole un mondo diverso da quello a cui è abituata.
Attenzione: la storia seguirà, in gran parte, il filo della storia presente nei libri di Lewis, per questo potrebbero esserci possibli spoiler per chi ha visto solo i film.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom O. Riddle, Tom Riddle/Voldermort
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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Regrets collect like old friends, 
Here to relive your darkest moments 
I can see no way, I can see no way, 
And all of the ghouls come out to play. 
 
And every demon wants his pound of flesh 
But I like to keep some things to myself 
I like to keep my issues strong, 
It's always darkest before the dawn.
                        - Shake it Out; Florence and the Machine -

 

 

 

                                                           

                                                         Capitolo Diciottesimo      

 

 

 

 

 

Non riuscivo a capire in che posto mi trovassi.

L'ambiente era umido, l'acqua mi gocciolava sulle spalle e le scarpe erano completamente fradicie.

Continuavo a muovermi nella nebbia, che era tanto fitta da non permettermi di vedere più in la della punta del naso.

Continuavo ad allungare le braccia ai miei lati, alla ricerca di un appiglio, e ogni tanto mi capitava di incontrare un muro, a volte le mie mani annaspavano nel vuoto.

I piedi iniziarono a muoversi faticosamente, e mi ritrovai immersa nell'acqua fino alla vita. Qualcosa si arenò contro il mio bacino, per poi seguire la corrente e sorpassarmi, ma allungai il braccio, recuperandolo al volo.

Alzai le braccia, per alzare l'oggetto che avevo salvato e vedere cosa fosse quel pezzo di stoffa talmente impregnato d'acqua da essere innaturalmente pesante.

Un mantello.

Contrariata dalla scoperta – avevo freddo, ma un mantello fradicio non avrebbe migliorato la mia situazione – lo lasciai nuovamente alla corrente.

Nella nebbia intravidi una striscia lievemente più scura alla mia destra. Avvicinandomi con cautela capii che si trattava di una riva.

La raggiunsi con difficoltà e, arrancando a gattoni, riuscii a trascinarmi completamente fuori dall'acqua, arpionando le dita nel fango bagnato e insozzandomi la gonna. Persi una scarpa, che rotolò giù. Anche quella venne rapita dal canale.

Guardai nella direzione da cui ero arrivata, sicura di vedere un tunnel, ma non riuscii a distinguere nulla. Solo un fiume nella nebbia, come se il muro piastrellato che poco prima era il mio sostegno non fosse mai esistito.

Quando mi spostai per alzarmi, le mia dita incontrarono qualcosa di sottile, freddo. Anche stavolta la curiosità prevalse. Afferrando l'oggetto, me lo portai davanti al viso, scoprendo di tenere in mano un paio di occhiali arrugginiti e dalla montatura rotonda.

Li infilai, e vidi solo sfocature bianche.

Strinsi gli occhi e, quando li riaprii, due fanali gialli si muovevano in alto, di fronte a me.

Mi paralizzai per l'orrore quando capii che non si trattava di fanali, bensì di due occhi enormi.

Richiusi gli occhi, spaventata, ma quando non successe nulla, mi costrinsi ad aprirli di nuovo.

Quando li riaprii, piangevo.

L'essere sibilò.

<< Mi dispiace >> mormorai << Questo non era previsto.. >>

Alle mie spalle si sentì uno schiocco.

<< Padroncina. >>


<< Padroncina Akemi! >>

Con un sussultò mi tirai su, puntellando i gomiti. La finestra spalancata della mia stanza proiettava la luce del sole fino a pochi centimetri da me, mezzo sdraiata sul letto e con un libro aperto sotto la schiena.

I grossi occhi verdi di Kora, la mia elfa domestica, mi fissavano con una vaga aria di rimprovero.

<< Quante volte Kora deve dirle di chiudere la finestra se deve dormire?! >>

Mi stropicciai gli occhi col dorso della mano, sfilando il libro da sotto la schiena e sedendomi a gambe incrociate sul materasso.

