Anime & Manga > Inazuma Eleven
Ricorda la storia  |      
Autore: Madelyne Scott    04/12/2014    4 recensioni
[ HiroMido strana | What if...? | Malinconica? Sono arrugginita, perciò ditemi voi | piccola dedica al mio angelo custode | scritta sulle parole di Passenger e corretta sulle note di Yiruma ]
Fissi il vuoto, stringendoti sotto le coperte, mentre senti gli occhi pizzicare e solo tentando di chiuderli ti rendi conto di averli spalancati. Deglutisci, abbassi il viso e ti raggomitoli su te stesso, rinunciando all’aria fresca per rinchiuderti nella prigione calda del letto e tentare di dimenticare tutto e tutti.
Ma non funziona.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Jordan/Ryuuji, Xavier/Hiroto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Consiglio: se siete al computer, gustatevi la lettura cliccando prima su questo link. Se non siete al computer, rinviate la lettura a quando lo avrete davanti.
Let Him Go
:: Or maybe not really ::


 
Ti rigiri nel letto, fissando il buio denso che ti avvolge. Non c’è caldo, anzi, eppure senti il torace schiacciato ed i polmoni affamati d’aria, di quell’ossigeno ghiacciato che ti si blocca all’altezza del pomo d’Adamo e lo trafigge impietosamente. Non hai mai sopportato il mal di gola, però questo è diverso: ricorda più il nodo insolvibile provocato dalla tristezza, il pianto incastrato a metà strada, le lacrime, i gemiti e i singulti che vorresti vomitare fuori, ma non riesci.
Fissi il vuoto, stringendoti sotto le coperte, mentre senti gli occhi pizzicare e solo tentando di chiuderli ti rendi conto di averli spalancati. Deglutisci, abbassi il viso e ti raggomitoli su te stesso, rinunciando all’aria fresca per rinchiuderti nella prigione calda del letto e tentare di dimenticare tutto e tutti.
Ma non funziona. Non funziona e il dolore della mancanza di prende, ti si avvinghia, avviluppa il tuo cuore nelle sue spire avvelenate e i polmoni nella sua morsa compatta; ti ritrovi nuovamente in apnea, riemergi dalla rassicurante placenta di coperte e respiri, forse troppo a fondo, e la gola ti duole. Sei nell’oscurità, nella solitudine di quel grande letto, con le pupille vacue ad osservare il soffitto. Non ti preoccupi più di trattenere le lacrime, la tua mente è impegnata a pensare ad altro, quasi non ti accorgi delle gocce bollenti che ti rigano il viso e si infrangono sulla tela del cuscino.
Non sai se è il sonno oppure il fatto di essere completamente solo, ma i pensieri vanno da soli; il cervello lavora da sé, con te che assisti senza intrometterti, elabora immagini che non hai mai visto, te le presenta come proiettate sul soffitto per poi distruggerle e sostituirle con altre, in un ciclo di confusione e amarezza. Alcune ti sembra di averle vissute, tanto sono vivide, altre le hai vissute per davvero, e non sai se provocano maggior dolore le prime o le seconde. Ti rigiri s’un fianco, chiudi gli occhi e le ciglia ti si bagnano completamente. La stanchezza adesso sta lentamente prendendo il posto del dolore, lenendo le tue ferite come un balsamo fresco, ti culla nel tepore del letto rendendoti suo e sussurrandoti all’orecchio promesse di bei sogni.
 
Sono settimane che non lo senti e non lo vedi, e ti manca, ti manca da morire. Percepisci continuamente l’assenza di quelle labbra morbide e profumate, sempre pronte a tendersi in un sorriso luminoso, e quegli occhi meravigliosamente espressivi e grandi, enormi, pieni di luce nonostante il colore scuro. Ogni tanto li rivedi, vivaci ed emotivi, splendere nella tua mente stanca e stressata, e ogni volta vorresti riaverli con te, su di te. Ti manca il profumo dei suoi capelli, che nonostante la tonalità pistacchio avevano un perenne aroma dolce di ciliegie; senti il bisogno dell’inebriante sapore di cannella appartenente a quella pelle dorata che tanto amavi carezzare e talvolta mordere.
Vorresti con tutto te stesso tornare indietro, ripercorrere a ritroso quegli ultimi mesi trascorsi nell’inerzia, nella sensazione di inutilità che oramai ti accompagna sempre, riavere per sempre gli attimi passati con Ryuuji e viverli ancora. Vorresti non averlo lasciato scivolare via da te, dal tuo amore, dalla tua esistenza come acqua di sorgente, vorresti riprenderlo al tuo fianco e non lasciarlo più.