<< Non volevo addormentarmi, non me ne ero neanche accorta. >>borbottai in mia difesa, pronta a sentirmi fare l'ennesima ramanzina sul fatto che non si legge prima di andare a dormire, perché suggestiona il sonno.

<< Sono arrivati i suoi ospiti. >> disse invece, senza però risparmiare l'occhiata contrariata al libro.

Aggrottai le sopracciglia, confusa, ma quando capii di cosa stava parlando non trattenni un'imprecazione.

Saltai giù dal letto e mi infilai le scarpe.

<< Grazie Coco! >> le esclamai prima di spalancare la porta. Mi bloccai un secondo << Dov'è Tom? >> le chiesi.

<< Dove sta di solito a quest'ora, signorina. >> mi informò << La signora sta cercando Kora. >> disse poi.

Alzai gli occhi al cielo << Vai, farla aspettare non sarebbe una buona idea. >> corsi giù per le scale.

<< Stia attenta! >> mi urlò dietro lei, borbottando poi qualcosa sul fatto di dovermi stare dietro come quando avevo cinque anni. Non repressi una risata, e lei scomparve con uno schiocco di dita.

Dopo essermi scapicollata giù per le scale, mi fermai per un istante davanti ad un piatto d'argento appeso al muro, controllando di essere almeno un minimo presentabile. Percorsi lo stretto corridoio che veniva usato dai camerieri, ma che non mi facevo problemi a usare come scorciatoie.

Attenta a non far rumore, aprii la porta che sapevo, dall'altra parte, essere seminascosta dalle scale.

Appena il mio sguardo incontrò le figure che, nel salone d'ingresso, si guardavano attorno confuse, sorrisi spontaneamente << Ehi! >> richiamai la loro attenzione.

Entrambi si voltarono e Lucy, raggiante corse nella mia direzione avvinghiandomi in un affettuoso abbraccio.

Risi per tanto trasporto << Ciao, Ed. >> salutai poi il fratello, che ricambiò il saluto, sorridendo.

<< Dovrò essere sincero, Em, ma sono un po' confuso. >> confidò, lanciandosi un'ennesima occhiata attorno.

Sorrisi di sbieco << Okay, lo ammetto: quando vi ho invitati ho omesso qualche particolare. >>

<< Qualche particolare?! >> esclamò Lucy, scandalizzata << Em, ci avevi detto che la tua famiglia aveva una casa a Cambridge. Questa non è una casa, è una specie di castello in miniatura!! >>

Alzai gli occhi al cielo << Esagerata. >> borbottai.

<< Che poi, a Cambridge non si è mai visto un posto del genere. E si nota, eh. >> puntualizzò Edmund.

<< State tranquilli, siamo a Cambridge. É solo che siamo nascosti da un incantesimo protettivo. Riuscirete a tornare dagli Scrubb per cena, avete visto quanto può essere rapido un viaggio con un elfo domestico. >> Era stata Kora a portarli qui, perché altrimenti non ci sarebbero mai arrivati, considerato l'incantesimo anti-babbani.

<< Ma quindi è casa tua? >> Ed era ancora un pochino confuso su quel punto.

<< No. Casa mia si trova a Cornwall Road, a Londra ed è un piccolo appartamento che condivido con la mia migliore amica. >> replicai << Questa è la casa in cui abitavo prima di trasferirmi a Londra, ma visto che voi siete qui e siete sul punto di suicidarvi, ho deciso di venire a passare le vacanze anch'io dalle vostre parti. Cosa che non avrei mai fatto se non fossi stata assolutamente certa del fatto che i miei si trovino nel cottage a Dover. >> puntualizzai.

Vidi i due fratelli lanciarsi un'occhiata << Ma quanto diamine è ricca la tua famiglia? >> chiese poi Lucy.

Scrollai le spalle, trovando la domanda piuttosto strana << Praticamente tutte le famiglie purosangue sono ricche. >> dissi, come se fosse ovvio.

Certo che era ovvio, ma mi resi conto che, invece, per loro non lo era affatto.

<< E comunque noi siamo nella media. I Malfoy sono molto più ricchi di noi Aramaki. >> scrollai le spalle, come se la mia ultima affermazione risolvesse e chiudesse la questione.