Ti rendi conto dell’immenso vuoto che hai nel cuore ogni qual volta il suo sorriso ti invade la mente, e allora tutti i buoni propositi di rifarti una vita senza di lui crollano come effimere costruzioni di carte, lasciandoti ripiombare nella tua fredda solitudine. Ti accorgi soltanto adesso che non ti è più accanto di quanto amassi le sue parole, la sua voce, le sue smorfie.
Non sai davvero di chi sia stata la colpa; non sai nemmeno se la colpa sia davvero di qualcuno, in effetti, ma ti aiuta pensare che sia un po’ di entrambi. Sua perché se n’è andato da un momento all’altro, in lacrime; tua, perché non hai mosso un dito per impedirlo. Ti ripetevi che se ti avesse amato sinceramente sarebbe rimasto, adesso sei convinto che siano tutte stronzate colossali. Ti sei reso conto troppo tardi che l’amore, da solo, non basta.
Ogni tanto ti fermi, ti prendi una pausa dal trambusto di ogni giorno -dall’Università, dal lavoro, dalle uscite-  ti fermi e pensi. Rifletti su cosa hai sbagliato, con lui, ti domandi dove fossero scomparse le attenzioni che gli donavi in qualsiasi istante, anche il più banale. Ti scervelli per capire cosa sia andato storto, per trovare sempre un altro tuo sbaglio in modo da giustificare il suo gesto assurdo. Non avresti mai creduto di essere così masochista, di dipendere talmente tanto da qualcuno sino ad arrivare a punirti senza motivo. Forse è come ha detto Reina, forse l’hai amato troppo e ora non riesci più ad abbandonare la voragine che ti ha inghiottito.
Il problema è che non si tratta di un “qualcuno” normale, ma di Ryuuji. Quel ragazzo così diverso da te, solare, spiritoso, tenero, il migliore amico di cui ti sei inevitabilmente innamorato. La persona con la quale avresti giurato di passare il resto della vita. La spalla su cui piangere e il compagno da consolare.
Ryuuji, con cui hai condiviso il tuo primo bacio e la tua prima volta. Il ragazzo che stringevi andando a letto e che baciavi la mattina, con il quale litigavi per cazzate e poi facevi pace con l’amore. Il bambino con cui giocavi a calcio, al quale hai insegnato le tue costellazioni preferite, con cui condividevi vittorie e sconfitte. Il ragazzo fragile che hai visto cadere dietro di te per il solo scopo di raggiungerti.
Il fratello, il compagno, l’amico, il fidanzato. Non sai a quale parte di lui tu sia più legato, quale ti manchi maggiormente, senti solo che desideri riaverlo con te. Hai sentito dire da qualcuno (forse Mamoru, chi si ricorda più) che adesso sta con Shirou, o magari stava. Ti sembra anche di ricordare che si siano lasciati, e sei combattuto fra il sollievo e il dispiacere.
In un battito di ciglia ti chiedi cosa succederebbe se prendessi (in prestito)  la moto (di Shuuya) e ti dirigessi al bar in cui Midorikawa lavora come cameriere. Sei certo che in quel momento sia lì, hai imparato a menadito tutti i turni per aspettarlo all’appartamento o andarlo a prendere.
Ricordi vagamente la gelosia che provasti quando lo vidi, per la prima volta, in uniforme, corteggiato da un ragazzo che non eri tu e guardato con troppa insistenza da ragazze troppo prosperose per essere considerate decenti. Non ti soffermi su certi dettagli, in questo momento non hai tempo, corri rapido verso la tua stanza e poi nuovamente fuori, con la patente in una mano e il casco nell’altra. Ti infili il giubbotto rapidamente, senza sistemarlo con cura come al solito, afferri le chiavi della moto (di Shuuya) e lasci l’appartamento, gridando un serio e laconico “Vado a prenderlo” come spiegazione per il tuo coinquilino.
Quando azioni il veicolo devi trattenerti per non portarlo al massimo della velocità, non vuoi rischiare di finire sotto un tram per la fretta. Che poi, ti dici, è inutile sperare troppo che tutto si sistemi così, come per magia. Eppure hai lo stomaco chiuso, le mani tremanti e le gote in fiamme, quasi dovessi affrontare un esame. Provi a concentrarti sulla strada e non sai se sperare di non arrivare mai o di fare il prima possibile. Cerchi di non pensare, ti costringi a cacciare via qualsiasi cosa ti oscuri la mente e corri, imprecando ad ogni incrocio e semaforo. Sfrutti il rombare della moto per coprire il suono dei ricordi nella tua testa, temi l’attimo in cui dovrai fermarti davanti al bar, lasciare che la mente si liberi da tutto il resto e pensare a cosa fare, perché davvero non hai idea di come comportarti.