<< Chi sono i Malfoy? >> invece, avevo sottovalutato la curiosità della piccola Pevensie.

<< Soci in affari di mio padre. Grazie al cielo ho dovuto sopportare solo un paio di cene in compagnia di quegli spocchiosi fanatici. >>

<< Non ti restano molto simpatici, eh? >> commentò ironica Lucy, bastò una una mia espressione piuttosto eloquente a confermare.

<< Vi va di uscire? É una bella giornata, oggi. >> proposi.

<< Nel tuo enorme giardino colorato? >> scherzò Edmund << certo, perché no. >> accettò poi, appoggiato dalla sorella.

Mentre uscivamo Lucy chiese di Kora << L'hai chiamata.. elfo domestico prima, giusto? >>

sorrisi alla curiosità della ragazza; da quando avevo raccontato loro del mondo magico, lei si era mostrata piuttosto interessata, come dopotutto lo ero stata io nei confronti di Narnia, facendomi raccontare più cose possibili. Lucy mi aveva detto che Edmund era solito farsi narrare favole e ballate narniane da bardi e viaggiatori, così a volte obbligavo il ragazzo a raccontarmene qualcuna.

Adoravo le storie.

<< Si. >> risposi a Lucy << Ritengo che siano degli esseri piuttosto particolari. Quando ero piccola non riuscivo proprio a capire il motivo per il quale piacesse loro essere sfruttati, ma poi ho semplicemente smesso di chiedermelo. Ammetto che però a volte mi fa ancora rabbia. >> borbottai, facendo ridacchiare il maggiore, che ormai sapeva perfettamente che non capire qualcosa era, per me, l'equivalente di una tortura psicologica.

<< Ti è molto affezionata. >> affermò Lucy. Non mi chiesi da cosa lo avesse capito, sapevo che aveva il dono di essere empatica con qualsiasi essere vivente. Riusciva a trovare del buono in qualsiasi cosa.

Questa sua innata innocenza rendeva quasi inverosimile il fatto che ormai si stesse trasformando in una ragazza. Aveva abbandonato le trecce per permettere ai lunghi capelli castani di ricaderle sulla schiena.

I suoi movimenti eleganti ricordavano molto quelli della sorella, e riportavano a galla i loro anni passati a Narnia come regine.

<< Diciamo che Kora è una vecchia brontolona, perennemente ipercritica nei miei confronti. Non fa altro che riprendermi! >> mi lamentai, senza che la cosa mi infastidisse davvero << Ti ha cresciuta lei. >> indovinò Lucy. Sorrisi e annuii, lanciando un'occhiata furtiva al ragazzo accanto a me, che ascoltava in silenzio, con un'espressione assorta. Intuii che stava iniziando a mettere insieme i pezzi dalle poche cose che dicevo ogni tanto.

Parlavo poco della mia infanzia, era una cosa che cercavo di seppellire il più possibile ricoprendola con ricordi nuovi, più piacevoli.

<< Quella è una statua! >> esclamò poi Edmund, evidentemente molto stranito dalla cosa. Tentai di mordermi la lingua, ma fallii << Bravo, Ed. Noto che non è di una visita oculistica di cui hai bisogno. >> commentai, sarcastica e, vedendolo fare un sorriso ironico in mia direzione, scoppiai a ridere.

<< Te le cerchi da solo. >> mi giustificai, facendo spallucce.

Ci avvicinammo alla statua in questione. Rappresentava una donna sporta sul pozzo in mattoni del giardino che si specchiava, portandosi una mano al volto.

<< Ha qualcosa a che vedere col significato del nostro cognome. >> spiegai << Anche se non so esattamente cosa significhi. So solo che tutti i membri della famiglia hanno una raffigurazione del genere da qualche parte a casa. Anche solo sul fondo dei piatti, o cose così. >>

<< É molto bella.. >> commentò Lucy, avvicinandosi un po'.

<< Da piccola credevo che fosse una persona vera. >> rivelai, ridacchiando alla mia stupidità infantile << Pensavo che fosse stata punita per la sua vanità. >>

<< Troppi miti greci? >> domandò sarcastico Edmund.

<< Guarda che non era così inverosimile come cosa! >> mi difesi << Sono cresciuta tra dipinti parlanti e fantasmi! >>

L'idea dovette essere divertente, perché entrambi ridacchiarono.


<< Akemi! >> chiamò una voce alle mie spalle. Soffocai un'imprecazione, ma il mio cambio improvviso d'espressione non passò inosservato ai due ragazzi, che mi lanciarono un'occhiata incuriosita. Non dissero nulla, limitandosi ad osservare la figura alle mie spalle.

Prima di voltarmi, socchiusi gli occhi, inspirando silenziosamente.

Akemi, tu non sei a disagio.

Mi dissi.

<< Zia Seiko >> dissi solamene, sorridendo, come a incitarla a continuare. Lei aggrottò le sopracciglia, in un'espressione diffidente << Cosa stai facendo? >>

Lanciai una veloce occhiata alla figura dietro di lei, che a suo volta osservava i due Pevensie.

Essendo presente mia zia, mi trattenni dall'alzare gli occhi al cielo.

A volte Tom, sul serio mi viene il dubbio che tu sia un serial killer.

<< Stavo facendo una passeggiata, zia. >> spostai lo sguardo sulla valigia che teneva in mano << Vedo che invece tu sei in partenza. >>

<< I miei affari qui a Cambridge sono conclusi, quindi sto togliendo il disturbo. >>

Era ora..

<< Sai perfettamente che la tua presenza qui non arreca alcun disturbo, zia. >>

Tom, dietro zia Seiko, non si sforzò nemmeno a trattenere un sorriso sghembo, sapendo cosa invece avevo pensato.

Non mi domandai se fosse perché mi conosceva, o perché si era dato alla Legilimanzia, ma qualunque fosse la ragione, non gli venne risparmiata un'occhiataccia.

In ogni caso, mia zia ignorò la mia buona volontà, non prendendosi neanche il disturbo di rispondere.

<< Loro chi sono? >> chiese invece, accennando col mento ai due Pevensie.

<< Degli amici. >> risposi in fretta, prima che potesse farlo uno dei due. Qualsiasi cosa avrebbero detto sarebbe potuta rivelarsi pericolosa.

<< Non saranno.. babbani? >> domandò, rabbrividendo per l'orrore alla sola idea.

Io impallidii, ma prima che potessi aprire bocca per dire qualsiasi cosa, Tom venne inaspettatamente in mio aiuto.

<< No, signora Lennox. Il ragazzo è un mio compagno di casa. >> la rassicurò, mentendo con disinvoltura. Lei annuì, persuasa.

<< Zia..! >> azzardai, quando vidi che stava per voltarsi << Porta i miei saluti ad Aiko. >>

Mi guardò negli occhi, aspettando qualche secondo prima di rispondere << Naturalmente sai che non lo farò. >> mi rassicurò, poi assottigliando gli occhi, scuri come la pece.

Occhi che, mi diceva quando era piccola, affettuosamente, somigliavano tanto ai miei.

Il nodo che avevo in gola già da qualche minuto, si strinse ulteriormente.

Abbassai lo sguardo, costringendomi a ricacciare indietro le lacrime quando, per la seconda volta, mi negò anche il minimo contatto con mia cugina.

Ricordavo quando, tre anni prima, era venuta fino all'ospedale per intimarmi di smettere di mandare lettere alla figlia, perché era affezionata a me in maniera “eccessiva” e “innaturale”.

Aiko aveva quattro anni in meno rispetto a me. Giocavamo spesso insieme, prima che si avesse la conferma definitiva che fossi una maganò.

Da allora, mi era capitato di vederla raramente, e non avevo la possibilità di vederla neanche a Hogwarts visto che frequentava Beauxbatons.

Alzai di nuovo lo sguardo e, serenamente, le sorrisi << Fa' buon viaggio. >> le augurai.