Senti un tuffo al cuore alla vista del cafè, ma ti costringi a cercare un parcheggio e a piazzare il veicolo. Presti attenzione ad averlo assicurato bene, non vuoi proprio passare guai con Shuuya: il tuo coinquilino sa fare paura, soprattutto in periodo esami. Deglutisci, ti muovi verso il bar con estrema fatica e lentezza, mentre i battiti cardiaci accelerano e l’esofago sembra annodarsi su se stesso. Attraversi la porta a vetri, rendendoti conto tardi di avere ancora indosso il casco; a disagio, sicuro di aver fatto la figura del maleducato, lo sfili, cercando di tenere lo sguardo incollato al pavimento. Ma sei curioso, dannatamente curioso, e vuoi sapere se qualcuno si sia accorto di te (certo che si, ci sono i campanelli alla porta); alzi il viso, muovendo gli occhi chiari (“Color erinite” ti disse una volta Ryuuji), ma nessuna persona che ti guarda attira la tua attenzione. Il ragazzo che cerchi è poco distante da te, ti dà le spalle e ha appena completato un’ordinazione. Non s’è voltato, ritenendo non ci fosse bisogno di sapere chi fosse il nuovo cliente. Ti avvicini a lui, sentendo le ginocchia farsi sempre più molli ad ogni passo; sei abbastanza vicino da poter distinguere i capelli verdi che sono sfuggiti alla sua tipica coda. Allunghi una mano, esitante, e gli strattoni delicatamente un angolo della camicia, sul gomito.
Si volta con espressione curiosa, forse un po’ stizzita, che diventa poi meravigliata; gli occhi scuri, forse più taglienti di come li ricordavi, non brillano. Le labbra non sono tese nel solito sorriso gentile. Ti fissa in silenzio, lasciando che la malinconia inclini gli angoli della bocca, vagamente schiusa, verso il basso. Non sai che faccia hai tu, in questo momento, ma non credi sia particolarmente sveglia.
«Hiroto?» La sua voce suona flebile, stupita ed incredula, chissà se positivamente o no. Ti è mancato quel suono dolce, anche se il tuo nome è stato pronunciato con inflessione malinconica.
Fai per rispondere, ma non riesci a formulare nemmeno un saluto. Lo fissi, silenziosamente, e unisci le labbra senza aver fiatato. Lo vedi guardarsi intorno con circospezione, poi ti afferra il polso sinistro e ti trascina via, verso una stanza riservata al personale. La pressione sulla tua articolazione è leggera, vaga, tenti di restargli sempre appresso in modo che la troppa lontananza non distrugga quell’effimero contatto. Vi ritrovate da soli nella camera poco illuminata, avvolti dalla penombra e da un pesante silenzio fatto di imbarazzo e freddezza.
«Dovevi dirmi qualcosa?» Ancora, il tono del minore vibra, ma tenta di conservare un’espressione impassibile. Deglutisci, esiti, tentenni prima di sputare fuori la domanda che ti stuzzica le labbra da tempo, ma che non hai posto per paura. Paura di essere ignorato o di ricevere una risposta falsa, non lo sai; non sai più niente.
«Come stai?» Trattieni il respiro, in attesa; forse hai parlato con troppa enfasi, ma vuoi mostrare il reale interesse che provi. Lo vedi chiudere gli occhi, chissà perché, poi riaprirli e fissarti attentamente.
«Perché sei qui, Hiroto?»
«Rispondimi.» Non vuoi che sembri un’imposizione, ma non puoi fare a meno di esprimerti in modo brusco. Ti fai impercettibilmente più vicino, cerchi il suo sguardo e provi a sostenerlo, ma ci riesci per non più di pochi istanti.
«Sto come stai tu, immagino.» Un sospiro stanco ti porta ad alzare ancora il viso: adesso scruti le sue iridi profondamente, bramoso. Desideri che quelle parole siano vere, anche se un piccolo angolo della tua mente ti grida che non è così.
«Sono venuto perché – perché? Egoismo, rabbia, forse nostalgia? – sentivo il bisogno di venire a cercarti.»
Restate entrambi in assoluto silenzio. Senti freddo, improvvisamente, e percepisci la lontananza fra voi aumentare vertiginosamente.
«Mi manchi.» ti vergogni come un ladro a pronunciare quelle parole. Non sei più il ragazzino superbo di un tempo, ma ancora l’orgoglio ti impedisce di realizzare certe situazioni, come la tua dipendenza da chiunque altro. Ma, già, non si tratta di un normale e anonimo “chiunque”: si parla di Ryuuji, il tuo compagno di una vita.
Non ottieni risposta, quasi ti rassegni di non riceverla più. Ti bruciano gli occhi, di vanno letteralmente a fuoco, ma non vuoi arrivare a piangere, nemmeno se si tratta di lui. Ti sentiresti totalmente inerme, indifeso davanti ad una persona che non senti più completamente tua.
«Anche tu.» Il soffio trattenuto di Midorikawa è conciso. Ti viene da pensare che anche lui sia sull’orlo del pianto, o forse lo speri. Non vuoi essere l’unico ad aver sofferto tanto, dopotutto, in questo casino.
Senza pensarci, ti avvicini e lo abbracci, lo stringi al tuo petto anche se non ne hai il diritto, gli poggi il viso nell’incavo fra il collo e la spalla sinistra; lo senti rabbrividire perché hai sfiorato la sua nuca con la punta del naso gelida, oppure perché non desiderava che questo. Non speri che il tuo gesto venga contraccambiato, solitamente non sei tu l’impulsivo della situazione, ma questa volta è diversa dalle altre. Tuttavia le sue braccia esili e calde ti stringono la schiena e si aggrappano ai tuoi fianchi, inaspettatamente. Percepisci il leggero peso del capo sulla spalla, lo senti inspirare il tuo profumo e chiudere gli occhi, sfiorandoti la pelle con le ciglia. Abbassi le palpebre, fai scivolare una mano sulla sua nuca, lo avvicini maggiormente al tuo corpo.
«Ricominciamo, ti prego.»
 
*Akuma no Tsuno*
Salve a voi, o piccoli demoniette e demionietti che avete letto questa mia ennesima One-Shot HiroMido. Sono tornata dopo qualche tempo, e ho in programma di non allontanarmi più per molto /vedremo/. E ovviamente sono tornata con una HiroMido.
Fra tutte le OTP, questa è la più cara che ho. Spero di averla resa bene.
Pubblico oggi perché è una data speciale, nonostante la fan fiction sia pronta da qualche giorno. È il compleanno di una mia amica. Questa storia vorrebbe essere un pensiero per lei, visto che è sempre disponibile per la sottoscritta, nonostante le montagne di lavoro che ha.
Spero che tu stia leggendo, sappi che ti ringrazio. Grazie perché sei sempre pronta ad aiutarmi, perché mi insegni diverse cose, sei un angelo. Te l’ho già detto e te lo ripeto, ti voglio bene cara Winnie-chan.
Tornando alla storia, è una What if…? malinconica. Spero piaccia a chiunque la legga, che abbia mai letto o meno di me, che ami o meno la pair in questione. Se avete delle critiche, fatele senza preoccuparvi: vi chiedo solo di essere chiari e di spiegare cosa non va bene.
Vorrei chiedervi il vostro parere sull’introspezione di Hiroto e sul fatto che ho scritto al presente e in seconda persona. Trovo che sia uno stile molto egoistico nei confronti dell’oggetto, che viene sfruttato come finestra per il mondo della storia, ma vengono predilette le sue emozioni. Quindi ogni cosa è studiata dal suo punto di vista.
Vorrei, però, farvi notare anche che, secondo me, il personaggio in questione è anche abbastanza comprensivo nei riguardi dell’altro. Se non sono riuscita a trasmettervi questo, ho sbagliato qualcosa e mi dispiace.
Avrete intuito che ho scritto la One-Shot sulle note di “Let Her Go” di Passenger. Il sottotitolo, la cui traduzione è “O forse non proprio”, si riferisce al fatto che Hiroto non vuole lasciar andare completamente Ryuuji.
Mentre la correzione l’ho effettuata in un’ora sulle note di Yiruma. Per questo, nel link iniziale, c’è la sua playlist e non “Let Her Go”. Avrei voluto farne una mia personale, ma poi ho detto “Tanto non la ascolterà nessuno” e ho preferito risparmiare tempo. Se però la vorreste sentire, ditemelo.
/Ok, l’ho riletta e mi sono emozionata da sola. Sono stupida aiuto./
Posso lasciarvi andare in pace, piccoli demonietti. Grazie a tutti per aver letto, spero che la One-Shot vi sia piaciuta.
Onorata di avervi intrattenuto~ 
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: Madelyne Scott