Lei alzò lievemente le sopracciglia ma, senza aggiungere altro, si voltò e si allontanò.

Scomparve dalla nostra vista, lasciando però l'aria pesante del suo passaggio, e, quando mi voltai e vidi l'espressione di Edmund, mi resi conto che non gravava solo sulle mie spalle.

Mi sfuggì un sospiro << Ed.. lascia perdere, ci sono abituata. >>

<< Abituata?! Em, ti rendi conto che non è normale? Non puoi lasciarla fare così. Io non.. >>

<< Basta. >> lo interruppi bruscamente. Sapevo che se lo avessi lasciato continuare a pensare avrebbe cominciato ad incolparsi per averla lasciata fare. Quel suo risentimento, però, sciolse il nodo che mi si era fossilizzato in gola.

<< Ma.. >> Lucy, che probabilmente la pensava come il fratello, fece per ribattere. Anche stavolta non la lasciai parlare << Ragazzi, davvero. Lasciate stare. >>

Alle mie spalle ci fu uno sbuffo << Certo che se hanno reazioni del genere con un paio di scambi di battute con tua zia, mi sa che devi prepararli psicologicamente per quando incontreranno tua madre. >> commentò Tom, rivolto a me.

<< Ma infatti loro non incontreranno mai mia madre. >> replicai << E comunque taci, che mia madre ti adora. >>

<< Anche tua zia mi adora. >> puntualizzò.

<< Evidentemente ho degenerato. >> borbottai, alzando gli occhi al cielo.

<< Bugiarda. >>

<< Sul fatto che io abbia degenerato non ci sono dubbi, Tom. >>

<< È vero, ma dubito comunque di entrarci qualcosa. >>

Sogghignai << Sei un po' troppo borioso per essere un rincoglionito sociale. >> misi le mani sui fianchi << Ho l'alzheimer o non ti sei ancora presentato? >> mi girai verso i due, che stavano assistendo con curiosità al nostro battibecco. Anche il mago posò lo sguardo sui due, con diffidenza.

Nascosi un sorriso dietro la mano << E poi vienimi a dire che non è vero che sei un rincoglionito sociale.. >> mugugnai, facendomi sentire solo da Lucy, che scoppiò a ridere. Sospirai, senza capire quali fossero le intenzioni dell'altro.

<< Ragazzi, lui è Tom. >> lo presentai.

<< Il tuo “fratellino acquisito”? >> ricordò Lucy, omettendo il “rompiscatole” che avevo usato per definirlo.

<< Esattamente. >> confermai.

<< Non sono tuo fratello. >> disse l'altro, rivolto a me, con fare scocciato.

Lucy si avvicinò, porgendogli la mano con fare allegro << Io sono Lucy, Lucy Pevensie. E lui è mio fratello Edmund. Em ci ha parlato molto di te! >>

<< Non è vero. >> negai, facendola ridere.

Tom, dopo un attimo in cui temetti il peggio – perché per come era fatto lui mi sarei anche potuta aspettare una sua espressione disdegnata e un successivo congedo – ricambiò la stretta della ragazza << Anche voi siete stati spesso oggetto di conversazione con Akemi. >>

Intuii che volesse fare buona impressione dal suo atteggiamento affabile, ma comunque distaccato e non eccessivamente entusiasta. Quello che usava con i professori o con le persone che gli interessavano, che infatti avevano tutti una buona opinione di lui.

Ringraziai la volontà divina.

<< Immagino che ciò che Akemi vi abbia raccontato siano solo un mucchio di cattiverie. >>

<< Anche.. >> confermò Edmund, rivolgendogli la parola per la prima volta << ma non solo. >> aggiunse poi, sorridendo.

<< Vedi? Malfidato. >> mi difesi, alzando il mento con fare stizzito << Mica sono come te. >>

<< Cosa stavate facendo? >> mi ignorò lui.

Scrollai le spalle << Ah, niente. Stavo solo vantandomi del mio giardino fingendo modestia. >> scherzai, facendo ridere i due fratelli.

<< A proposito, vi stavo portando in un posto. >> ricordai, poi mi rivolsi a Tom << Puoi venire anche te, sempre ammesso che troppo sole tutto insieme non ti faccia evaporare. >>

lo schernii, lanciandogli una sfida per la quale, se anche l'idea di andarsene lo avesse minimamente sfiorato, ora gli era passata.

<< Ci sentiamo simpatiche oggi? >> mormorò tra i denti.

Sfornai un sorriso smagliante << Ma io sono sempre simpatica. Non dirmi che non te ne eri mai accorto. >>

<< Casa tua ricorda un po' quella del professor Kirke, vero Ed? >> commentò Lucy, mentre passeggiavamo, facendo annuire il fratello.

<< Il professor Kirke è quello da cui è andato a studiare Peter,vero? Mi pare di aver capito che adesso vive in un piccolo appartamento. >> ricordai.

<< Infatti. Per motivi che non ho ben capito è diventato povero, quindi ha potuto ospitare solo Peter. >> spiegò Edmund << Che nonostante passi le sua giornate studiando, si diverte molto più di noi. >> borbottò poi. Lucy assunse un'aria afflitta << Non ce la faccio più. E non è passato neanche un mese. >>

Scoppiai a ridere << Eustace mette a dura prova perfino la pazienza e la bontà di spirito della dolce Lucy? >> commentai, colpita << Cos'è? Un cyborg progettato per la tortura psicologica?! >>

<< No, probabilmente un cyborg si dimostrerebbe più intelligente. Purtoppo ho come l'impressione che i suoi neuroni si siano annientati tra loro. >> fu la replica di Edmund.

<< Provate con gli insetti. >> disse Tom << A Hogwarts se qualcuno fa perdere troppi punti alla propria casa viene punito. É capitato a qualche serpeverde di ritrovarsi con degli insetti nel letto. >>

<< Siete dei barbari! >> esclamai, schifata.

<< Non funzionerebbe comunque. >> replicò invece Lucy << Il nostro adorato cuginetto ha una malata passione per gli insetti. >>

<< In che senso “ha una passione per gli insetti”? >> domandai allarmata, rendendomi conto di non essere molto sicura di volerlo sapere dopo aver formulato la domanda.

<< Infila scarafaggi sugli spilli e poi li espone su schede di cartone nella sua stanza. Neanche fossero trofei.. >> spigò Lucy, rabbrividendo.

<< E tu dormi in stanza con lui? >> chiesi retoricamente a Ed, con un tono che esprimeva tutto il mio disgusto per quel fatto.

Voltò la testa, guardandomi << Fidati, gli scarafaggi infilzati sono l'ultimo dei miei problemi. >>

Incitai i ragazzi a cambiare discorso, perché quello stava davvero degenerando. Poi arrivammo a destinazione.

Li feci fermare in uno spiazzo ricoperto di mattoni bianchi. Un padiglione coperto, dello stesso colore, si trovava accanto alla piazzola, vigilato da due armature di metallo decorative.

Le avevo sempre trovate un po' fuori luogo quelle due armature piazzate lì, ma quella volta erano la mia meta. Mi avvicinai.

<< Ditemi, miei sovrani >> iniziai, divertita. Dai fianchi ne sfilai le due spade << a tirare di spada ci si arrugginisce o è come andare in bicicletta? >>

Vidi lo sguardo di Ed illuminarsi, mentre Lucy batté le mani con entusiasmo.

<< In realtà io un po' arrugginita sono, visto che le mie abilità da guerriera non sono state necessarie, l'ultima volta. >> commentò Lucy, lievemente ironica.

Risi << Beh, di certo non si può dire lo stesso di tuo fratello. >>

<< Che fai, sfotti? >> si difese l'altro, divertito. Gli porsi la spada dalla parte dell'elsa << Non mi permetterei mai. >> risposi semplicemente. Fui attenta a mantenere un tono neutro, per non far capire se fossi seria oppure no. La verità era che non avrei mai potuto dimenticare che Edmund mi aveva salvato la vita, portandomi via dal campo di battaglia.

Sentii Tom borbottare qualcosa alle mie spalle.

<< Come? >> domandai.

<< É una cosa completamente inutile >> ripeté, guardando la lama che tenevo in mano con ostilità.

Roteai gli occhi, passandola a Lucy << Perché voi maghi dovete essere così dannatamente snob? Certo che per voi è inutile, a voi basta agitare un pezzetto di legno e pronunciare roba senza senso! >> ribattei acida.

<< Non è roba senza senso: è latino, la maggior parte delle volte. >>

<< Si, si. Battiti per la specie. Vi odio tutti ugualmente. >> sventolai una mano con fare evasivo ma comunque poco credibile: non era assolutamente vero che li odiavo tutti, e lui lo sapeva perfettamente.

Assicurai i due fratelli che le spade non erano in alcun modo pericolose e per nulla affilate, così ingaggiarono un combattimento.

Nessuno dei due stava facendo sul serio (anche perché, nonostante non fossero taglienti, farsi colpire da una lastra d'acciaio non sarebbe stato piacevole in ogni caso) ma non sarebbe stata necessaria esperienza nel campo per capire che Edmund fosse più bravo della sorella.

Sentendo lo sguardo di Tom alle spalle mi voltai, trovandolo invece seduto sulla panca dentro al padiglione, che guardava distrattamente qualcosa nel giardino, alla sua sinistra.

Sospirai, maledicendo mentalmente la sua asocialità.

Sedetti sulle scalette di legno del padiglione, appoggiando il mento sui palmi delle mani. Osservai i due fratelli duellare in modo quasi scherzoso.

L'espressione di Edmund era concentrata, ma rilassata allo stesso tempo. A volte lo vedevo sorridere a qualche mossa della sorella.

Doveva essersi da poco tagliato i capelli, perché non gli finivano negli occhi come invece succedeva a volte.

Anche lui, come la sorella, era cresciuto notevolmente. Sospirai nuovamente, domandandomi se anche io fossi cambiata da quando, a quindici anni, ci eravamo conosciuti.

<< Perchè sei rossa? >> chiese una voce al mio fianco, facendomi sobbalzare per lo spavento. Mi chiesi quando diamine Tom si fosse seduto accanto a me.

<< Non sono rossa. >> negai, arrossendo ancora di più. Mi guardò con scetticismo, ma non disse nulla, spostando lo sguardo sugli altri due, che si erano fermati.

Lucy si avvicinò, con un poco di fiatone, porgendomi la spada.

<< No, scordatelo. >> risposi, senza che avesse detto nulla, guardando torva l'oggetto << Chiedilo a Tom. >>

<< Guarda che è venuta a te l'idea; a saperlo io me ne tornavo in biblioteca. >> disse l'altro.

<< Dai, Em! Ti prometto che dopo costringerò anche lui. >> insistette lei.

L'idea di Tom costretto a fare qualcosa da Lucy fu così assurda che scoppiai a ridere da sola. Rendendomi conto che era un'offerta che non potevo rifiutare, mi alzai, prendendo la spada.

<< Hai promesso, eh. >> ricordai a Lucy, lei annuì << L'ho fatto. >>

Stirai un sorriso << Buona fortuna. >> augurai, senza che fu tanto chiaro a chi dei due la stessi augurando.  

 

 

 

 

 

 

 

 

****Angolo Autore

Salve a tutti!

Beh? Ci erano mancati i nostri Pevensie? Eccoli qui, dopo secoli e secoli che non comparivano!

Non abbiamo invece salutato del tutto Tom, che compare anche qui. (Mi libererò mai di te? No, visto che sei praticamente il protagonista in secundis della storia) In questo capitolo sono davvero andata in crisi, perchè non avevo idea di come "muoverlo", infatti credo di essere andata un po' OOC, spero mi perdonerete e riuscirò a riprenderlo meglio la prossima volta.

Spero siate riusciti a cogliere il senso del sogno all'inizio, non è difficile, quindi immagino di si u.u

Comunque fatemi sapere qualsiasi domanda, dubbio qualsiasi cosa vogliate :)

un bacio,

Rue <3


  
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